La camicia dell’uomo felice

La camicia dell’uomo felice

C’era una volta un re malato di malinconia:
diceva di avere già i piedi nella fossa, scongiurava di salvarlo, e prometteva metà del suo regno a chi gli avesse portato sorrisi e felicità.
Figuratevi i cortigiani e i sapientoni!
Stavano in adunanza giorno e notte, discutevano rumorosamente, s’insolentivano anche nel fervore del parlare e del cercare; ma il rimedio per guarire quel bizzarro re malato d’ipocondria non riuscivano a trovarlo.
Fu chiamato anche il vecchio della montagna, un sapientone con tanto di barba bianca, il quale dichiarò:

“Occorre trovare un uomo felice.

Toglietegli la camicia, infilatela al re, il re sarà subito anch’egli felice!”
Immediatamente partirono cercatori per ogni parte del regno.
Fu sonata la trombetta nelle città, nelle piccole cittadine, nei paesi e villaggi, ma gli esseri felici non si fecero innanzi.
Chi era povero in canna e soffriva d’astinenza, chi era ricco e sospirava per mal di denti o mal di ventre, chi aveva la moglie bisbetica e la suocera in convulsione, chi la stalla appestata, chi il pollaio in rovina e chi i figli sfaccendati…
I cercatori tornarono tutti alla Corte portando delusioni.
Il re continuò a lagnarsi e a promettere metà del regno a chi gli avesse portato la camicia della felicità, mentre i cortigiani e i sapientoni rinnovarono adunanze e discussioni.
Una sera il figlio del re andava passeggiando meditabondo per la campagna.
Passando davanti ad una capanna, che aveva il tetto di foglie e di fango, udì parlare e pregare sommessamente:

“Ti ringrazio, buon Dio!

Ho lavorato, ho sudato, ho mangiato di buon appetito, ed ora mi riposerò tranquillo su questo letto di foglie.
Sono proprio felice!”
Felice?
Dunque c’era un uomo felice?
Il giovane principe volò al palazzo reale.
Chiamò le guardie, e ordinò di andare a prendere immediatamente la camicia di quell’uomo felice.
“Dategli quanto denaro vuole…
Fatelo barone, conte, duca…
Principe anche: mio pari.
Ma ceda la sua camicia e portatela al re!”

Corsero le guardie alla povera capanna.

Offrirono al boscaiolo una fortuna per avere la sua camicia.
Ma che!
L’uomo felice era così povero che non aveva camicia!”

Brano tratto dal libro “I più bei racconti per ragazzi.” di Lev Nikolàevič (Leone) Tolstòj. Editrice la Scuola.

La farfalla ed il cavolfiore

La farfalla ed il cavolfiore

Era una bella mattina di primavera e il sole scaldava il prato verde, trapuntato di fiori.
Su uno di essi aveva dormito una bella farfalla che, stiracchiandosi, distese le ali variopinte per asciugarle ai tiepidi raggi del sole e poi si librò nell’aria, cominciando a curiosare qua e là.

Giunta sulla riva d’uno stagno, si rimirò nell’acqua ferma che le faceva da specchio.

“Quanto sono bella!” pensò la farfalla e, felice, si mise a volare in giro per farsi vedere ed ammirare da tutti.
Ad un certo punto, però, cominciò a sentire un po’ d’appetito.
Istintivamente volò verso un orto dove c’era una distesa di cavoli freschi e turgidi.
Si fermò sul più grosso e bello, provò ad assaggiarlo, succhiò un po’, ma subito si ritrasse disgustata.
“Puah!

Che cattivo odore e che saporaccio!

Ho fatto male a venire qui nell’orto, dovevo andarmene in qualche bel giardino ricco di rose e garofani, di dalie e giunchiglie profumate.
Il cibo dell’orto non fa per me, io ho bisogno di cose più delicate.
“Hai cambiato gusto a quel che sembra!” osservò ironicamente il cavolfiore offeso, “Ti ho conosciuto in ben altre condizioni, bella mia, quando eri meno elegante e colorata.
Ricordo bene quando eri un bruco nudo e crudo, per niente bello da vedere, e fui proprio io a darti cibo e alloggio.”
“Il cibo dell’orto non fa per me, io ho bisogno di cose più delicate!” rispose risentita la farfallina.
“Allora il sapore delle mie foglie ti sembrava buono e appetitoso.
Ora che sei cresciuta, cambiata, rivestita di seta e di splendidi colori, frequenti giardini profumati e disdegni i buoni amici d’un tempo…

Hai poca memoria e troppa boria!

Sei bella, sì…
ma non sei buona se disprezzi chi ti ha cresciuta senza chiederti niente.”
La farfalla, tutta rossa per la vergogna, se ne volò via.

Brano tratto dal libro “Orizzonti della scuola primaria 2: Guida didattica digitale sfogliabile di italiano.” Casa Editrice Tredieci Srl.

Il cuoco generoso

Il cuoco generoso

Un re molto potente volle fare un banchetto per il figlio che arrivava a casa dopo aver girato per le galassie del cielo.
Ma quando il figlio arrivò subito si accorse che c’era qualcosa che non andava bene.
Il giovane era sempre triste, spento, come se tutto quel girovagare per le stelle, i pianeti e i vari satelliti l’avesse sfinito.
Allora il re decise di far curare il suo unico figlio e decise perciò di chiamare i tre medici più bravi e famosi della terra.

Arrivò il primo medico che visitò il giovane e disse:

“Ho capito… questo ragazzo ha bisogno di oro, di tanto oro, perché dopo aver visto tutte le stelle del cielo sicuramente adesso sente la mancanza del loro luccichio…e quindi è triste per questo!”
Così il re fece portare tutto l’oro del mondo e riempì una stanza.
Sì, per un po’ di tempo, qualche giorno, il giovane sembrò un po’ più contento, però dopo un po’ ritornò ad essere triste.
Allora il re chiamò un altro dottore, il quale disse:
“Ho capito… questo ragazzo ha bisogno di una bella giostra, perché dopo aver girato tutti i cieli con la sua navicella spaziale, sicuramente sente la mancanza del movimento e di tutta l’ebrezza che ha provato!”
Il re gli fece avere la giostra più bella e grande che si fosse mai vista ed effettivamente per qualche giorno il giovane fu un po’ più contento.

Ma poi si stufò anche della giostra e divenne più triste di prima.

Allora il re fece chiamare il terzo medico che visitò il ragazzo e disse:
“Ho capito… questo ragazzo ha bisogno di stare in spazi aperti.
È molto triste, perché dopo aver vissuto nei cieli sconfinati adesso si trova a vivere in un castello che, per grande che sia, per lui è un posto molto piccolo ed angusto!”
Allora il re portò il figlio in un posto meraviglioso con prati, cascate, ruscelli, fiumi…
Ed effettivamente per qualche giorno il giovane fu contento, ma dopo un po’ divenne ancora più triste di prima.

Il re, disperato e piangente, non sapeva più cosa fare.

Aveva chiamato i dottori più bravi della terra, ma senza alcun risultato.
Intanto un cuoco di corte che aveva sentito della malattia del giovane principe ed era molto dispiaciuto si avvicinò al re e gli fece una proposta:
“Forse, mio sire, il giovane principe ha solo bisogno di un buon pranzetto…
Ormai i dottori hanno fatto tutto il possibile, perché non lasciate fare a me che so cucinare piatti prelibati?”
Allora il re decise di provare quest’ultima possibilità.
Tutti i giorni il giovane cuoco si recava dal principe e gli faceva assaggiare un po’ per volta, perché il giovane aveva anche perso l’appetito, i piatti preparati da lui e si intratteneva con il principe, gli raccontava quello che succedeva al castello e ascoltava volentieri i meravigliosi viaggi nelle galassie che il principe aveva compiuto in quegli anni… e un po’ per volta il principe guarì completamente dalla sua malattia.

Brano di Maria Macrì

La gazzella ed il cespuglio



La gazzella ed il cespuglio

Una gazzella era inseguita dai cacciatori.
Passando vicino a un cespuglio verde, si raccomandò:

“Nascondimi per carità. Vogliono la mia morte.”

Il cespuglio la lasciò entrare, poi si richiuse, in modo che la gazzella scomparisse dalla vista dei cacciatori.
Passò qualche minuto.
La gazzella aveva il cuore in tumulto.
Poi si quietò e incominciò a brucare le foglie del cespuglio.

“Ahi!” fece il cespuglio “Mi fai male!”

“Ho corso tanto e mi è venuto appetito.” rispose la gazzella ingrata.
“Io ti ho nascosto volentieri, e tu ora mi strappi le foglie!” esclamò il cespuglio.
“Così è la vita.” rispose la gazzella, dando un morso più violento al cespuglio.

Ma fu subito punita della sua ingratitudine.

I cacciatori, che erano ancora nei dintorni, vedendo il cespuglio muoversi, intuirono la presenza della gazzella.
Spararono e l’uccisero.

Brano di Paolo Bargellini