L’amore ai tempi della guerra

L’amore ai tempi della guerra

Una sera, Bortolo, militare suo malgrado, andò a trovare la sua amata fidanzata, che non vedeva da molto tempo.
La raggiunse durante una licenza lampo, con l’obbligo di tornare il giorno dopo al fronte, pena la denuncia per diserzione.
La nonna di casa era rimasta sveglia, nonostante l’età e la stanchezza, a controllare da un angolo il focoso fidanzato, che non lesinava attenzioni particolari alla sua bella nipote.
All’inizio del secolo scorso, era prassi controllare gli innamorati, affinché non cadessero in tentazione facendo, in questo modo,

perdere l’onore della famiglia con una gravidanza fuori dal matrimonio.

Bortolo, quella sera, non voleva staccarsi dalla sua amata e la nonna, veramente molto stanca, si incamminò verso il piano superiore, ma solo dopo aver fatto una lunga ramanzina ammonitoria agli innamorati.
La camera in cui giunse la nonna aveva un pavimento in legno e, in corrispondenza dei due giovani, era presente un buco, da dove si poteva spiare senza essere visti.

La nonna vide la temuta scena:

Bortolo baciava la sua donna cingendola con un abbraccio intimo e la nonna, con il suo bastone, picchiò forte e ripetutamente il pavimento, mettendosi a gridare come una posseduta per svegliare tutta la casa:
“Il demonio, il demonio!
Abbiamo il demonio in casa!”

I fidanzati si ricomposero e Bortolo, adirato per l’interruzione, si mise a gridare pure lui:

“È la guerra…
La guerra!
La sporca guerra che sono costretto a combattere è il vero scandalo, non l’amore!”

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

La perseveranza della formica

La perseveranza della formica

L’altro giorno ho visto una formica che trasportava una foglia enorme.
La formichina era piccola e la foglia doveva pesare almeno il doppio della (formica) stessa.
Ora la trascinava, ora la sollevava sopra la testa.
Quando soffiava il vento, la foglia cadeva, facendo cadere anche la formica.
Fece molti capitomboli, ma nemmeno questo fece desistere la formica dalla sua impresa.
L’osservai e la seguii, finché giunse vicino a un buco, che doveva essere la porta della sua casa.
Allora pensai:
“Finalmente ha concluso la sua impresa!”
Mi illudevo.

Perché, anzi, aveva appena terminata solo una tappa.

La foglia era molto più grande del foro, per cui la formica lasciò la foglia di lato all’esterno ed entrò da sola.
Così mi dissi:
“Poverina, tanto sacrificio per nulla!”
Mi ricordai del detto popolare:
“Nuotò, nuotò e morì sulla spiaggia!”
Ma, la formichina mi sorprese.
Dal buco uscirono altre formiche, che cominciarono a tagliare la foglia in piccoli pezzi.
Sembravano allegre nel lavoro.
In poco tempo, la grande foglia era sparita, lasciando spazio a pezzettini che ormai erano tutti dentro il buco.

Immediatamente mi ritrovai a pensare alle mie esperienze.

Quante volte mi sono scoraggiato davanti all’ingorgo degli impegni o delle difficoltà?
Forse, se la formica avesse guardato le dimensioni della foglia, non avrebbe nemmeno cominciato a trasportarla.
Ho invidiato la perseveranza, la forza di quella formichina.
Naturalmente, trasformai la mia riflessione in preghiera e chiesi al Signore che mi desse la tenacia di quella formica, per “caricare” le difficoltà di tutti i giorni.
Che mi desse la perseveranza della formica, per non perdermi d’animo davanti alle cadute.

Che io possa avere l’intelligenza,

l’abilità di quella formichina, per dividere in pezzi il fardello che, a volte, si presenta tanto grande.
Che io abbia l’umiltà per dividere con gli altri i frutti della fatica come se il tragitto non fosse stato solitario.
Chiesi al Signore la grazia di riuscire, come quella formica, a non desistere dal cammino, specie quando i venti contrari mi fanno chinare la testa verso il basso… specie quando, per il peso di ciò che mi carica, non riesco a vedere con nitidezza il cammino da percorrere.
La gioia delle larve che, probabilmente, aspettavano il cibo all’interno, ha spinto quella formica a sforzarsi e superare tutte le avversità della strada.
Dopo il mio incontro con quella formica, sono stato rafforzato nel mio cammino.
Ringrazio il Signore per averla messa sulla mia strada e per avermi fatto passare sul cammino di quella formichina.
I sogni non muoiono, solo si assopiscono nel cuore della gente.
Basta svegliarli, per riprendere il cammino!

Brano senza Autore

Il topolino sagace

Il topolino sagace

Un topolino che si apprestava a uscire dal suo buco intravide un gatto appostato là fuori.
Tornò in fondo al buco e invitò un amico a fare una capatina insieme ad un certo sacco di grano:

“Sarei andato anche solo,” disse,

“ma non posso negarmi il piacere di una compagnia così distinta!” “Benissimo,” disse l’amico, “verrò con te.
Fai strada.”
“Io?” esclamò l’altro, “Io precedere un topo illustre e famoso come te?
Non sia mai.

Seguo piuttosto la vostra signoria…”

Lusingato del grande sfoggio di deferenza, l’amico andò per primo e, uscendo dal buco, venne catturato dal gatto, che trotterellò via con la sua preda.
L’altro uscì indisturbato.

Brano senza Autore

Si darà da fare

Si darà da fare

Due pappagalli vivevano nello stesso nido.
Un giorno il nido fu rovinato dal vento impetuoso.

Invece di ripararlo subito, ognuno pensò:

“Lo riparerà il mio compagno!”
E così nessuno aggiustò il nido.
Intanto il buco diventava, di giorno in giorno, sempre più grosso.

Allora il pappagallo più giovane pensò:

“Il mio compagno non sopporterà più a lungo l’idea di vivere in un nido così rovinato, e presto si darà da fare!”
A sua volta il pappagallo vecchio pensò:
“Provvederà il giovane a ripararlo; in fondo ha meno anni di me: è il più forte!”
Il mesi passarono e soggiunse il freddo.

I due, infreddoliti, pensarono:

“Il mio compagno non potrà resistere ancora a lungo: questa volta si darà, sicuramente, da fare per riparare il nido e proteggersi dal freddo”.
Ma nessuno si decideva.
Una sera, quello che rimaneva del nido, fu spazzato dal vento e cadde a terra.
I due pappagalli morirono congelati.

Brano senza Autore.

Il sole all’orizzonte

Il sole all’orizzonte

Era finito nella rete, il piccolo pesce azzurro, e si dibatteva per trovare una via d’uscita e ritornare al mare.
Inutilmente.

Poi s’accorse di un piccolo buco:

una maniglia allentata nella rete.
Provò a uscire ma il foro era troppo piccolo.
Tuttavia gli permetteva di guardare meglio oltre la barca del pescatore e di quelle terribili reti.
Allora vide il mare con la sua immensa distesa di libertà.
E pensò alle profondità marine da cui proveniva, alla luce che filtrava dalle onde sui coralli della scogliera sommersa.
E agli altri pesci suoi amici, che nuotavano liberi tra le rocce di fondali coperte di alghe.

Quelle alghe che danzavano al ritmo delle correnti…

Era il suo mondo perduto.
Tuttavia, la nuova situazione offriva qualche vantaggio.
Ora poteva guardare il mare da un altro punto di vista e scoprire cose nuove.
Per esempio, l’orizzonte lontano:
era così vasto; e il cielo che copriva il mare con le ultime stelle del mattino:
una visione fantastica!

All’improvviso apparve uno splendore mai visto:

“Ecco,” gridò il piccolo pesce azzurro, fuori di sé per lo stupore, “ecco da dove viene la luce che illumina le profondità del mare!”
Sul filo dell’orizzonte stava sorgendo il sole.

Brano senza Autore

Ai giardinetti

Ai giardinetti

Una volta una madre si trovava ai giardinetti con la bimba di quattro anni.
Ad un tratto, la bambina si mise a piangere disperatamente.
Un signore che assistette alla scena, dopo un po’ non ne poté più e disse alla madre:
“Signora, non faccia piangere così la bambina:

le dia quel che vuole!”

La madre non replicò ed il signore tacque.
Intanto la bambina riprese a piangere, sempre più angosciata.
Allora l’uomo, deciso, parlò nuovamente con la madre:
“Signora, non si può far piangere tanto un bimba:

mi dica quel che vuole, provvedo io!”

La madre, ancor più seccata:
“Provi lei!
Ha fatto un buco e adesso vuole portarselo a casa!”

Brano di Pino Pellegrino

Il pastore e la pecora

Il pastore e la pecora

Una pecora scoprì un buco nel recinto e scivolò fuori.
Era così felice di andarsene.

Si allontanò molto e si perse.

Si accorse allora di essere seguita da un lupo.
Corse e corse, ma il lupo continuava ad inseguirla, finché il pastore arrivò e

la salvò riportandola con amore all’ovile.

E nonostante che tutti l’incitassero a farlo, il pastore non volle riparare il buco nel recinto.

Brano di Bruno Ferrero

I due blocchi di ghiaccio

I due blocchi di ghiaccio

C’erano una volta due blocchi di ghiaccio.
Si erano formati durante il lungo inverno, all’interno di una grotta di tronchi, rocce e sterpaglie in mezzo ad un bosco sulle pendici di un monte.
Si fronteggiavano con ostentata reciproca indifferenza.
I loro rapporti erano di una certa freddezza.
Qualche “buongiorno,” qualche “buonasera.”

Niente di più.

Non riuscivano cioè a “rompere il ghiaccio!”
Ognuno pensava dell’altro:
“Potrebbe anche venirmi incontro.”
Ma i blocchi di ghiaccio, da soli, non possono né andare né venire.
Ma non succedeva niente e ogni blocco di ghiaccio si chiudeva ancora di più in se stesso.
Nella grotta viveva un tasso.

Un giorno sbottò:

“Peccato che ve ne dobbiate stare qui.
È una magnifica giornata di sole!”
I due blocchi di ghiaccio scricchiolarono penosamente.
Fin da piccoli avevano appreso che il sole era il grande pericolo.
Sorprendentemente quella volta, uno dei due blocchi di ghiaccio chiese:
“Com’è il sole?”
“È meraviglioso, è la vita!” rispose il tasso.
“Puoi aprirci un buco nel tetto della tana…
Vorrei vedere il sole…” disse l’altro.

Il tasso non se lo fece ripetere.

Aprì uno squarcio nell’intrico delle radici e la luce calda e dolce del sole entrò come un fiotto dorato.
Dopo qualche mese, un mezzodì, mentre il sole intiepidiva l’aria, uno dei blocchi si accorse che poteva fondere un po’ e liquefarsi diventando un limpido rivolo d’acqua.
Si sentiva diverso, non era più lo stesso blocco di ghiaccio di prima.
Anche l’altro fece la stessa meravigliosa scoperta.
Giorno dopo giorno, dai blocchi di ghiaccio sgorgavano due ruscelli d’acqua che scorrevano all’imboccatura della grotta e, dopo poco, si fondevano insieme formando un laghetto cristallino, che rifletteva il colore del cielo.
I due blocchi di ghiaccio sentivano ancora la loro freddezza, ma anche la loro fragilità e la loro solitudine, la preoccupazione e l’insicurezza comuni.
Scoprirono di essere fatti allo stesso modo e di aver bisogno in realtà l’uno dell’altro.

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Il nuovo principe (Un granello alla volta)

Il nuovo principe
(Un granello alla volta)

In uno sperduto angolo del regno d’Etiopia, viveva un re che amava le favole più di ogni altra cosa al mondo.
Diventato vecchio, però, si annoiava perché ormai le conosceva tutte.
Così un giorno fece annunciare in tutto il Paese che avrebbe dato il titolo di principe a chiunque gli avesse saputo raccontare una favola nuova, in grado di suscitare la sua attenzione e la curiosità di conoscere il finale.
Numerosi cantastorie vennero da tutti gli angoli del reame e dai Paesi vicini, ma nessuno riuscì ad interessare le orecchie reali, sempre tristi e distratte.
Un giorno un povero contadino bussò alle porte del palazzo per raccontare al vecchio re la storia di un agricoltore che aveva ammassato nel suo granaio il raccolto più ricco della sua vita.
Ma c’era un piccolo buco nel granaio e, quando tutto il grano fu portato dentro, una formica vi entrò e portò via un chicco.

“Molto interessante, continua.” disse il re.

Il contadino proseguì:
“Il secondo giorno un’altra formica passò nel buchino e portò via un altro chicco di grano, il terzo giorno accadde la stessa cosa…”
Il re era ormai molto preso dalla storia del contadino e chiese di tagliare corto sui dettagli per sapere come andava a finire tutto quel via vai di formiche nel granaio.
“Vai avanti, non mi annoiare!” urlò il re rosso in viso.
Ma il contadino continuava.
“Basta!

Vai avanti!” ordinò il re.

Il contadino sembrava sordo e proseguiva con la sua cantilena di formiche e chicchi di grano.
Si interruppe per dire:
“Mio re, questa è la parte più importante della storia:
il granaio è ancora pieno di chicchi di grano.”

Allora il sovrano esclamò:

“Hai vinto tu!
Ho capito che bisogna saper ascoltare gli altri con pazienza e umiltà.
I racconti più belli non sono quelli che ci stupiscono con grandi eventi, ricchezze, rivoluzioni e storie d’amore impossibili.
Sono quelli che, come succede nella vita di ogni giorno, ci fanno sperare di riuscire a vedere i risultati dei nostri sforzi.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Le cose non sono sempre quelle che sembrano


Le cose non sono sempre quelle che sembrano

Due angeli viaggiatori si fermarono per passare la notte nella casa di una famiglia ricca.
Era una famiglia di persone molto avare che si rifiutarono di far dormire i due angeli nella camera degli ospiti.
Infatti concessero loro solo un piccolo spazio fuori, sul duro e freddo pavimento del pergolato davanti alla casa.
Mentre gli angeli si preparavano come potevano un giaciglio per terra, il più vecchio dei due vide un buco nel muro e lo riparò.
Quando l’angelo più giovane gliene chiese il motivo lui rispose soltanto:

“Le cose non sono sempre quelle che sembrano!”

La notte dopo la coppia di angeli cercò riparo nella casa di una famiglia molto povera ma molto ospitale dove furono accolti da un contadino e da sua moglie.
Dopo aver diviso con gli angeli il seppur scarso cibo che avevano, i contadini insistettero per cedere agli angeli i loro letti, dove finalmente gli angeli viaggiatori poterono riposare comodamente.
La mattina dopo quando il sole sorse, gli angeli trovarono l’uomo e sua moglie in lacrime.
La loro unica mucca, la loro unica fonte di sostentamento, giaceva morta nel campo.
Il giovane angelo si infuriò e chiese al più vecchio come avesse potuto lasciar accadere una cosa del genere.

“Al primo uomo, che pure aveva tutto, hai fatto un favore!” lo accusò.

“Questa famiglia benché avesse pochissimo è stata pronta a dividere tutto con noi, e tu hai lasciato che la loro mucca morisse!”
“Le cose non sono sempre quelle che sembrano!” replicò l’angelo più anziano.
“Quando eravamo nel cortile della villa, ho notato che c’era dell’oro nascosto nel muro e che si sarebbe potuto scoprirlo grazie a quel piccolo buco, in modo tale che avrebbero avuto modo di trovare anche quella ricchezza.
La notte scorsa, poi, mentre dormivamo nel letto del contadino, venne l’angelo della morte per portarsi via sua moglie.

Ed io invece di lei gli ho dato la mucca!”

Le cose non sono sempre quelle che sembrano.
Qualche volta questo è precisamente quello che succede quando le cose sembrano non andare come dovrebbero.

Brano senza Autore, tratto dal Web