Segui Gesù come Maria

Segui Gesù come Maria

Una notte ho fatto un sogno splendido.
Vidi una strada lunga, una strada che si snodava dalla terra e saliva su nell’aria, fino a perdersi tra le nuvole, diretta in cielo.
Ma non era una strada comoda, anzi era una strada piena di ostacoli, cosparsa di chiodi arrugginiti, pietre taglienti e appuntite, pezzi di vetro.
La gente camminava su quella strada a piedi scalzi.
I chiodi si conficcavano nella carne, molti avevano i piedi sanguinanti.

Le persone però non desistevano:

volevano arrivare in cielo.
Ma ogni passo costava sofferenza e il cammino era lento e penoso.
Ma poi, nel mio sogno, vidi Gesù ché avanzava.
Era anche lui a piedi scalzi.
Camminava lentamente, ma in modo risoluto.

E neppure una volta si ferì i piedi.

Gesù saliva e saliva.
Finalmente giunse al cielo e là si sedette su un grande trono dorato.
Guardava in giù, verso quelli che si sforzavano di salire.
Con lo sguardo e i gesti li incoraggiava.
Subito dopo di lui, avanzava Maria, la sua mamma.
Maria camminava ancora più veloce di Gesù.

Sapete perché?

Metteva i suoi piedi nelle impronte lasciate da Gesù.
Così arrivò presto accanto a suo Figlio, che la fece sedere su una grande poltrona alla sua destra.
Anche Maria si mise ad incoraggiare quelli che stavano salendo e invitava anche loro a camminare nelle orme lasciate da Gesù, come aveva fatto lei.
Gli uomini più saggi facevano proprio così e procedevano spediti verso il cielo.
Gli altri si lamentavano per le ferite, si fermavano spesso, qualche volta desistevano del tutto e si accasciavano sul bordo della strada sopraffatti dalla tristezza.

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Il ponte (Un contadino ed il suo bambino)

Il ponte
(Un contadino ed il suo bambino)

Un contadino ed il suo bambino erano in cammino verso un paese vicino, per la fiera annuale.
La strada passava sopra un ponticello di pietra sgretolato e traballante per il fiume in piena.
Il bambino si spaventò.
Papà, pensi che il ponte reggerà?” domandò.

Il padre rispose:

“Ti terrò per mano, figlio mio!”
Ed il bambino mise la sua mano in quella del padre.
Con molta cautela attraversò il ponte a fianco di suo padre e giunsero a destinazione.
Ritornarono che calava la sera.
Mentre camminavano, il piccolo chiese:

“E il fiume, papà?

Come faremo ad attraversare quel ponte pericolante?
Ho paura!”
L’uomo forte e robusto prese in braccio il piccolino e gli disse:
“Resta qui fra le mie braccia e sarai al sicuro!”
Mentre il contadino avanzava con il suo prezioso fardello, il bambino si addormentò profondamente.

Il mattino seguente il piccolo si svegliò e si ritrovò sano e salvo nel suo lettino.

La luce del sole filtrava attraverso la finestra.
Non si era neppure accorto di essere stato trasportato al di là del ponte, sopra il torrente impetuoso.

Brano tratto dal libro “La vita è tutto quello che abbiamo.” di Bruno Ferrero. Edizioni Elledici.

Io seguo il mio Re

Io seguo il mio Re

Un potente sovrano viaggiava nel deserto seguito da una lunga carovana che trasportava il suo favoloso tesoro di oro e pietre preziose.
A metà del cammino, sfinito dall’infuocato sole, un cammello della carovana crollò boccheggiante e non si rialzò più.

Il forziere che trasportava rotolò per i fianchi della duna,

si sfasciò e sparse tutto il suo contenuto, perle e pietre preziose, nella sabbia.
Il principe non voleva rallentare la marcia, anche perché non aveva altri forzieri e i cammelli erano già sovraccarichi.
Con un gesto tra il dispiaciuto e il generoso invitò i suoi paggi e i suoi scudieri a tenersi le pietre preziose che riuscivano a raccogliere e portare con sé.

Mentre i giovani si buttavano avidamente sul ricco bottino e frugavano affannosamente nella sabbia,

il principe continuò il suo viaggio nel deserto.
Si accorse però che qualcuno continuava a camminare dietro di lui.
Si voltò e vide che era uno dei suoi paggi, che lo seguiva ansimante e sudato.

“E tu,” gli chiese il principe, “non ti sei fermato a raccogliere niente?”

Il giovane diede una risposta piena di dignità e di fierezza:
“Io seguo il mio re!”

Brano tratto dal libro “Seguo il mio re!: Una regola di vita per i giovani.” di Don Luigi Ginami. Edizioni Paoline.

Il serpente a sonagli ed il giovane

Il serpente a sonagli ed il giovane

In una tribù indiana, i giovani venivano riconosciuti adulti dopo un rito di passaggio vissuto nella più stretta solitudine.
Durante questo periodo di solitudine dovevano provare a se stessi di essere pronti per l’età matura.
Una volta uno di loro camminò fino a una splendida valle verdeggiante di alberi e radiosa di fiori.
Guardando le montagne che cingevano la valle, il giovane notò una vetta scoscesa incappucciata di neve dal biancore abbacinante.

“Mi metterò alla prova contro quella montagna.” pensò.

Indossò la sua camicia di pelle di bisonte, si gettò una coperta sulla spalla e cominciò la scalata.
Quando arrivò in cima, vide sotto di sé il mondo intero.
Il suo sguardo spaziava senza limiti, e il suo cuore era pieno di orgoglio.
Poi udì un fruscio vicino ai suoi piedi, abbassò lo sguardo e vide un serpente.
Prima che il giovane potesse muoversi, il serpente parlò.
“Sto per morire!” disse, “Fa troppo freddo quassù per me e non c’è nulla da mangiare.

Mettimi sotto la tua camicia e portami a valle!”

“No!” rispose il giovane, “Conosco quelli della tua specie.
Sei un serpente a sonagli.
Se ti raccolgo mi morderai e il tuo morso mi ucciderà!”
“Niente affatto,” disse il serpente, “Con te non mi comporterò così.
Se fai questo per me, non ti farò del male!”

Il giovane rifiutò per un po’, ma quel serpente sapeva essere molto persuasivo.

Alla fine, il giovane se lo mise sotto la camicia e lo portò con sé.
Quando furono giù a valle, lo prese e lo depose delicatamente a terra.
All’improvviso il serpente si arrotolò su se stesso, scosse i suoi sonagli, scattò in avanti e morse il ragazzo a una gamba.
“Mi avevi promesso…” gridò il giovane.
“Sapevi che cosa rischiavi quando mi hai preso con te!” disse il serpente strisciando via.

Brano tratto dal libro “L’importante è la rosa.” di Bruno Ferrero. Edizione Elledici.

L’importanza della cravatta

L’importanza della cravatta

Un uomo si era perso nel deserto e si trascinava da due giorni sulla sabbia infuocata.
Era ormai giunto allo stremo delle forze.

Improvvisamente vide davanti a sé un mercante di cravatte.

Non aveva con sé nient’altro: solo cravatte.
E cercò subito di venderne una al pover’uomo, che stava morendo di sete.
Con la lingua impastata e la gola riarsa, l’uomo gli diede del pazzo:

“Si vende una cravatta a uno che muore di sete?”

Il mercante alzò le spalle e continuò il suo cammino nel deserto.
Alla sera, il viaggiatore assetato, che strisciava ormai sulla sabbia, alzò la testa e rimase allibito: era nel piazzale di un lussuoso ristorante, con il parcheggio pieno d’automobili!

Una costruzione grandiosa, assolutamente solitaria, in pieno deserto.

L’uomo si arrampicò a fatica fino alla porta e, sul punto di svenire, gemette:
“Da bere, per pietà!”
“Desolato, signore,” rispose il compitissimo portiere, “qui non si può entrare senza cravatta!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

La ricerca della Pace

La ricerca della Pace

C’era una volta un tale che si mise in viaggio per trovare cosa fosse la pace.
Ogni giorno faceva chilometri e chilometri, domandando a tutti cosa fosse la pace.
Ma nessuno sapeva dargli una risposta.
Qualcuno diceva:
“La pace?
È non avere pensieri per la testa, non pensare a qualcun’altro!”
“Eh, la pace! È avere la pancia piena!”
“La pace è non avere importuni tra i piedi come te…
e quindi lasciami in pace e prosegui il tuo cammino.”
Nessuno sapeva dirgli proprio cos’era la pace.
Quando camminava di notte gli sembrava che quel silenzio, quell’oscurità, quella luna, quelle stelle, gli parlassero di pace; ma poi si ricordava degli uomini e subito il suo cuore si riempiva di tristezza, e il senso di pace svaniva specialmente quando a qualche fattoria nemmeno poteva avvicinarsi per chiedere ospitalità, perché c’erano a guardia grossi cani che gli mettevano paura.

Che strano!

Gli uomini avevano bisogno di grossi cani per stare in pace alla notte.
Un giorno attraversando il giardino di una città, dove c’erano tanti bambini che giocavano, sentì una voce che gli fece venire il batticuore:
“Su, da bravi, fate la pace!”
Era una nonnina che invitava due fratellini, che avevano appena litigato, a perdonarsi.
Andò verso l’anziana per farle la solita domanda.
Ma ella non seppe dirgli altroche la pace, la si fa dopo che si è litigato.
Il viandante ringraziò, ma non rimase soddisfatto:
possibile, che per avere la pace sia necessario prima litigare? (diceva tra sé proseguendo il suo cammino di ricerca)
Un altro giorno passando davanti a una casetta sentì una povera donna gridare:
“Ma qui non c’è un attimo di pace!”
Quella persona, forse sapeva cos’era la pace: bussò ed entrò.
Trovò una mamma con tre bambini, uno più vispo dell’altro.

Le fece la domanda e la donna:

“La pace? Credo ci sarà in questa casa quando questi bambini saranno obbedienti, calmi, ordinati…”
Non aveva ancora terminato le parole che, per incanto i bambini diventarono come delle statuine, calmissimi; se domandavi loro qualcosa correvano ad eseguire la consegna e poi tornavano a sedersi immobili con le braccia conserte.
Il viandante, dai ringraziamenti della donna, credette finalmente trovato cosa fosse la pace.
Chiese di poter alloggiare da loro.
Passò qualche giorno e finì per stancarsi.
Non poteva essere quella la pace.
Tutto a bacchetta!
No, quella non poteva essere la pace.
Bambini come macchine!
Tutto in ordine!
Ma quale tristezza in quella casa.
Una sera se ne andò anche di là, sempre più deluso…
Passarono alcuni giorni.
Era seduto sul ciglio della strada, quando si sentì chiamare:
“Nonno, nonno!” si voltò e vide venire verso di lui un bambino.
“Nonno cosa fai?

Quanti anni hai?

Sei stanco?
Perché sei così sporco?
Vuoi giocare con me?
Perché non vieni a casa mia?”
Il povero viandante sulle prime non rispose, quasi infastidito dalle tante domande…
Poi, piano piano si lasciò coinvolgere, si sciolse di fronte all’insistenza del bambino e cominciò a parlare e persino a tentare anche a giocare con il pallone colorato che il bambino teneva in mano e gli offriva.
I suoi movimenti impacciati facevano ridere, ma il bambino era felice.
“Nonno, nonno!” continuava a ripetere.
Intrattenendosi con quel bambino dimenticò il problema della pace e anche tutti i suoi guai e per un po’ fu “in pace” felice e contento.
Ricordò a lungo quei momenti, le risate del bimbo gli rimasero stampate nell’anima.
“Non occorre essere ricchi o potenti per essere in pace, andava ripetendosi, basterebbe essere come i bambini; invece vogliamo a tutti i costi essere furbi e adulti e non troviamo più pace!”
Non cercò più la pace: da allora incominciò a donarla come un bambino e la vita cominciò a sorridergli come non gli era mai accaduto.

Brano senza Autore, tratto dal Web

La strada verso Dio

La strada verso Dio

Molti eremiti abitavano nei dintorni della sorgente.
Ognuno di loro si era costruito la propria capanna e passava le giornate in profondo silenzio, meditando e pregando.

Ognuno, raccolto in se stesso, invocava la presenza di Dio.

Dio avrebbe voluto andare a trovarli, ma non riusciva a trovare la strada.
Tutto quello che vedeva erano puntini lontani tra loro nella vastità del deserto.
Poi, un giorno, per una improvvisa necessità, uno degli eremiti si recò da un altro.

Sul terreno rimase una piccola traccia di quel cammino.

Poco tempo dopo, l’altro eremita ricambiò la visita e quella traccia si fece più profonda.
Anche gli altri eremiti incominciarono a scambiarsi visite.
La cosa accadde sempre più frequentemente.
Finché, un giorno, Dio, sempre invocato dai buoni eremiti, si affacciò dall’alto e vide che vi era una ragnatela di sentieri che univano tra di loro le capanne degli eremiti.

Tutto felice, Dio disse:

“Adesso sì!
Adesso ho la strada per andarli a trovare.”

Brano di Bruno Ferrero

Tutto sia completamente diverso! (Il paradiso)

Tutto sia completamente diverso!
(Il paradiso)

Un uomo è stufo della sua vita con la moglie ed i figli.
La moglie lo domina e lo vessa, i figli lo disprezzano, gli ridono dietro.
Si sente una vittima e pensa che sia venuto per lui il momento di cercare la Gerusalemme celeste, il paradiso.
Dopo molte ricerche, trova un vecchio saggio che gli spiega la strada in dettaglio.
Il paradiso c’è, eccome, ed è nel tal posto.
Bisogna fare parecchia strada, ma con un bel po’ di fatica ci si arriva.

L’uomo si mette in cammino.

Di giorno marcia, e la notte, stanchissimo si ferma in una locanda per dormire.
Siccome è un uomo molto preciso, decide, la sera prima di coricarsi, di disporre le sue scarpe già orientate verso il paradiso, per essere ben sicuro di non perdere la direzione giusta.
Durante la notte, però, mentre lui dorme, un diavoletto dispettoso entra in azione e gli gira le scarpe nella direzione opposta.
La mattina dopo l’uomo si sveglia, guarda le scarpe, che gli paiono orientate in maniera diversa rispetto alla sera prima, ma non ci fa troppo caso, e riprende il cammino, che ora è nella direzione contraria a quella del giorno precedente, verso il punto di partenza.
A mano a mano che procede, il paesaggio diventa sempre più familiare.
Ad un certo punto arriva nel paese dove è sempre vissuto, che però crede sia il paradiso.

Come assomiglia al suo paese il paradiso!

Siccome è il paradiso, tuttavia, ci si trova bene e gli piace moltissimo.
Poi vede la sua vecchia casa, e pensa:
“Come assomiglia alla mia vecchia casa!”
Ma siccome è il paradiso gli piace moltissimo.
Lo accolgono sua moglie e i suoi figli, e anche loro assomigliano a sua moglie e ai suoi figli!
E si stupisce che in paradiso tutto assomigli a quello che c’era prima.

Però, siccome è il paradiso, tutto è bellissimo.

La moglie è una persona deliziosa, i figli sono straordinari; tutti sono pieni di qualità e aspetti che nel vivere quotidiano egli non avrebbe mai sospettato possedessero.
E così tra sé e sé riflette:
“È strano come qui in paradiso tutto assomigli a ciò che c’era nella mia vita di prima in modo così preciso, ma come, allo stesso tempo, tutto sia completamente diverso!”

Brano tratto dal libro “La forza della gentilezza.” di Piero Ferrucci. Oscar Mondadori 2005.

Peter e il filo magico

Peter e il filo magico

C’era una volta Peter, un ragazzino molto vivace a cui tutti volevano bene: la sua famiglia, i suoi maestri e i suoi amici…
Ma Peter aveva un piccolo, grande problema.
Peter non riusciva a vivere il presente.
Non aveva imparato a godere della vita.
Quando era a scuola, sognava di essere fuori a giocare.
Quando giocava, sognava di essere già in vacanza.
Peter sognava sempre ad occhi aperti, non godendosi mai il presente che la vita gli offriva.
Un mattino, Peter stava camminando nel bosco vicino a casa.
Siccome si sentiva stanco, decise di fermarsi in una radura e di fare un pisolino.
Si addormentò come un sasso, ma dopo qualche minuto, si sentì chiamare per nome:
“Peter, Peter!” ripeteva una voce stridula.

Quando aprì gli occhi… sorpresa!

Si ritrovò dinnanzi una donna vecchia di almeno cent’anni, con i capelli candidi che le ricadevano sulle spalle come matasse di lana arruffata.
Nella mano rugosa aveva una pallina magica, con un foro nel centro da cui pendeva un lungo filo dorato.
“Peter,” disse la vecchia, “questo è il filo della vita.
Se lo tiri piano piano, in pochi secondi passerà un’ora, se tiri più forte, in pochi minuti passeranno giorni interi.
Se tiri con tutta la tua forza, in pochi giorni passeranno dei mesi o addirittura degli anni!”
Peter era eccitato dalla scoperta.
“Oh, mi piacerebbe tanto averlo!” esclamò smanioso.
Allora la vecchietta si chinò e gli diede la pallina con il filo magico.
Il giorno dopo, Peter era seduto nel suo banco a scuola, e si sentiva annoiato e irrequieto. Improvvisamente si ricordò del suo nuovo giocattolo.

Tirò il filo pian piano e si trovò subito a casa, a giocare nel suo giardino.

Rendendosi conto dei poteri del filo magico, Peter presto si stancò di andare a scuola e desiderò essere un ragazzo più grande, alla scoperta della vita.
Allora tirò il filo un po’ più forte e si ritrovò adolescente, con una ragazza di nome Elise.
Ma Peter non era ancora soddisfatto.
Egli non era in grado di cogliere la bellezza di ogni istante e di esplorare le semplici meraviglie offerte dalle diverse fasi della vita.
Sognava invece di essere già adulto, e così tirò di nuovo il filo, sicché gli anni passarono in un lampo.
Si ritrovò allora trasformato in un uomo maturo.
Elise era diventata sua moglie e Peter era circondato da tanti bambini.
Ma notò un’altra cosa:
i suoi capelli neri avevano iniziato a diventare grigi, e la sua dolce e adorata mamma era diventata vecchia e debole.

Eppure, Peter ancora non riusciva a vivere il presente.

Perciò, tirò un’altra volta il filo d’oro e attese la nuova trasformazione.
Adesso aveva novant’anni.
Ormai i suoi folti capelli scuri erano diventati bianchi come la neve e la moglie, un tempo bellissima, era morta già da qualche anno.
I suoi deliziosi bambini erano cresciuti ed erano usciti di casa per vivere la loro vita.
Così, a un tratto, Peter si rese conto di non essersi mai fermato a godere di nulla.
Non era mai andato a pescare con suo figlio, non aveva mai fatto una passeggiata al chiaro di luna con sua moglie, non aveva mai piantato un albero… e non aveva mai nemmeno trovato il tempo di leggere quei bellissimi libri che tanto piacevano a sua madre.
Era sempre andato di corsa, senza fermarsi a guardare le bellezze che adornavano il suo cammino.

Questa scoperta rattristò molto Peter.

Allora, per riordinare le idee e rasserenarsi un po’, decise di andare a fare un giro nel bosco dove era solito giocare da bambino.
Entrò nel bosco, si accorse che gli alberelli della sua infanzia erano diventati querce gigantesche; era stupendo, sembrava di trovarsi in un Paradiso Terrestre.
Allora si distese sull’erba di una radura e si addormentò profondamente.
Dopo qualche minuto, qualcuno lo chiamò: “Peter, Peter!”
Aprì gli occhi e con suo grande stupore rivide la vecchia che gli aveva regalato la pallina molti anni prima.
“Ti è piaciuto il mio regalo?” chiesa la vecchia.
“All’inizio è stato divertente, ma ora lo odio a morte.” disse Peter, “Tutta la vita mi è passata davanti agli occhi senza che potessi goderne un solo istante.
Certo, ci saranno anche stati dei momenti molto belli e altri molto tristi, ma non ho avuto la possibilità di coglierli.

Ora mi sento vuoto, mi manca il dono della vita!”

“Sei davvero un ingrato!” disse la vecchietta, “Ma ti concederò di esprimere un ultimo desiderio.”
Peter ci pensò un istante e poi rispose fulmineamente:
“Vorrei ridiventare bambino e riprovare a vivere daccapo!”
Poi si riaddormentò.
A un tratto sentì di nuovo che qualcuno lo chiamava, e si risvegliò.
“Chi sarà questa volta?” si chiese.
Quando aprì gli occhi, scoprì con gioia che era sua madre che lo stava chiamando, e che era tornata giovane, sana e forte.
Allora Peter si rese conto che la vecchietta aveva mantenuto la promessa e che l’aveva riportato all’infanzia.
“Su, Peter, dormiglione!
Se non ti sbrighi ad alzarti farai tardi a scuola!” lo ammoniva sua madre.
Naturalmente Peter scattò su dal letto e da quel momento incominciò a vivere come aveva sperato: una vita piena, ricca di gioie, soddisfazioni e successi…
Ma tutto ebbe inizio quando smise di sacrificare il presente per il futuro e si rese conto di dovere vivere nell’oggi.

Brano tratto dal libro “Il monaco che vendette la sua Ferrari.” di Robin Sharma