Pensa a tutti quegli anni che sono trascorsi senza conoscerci! (Emanuele e la mamma)

Pensa a tutti quegli anni che sono trascorsi senza conoscerci! (Emanuele e la mamma)

La nascita di Emanuele, un bimbo bello e sano, fu un avvenimento da festeggiare!
La mamma aveva già due figlie grandi che frequentavano le superiori.

Anzi, man mano che il tempo passava,

sembrava che ogni giorno ci fosse un motivo per festeggiare il prezioso dono che era arrivato con la nascita di Emanuele.
Era un bambino dolce, giudizioso, amava divertirsi ed era un piacere averlo vicino!
Un giorno, quando Emanuele aveva circa cinque anni, insieme con la mamma stavano andando in auto al centro commerciale.
Come succede di solito con i bambini, all’improvviso Emanuele chiese:

“Mamma, quanti anni avevi quando sono nato?”

“Trentasei, Emanuele!
Perché?” gli domandò la mamma, cercando di capire cosa avesse in mente.
“Che peccato!” esclamò Emanuele.

“Cosa vuoi dire?” chiese allora la mamma, alquanto sorpresa.

Guardandola, con uno sguardo pieno d’amore, Emanuele le disse:
“Pensa a tutti quegli anni che sono trascorsi senza conoscerci!”

Brano senza Autore

La visita alla mamma

La visita alla mamma

Quando mia nonna andava a far visita a sua madre, aveva bisogno di tre giorni:
un giorno per viaggiare sul calesse trainato dal cavallo; un giorno per raccontare e apprendere le ultime notizie, un po’ in cucina e un po’ in giardino;

il terzo giorno per il viaggio di ritorno.

Quando mia madre andava a far visita a sua madre, aveva bisogno di due giorni.
Viaggiava in treno e, se era fortunata con le coincidenze, si fermava la sera del primo giorno, raccontava le ultime novità e il giorno dopo ripartiva.

Quando io faccio visita a mia madre, impiego mezz’ora.

Vado in auto e mi fermo giusto una decina di minuti perché i bambini si annoiano e sono sempre in ritardo con le spese al supermercato.
Se un giorno mia figlia mi verrà a far visita, di quanto tempo avrà bisogno?

Brano di Bruno Ferrero

Tre racconti brevi sui bambini e sugli abbracci

Tre racconti brevi sui bambini e sugli abbracci
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Il furto della borsa

Il bambino e l’abbraccio

La bambina e l’abbraccio

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“Il furto della borsa”

Mi avevano rubato la borsa.
Mio marito, arrabbiato e contrariato, mi disse:
“Lasci sempre le tue cose in giro.
Se non fossi tanto disattenta, non sarebbe successo!”

Le sue parole mi ferirono e mi fecero sentire stupida.

Ma quella stessa sera, mio figlio di dieci anni, venuto a conoscenza dell’accaduto, mi mise le braccia attorno al collo e mi disse:
“Oh, mamma, deve essere stato terribile, per te!”

Brano senza Autore
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“Il bambino e l’abbraccio”

Il bambino chiese alla mamma:
“Mamma, secondo te, Dio esiste?”
“Si!” rispose la mamma.
“Com’è?” domandò il bambino.

La donna attirò il figlio a sé…

Lo abbracciò forte e gli disse:
“Dio è così!”
“Ho capito!” esclamò il bambino.

Brano senza Autore
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“La bambina e l’abbraccio”

Una volta una bambina domandò alla mamma:
Mamma, chi è Dio?”
La mamma rimase sbalordita da quella domanda così ardita.
D’altra parte, era contenta che proprio la sua bambina le avesse fatto quella domanda tanto importante.

Allora, come per ringraziarla,

se la prese tra le braccia e se la strinse forte al petto e la baciò.
In quel momento, le venne la risposta:
“Cara bambina mia, Dio è quello che provi ora con me!”

Brano senza Autore

Due racconti brevi sui bambini di Bruno Ferrero

Due racconti brevi sui bambini di Bruno Ferrero
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Nessuno è venuto a cercarmi!

Il bambino che portava sempre due fazzoletti

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“Nessuno è venuto a cercarmi!”

 

Un bambino arrivò a casa in lacrime.
Il nonno gli corse incontro e lo strinse tra le braccia.
Il bambino continuò a singhiozzare.
Allora il nonno lo accarezzò, cercando di calmarlo.

“Ti hanno picchiato?” gli chiese.

Il bambino negò scuotendo la testa.
“Ti hanno rubato qualcosa?” domandò allora.
“No!” singhiozzò il bambino.
“Ma che ti è successo, allora?” proseguì il nonno, preoccupato.
Il bambino tirò su con il naso, poi raccontò:
“Giocavamo a nascondino, ed io mi ero nascosto proprio bene.
Ero là che aspettavo, ma il tempo passava…

Ad un certo punto sono uscito fuori e…

mi sono accorto che avevano finito di giocare ed erano andati tutti a casa e nessuno era venuto a cercarmi!”
I singulti gli scuotevano il piccolo petto, “Capisci?
Nessuno è venuto a cercarmi!”

Brano tratto dal libro “C’è qualcuno lassù.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.
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“Il bambino che portava sempre due fazzoletti”

 

Alla scuola materna, un bambino portava sempre due fazzoletti.
La maestra gli chiese il perché.

Lui rispose:

“Uno è per soffiarmi il naso, l’altro per asciugare gli occhi di quelli che piangono!”
Tu li porti due fazzoletti?

Brano tratto dal libro “Quaranta Storie nel Deserto.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Tre racconti brevi sui bambini

Tre racconti brevi sui bambini
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Un bambino e la propria ombra

Il bambino e la montagna

La bambina alla scuola materna

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“Un bambino e la propria ombra”

 

In un paesino di campagna, un bambino camminava verso la scuola, di buon mattino, accompagnato dalla mamma.
Il bambino era completamente assorbito dai lunghi passi della sua enorme ombra proiettata dal sole del mattino, che lo faceva sembrare e sentire un gigante alto trenta metri.

Improvvisamente la madre si fermò.

Guardò il figlio dritto negli occhi e disse:
“Figlio mio, non guardare la tua ombra di mattina, guardala a mezzogiorno!”

Brano senza Autore
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“Il bambino e la montagna”

 

Il piccolo Lorenzo, tre anni, davanti ad un magnifico panorama di montagna, chiese all’improvviso:
“Chi ha fatto la montagna?”
La mamma, sorpresa:
“Non so, Dio?

Oppure si è fatta da sola?”

Il bambino rifletté un momento, poi con la serietà dei piccoli concluse:
“Io lo so: il diavolo ha fatto la montagna e Dio ha fatto i sentieri per arrampicarsi in cima alla montagna!”
Ogni giorno avrai montagne di roccia scoscesa da scalare, dirupi e abissi da superare.
E ogni giorno Dio traccerà il sentiero per superarli.

Brano senza Autore
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“La bambina alla scuola materna”

 

Nikki, mia figlia di quattro anni, non si adattava alla scuola materna e piangeva spesso:
“Non sapeva dirmi che cosa la rendeva infelice!”
Un bel giorno la trovai che sorrideva.

Mi disse che non aveva più pianto, e le chiesi il motivo.

Iniziò a rovistare nello zaino e tirò fuori una grande foto del mio matrimonio, cornice inclusa, che aveva preso da sopra la cassettiera.
Mi disse che tutte le volte che sentiva la mia mancanza, prendeva la foto e la guardava.
E non si sentiva più triste.

Brano senza Autore

Due racconti brevi sui bambini

Due racconti brevi sui bambini
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Il bambino ed il disegno di Dio

La lezione del piccolo Leonardo

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“Il bambino ed il disegno di Dio”

Un bambino stava disegnando e l’insegnante gli disse:
“È un disegno interessante.
Che cosa rappresenta?”

“È un ritratto di Dio!” esclamò lui.

“Ma nessuno sa come sia fatto Dio!” ribatté la maestra.
“Quando avrò finito il disegno lo sapranno tutti!” concluse, sicuro, il bambino.

Brano senza Autore
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“La lezione del piccolo Leonardo”

 

Ogni volta che ti senti deluso della tua posizione nella vita pensa al piccolo Leonardo!
Leonardo faceva le prove di una parte nella recita della scuola.
Ci teneva tantissimo a parteciparvi ma la mamma temeva che non sarebbe stato scelto!
Il giorno in cui si annunciavano le parti,

andò a prenderlo, dopo la scuola.

Leonardo le corse incontro, con gli occhi che gli brillavano, per l’orgoglio e l’emozione.
“Indovina, mamma!” urlò, e poi disse quelle parole, che rimangono per tutti una lezione:
“Sono stato scelto per applaudire!”

Brano senza Autore

Il Messia in ritardo

Il Messia in ritardo

Ad una comunità ebraica molto osservante fu annunciato che nella notte solenne del sabato di Pasqua il Messia sarebbe arrivato.
Avrebbe cominciato la sua missione proprio dalla comunità.

Il giorno di sabato, si radunarono tutti.

Le donne avevano preparato la cena, osservando ancora più scrupolosamente le prescrizioni della tradizione e della Legge, gli uomini avevano provato a lungo la musica, i canti e le danze.
Sapevano che in quella notte, finalmente, il Messia sarebbe arrivato.
La festa cominciò…
Mezzanotte: da lì a poco l’avrebbero visto!
L’una del mattino: il suo arrivo era imminente.

Le due: i cuori battevano più forte.

Le tre: la stanchezza cominciava a farsi sentire.
Le quattro: alcuni cominciarono a perdersi d’animo.
Le cinque: sonnecchiavano e sbadigliavano tutti…
Non arrivava ancora…
A mezzogiorno, il Messia bussò finalmente alla porta!

Entrando disse educatamente:

“Scusatemi, ma ho incontrato un bambino che piangeva e mi sono fermato a consolarlo!”
Finché ci saranno bambini che piangono, il Messia non arriverà!

Brano tratto dal libro “I fiori semplicemente fioriscono.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Dipende dalle mani in cui si trova

Dipende dalle mani in cui si trova

Un pallone di basket nelle mie mani vale 20 euro.
Nelle mani di Michael Jordan vale circa 30 milioni di euro.
Dipende dalle mani in cui si trova.

Una palla da baseball nelle mie mani vale 4 euro.
Nelle mani di Mark McGuire vale circa 17 milioni di euro.

Dipende dalle mani in cui si trova.

Una racchetta da tennis nelle mie mani è praticamente inutile.
Nelle mani di Venus Williams è la vittoria in un torneo.
Dipende dalle mani in cui si trova.

Un bastone nelle mie mani tiene lontano un animale selvatico.
Un bastone, nelle mani di Mosè, divise il Mar Rosso.

Dipende dalle mani in cui si trova.

Una fionda nelle mie mani è un giocattolo per bambini.
Una fionda nelle mani di Davide è un’arma straordinaria.
Dipende dalle mani in cui si trova.

Due pesci e cinque pani nelle mie mani sono una buona merenda.
Due pesci e cinque pani nelle mani di Dio sfamano moltitudini di popoli.

Dipende dalle mani in cui si trovano.

I chiodi nelle mie mani possono produrre una cuccia per cani.
Nelle mani di Gesù Cristo producono salvezza per il mondo intero.
Dipende dalle mani in cui si trovano.

Come vedi, tutto dipende dalle mani in cui gli oggetti si trovano.
Allora, metti i tuoi ragionamenti, le tue preoccupazioni, le tue paure, le tue speranze, i tuoi sogni, la tua famiglia e i tuoi rapporti con gli altri nelle mani di Dio, perché…
Dipende dalle mani in cui si trovano.

Brano senza Autore

Il ritorno dei fiori

Il ritorno dei fiori

Siccome non riusciva più ad accettare la cattiveria degli uomini, il più potente dei maghi aveva lasciato la regione per andare a vivere sulla vetta di un’alta montagna.
Dal giorno della sua partenza, tutti i fiori della prateria, quelli che spuntano sulle colline e nei boschi, quelli che fioriscono sui bordi dei fiumi, sulle rive dei laghi e del mare, appassirono e morirono.
Nessuno sopravvisse.
Il paese divenne un deserto, perché dopo la morte dei fiori, gli uccelli, le farfalle, le api e tutti gli insetti fuggirono lontano.
I vecchi abitanti della regione raccontavano ai bambini la bellezza dei fiori e degli insetti, ma i bambini non ci credevano.

“Sono soltanto storie!” dicevano.

Solo il figlio di una povera vedova credeva che esistessero ancora, da qualche parte, fiori e insetti.
E quando la mamma taceva, reclamava ancora un’altra storia, perché voleva sentir parlare della bellezza dei fiori.
“Ah!” diceva, “Quando sarò grande, andrò a cercare il mago per chiedergli di ridarci i fiori.”
Quando fu cresciuto, la sua passione per i fiori era sempre più forte.
Allora disse alla madre:
“Ho deciso: parto per cercare il mago e domandargli di ridarci i fiori!”
Sua madre, all’inizio si rifiutò di credergli.
“Figlio mio!
Io ti ho raccontato solo delle storie!
Ho sentito mia madre raccontarle, perché le aveva sentite da sua madre.
Ma non bisogna credere a queste storie!
Probabilmente i fiori non sono mai esistiti.
E quanto al mago, nessuno potrà mai ritrovarlo.
La montagna su cui vive è la più alta di tutte le montagne!”
Ma il giovane non la ascoltò neppure e un bel mattino partì.
La gente del paese che lo guardava allontanarsi sorrideva ironicamente.
“È proprio matto!” dicevano, “Bisogna essere pazzi per credere a queste storie!”

E i suoi amici lo prendevano in giro.

Il giovane si diresse a nord.
Camminò per tanto e tanto tempo.
Alla fine arrivò ai piedi di una montagna, così alta, ma così alta che non si intravedeva la cima.
Non si perse di coraggio.
Girò intorno alla montagna, ma non vide nessun sentiero, solo rocce ripide e levigate.
Per tre volte, lentamente, ripercorse la base della montagna.
“Se il mago ha trovato un modo per salire, lo troverò anch’io!” si diceva.
Dopo aver scrutato attentamente ogni più piccolo appiglio, si accorse che ad un certo punto una roccia aveva un’attaccatura, che formava come un minuscolo gradino.
Guardò meglio e poco più in alto ne scoprì un altro.
Si allontanò un po’ e vide che sulla parete della montagna era tracciata una scala che saliva a spirale.
Prese a salire, pieno di entusiasmo, senza mai voltarsi indietro perché aveva paura delle vertigini.
Dopo il primo giorno, la vetta della montagna non si vedeva ancora.

Neppure dopo il secondo e il terzo giorno.

Le forze cominciavano ad abbandonarlo quando, il quarto giorno, si rese conto tutto d’un colpo che la vetta era vicina e, al calar della notte, finalmente, riuscì a raggiungerla.
Poco sotto le rocce della cima gorgogliava una sorgente.
Stremato e assetato, il giovane s’inchinò e bevve l’acqua fresca.
Appena le sue labbra assaggiarono l’acqua tutta la sua stanchezza scomparve.
Si sentì rinvigorito e più forte che mai.
In quel momento, sentì una voce che gli chiedeva che cosa era venuto a cercare.
“Sono venuto,” rispose il giovane, “per chiedere al grande mago di ridarci i fiori e gli insetti.
Un paese senza fiori, senza uccelli e senza api, è triste e senza gioia.
Sono sicuro che gli abitanti del mio paese la farebbero finita con tutta la loro cattiveria se il mago ridonasse loro i fiori.”
Allora il giovane fu sollevato da mani invisibili.
Dolcemente fu portato verso la regione dei fiori eterni, e le mani invisibili lo deposero al suolo nel bel mezzo di un tappeto di fiori di tutti i colori.
Il giovane non credeva ai suoi occhi.

Non li aveva immaginati così belli i fiori!

Un profumo delicato aleggiava nell’aria e i raggi del sole danzavano sui fiori multicolori.
La gioia del giovane fu così grande, che si mise a piangere.
Udì nuovamente la voce che gli disse di cogliere tutti i fiori che preferiva.
Si riempì le braccia di tutti i fiori che riuscì a raccogliere.
Poi le mani invisibili lo risollevarono e lo riportarono sulla cima della montagna.
Allora, la voce gli disse:
“Riporta questi fiori nel tuo paese che solo grazie alla tua fede e al tuo coraggio da questo momento non sarà mai più senza fiori.
Fioriranno dappertutto.
I venti del nord, del sud, dell’est e dell’ovest porteranno la pioggia che sarà il loro nutrimento e le api torneranno per donarvi il miele che esse ricaveranno dai fiori.”
Il giovane ringraziò e iniziò subito la discesa dalla montagna che, malgrado la quantità di fiori che portava, gli parve molto più facile della salita.
Quando gli abitanti del paese lo videro tornare con le braccia cariche di fiori, si misero a respirare il profumo e furono presi dalla voglia di cantare.
Non riuscivano a credere alla loro felicità.

Quando furono certi di non sognare, dissero:

“Ah! Lo sapevamo che i fiori esistevano e che le storie dei nostri vecchi dicevano il vero!”
Il paese ridivenne un grande giardino.
Sulle colline, nelle valli, sui bordi dei fiumi e dei laghi, nei boschi, nei campi, i fiori sbocciarono e si moltiplicarono.
I venti dei quattro punti cardinali si davano il cambio per innaffiarli.
Tornarono gli uccelli e le farfalle, gli insetti ronzanti e soprattutto le api.
Finalmente la gente poté riassaggiare il miele e la gioia tornò a regnare nel paese.
Quando gli uomini videro la loro terra trasformata grazie al giovane che aveva osato ciò che nessuno aveva creduto possibile, gli chiesero di essere il loro re.
Egli accettò e divenne un re buono, coraggioso e intelligente.
“Ricordiamoci sempre,” diceva, “che era stata la cattiveria degli uomini a provocare la scomparsa dei fiori dal nostro paese.”
E siccome nessuno voleva ricominciare ad abitare in un deserto ed essere privato del miele, si sforzavano tutti di essere più buoni che mai.

Brano tratto dal libro “Parabole e storie. Per la scuola e la catechesi.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Caro papà, noi crediamo in te!

Caro papà, noi crediamo in te!

Quando fu assunto come redattore in una importante rivista nazionale, gli sembrò di toccare il cielo con un dito.
Telefonò a mamma, papa e naturalmente alla dolce Monica alla quale disse semplicemente:
“Ho avuto il posto!
Possiamo sposarci!”
Si sposarono e negli anni nacquero tre vispi bimbetti:

Matteo, Marta e Lorenzo.

Sei anni durò la felicità, poi la rivista fu costretta a chiudere.
Il giovane papà si impegnò a trovare un altro posto come redattore in un giornale locale.
Ma anche quel giornale durò poco.
Questa volta la ricerca fu affannosa.
Ogni sera la giovane mamma e i tre bambini guardavano il volto del papà, sempre più rabbuiato.
Una sera, durante la cena, l’uomo si sfogò amareggiato:
“È tutto inutile!

Nel mio settore non c’è più niente:

tutti riducono il personale, licenziano…”
Monica cercava di rincuorarlo, gli parlava dei suoi sogni, delle sue indubbie capacità, di speranza.
Il giorno dopo, il papa si alzò dopo che i bambini erano già usciti per la scuola.
Con un gran peso sul cuore, prese una tazza di caffè e si avvicinò alla scrivania dove di solito lavorava.
Lo sguardo gli cadde sul cestino della carta.
Alcuni grossi cocci di ceramica rosa attirarono la sua attenzione.
Si accorse che erano i pezzi dei tre porcellini rosa che i bambini usavano come salvadanaio.
E sul suo tavolo c’era una manciata di monetine, tanti centesimi e qualche euro e anche alcuni bottoni dorati.
Sotto il mucchietto di monete un foglio di carta sul quale una mano infantile aveva scritto:

“Caro papà, noi crediamo in te.

Matteo, Marta e Lorenzo.”
Gli occhi si inumidirono, i brutti pensieri si cancellarono, il coraggio si infiammò.
Il giovane papa strinse i pugni e promise:
“La vostra fede non sarà delusa!”
Oggi, sulla scrivania di uno dei più importanti editori d’Europa c’è un quadretto con la cornice d’argento.
L’editore la mostra con orgoglio dicendo:
“Questo è il segreto della mia forza!”
È solo un foglio di carta con una scritta incerta e un po’ sbiadita:
“Caro papà, noi crediamo in te!
Matteo, Marta e Lorenzo.”

Brano di Bruno Ferrero