che decidono di essere amici, compagni, complici e buoni amanti che, nonostante i problemi che non mancano mai, si scelgono ogni mattina per continuare a camminare insieme per la vita.
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Ho bisogno di te
Ho bisogno di te
Amare è la sfida più ambiziosa dell’intera esistenza.
La più intensa.
La più soddisfacente.
Diglielo a quelli che ami:
“Voglio farti sapere quanto sei importante per me, che puoi essere il creatore/la creatrice della persona che è in me, se vuoi.
Tu solo/a puoi abbattere il muro dietro il quale sto tremando.
Tu solo/a puoi vedere dietro la mia maschera.
Tu solo puoi liberarmi dal mio mondo d’ombra, fatto di panico, d’incertezza e di solitudine.
Perciò, ti prego, non passare oltre.
So che per te non sarà facile.
La convinzione di non valere nulla erige muri solidi.
E più ti avvicini a me, e più, forse, io reagirò ciecamente.
Vedi, a quanto sembra io combatto contro ciò di cui più ho bisogno.
Ma mi hanno detto che l’amore è più forte di ogni muraglia, e in questo sta la mia sola speranza.
Perciò abbatti questi muri con le tue mani salde ma gentili, perché ciò che vi è d’infantile in me è molto sensibile e non può crescere dietro questi muri.
Perciò non desistere.
Ho bisogno di te!”
Brano tratto dal libro “La vita è tutto quello che abbiamo.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.
Noi dobbiamo correre il rischio!
Noi dobbiamo correre il rischio!
Ridere, è rischiare di apparire matti!
Piangere, è rischiare di apparire sentimentali!
Tendere la mano, significa rischiare di impegnarsi!
Mostrare i sentimenti, è rischiare di esporsi!
Far conoscere le proprie idee ed i propri sogni, è rischiare di essere respinti!
Amare, è rischiare di non essere contraccambiati!
Vivere, è rischiare di morire!
Sperare, è rischiare di disperare!
Tentare, è rischiare di fallire!
Ma noi dobbiamo correre il rischio!
Il più grande pericolo nella vita è quello di non rischiare.
Colui che non rischia niente…
Non fa niente!
Non ha niente!
Non è niente!
Brano di Joseph Rudyard Kipling
Amore, Felicità, Tempo, Amicizia e Saggezza
Amore, Felicità, Tempo, Amicizia e Saggezza
Ciao, il mio nome è Felicità.
Faccio parte della vita, di quelli che credono nella forza dell’amore, che credono che ad una bella storia non possa esserci mai fine.
Sono sposata, lo sapevi?
Sono sposata con il Tempo.
Lui è il responsabile della risoluzione di tutti i problemi.
Lui costruisce cuori, lui medica quelli feriti, lui vince la tristezza…
Io e il Tempo, assieme, abbiamo avuto tre figli:
Amicizia, Saggezza e Amore.
Amicizia è la figlia più grande, una ragazza bellissima, sincera e allegra.
Lei unisce le persone, non ha l’intento di ferire, ma di consolare.
Poi c’è Saggezza, colta, con principi morali.
Lei è quella più attaccata a suo padre, Tempo.
È come se Saggezza e Tempo camminassero insieme!
Il più piccolo è Amore!
Ah, quanto mi fa lavorare lui!
È ostinato, a volte vuole abitare solo in un certo posto…
E a volte dice che è stato concepito per abitare in due cuori e non in uno soltanto.
Eh si, mio figlio Amore è molto complesso.
Quando comincia a far danni, devo chiamare subito suo padre, Tempo, affinché chiuda le ferite procurate dal figlio!
Una persona un giorno mi ha detto:
“Alla fine tutto si sistema sempre… in un modo o nell’altro… se le cose ancora non si sono sistemate è perché non siamo ancora giunti alla fine!”
Per questo ti dico di avere fiducia nella mia famiglia.
Credi in mio marito Tempo, nei miei figli Amicizia, Saggezza e soprattutto credi in mio figlio Amore.
Se avrai fiducia in loro, stai certo che allora io, Felicità, un giorno busserò alla tua porta!
E non dimenticare mai di sorridere …
Brano senza Autore
Tu non capisci proprio niente
Tu non capisci proprio niente
Alla moglie, qualunque fosse il motivo, ripeteva:
“Tu non capisci proprio niente!”
Effettivamente lei non aveva studiato oltre la terza media, non si interessava di politica, non leggeva giornali, eccetto i bollettini della parrocchia, si occupava soltanto dei figli, della casa, del bucato, della cucina, e di qualche ora nell’ufficio del parroco.
Quando si accendeva una discussione in famiglia, il marito, rifiutando per principio ogni dialogo sereno, intelligente ed educato, con i suoi soliti pregiudizi, le chiudeva la bocca dicendo:
“Tu non capisci proprio niente!”
Quando la moglie tentava di coinvolgerlo in qualche problema serio sui risultati scolastici dei figli o per valutare l’opportunità di una spesa o la scelta del luogo di villeggiatura o il bilancio familiare… la sua risposta era sempre la stessa, pronta, secca, senza possibilità di replica:
“Tu non capisci proprio niente!”
Una sera, in casa, mentre la televisione trasmetteva una partita della Nazionale, venne a mancare improvvisamente la corrente.
Il marito, tutto nervoso e agitato, si avviò a scendere nel buio dello scantinato per controllare ed eventualmente sostituire la valvola fusibile nel quadro di distribuzione dell’energia elettrica.
“Accendi una candela!” gli suggerì timidamente la moglie.
Al solito, il marito, furibondo, le gridò:
“Tu non capisci proprio niente, conosco il posto a memoria!”
Ma quella sera, evidentemente, qualcosa non funzionò a dovere; perché il pover’uomo scivolò su un gradino, sbattè la testa in modo tremendo e, dopo aver lanciato un urlo disumano, rimase a terra tramortito, sanguinante e con rotture varie.
Il caso era molto grave, ma i medici dell’ospedale, dopo giorni e giorni nell’Intensiv Station e con cure forti e adeguate, riuscirono a salvare la vita al poveretto.
Quando l’infortunato si risvegliò dopo quattro giorni di coma, vide la moglie accanto al letto, dolcemente china su di lui, trepidante, con gli occhi pieni di lacrime e piena di amore.
La povera donna non l’aveva abbandonato un solo istante:
giorno e notte, sempre vicina a lui, con mille attenzioni e con infinite preghiere.
Dopo due settimane dall’uscita dal coma, quando finalmente l’uomo poté cominciare a mormorare le prime parole, mentre due grosse lacrime gli brillavano negli occhi, con fatica disse:
“Sono proprio un animale.
Non avrei mai creduto che tu mi volessi tanto bene!”
E lei, col sorriso di sempre, amabile, dolce e con gli occhi umidi e luminosi, gli bisbigliò sottovoce:
“Tu non capisci proprio niente!”
Brano di Bruno Ferrero
Innamorati di una “Pazza”
Innamorati di una “Pazza”
Innamorati di una donna umile.
Che vada a letto senza trucco e si alzi al naturale, senza alcuna vergogna.
Che sia intelligente, combattiva e lavoratrice, che ti aiuti ad essere la versione migliore di te.
Innamorati di quella donna che vuole fare tutto con te e che in te trovi tutto.
Di quella che non ti chiede la password del telefono ma ti chiede di dare il meglio di te.
Innamorati di una “Pazza” che ti faccia sorridere anche se sei in un luogo pubblico e, soprattutto, che non gli importi della presenza di altre persone.
Innamorati di una donna che ti protegga, ti rispetti,
ma soprattutto, che ti sostenga nelle tue decisioni e ti aiuti ad essere un ottimo uomo nella vita.
Innamorati di una donna che si affidi ad occhi chiusi a te, sono quelle che valgono davvero.
Brano senza Autore
Gli insegnanti innamorati
Gli insegnanti innamorati
In una scuola primaria vicina al mio paese, tanti anni fa, arrivarono ad insegnare un maestro ed una maestra, freschi di nomina.
Il maestro era molto basso di statura e vistosamente tarchiato, mentre la maestra era esageratamente alta e magra, e ciò evidenziava un grande contrasto fisico tra di loro.
La bidella, appassionata di storia risorgimentale e con una vena satirica che gli era propria,
diede ad entrambi un soprannome, rispettivamente Curtatone e Montanara, evocando i luoghi della battaglia del 1848 vinta dalle truppe sabaude su quelle austriache in terra lombarda.
I soprannomi circolarono in maniera rapida, divertendo tutti, sia dentro che fuori dalla scuola e, in modo altrettanto rapido, i due insegnanti si innamorarono.
Il maestro era diventato per tutti Curtatone perché corto di statura e la maestra Montanara perché sembrava una guglia alpina.
Vederli passeggiare per le vie del paese a braccetto era uno spettacolo che nessuno voleva perdersi.
Con il tempo divennero coscienti di essere soggetti di commenti, molto, sarcastici e chiesero, ottenendo, di essere trasferiti per l’anno successivo.
Ci fu l’esame di quinta e, ad uno sprovveduto alunno, fu chiesto di parlare di Curtatone e Montanara.
La domanda era chiaramente riferita all’epica battaglia risorgimentale ma questi travisò e,
imbarazzato, rispose che il maestro Curtatone e la maestra Montanara lui sapeva fossero solo innamorati, come Romeo e Giulietta, e che l’amore livella le differenze fisiche, anche se a scuola non gli avevano ancora spiegato come mai questo accade.
Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno
La brava moglie
La brava moglie
Un blasonato conte, proprietario di numerosi poderi, aveva dato lo sfratto ad un suo mezzadro addicendo a varie motivazioni.
Una tra queste era stata quella di non avergli dato abbastanza onoranze e regalie, come d’uso nei contratti di un tempo, entro l’11 novembre, giorno di san Martino.
In realtà, il povero mezzadro non aveva potuto dargli quasi nulla poiché aveva una “nidiata” di figli in tenera età da sfamare,
che sottraevano, a dire dell’avaro conte, troppo alla proprietà.
Il fondo era chiamato “Carestia” poiché, per l’infelice ubicazione su un terreno sassoso e impervio, rendeva realmente poco.
Paradossalmente si presentarono all’appello per condurlo solamente tre aspiranti mezzadri.
Ognuno fu sottoposto ad un minuzioso interrogatorio circa la capacità e volontà di condurre il problematico fondo.
Il terzo aspirante si presentò dal conte e da sua moglie, assistiti a loro volta dal castaldo, preposto a sorvegliare e a mantenere in ordine i conti di gestione, mostrando le proprie grandi mani callose come prova di laboriosità.
Cercò di balbettare qualcosa ma, imbarazzato per l’emozione, non riuscì quasi a parlare.
Dopo un breve lasso di tempo che parve una eternità, la contessa, squadrandolo da cima a fondo e facendolo agitare, al povero esaminando, disse:
“I calli sulle mani non sono sufficienti a farti avere un nostro giudizio favorevole!”
La contessa lo fece avvicinare ed osservò, minuziosamente, la sua giacca, la quale mostrava il suo tempo, la camicia, che nonostante fosse logora, era pulita e profumava di lavanda, ed i pantaloni, i quali, nonostante fossero tutti rattoppati, erano ben stirati.
Il contadino si stava riprendendo per parlare, quando la nobildonna lo interruppe, dicendo:
“Devi avere una brava e laboriosa moglie, e per questa ragione la terra la diamo a te, principalmente per i meriti di lei!”
Valentino, così si chiamava, tornò a casa con le ali ai piedi, attendendo con ansia il momento in cui avrebbe potuto baciare, romanticamente, sua moglie, per ringraziarla del suo lavoro e del suo amore, emulando, così, i principi delle favole.
Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno
Il pescatore e la legge antica
Il pescatore e la legge antica
In un villaggio di pescatori in cui gli uomini si allontanavano da casa per lunghi periodi sulle loro barche vigeva una legge antica molto severa.
L’adulterio veniva punito con la morte.
La moglie che, durante l’assenza,
fosse stata sorpresa a tradire il marito doveva essere gettata in mare dall’alto della scogliera con le mani e i piedi legati.
Avvenne che una giovane donna del villaggio tradì il marito, mentre questi era lontano, per la pesca in alto mare.
La gente del villaggio indignata decise che la legge doveva essere applicata.
Invano la povera ragazza invocò pietà.
La legarono e poi la spinsero giù dalla scogliera.
Ma, prima che la donna finisse in mare, una grande e robusta rete da pesca, spuntata come d’incanto dalle rocce, la trattenne.
Il marito era arrivato per salvarla.