Il ritorno dei fiori

Il ritorno dei fiori

Siccome non riusciva più ad accettare la cattiveria degli uomini, il più potente dei maghi aveva lasciato la regione per andare a vivere sulla vetta di un’alta montagna.
Dal giorno della sua partenza, tutti i fiori della prateria, quelli che spuntano sulle colline e nei boschi, quelli che fioriscono sui bordi dei fiumi, sulle rive dei laghi e del mare, appassirono e morirono.
Nessuno sopravvisse.
Il paese divenne un deserto, perché dopo la morte dei fiori, gli uccelli, le farfalle, le api e tutti gli insetti fuggirono lontano.
I vecchi abitanti della regione raccontavano ai bambini la bellezza dei fiori e degli insetti, ma i bambini non ci credevano.

“Sono soltanto storie!” dicevano.

Solo il figlio di una povera vedova credeva che esistessero ancora, da qualche parte, fiori e insetti.
E quando la mamma taceva, reclamava ancora un’altra storia, perché voleva sentir parlare della bellezza dei fiori.
“Ah!” diceva, “Quando sarò grande, andrò a cercare il mago per chiedergli di ridarci i fiori.”
Quando fu cresciuto, la sua passione per i fiori era sempre più forte.
Allora disse alla madre:
“Ho deciso: parto per cercare il mago e domandargli di ridarci i fiori!”
Sua madre, all’inizio si rifiutò di credergli.
“Figlio mio!
Io ti ho raccontato solo delle storie!
Ho sentito mia madre raccontarle, perché le aveva sentite da sua madre.
Ma non bisogna credere a queste storie!
Probabilmente i fiori non sono mai esistiti.
E quanto al mago, nessuno potrà mai ritrovarlo.
La montagna su cui vive è la più alta di tutte le montagne!”
Ma il giovane non la ascoltò neppure e un bel mattino partì.
La gente del paese che lo guardava allontanarsi sorrideva ironicamente.
“È proprio matto!” dicevano, “Bisogna essere pazzi per credere a queste storie!”

E i suoi amici lo prendevano in giro.

Il giovane si diresse a nord.
Camminò per tanto e tanto tempo.
Alla fine arrivò ai piedi di una montagna, così alta, ma così alta che non si intravedeva la cima.
Non si perse di coraggio.
Girò intorno alla montagna, ma non vide nessun sentiero, solo rocce ripide e levigate.
Per tre volte, lentamente, ripercorse la base della montagna.
“Se il mago ha trovato un modo per salire, lo troverò anch’io!” si diceva.
Dopo aver scrutato attentamente ogni più piccolo appiglio, si accorse che ad un certo punto una roccia aveva un’attaccatura, che formava come un minuscolo gradino.
Guardò meglio e poco più in alto ne scoprì un altro.
Si allontanò un po’ e vide che sulla parete della montagna era tracciata una scala che saliva a spirale.
Prese a salire, pieno di entusiasmo, senza mai voltarsi indietro perché aveva paura delle vertigini.
Dopo il primo giorno, la vetta della montagna non si vedeva ancora.

Neppure dopo il secondo e il terzo giorno.

Le forze cominciavano ad abbandonarlo quando, il quarto giorno, si rese conto tutto d’un colpo che la vetta era vicina e, al calar della notte, finalmente, riuscì a raggiungerla.
Poco sotto le rocce della cima gorgogliava una sorgente.
Stremato e assetato, il giovane s’inchinò e bevve l’acqua fresca.
Appena le sue labbra assaggiarono l’acqua tutta la sua stanchezza scomparve.
Si sentì rinvigorito e più forte che mai.
In quel momento, sentì una voce che gli chiedeva che cosa era venuto a cercare.
“Sono venuto,” rispose il giovane, “per chiedere al grande mago di ridarci i fiori e gli insetti.
Un paese senza fiori, senza uccelli e senza api, è triste e senza gioia.
Sono sicuro che gli abitanti del mio paese la farebbero finita con tutta la loro cattiveria se il mago ridonasse loro i fiori.”
Allora il giovane fu sollevato da mani invisibili.
Dolcemente fu portato verso la regione dei fiori eterni, e le mani invisibili lo deposero al suolo nel bel mezzo di un tappeto di fiori di tutti i colori.
Il giovane non credeva ai suoi occhi.

Non li aveva immaginati così belli i fiori!

Un profumo delicato aleggiava nell’aria e i raggi del sole danzavano sui fiori multicolori.
La gioia del giovane fu così grande, che si mise a piangere.
Udì nuovamente la voce che gli disse di cogliere tutti i fiori che preferiva.
Si riempì le braccia di tutti i fiori che riuscì a raccogliere.
Poi le mani invisibili lo risollevarono e lo riportarono sulla cima della montagna.
Allora, la voce gli disse:
“Riporta questi fiori nel tuo paese che solo grazie alla tua fede e al tuo coraggio da questo momento non sarà mai più senza fiori.
Fioriranno dappertutto.
I venti del nord, del sud, dell’est e dell’ovest porteranno la pioggia che sarà il loro nutrimento e le api torneranno per donarvi il miele che esse ricaveranno dai fiori.”
Il giovane ringraziò e iniziò subito la discesa dalla montagna che, malgrado la quantità di fiori che portava, gli parve molto più facile della salita.
Quando gli abitanti del paese lo videro tornare con le braccia cariche di fiori, si misero a respirare il profumo e furono presi dalla voglia di cantare.
Non riuscivano a credere alla loro felicità.

Quando furono certi di non sognare, dissero:

“Ah! Lo sapevamo che i fiori esistevano e che le storie dei nostri vecchi dicevano il vero!”
Il paese ridivenne un grande giardino.
Sulle colline, nelle valli, sui bordi dei fiumi e dei laghi, nei boschi, nei campi, i fiori sbocciarono e si moltiplicarono.
I venti dei quattro punti cardinali si davano il cambio per innaffiarli.
Tornarono gli uccelli e le farfalle, gli insetti ronzanti e soprattutto le api.
Finalmente la gente poté riassaggiare il miele e la gioia tornò a regnare nel paese.
Quando gli uomini videro la loro terra trasformata grazie al giovane che aveva osato ciò che nessuno aveva creduto possibile, gli chiesero di essere il loro re.
Egli accettò e divenne un re buono, coraggioso e intelligente.
“Ricordiamoci sempre,” diceva, “che era stata la cattiveria degli uomini a provocare la scomparsa dei fiori dal nostro paese.”
E siccome nessuno voleva ricominciare ad abitare in un deserto ed essere privato del miele, si sforzavano tutti di essere più buoni che mai.

Brano tratto dal libro “Parabole e storie. Per la scuola e la catechesi.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Le banane (La vita al momento giusto)

Le banane
(La vita al momento giusto)

Un mio amico decise di trascorrere alcune settimane in un monastero del Nepal.
Un pomeriggio, entrò in uno dei numerosi templi del monastero e trovò un monaco che, sorridente, era seduto sull’altare.

“Perché sorridete?” gli chiese.

“Perché capisco il significato delle banane!” rispose il monaco, aprendo la borsa che aveva con sé e tirandone fuori una banana marcia e mostrandola al mio amico.
“Questa è la vita che è passata e non è stata goduta al momento giusto,” disse, “ora è troppo tardi!”
Estrasse poi dalla borsa una banana ancora acerba, gliela mostrò e la ripose di nuovo:

Questa è la vita che non è ancora accaduta, bisogna aspettare il momento giusto!”

Infine, estrasse una banana matura, la sbucciò e la divise con il mio amico.
“Questa è la vita al momento giusto: il presente.
Alimentati con esso, e vivilo senza paura e senza colpa!”

Brano di Paulo Coelho

Bisogna affrontare i rovesci della vita

Bisogna affrontare i rovesci della vita

Un giorno un acquazzone mi colse di sorpresa mentre camminavo per strada.
Grazie a Dio avevo ombrello ed impermeabile.

Tuttavia, entrambi si trovavano nel portabagagli dell’automobile,

parcheggiata molto lontano.
Mentre correvo a prenderli, pensavo a quale strano segno stavo ricevendo da Dio!

Le mie riflessioni furono queste:

“Abbiamo sempre le risorse necessarie per affrontare i rovesci che la vita ci impone, ma, nella maggior parte delle occasioni, tali risorse sono sepolte in fondo al nostro cuore, e ciò ci fa perdere molto tempo nel ritrovarle.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Bisogna accettare ciò che la vita ci offre

Bisogna accettare ciò che la vita ci offre

Nei giorni scorsi, mentre stavo leggendo un trafiletto di giornale, ricevetti una telefonata da una vecchia amica, che non sentivo da un po’ di tempo…
Si sa, è sempre piacevole risentire una persona con cui si è percorso un tratto di strada insieme, e dopo le solite domande di rito, abbiamo iniziato a chiacchierare di quello che stava accadendo nelle nostre vite…

Tutto tranquillo, finché ad un certo punto lei esordisce con una frase del tipo: “Voi ragazzi maturate solo dopo i 27 anni…”,

legato al fatto che la sua ultima storia sentimentale era finita non proprio in maniera piacevole…
Udite queste parole, la reazione naturale sarebbe stata mandare a fare una passeggiata alla mia interlocutrice, invece, mantenendo una alquanto strana tranquillità, chiesi a questa ragazza se il suo ultimo partner fosse uno dei ragazzi che per diverso tempo le aveva fatto la corte, e naturalmente la risposta fu negativa…

La loro breve love-story era nata all’improvviso e per caso,

e per un altro assurdo motivo così era terminata, quindi a me venne naturale chiedere come mai si fosse lanciata in questa storia a scatola chiusa, e non avesse dato retta a nessuno dei suoi ammiratori precedenti…
Non sapendo cosa dire, farfugliò delle parole tipo che questo ragazzo le sembrava quello adatto, ma alla fine convenne con me che non sempre le storie non vanno o non iniziano proprio solo per colpa dei ragazzi, ma anche che le ragazze stesse nella maggior parte delle volte, non ascoltano proprio chi le vuole conoscere con le scuse più banali…

In quel momento mi ritornarono in mente le parole di un film:

“E’ la storia più vecchia del mondo: lui ama lei, ma lei ama un altro…”.
Partendo da questo presupposto qualunque discorso inizia a non aver alcun senso, ma nella vita bisogna sempre ricordare “che esistono persone che ci amano profondamente ma che non sanno come esprimere o mostrare i loro sentimenti…”

Brano di Michele Bruno Salerno
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.

Non bisogna mai giudicare nessuno…


Non bisogna mai giudicare nessuno…

Un medico giunse in ospedale subito dopo essere stato chiamato per un’urgenza dal reparto di chirurgia.
Rispose alla chiamata non appena possibile, si mise il camice e andò direttamente al blocco chirurgico.
Davanti alla sala operatoria trovò il padre del bambino che gli gridò:
“Perché è venuto così tardi, perché tutto questo tempo, non sa che la vita di mio figlio è in pericolo, non hai il senso di responsabilità?”

Il dottore sorrise e disse:

“Mi dispiace, non ero in ospedale e sono arrivato velocemente per come ho potuto, dopo aver ricevuto la chiamata…
Ed ora, vorrei che si calmasse in modo che io possa fare il mio lavoro!”
“Devo stare calmo?
Cosa succederebbe se suo figlio si trovasse in questo momento nei panni del mio bambino, starebbe tranquillo?” disse il padre arrabbiato.
Il dottore sorrise e rispose:
“Le voglio dire quello che ha detto Giobbe nella Bibbia:

“Dalla polvere siamo nati e in polvere ritorneremo, sia benedetto il nome di Dio!”

Noi medici non possiamo fare sempre miracoli!
Stia tranquillo, comunque faremo tutto il possibile per suo figlio!”
“Dare consigli quando non siamo in questione è così facile!” mormorò il padre.
L’intervento durò qualche ora, alla fine uscì dalla sala operatoria felice e disse al padre:
“Grazie a Dio suo figlio è salvo!” e senza attendere la risposta del padre guardò l’orologio e andò via di fretta mentre diceva:

“Se vuole sapere altro chieda all’infermiera!”

“Perché è così arrogante?
Non poteva aspettare qualche minuto e dirmi di più sullo stato di mio figlio?” disse il padre all’infermiera.
L’infermiera con le lacrime al viso gli rispose:
“Il figlio del dottore è morto ieri in un incidente stradale, e il medico era al funerale quando l’abbiamo chiamato per l’urgenza e ora che il suo bambino è fuori pericolo e sta bene, lui è corso a vedere la sepoltura di suo figlio!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Fractio panis – Bisogna saper condividere


Fractio panis – Bisogna saper condividere

A Berna, un’anziana signora ultraottantenne, essendo rimasta sola e non avendo voglia di cucinare solo per se stessa, si reca tutti i giorni a pranzare alla Migros, una catena di ristoranti self-service.
Quel giorno decide di mangiare un bel minestrone di verdura.
Prende un vassoio, riempie il piatto di minestrone, va alla cassa a pagare e prende posto ad un tavolo vuoto.
Si siede, ma al momento di mangiare si accorge di non aver preso un cucchiaio per mangiare il minestrone.

Si alza, va alla cassa dove ci sono le posate,

prende un cucchiaio e ritorna al suo tavolo, ma…
lì seduto c’è un ragazzo africano che sta mangiando il suo minestrone!
Sul momento la signora s’indigna e vorrebbe andare dal ragazzo a dirgli di tutto, ma poi pensa che, certamente, quell’emigrato l’ha fatto per fame e, passata la rabbia, decide di sedersi davanti al ragazzo e, senza dirgli nulla, incomincia a mangiare anche lei il minestrone.
Il ragazzo africano la guarda stupito, ma lei gli sorride, lui le sorride e continuano a mangiare il minestrone:

un cucchiaio lei, un cucchiaio lui…

Finito il minestrone il ragazzo si alza, va al banco dei primi piatti, prende un piatto di fettuccine alla bolognese, prende due forchette e torna al tavolo.
Dà una forchetta alla vecchia signora, si siede davanti a lei e incominciano a mangiare le fettuccine, sorridendo:
una forchettata lei, una forchettata lui…
Terminate le fettuccine il ragazzo africano si alza, fa un sorriso alla signora e se ne va.

La signora, contenta per aver fatto un’opera buona,

si gira sorridendo, per salutarlo e…
ad un tavolo vicino, dietro di lei, vede un vassoio con sopra un piatto di minestrone…
Il suo piatto!

Brano tratto dal libro “Lettera da Erika.” di Don Paolo Farinella

La cameriera e la mancia. (Non bisogna mai giudicare)


La cameriera e la mancia. (Non bisogna mai giudicare)

Una signora anziana si sedette ad un tavolo di un bar.
La cameriera le portò il menu e le chiese cosa volesse ordinare.
La vecchia signora chiese quanto costasse un pezzo di torta al cioccolato e la cameriera rispose:

“3 euro.”

La donna anziana prese alcune monete dalla tasca e iniziò a contarle lentamente, chiedendo in seguito quanto costasse la torta semplice.
La cameriera un po’ scocciata, visto che aveva molti tavoli da servire le rispose:

“2 euro.”

“Va bene, allora prendo volentieri la semplice!” rispose la vecchia signora.
La cameriera portò la torta al tavolo e mise subito il conto sul tavolo pensando tra se:

“Che gente tirchia!”

La vecchia signora mangiò molto lentamente e con piacere la torta, si alzò lentamente, mise i soldi sul tavolo e se ne andò.
Quando la cameriera si apprestò a pulire il tavolo si accorse che la vecchia signora le aveva lasciato 1 euro di mancia.

L’emozione le fece scendere una lacrima.

Si voltò alla ricerca dell’anziana donna per ringraziarla, ma era troppo tardi e la signora non era più visibile al suo sguardo.
La cameriera si sentì in colpa per aver giudicato tirchia quella vecchietta che invece possedendo solo 3 euro si era limitata a prendere una fettina di torta da 2 euro per lasciarle la mancia!

Brano senza Autore, tratto dal Web

Bisogna saper ascoltare…


Bisogna saper ascoltare…

Mauro proveniva da una buona famiglia con genitori amorevoli, due fratelli e una sorella, che avevano successo nella vita scolastica e sociale.
Vivevano in un bel quartiere e Mauro aveva tutto quello che un ragazzino può desiderare.
Ma alle elementari, Mauro fu subito etichettato come soggetto speciale.
Nelle medie era il disadattato piantagrane.
Alle scuole superiori cominciò a inanellare espulsioni e voti disastrosi.
Una domenica, un insegnante incrociò la famiglia e disse:
“Mauro sta facendo molto bene in questo periodo.
Siamo molto soddisfatti di lui.”

“Forse ci state confondendo con un’altra famiglia.
Il nostro Mauro non ne azzecca mai una.
Siamo molto imbarazzati e non sappiamo capire perché!” disse il padre.
Mentre l’insegnante se ne andava, la madre osservò:
“Però, a pensarci bene, Mauro non si è cacciato nei guai nell’ultimo mese.
Inoltre è sempre andato a scuola presto e si è sempre fermato più del necessario.
Che cosa starà succedendo?”
Alla consegna della prima pagella, i genitori di Mauro si aspettavano voti bassi e note insoddisfacenti sul comportamento.

Invece sulla pagella c’erano voti più che sufficienti e una menzione speciale in condotta.
Mamma e papà erano sconcertati.
“A chi ti sei seduto vicino, per avere questi voti?” chiese il papà con sarcasmo.
“Ho fatto tutto da solo!” rispose umilmente Mauro.
Perplessi e non completamente convinti, i genitori di Mauro lo riportarono a scuola per parlare con il preside.
Egli assicurò loro che Mauro stava andando molto bene.
“Abbiamo una nuova insegnante di sostegno, e sembra che lei abbia una particolare influenza su Mauro.
Penso che dovreste conoscerla!”

Quando il trio si avvicinò, la donna aveva il capo abbassato.
Le ci volle un istante per accorgersi che aveva visite.
Quando lo capì, si alzò in piedi e iniziò a gesticolare con le mani.
“Cos’è questo?” chiese indignato il padre di Mauro.
“Linguaggio dei segni.
Questa donna è sordomuta!
Ecco perché è così straordinaria!” disse Mauro, mettendosi in mezzo.
“Lei fa molto di più, papà.
Lei sa ascoltare!”

Brano tratto dal libro “Io e me alla ricerca del treno: Pensieri e racconti di uno strano ragazzo.” di Andrea Cardinale