Il tesoro nel gelso

Il tesoro nel gelso

Il territorio di Levada è situato lungo il fiume Piave e durante la prima guerra mondiale subì massicci bombardamenti a tappeto da parte dell’artiglieria Austro-Ungarica, che inoltre disseminò il terreno di mine, alcune delle quali rimasero inesplose, e di schegge di granate.

I contadini, nel riprendere i lavori agricoli,

bonificarono i terreni mettendo per comodità i residui bellici dentro i tronchi cavi degli alberi di gelso, utilizzati per l’allevamento del baco da seta, molto in auge in quel periodo.
I gelsi, crescendo, incorporarono il tutto nel loro interno, rendendo il metallo non sempre visibile.
Per la festa della parrocchia era abitudine usare della legna di gelso da ardere.
Questo tipo di legna, per la presenza di nodi e di metalli, era tra le più difficili da tagliare, anche perché, con molta facilità, venivano rotte accette e seghe.
Il parroco, per poter comunque avere questa legna per la festa, faceva affidamento su dei volontari, i quali si arrendevano quasi subito, o per la fatica immane, o lamentando strappi alla schiena, o che,

per giustificarsi del ritiro, rompevano volutamente il manico delle accette.

Dopo diverse ricerche, solamente un parrocchiano accettò di portare a termine il lavoro.
Non a caso era il balordo del paese, che pretese in cambio un fiasco di vino e la deroga di dire in libertà qualche imprecazione non tanto ortodossa, strappando inoltre l’accordo di tenere per se tutto il metallo presente nei tronchi, che avrebbe separato dalla legna, in modo da poterlo vendere.
Questo buon uomo era anche motivato da una leggenda ascoltata in osteria.
Secondo questa leggenda, i gelsi non celavano solo schegge di granate ma anche un tesoro nascosto da un ladro, il quale, dopo la sua rocambolesca fuga, non tornò più a riprenderlo.

La sorte fu benigna con l’intraprendente taglialegna,

infatti trovò all’interno dell’ultimo tronco il tesoro, composto da un bel po’ di sonanti monete d’argento.
Tutto ciò accadde sotto gli occhi stupefatti del parroco, che come da accordi precedentemente presi, confermò allo spaccalegna che tutto il metallo fosse suo, dicendo:
“Con i miei occhi ho visto qualcosa che mi ha fatto ripensare alle Sacre Scritture.
Così come la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo, così il tronco che nessuno voleva spaccare è diventato per te un tesoro meritato!”

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Il ritorno della memoria

Il ritorno della memoria

Un contadino facendo grandi sacrifici riuscì a mandare il suo unico figlio a studiare in una lontana città.
Il ragazzo, dopo alcuni anni, tornò con fare e modi fin troppo urbani, ignorando volutamente usi, costumi e termini agricoli.
Un giorno il padre lo invitò a collaborare all’orto di casa, ma alla richiesta di prendere zappa e vanga si sentì rispondere cosa fossero,

esasperando così il padre.

Lo studente, mentre stava aiutando il padre, calpestò in maniera maldestra il rastrello e questo in automatico si alzò.
Il ragazzo venne colpito dal manico del rastrello sulla fronte, provocandosi un evidente ematoma che gli fece imprecare:

“Maledetto rastrello!”

Il padre replicò felice:
“Mi dispiace molto per la botta in testa, ma mi rallegro perché in questo modo ti è tornata la memoria!”

Brano di Dino De Lucchi
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Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno