La leggenda del crisantemo

La leggenda del crisantemo

In una casetta del bosco vivevano una mamma e una bambina.
Intorno alla casetta sbocciavano bellissimi fiori;

quando giunse la brutta stagione, tutti i fiori appassirono.

Solo uno era rimasto alla bimba, perché ella lo aveva conservato in casa.
Un giorno la mamma della bimba si ammalò gravemente;
allora colse il fiore e l’offrì alla Madonna, perché facesse guarire la sua mamma.

Mentre pregava sentì una voce:

“La tua mamma vivrà tanti anni quanti sono i petali del fiore che mi hai donato!”
La bimba contò i petali del fiore e vide che erano pochi;

allora per amore della mamma, ridusse i pochi petali in tante striscioline.

Così i petali divennero molti e la mamma visse per tanti anni.
Nacque così il crisantemo, il fiore dai mille petali.

Brano senza Autore

La Leggenda della Farfalla Bianca

La Leggenda della Farfalla Bianca

In una casetta vicino un cimitero dietro ad un tempio viveva un vecchio di nome Takahama.
Era molto gentile e piaceva a tutti i suoi vicini, anche se molti di essi lo consideravano un po’ pazzo.
A quanto sembra la sua pazzia consisteva semplicemente nel fatto che non si era mai sposato e non aveva mai mostrato desiderio di trovare una donna.

Un giorno di estate si ammalò gravemente, vennero chiamati ad assisterlo due nipoti.

I due arrivarono e fecero tutto ciò che potevano per dargli sollievo nelle sue ultime ore.
Mentre lo vegliavano, Takahama si addormentò.
Poco dopo una grande farfalla bianca volò dentro la stanza e si posò sul cuscino del vecchio.
Il ragazzo cercò di cacciarla via, ma quella tornò tre volte, come se fosse riluttante ad abbandonare il malato.
Alla fine il nipote di Takahama riuscì a farla uscire in giardino, la vide attraversare il cancello ed entrare nel cimitero, dove si posò sulla tomba di una donna e quindi misteriosamente scomparve.

Sulla tomba c’era scritto il nome “Akiko” insieme a un epitaffio che raccontava come Akiko era morta all’età di diciotto anni.

Benché la tomba fosse ricoperta di muschio e sembrasse costruita decenni prima, il ragazzo notò che era molto ben curata e circondata di fiori.
Quando il giovane tornò alla casa, Takahama era ormai spirato.
Si rivolse al fratello e raccontò quello che aveva visto nel cimitero.
“Akiko? Quando Takahama era giovane, fu fidanzato con Akiko.

La ragazza morì di tubercolosi proprio il giorno prima delle nozze.

Quando lei lasciò questo mondo, Takahama decise che non si sarebbe mai sposato e che avrebbe vissuto per sempre vicino alla sua tomba.”
Per tutti quegli anni Takahama aveva mantenuto la sua promessa e aveva conservato nel cuore tutti i dolci ricordi del suo unico amore.
Tutti i giorni si era recato nel cimitero, sia che l’aria fosse profumata dalla brezza dell’estate, sia che fosse appesantita dalla neve che cadeva d’inverno.
Quando Takahama stava morendo e non poteva più svolgere il suo compito amoroso, Akiko era venuta per lui.
Quella farfalla bianca era la sua anima.

Leggenda Giapponese.
Brano senza Autore, tratto dal Web

La leggenda della stella alpina

La leggenda della stella alpina

Una giovane della valle aveva sposato un montanaro che, come tutti nel paese, conosceva e amava la montagna.
Saliva spesso verso i ghiacciai, per raccogliere dei profumatissimi fiori e per dare la caccia alle marmotte, delle quali vendeva poi la pelle ai viaggiatori della città.

I due sposi vivevano modestamente dei guadagni di lui, ma poiché si volevano tanto bene, erano felici come principi.

Un giorno il giovane sposo partì, come aveva fatto tante volte, per la montagna, ma non fece più ritorno.
Invano la moglie lo attese per tre giorni e tre notti: nessuno aveva più sue notizie.
Allora la povera sposa salì verso il ghiacciaio per rintracciarlo.

Esplorò tutte le cime, esaminò le valli, cercò nel fondo di tutti i crepacci e finalmente lo trovò.

Ma ahimè, giaceva morto tra due lastroni di ghiaccio!
Affranta dal dolore, la povera sposa sedette sulla sporgenza della roccia e pianse tutta la notte.
All’alba, quando il cielo cominciò a schiarire, i suoi capelli e le sue ciglia erano coperti da un velo di brina.

“Dio della montagna,” pregò la sposa,

“non ho il coraggio di staccarmi da mio marito, lasciami qui, su questa rupe, perché io possa vederlo per sempre sul suo letto di ghiaccio.”
Il Signore delle cime ebbe pietà della sposa innamorata e la trasformò nel fiore più bello di tutte le Alpi: la stella alpina!

Brano senza Autore, tratto dal Web

La leggenda della danza della luna

La leggenda della danza della luna

Molti anni or sono Luna era alta nel cielo.
Il suo cuore triste lacrimava.
Cosi decise di abbandonare il cielo e andare a vivere sulla terra.
Chiese ad una stella di donarle due piccole ali per raggiungere la terra.
La stella subito esaudì il suo desiderio.
Luna viaggiò molto.
Finalmente dopo molti mesi toccò terra.
La sua anima era ancora triste, iniziò a correre veloce nel bosco scuro.

I suoi occhi non volevano vedere e le sue orecchie non volevano sentire.

La strada era faticosa, salite discese, torrenti da attraversare, alberi sui quali camminare, ponti traballanti con grandi burroni, funi pericolanti, molti sassi grandi e piccoli sui quali camminare…
Inciampava tante volte, ma proseguì.
Iniziò a piovere molto forte.
Si creò molto fango, ma lei era coraggiosa.
Cadde e si rialzò più volte.
Capi di lasciarsi andare a quel percorso senza timore.
Cosi iniziò a strisciare, era molto forte, strisciò come un serpente.
Sapeva che sarebbe stata l’unica strada per salvarsi…
Continuando a strisciare entrò in un tunnel scuro dove incontrò molti animali in viaggio come lei.
Civette, Orsi, Lupi, Pipistrelli, Ragni, Lontre.
Tutti incitavano Luna a proseguire il suo Viaggio.

Luna gridava, piangeva.

Era disperata voleva andare via di lì, voleva la Luce più di ogni altra cosa.
E nuovamente si lasciò trasportare.
Mille emozioni attraversavano la sua forte anima.
Uscì dal tunnel, corse ancora disperata.
Poi all’improvviso si fermò.
Si guardò intorno.
Respirò profondamente.
Chiuse gli occhi.
Iniziò a danzare.
Una magica Danza.
Mai vista neppure dagli spiriti.

Si udivano in lontananza molti tamburi.

Gli spiriti del luogo videro Luna.
Si radunarono tutti e copiarono la danza.
Tutto il bosco era invaso da spiriti danzanti.
Luna danzava come il vento senza fermarsi neppure per prendere fiato, gridava, piangeva e rideva.
Venne risucchiata completamente dalla Danza, formando intorno a se una gigantesca sfera argentata che scoppiò creando una miriade di piccole luci che invasero l’Universo intero, formando tantissime stelle e giochi di colori infiniti.
Nessuno sa se la sua Danza fosse di dolore o di gioia.
Luna vive profondamente senza usare parole.
La leggenda vuole che da quel giorno molte popolazioni si riuniscono per donare alla Luna la loro Danza.
Si dice che qualcuno si trasformi ancora in Stella e che porti ovunque nell’Universo questa Danza…

Brano senza Autore, tratto dal Web

La ricerca dentro di noi

La ricerca dentro di noi

Nei tempi antichi, il Creatore volle nascondere una cosa agli uomini fino a che non fossero stati pronti per vederla.
Così radunò tutte le altre creature del creato per chiedere loro consiglio.

L’aquila disse:

“Dalla a me e la porterò sulla montagna più alta del mondo.” ma il Creatore rispose:
“No, un giorno gli uomini conquisteranno quella montagna e la troveranno.”

Si fece avanti il salmone:

“Lasciala a me e io la nasconderò nelle profondità dell’oceano.” ma il Creatore rispose:
“No, gli uomini sono esploratori di natura e un giorno arriveranno anche lì.”

Fu la volta del bufalo:

“La porterò con me e la seppellirò nel cuore delle grandi pianure.” ma il Creatore rispose:
“No, un giorno persino la superficie della Terra verrà aperta e loro la troveranno.”
Le creature del creato non sapevano più cosa dire, ma poi una vecchia talpa cieca parlò:
“Perché non la metti dentro di loro? È l’ultimo posto dove andranno a cercare.”
Il Creatore rispose: “Così sia.”

Antica leggenda indiana.
Brano senza Autore, tratto dal Web

L’utilità di un sasso


L’utilità di un sasso

C’era una volta, in un inverno freddissimo, un uccellino che volava su un campo innevato.
Avendo le zampette piene di neve cercava un posto su cui appoggiarsi.

Dall’alto sembrava che tutto fosse ricoperto di neve.

Scendendo più in basso, però, si accorse che c’era una pietra che ne era priva.
Allora l’uccellino si avvicinò e chiese al sasso:
“Scusami, sono infreddolito e ho le zampette piene di neve, posso poggiarmi su di te per qualche istante?”

Il sasso lo guardò e subito disse “Ma certo!”

L’uccellino si posò, si asciugò le zampette e dopo qualche minuto riprese il viaggio.
Nel ripartire disse alla pietra:
“Grazie, sei stato veramente gentile, eri l’unico su cui potevo poggiarmi.

Ti sarò sempre debitore!”

Ma il sasso rispose:
“Grazie a te! Ora non mi chiederò più che ci sto a fare!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

La favola del fiocco di neve

La favola del fiocco di neve

In un tempo lontano, nel posto più freddo mai esistito, vivevano tre giovani fate, tanto belle quanto il sole.
Candida, Bianca e Cristallo non potevano uscire dal Palazzo di Ghiaccio dove la madre apprensiva, la Regina del Freddo, le aveva relegate per proteggerle dal mondo esterno, ai suoi occhi troppo triste, pieno di preoccupazioni e sofferenza.

Si deve sapere che la regina, nel passato aveva,

già vissuto nel mondo reale, e proprio lì aveva conosciuto l’uomo che le avrebbe fatto scoprire prima l’amore, regalandole la gioia di diventare madre, poi il dolore e la tristezza di essere abbandonata.
Per nascondere il mondo esterno alle figlie, fece costruire un palazzo sulla cima di una montagna irraggiungibile dove non batteva mai il sole, circondandolo da una fitta coltre di nebbia, vietando loro qualsiasi contatto con l’ambiente reale.
Le tre sorelle non avevano mai avuto la possibilità di vedere posti nuovi e conoscere altre persone.

Non avevano amici con cui passare il tempo e divertirsi.

Eppure tante volte avevano sperato che succedesse qualcosa di diverso, avevano sognato di essere libere.
Una notte, mentre la madre dormiva, le tre sorelle decisero di scappare e andare in esplorazione del mondo a loro sconosciuto.
Arrivarono a valle, in un paesino di pochi abitanti che le accolsero con grande entusiasmo.
Candida, Bianca e Cristallo si sentirono finalmente libere, finalmente vive.
S’integrarono ben presto nella comunità, incontrarono l’affetto e l’amore di tante care persone, scoprirono che il mondo reale non era così triste e malvagio.
Anche se sentivano la mancanza della madre, non vollero più tornare nel Palazzo di Ghiaccio.

La regina non rivide più le sue figlie.

Pianse lacrime e lacrime, ma si rese conto che per la prima volta le figlie erano felici.
Decise quindi di non provare a farle tornare da lei, ma di proteggerle dall’alto della cima della montagna.
Rassegnata e triste, ma ancora con tanto amore per le figlie, fece un grande sospiro su una lacrima. Questa diventò candida, bianca e a forma di cristallo.
Chiamò quella lacrima fiocco di neve e lo regalò al mondo reale come simbolo di pace interiore e serenità.
Da allora d’inverno cade la neve.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Condividere le difficoltà

Condividere le difficoltà - Sito Racconti con Morale
Condividere le difficoltà

C’era una volta un ragazzino che abitava vicino a un signore anziano.

L’uomo aveva oltre ottant’anni ed era da poco rimasto vedovo.

Notando il vecchietto in lacrime nel suo giardino, il ragazzo scavalcò lo steccato che divideva i loro giardini,

si avvicinò e si mise sulle sue ginocchia.

Una volta tramontato il sole il ragazzo tornò a casa e la madre, che l’aveva visto assieme all’anziano, chiese al figlio che cosa si erano detti.

 “Nulla,” rispose il ragazzino,

“lui ha perso la moglie e questo deve essere un grande dispiacere per lui.

Sono andato solo ad aiutarlo a piangere.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Non serve giudicare ciò che fanno le altre persone…


Non serve giudicare ciò che fanno le altre persone…

Un giorno all’imbrunire, un contadino sedette sulla soglia della sua umile casa a godersi il fresco.

Nei pressi, si snodava una strada che portava al paese, ed un uomo passando vide il contadino e pensò:

“Quest’uomo è certo un ozioso, non lavora e passa tutto il giorno seduto sulla soglia di casa!”
Poco dopo, ecco apparire un altro viandante.

Costui pensò:

“Quest’uomo è un dongiovanni.
Siede qui per poter guardare le ragazze che passano e magari infastidirle!”

Infine, un forestiero diretto al villaggio disse tra sé:

“Quest’uomo è certamente un gran lavoratore.
Ha faticato tutto il giorno ed ora si gode del meritato riposo!”

Brano senza Autore, tratto dal Web