La bambola di pezza
Durante il periodo della seconda guerra mondiale la vita era diventata difficilissima, con stenti e privazioni.
A soffrirne di più erano gli anziani e i bambini, che con le loro aspettative, chiedevano alla vita di poter sognare e giocare, desideri propri di tutti i bambini.
Fiorella desiderava tanto avere una bambola tutta sua con cui giocare,
ma la sua mamma gli ripeteva che erano poveri contadini dal pane con sette croste e che non potevano permettersi l’acquisto.
A tanto insistere la genitrice ne fece una con i ritagli di stoffa colorata, copiandola da una rivista, mettendo a frutto la sua abilità di sarta, e la imbottì di morbida crusca per renderla più piacevole al tatto.
Grande fu la gioia della bambina che la portava sempre con sé per giocarci, sia in casa che in cortile.
In questo, però, scorrazzavano libere delle galline dall’occhio sempre curioso che, in un momento in cui la bambola fu abbandonata, notarono la fuoriuscita da una cucitura di un po’ di crusca e fecero a gara per divorarla, tanto che la svuotarono in un baleno.
Fiorella, nello scoprire la distruzione della sua bambola, si mise a piangere a dirotto.
La sua mamma cercò di consolarla promettendole di rifare l’imbottitura in tempi brevi dicendole, inoltre, che a cena avrebbe mangiato un uovo intero invece del solito mezzo,
poiché le galline si erano nutrite della crusca della sua bambola.
La promessa di un uovo intero riservato, solitamente, ai grandi, le fece tornare un inaspettato sorriso, perché la fame era una brutta bestia che andava domata.
Galeotta fu una bambola di pezza svuotata della crusca da galline altrettanto affamate da una inutile guerra.