Il pittore e gli allievi (Mamma e figlia)

Il pittore e gli allievi (Mamma e figlia)

Cara figlia mia, voglio narrarti una storia.

“Molto tempo fa, un uomo che aveva ricevuto da Dio il dono di dipingere con pennelli e colori le meraviglie che vedeva attorno a sé, pensò che fosse giusto insegnare la sua arte ad altri giovani così che non morisse con lui.
Spiegò ai suoi allievi come usare i pennelli, a diluire i colori per ottenere le sfumature più infinite per rappresentare il creato.
Quando, secondo lui, furono pronti, mostrò loro un suo dipinto e li esortò a riprodurlo il più fedelmente possibile, seguendo i suoi insegnamenti, concedendo loro una settimana di tempo.

Trascorsi i sette giorni ogni allievo si recò da lui con la propria opera.

Quale fu la meraviglia del maestro quando vide che ogni riproduzione era simile nei tratti alla sua originale, ma i toni e le sfumature li distinguevano una dall’altra.
Deluso e amareggiato li rimproverò per non aver ascoltato i suoi insegnamenti.
Prima che gli allievi avessero modo di difendersi, intervenne la sposa del maestro pittore, che aveva assistito a tutto restando fino ad allora in disparte:
“Marito mio, tu hai trasmesso a questi giovani il tuo dono, mostrando loro come usarlo, secondo il loro cuore e la loro anima.
E sai bene che ogni anima è dono di Dio ed è unica.
Come puoi chiedere, anche ad uno solo di loro, di guardare il mondo coi tuoi occhi… tu puoi insegnargli a osservare la natura e la tecnica per riprodurla, ma è con i suoi occhi che egli la vedrà e la esprimerà attraverso la sua anima, unica e ineguagliabile.
E ogni opera che uscirà dalle sue mani, grazie al dono che tu gli hai fatto, sarà mirabile e unica, degna di onore e ammirazione.

Tu hai donato loro il pennello per dipingere la vita…

ma lascia che lo usino secondo il loro cuore e sii sempre e comunque fiero di loro!”
Fu così che il pittore capì che se facciamo un dono non possiamo ipotecare l’uso che ne verrà fatto.”

Ecco, figlia mia, Dio ha fatto dono ad ogni donna di cooperare alla creazione della vita, attraverso la maternità e in tantissimi altri modi.
Ogni madre userà il pennello avuto in dono per insegnare ai figli a dipingere, secondo coscienza e amore, la vita che decideranno di avere per volontà e aspirazione.
Ogni opera sarà unica, frutto di insegnamenti ricevuti attraverso atti di amore, rispetto, compassione, riconoscenza, carità e umiltà.
Poiché tutti siamo fallibili, gli errori nel tuo dipinto lo renderanno ancora più prezioso e unico.
Ma ricorda che col tuo pennello potrai dipingere qualunque cosa, secondo il tuo cuore e i tuoi desideri, in piena libertà.
Ecco, ora il pennello è tuo, è un dono, usalo come meglio senti di fare; ricorda i miei insegnamenti sempre, perché son frutto della vita che ho ricevuto e che ti ho dato, ma dipingi la tua vita coi colori che vedono i tuoi occhi, attraverso il cuore.

Fai lo stesso coi tuoi figli e, quando verrà il momento, lascia loro in dono questo pennello, come faccio ora con te.

Così che in futuro tutti possano godere degli insegnamenti, ma mantengano la libertà di utilizzarli.
Ciò che ti lascio è la tela dove ho dipinto la mia vita, perché tu la possa osservare e prenderne spunto per dipingere la tua, secondo le tue sole aspirazioni; è la forza di camminare con le tue gambe, ma mai da sola, perché il filo con il quale il Padre ci ha legato non può essere spezzato e io sarò sempre parte di te come tu di me.
Prendi questo dono e sii sempre fiera delle tue capacità, in esso c’è anche il mio cuore che da sempre batte assieme al tuo, per l’eternità.
Con amore, la tua mamma.

Brano senza Autore

Caro papà, noi crediamo in te!

Caro papà, noi crediamo in te!

Quando fu assunto come redattore in una importante rivista nazionale, gli sembrò di toccare il cielo con un dito.
Telefonò a mamma, papa e naturalmente alla dolce Monica alla quale disse semplicemente:
“Ho avuto il posto!
Possiamo sposarci!”
Si sposarono e negli anni nacquero tre vispi bimbetti:

Matteo, Marta e Lorenzo.

Sei anni durò la felicità, poi la rivista fu costretta a chiudere.
Il giovane papà si impegnò a trovare un altro posto come redattore in un giornale locale.
Ma anche quel giornale durò poco.
Questa volta la ricerca fu affannosa.
Ogni sera la giovane mamma e i tre bambini guardavano il volto del papà, sempre più rabbuiato.
Una sera, durante la cena, l’uomo si sfogò amareggiato:
“È tutto inutile!

Nel mio settore non c’è più niente:

tutti riducono il personale, licenziano…”
Monica cercava di rincuorarlo, gli parlava dei suoi sogni, delle sue indubbie capacità, di speranza.
Il giorno dopo, il papa si alzò dopo che i bambini erano già usciti per la scuola.
Con un gran peso sul cuore, prese una tazza di caffè e si avvicinò alla scrivania dove di solito lavorava.
Lo sguardo gli cadde sul cestino della carta.
Alcuni grossi cocci di ceramica rosa attirarono la sua attenzione.
Si accorse che erano i pezzi dei tre porcellini rosa che i bambini usavano come salvadanaio.
E sul suo tavolo c’era una manciata di monetine, tanti centesimi e qualche euro e anche alcuni bottoni dorati.
Sotto il mucchietto di monete un foglio di carta sul quale una mano infantile aveva scritto:

“Caro papà, noi crediamo in te.

Matteo, Marta e Lorenzo.”
Gli occhi si inumidirono, i brutti pensieri si cancellarono, il coraggio si infiammò.
Il giovane papa strinse i pugni e promise:
“La vostra fede non sarà delusa!”
Oggi, sulla scrivania di uno dei più importanti editori d’Europa c’è un quadretto con la cornice d’argento.
L’editore la mostra con orgoglio dicendo:
“Questo è il segreto della mia forza!”
È solo un foglio di carta con una scritta incerta e un po’ sbiadita:
“Caro papà, noi crediamo in te!
Matteo, Marta e Lorenzo.”

Brano di Bruno Ferrero

I cavalieri coraggiosi e Dio

I cavalieri coraggiosi e Dio

C’erano una volta due coraggiosi cavalieri.
Avevano affrontato battaglie, avventure rischiose e messo a repentaglio la vita al soldo di molti signori.
Una sera, uno dei due, guardando il sole che tramontava, disse:
“Mi resta un’ultima impresa!”

“Che cosa?” chiese l’altro.

“Voglio salire sulla montagna dove abita Dio!” esclamò il primo.
“Perché?” domandò il secondo.
“Voglio sapere perché ci carica di pesi e fardelli gravosi per tutta la vita e continua a pretendere sempre di più invece di alleggerire il nostro carico, ogni tanto almeno!” disse, amareggiato, il primo cavaliere.
“Verrò con te.
Ma io penso che Dio sappia quello che fa!” concluse l’altro.

Il viaggio fu lungo e faticoso.

Giunsero al monte di Dio.
Salivano in silenzio accanto ai cavalli poiché il sentiero era ripido e tormentato.
Già si intravedeva la sommità della montagna nella nebbia, quando una voce tuonò dall’alto:
“Prendete con voi tutte le pietre che trovate sul sentiero!”
“Lo vedi?” protestò il primo cavaliere, “È sempre la stessa storia!
Dopo tutta questa fatica, Dio ci vuole oberare ancora.
Io non ci sto più al suo gioco!”

E tornò indietro.

L’altro cavaliere invece fece quello che la voce aveva ordinato.
Impiegò molto tempo e, inoltre, la salita fu penosa.
Ma quando il primo raggio di sole del giorno le sfiorò le pietre ammassate sul cavallo e sulle braccia del cavaliere, queste brillarono di una luce limpidissima.
Si erano trasformate in splendidi diamanti di inestimabile valore.

Brano senza Autore

Il punto interrogativo

Il punto interrogativo

Era molto grazioso e, come tutti i punti interrogativi, aveva l’aria molto intelligente.
Da un po’ di tempo, però, girava per il paese sconsolato, amareggiato, deluso e depresso.
Apparentemente, nessuno lo voleva più!
Tutti ricorrevano, con sempre maggiore frequenza, al suo nemico acerrimo:
il punto esclamativo!

Tutti gridavano:

“Avanti!
Fermi!
Muoviti!
Togliti dai piedi!”
Il “punto esclamativo” è tipico dei prepotenti, e oramai i prepotenti dominano il mondo.
Anche per le strade e le vie cittadine, dove un tempo il “punto interrogativo” si sentiva un re, non c’era più nessuno che chiedeva:
“Come stai?” sostituito ora da:
“Ehilà!”
Non c’era più nessuno che fermava l’auto, abbassava il finestrino e chiedeva:
“Per favore, vado bene per Bergamo?”
Ora, usavano tutti il “navigatore satellitare” che impartisce gli ordini con decisione:

“Alla prima uscita, svoltare a destra!”

Stanco di girovagare, si rifugiò in una famiglia.
I bambini hanno sempre amato i punti interrogativi.
Ma, anche là, trovò un padre ed un figlio adolescente, che duellavano tutto il giorno, con i punti esclamativi…
“Non mi ascolti mai!” disse il figlio
“Non m’importa che cosa pensi!
Qui comando io!” esclamò il padre
“Basta! Me ne vado per sempre!” esclamò il figlio.
Alla fine, il padre era spossato e deluso; il figlio mortificato e scoraggiato, quindi aggressivo.
E soffrivano, perché non c’è niente di più lacerante, che essere vicini fisicamente e lontani spiritualmente.
Il punto interrogativo si appostò sotto il lampadario, ed alla prima occasione entrò in azione…
Accigliato e con i pugni chiusi, il padre era pronto allo scontro, ma dalla sua bocca uscì un:
“Che ne pensi?” che stupì anche lui.

Il figlio tacque, sorpreso:

“Davvero lo vuoi sapere, papà?”
Il padre annuì. Parlarono.
Alla fine, dissero quasi all’unisono:
“Mi vuoi ancora bene?”
Il “punto interrogativo” felice, faceva le capriole sopra il lampadario!

Brano tratto dal libro “C’è ancora qualcuno che danza.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.