I merli

I merli

Mi racconto.
Negli anni scorsi, come avevo un po’ di tempo libero, andavo a far visita agli anziani di una casa di riposo del mio comune.
Ci andavo per un senso civico e tornavo a casa appagato da questa esperienza, dato che incontravo una grande e variegata umanità.

Avevo stretto delle belle e vere amicizie.

Alcuni di loro attendevano il mio ritorno per affrontare insieme discorsi interessanti.
Tra coloro che incontravo abitualmente, c’era anche una signora che si chiamava Giulietta, con la quale trattavamo sempre lo stesso tema fisso:
quello della caccia.
Era stata figlia, moglie e madre di un cacciatore ed usava il gergo dei cacciatori e le loro metafore su tutto.
Ricordo che, durante una di quelle visite, appena arrivato,

la vidi nel corridoio e le chiesi come fosse andata.

Intendevo l’operazione a cui si era sottoposta, ma lei non capì la mia domanda.
Mi rispose, pensando alla caccia anche se in senso metaforico, che ai “merli” aveva rinunciato.
Non li cercava più dato che, chiunque la corteggiasse, poco tempo dopo “ci lasciava le penne.”
Attribuiva la colpa di tutto ciò al suo bizzarro comportamento.
Ovviamente si riferiva agli anziani signori ospitati dalla casa di riposo.

Per questa ragione,

aveva deciso di non affezionarsi più a nessuno spasimante, dato che per l’età avanzata, in punta di piedi, uno per volta, i suoi Romei se ne dipartivano, lasciando dentro di lei l’ennesimo vuoto incolmabile.

Brano di Dino De Lucchi
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Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno
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