La brava moglie

La brava moglie

Un blasonato conte, proprietario di numerosi poderi, aveva dato lo sfratto ad un suo mezzadro addicendo a varie motivazioni.
Una tra queste era stata quella di non avergli dato abbastanza onoranze e regalie, come d’uso nei contratti di un tempo, entro l’11 novembre, giorno di san Martino.
In realtà, il povero mezzadro non aveva potuto dargli quasi nulla poiché aveva una “nidiata” di figli in tenera età da sfamare,

che sottraevano, a dire dell’avaro conte, troppo alla proprietà.

Il fondo era chiamato “Carestia” poiché, per l’infelice ubicazione su un terreno sassoso e impervio, rendeva realmente poco.
Paradossalmente si presentarono all’appello per condurlo solamente tre aspiranti mezzadri.
Ognuno fu sottoposto ad un minuzioso interrogatorio circa la capacità e volontà di condurre il problematico fondo.
Il terzo aspirante si presentò dal conte e da sua moglie, assistiti a loro volta dal castaldo, preposto a sorvegliare e a mantenere in ordine i conti di gestione, mostrando le proprie grandi mani callose come prova di laboriosità.

Cercò di balbettare qualcosa ma, imbarazzato per l’emozione, non riuscì quasi a parlare.

Dopo un breve lasso di tempo che parve una eternità, la contessa, squadrandolo da cima a fondo e facendolo agitare, al povero esaminando, disse:
“I calli sulle mani non sono sufficienti a farti avere un nostro giudizio favorevole!”
La contessa lo fece avvicinare ed osservò, minuziosamente, la sua giacca, la quale mostrava il suo tempo, la camicia, che nonostante fosse logora, era pulita e profumava di lavanda, ed i pantaloni, i quali, nonostante fossero tutti rattoppati, erano ben stirati.

Il contadino si stava riprendendo per parlare, quando la nobildonna lo interruppe, dicendo:

“Devi avere una brava e laboriosa moglie, e per questa ragione la terra la diamo a te, principalmente per i meriti di lei!”
Valentino, così si chiamava, tornò a casa con le ali ai piedi, attendendo con ansia il momento in cui avrebbe potuto baciare, romanticamente, sua moglie, per ringraziarla del suo lavoro e del suo amore, emulando, così, i principi delle favole.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Il sultano e il contabile

Il sultano e il contabile

C’era un Sultano a cui era morto il fedele contabile, e quindi dopo aver preso consiglio dai ministri, mandò i banditori in giro per cercare un nuovo amministratore della sua ricchezza.
Si presentarono diverse persone, e furono condotte alla presenza del Sultano, il quale li condusse alla camera del tesoro, e li lasciò per qualche minuto da soli.

Successivamente, il Sultano richiamò gli aspiranti, e dopo aver battuto le mani, fece venire i musicisti, quindi disse a loro:

“Su, ballate!”
Tutti gli aspiranti ballavano male, con le braccia strette al petto, e lentamente:
solo uno di essi saltava e danzava con vigore e piacere di ciò che faceva.

Visto ciò, il Sultano chiamò i ministri e le guardie, e disse a quello che ballava:

“Tu sarai il mio nuovo contabile, in quanto a loro,” indicando gli altri aspiranti “vengano decapitati!”
Il vizir del Sultano chiese allora: “Come mai è questa la vostra scelta, mio Sultano?” ed egli rispose:
“Vedi, mio fedele vizir, questi uomini hanno rubato l’oro dalla camera dove li ho lasciati, e così quando ballavano avevano paura che le monete nascoste cadessero,”

poi indicando il nuovo contabile,

“ma quest’uomo invece è stato fedele ed onesto, e non ha rubato: infatti lui ballava sciolto, poiché non aveva niente che lo impedisse!”
Così andò che quell’uomo divenne il nuovo contabile del Sultano, e visse sempre onorato e benvoluto.

Brano senza Autore, tratto dal Web