L’alberello ed il palo di frassino

L’alberello ed il palo di frassino

Al fragile tronco di alberello, il giardiniere legò un robusto palo di frassino che gli facesse da tutore e lo aiutasse a crescere diritto.
Quando il vento invitava alla danza, l’albero adolescente agitava la chioma sempre più folta e incominciava a dondolare, e gridava:
“Lasciami, per favore, perché mi tieni così?
Guarda tutti gli altri si lasciano cullare dal vento.

Perché solo io devo stare così rigido?”

“Ti spezzeresti!” ripeteva inflessibile il palo di frassino, “Oppure prenderesti delle brutte posizioni, diventeresti brutto e tutto storto!”
“Sei solo vecchio e invidioso, lasciami, ti dico!” diceva il giovane albero mentre si divincolava con tutta la sua forza.
Ma il vecchio palo resisteva tenacemente, più saldo e ostinato che mai.
Una sera d’inverno, annunciato da tuoni e lampi, accompagnato da violente sferzate di grandine, un uragano si abbatte sulla zona.
Ghermito dai furiosi tentacoli del vento, l’alberello scricchiolava in tutte le giunture, con la chioma che a tratti sfiorava la terra.
Le folate più forti quasi strappavano le radici dal terreno.

“È finita!” pensava l’alberello.

“Resisti figliolo!” gridò invece il vecchio palo di frassino, che raccolse le forze ancora presenti nelle annose fibre e sfidò la bufera.
Una lotta dura, lunga, estenuante.
Ma alla fine l’alberello era salvo.
Il vecchio palo di frassino invece era morto, spezzato in due miserabili tronconi.
L’albero giovane capì e cominciò a piangere.

“Non mi lasciare!

Ho ancora bisogno di te!”
Ma non ebbe risposta.
Un pezzo di palo di frassino era rimasto ancora stretto al giovane tronco dal laccio.
Come in un ultimo abbraccio.
Oggi, i passanti guardano meravigliati quel robusto alberello che, nei giorni di vento, sembra quasi che stia cullando teneramente un vecchio pezzo di legno secco.

Brano senza Autore.

La farfalla su uno stelo

La farfalla su uno stelo

Una farfalla volava instancabile tra i fiori, quando d’un tratto un pianto sommesso la fece sobbalzare.
“Che fatto insolito, pensò, in un giardino!” e impaurita si spezzò le ali andando a urtare contro un alberello.
“Ah, che mai sarà di me adesso!

Non volerò più… morirò di tristezza!”

E mentre così si lamentava, si ricordò del pianto appena udito e chiese al vento:
“Chi piangeva prima di me?”
“Io, stelo nudo senza fiore; una folata di vento mi ha ridotto così.

E a che serve uno stelo senza fiore?” disse.

La farfalla si trascinò stancamente fino a lui:
“Non sei il solo a soffrire; con le mie ali spezzate, non volerò mai più libera nell’aria!”
Lo stelo tacque e sembrò riflettere, ma tanto durava il suo silenzio, che la farfalla quasi si innervosì.

Alla fine parlò:

“Insieme, possiamo aiutarci.
Posati su di me, così tu porgerai le ali al vento ed io avrò di nuovo un fiore.”
La farfalla si illuminò tutta di un sorriso.
I passeri accorsero ad aiutarli e unirono per sempre la farfalla al verde stelo.
Da allora ci sono farfalle che volano ed altre che, trasformate in fiori, si lasciano cullare sugli steli.

Brano di Don Ezio del Favero

Il giovane albero e l’indipendenza


Il giovane albero e l’indipendenza

Gli alberelli ormai si tenevano su da soli e sentivano il naturale desiderio di indipendenza, per questo volevano liberarsi dai sostegni che il contadino gli aveva messo alla base quando erano alberi piccini.
“Vi spostate?” chiese un alberello ai suoi sostegni, “Ora posso stare su da solo.”
I due sostegni lo guardarono dispiaciuti, dicendo:
“E questo è il tuo ringraziamento? Ti sosteniamo da quando eri un verde ramoscello.
Lo so, lo so e ve ne sono grato ma adesso posso andare avanti da solo.” disse l’alberello.

Mai i due sostegni non lo vollero lasciare e continuarono a volerlo strettamente abbracciare.

L’albero crebbe ugualmente ma con la convinzione che ciò che era divenuto dipendeva dal sostegno che aveva ricevuto.
E quando il sostegno non ci fu più, l’alberello non credendo in se stesso, restò basso.
Un altro alberello fece la stessa richiesta ma mentre stava per dire ai suoi sostegni di spostarsi, si accorse che di sostegno in realtà ne aveva uno solo e che si spostava instancabile un po’ di qua e un po’ di la, per dargli sempre la giusta direzione.

L’alberello ne fu commosso, il suo sostegno essendo da solo aveva imparato a camminare e a spostarsi da una parte all’altra, facendosi in due ed a volte in quattro.

Il sostegno lo liberò dal suo abbraccio, sapeva che quello era il momento del balzo verso l’indipendenza e si poteva fare solo con un pizzico di incoscienza, di cui l’età giovanile era l’essenza.
Da lì in poi l’alberello continuò a crescere e divenne alto e proteso al cielo, non ebbe mai dubbi sulle sue capacità ed andò avanti senza alcuna difficoltà.
Il suo sostegno ogni giorno doveva alzare il capo al cielo per scorgerne la cima, ed ogni giorno lo vedeva più grande di prima.
La giovinezza era la culla dell’incoscienza ma questo apparente eccesso madre natura lo aveva volutamente concesso, anche il primo volo degli uccellini era dall’incoscienza contaminato altrimenti per paura nessun uccello avrebbe mai volato.

Brano di Cleonice Parisi