Il libero arbitrio

Il libero arbitrio

Molte persone vivono seguendo il cammino scelto da noi,
perché troppo timorosi per esplorarne altri.

Ma ogni tanto arrivano persone come voi,

che superano gli ostacoli che mettiamo lungo la strada.
Persone che capiscono che il libero arbitrio è un dono che non si sa mai come usare,

fino a quando non si lotta per ottenerlo.

È questo il vero piano del presidente,
e cioè che un giorno non saremo noi a scrivere il piano, ma voi.

Brano senza Autore, tratto dal film “I Guardiani del Destino.” di George Nolfi.

La valigia vuota

La valigia vuota

Un uomo morì.
A un certo punto vide avvicinarsi Dio, portando con sé una valigia.
E dio disse:
“Figlio, è ora di andare.”
L’uomo stupito domandò:
“Di già? Così presto? Avevo tanti piani.”
“Mi dispiace ma è giunta la tua partenza.” replicò dolcemente Dio.
“Cosa porti nella valigia?” chiese l’uomo.
E Dio gli rispose: “Ciò che ti appartiene!”

“Quello che mi appartiene?

Porti le mie cose, i miei vestiti, i miei soldi?” domandò nuovamente l’uomo.
Dio spiegò: “Quelle cose non ti sono mai appartenute, erano del mondo.”
La conversazione continuò:
“Porti i miei ricordi?” chiese ancora l’uomo
E Dio rispose: “Quelli non ti sono mai appartenuti, erano del tempo.”
“Porti i miei talenti?”
“Quelli non ti sono mai appartenuti, erano delle circostanze.”
“Porti i miei amici, i miei familiari?”
“Mi dispiace, loro mai ti sono appartenuti, erano del cammino.”
“Porti mia moglie e i miei figli?”
“Loro non ti sono mai appartenuti, erano del cuore.”

“Porti il mio corpo?”

“Mai ti è appartenuto, il corpo era della polvere.”
“Allora porti la mia anima?”
“No, l’anima è mia.”
Allora l’uomo pieno di paura scaraventò via la valigia che Dio portava con sé e aprendosi vide che era vuota.
Con una lacrima che scendeva dagli occhi, l’uomo disse:
“Non ho mai avuto niente?”
“Così è, ogni momento che hai vissuto è stato solo tuo.
La vita è un solo momento.

Un momento solo tuo.

Per questo mentre hai il tempo sfruttalo nella sua totalità.
Che nulla di quello che ti è appartenuto possa trattenerti.
Vivi ora, vivi la tua vita e non dimenticare di essere felice, è l’unica cosa che vale davvero la pena.
Le cose materiali e tutto il resto per cui hai lottato restano qui.
Apprezza chi ti apprezza, non perdere tempo con coloro che non hanno tempo per te.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Le due sorgenti (Dare)

Le due sorgenti (Dare)

La montagna si eleva verso il sole.
Ma la montagna pesa, è fatta di sassi.
In qualche recesso delle sue viscere nacquero un giorno due piccole sorgenti d’acqua limpida che cercavano di uscire all’aperto.
Ma la montagna non cedeva.
Le opprimeva, le soffocava.
Durò un bel pò di tempo, finché, facendosi largo a poco a poco, le sorgenti riuscirono a venire alla luce ai piedi della montagna.
Com’erano stanche!
Ma non c’era tempo per riposarsi.
Appena erano scaturite dalla terra sentirono delle grida provenire dal muschio, dall’erba, dai fiorellini, dalle rose alpine:

“Dateci da bere! Dateci da bere!”

“Fossi matta!” disse la prima sorgente “Ho faticato senza sosta laggiù sottoterra, mentre voi, pigri, ve ne stavate al sole.
Non vi darò proprio niente!”
“Non ci darai niente?” disse il muschio piccato “E allora noi non ti lasceremo passare!”
“Ti sbarreremo la strada con le nostre numerose radici!” dichiarò l’erba.
“Ti copriremo, così nessuno ti troverà!” minacciarono i cespugli di rose alpine e di rovo.
La seconda sorgente fu più condiscendente.
“Bevi, sorella erba, però fatti da parte perchè io possa proseguire il mio cammino!”
Bevvero un poco anche i cespugli ma si tennero fuori dalla corrente.
Il muschio succhiò l’acqua soltanto da una parte.
“A me basta solo inumidire la radice.” disse la rosa alpina.

“Corri pure avanti!”

La sorgente correva…
Dava da bere a tutte le piante e tutte le cedevano il passo.
E siccome correva molto rapidamente, la gola della montagna dalla quale usciva si puliva e si allargava sempre più.
La sua acqua era fresca e limpida come cristallo.
Rotolava giù dalla montagna nella valle, saltando sopra i sassi, bagnando i prati, lambendo le radici dei salici e più si dava a tutti e più diventava forte e impetuosa.
Lei stessa non sapeva come.
Le piante l’amavano e lasciavano che altre sorgenti s’unissero a lei.
Così essa divenne un grande fiume nel quale vivevano numerosissimi pesci e navigavano tanti battelli.
Alla fine arrivò al mare.
Quando giunse alla foce, l’azzurro padre Oceano la prese fra le sue braccia e la baciò sulla fronte.

“E tua sorella?

Dov’è tua sorella sorgente?” chiese.
“Ah, padre!
Purtroppo è diventata paludosa, marcia e puzzolente!” rispose la sorgente.
“Così è la vita, figliola mia!” disse il padre Oceano.
“Tua sorella non voleva dare agli altri ciò che aveva ricevuto.
Vedi?
Anch’io oggi ti ricevo in restituzione del vapore che da me è salito verso la montagna.
La vita è dare.
Tenere per se è la morte!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Qual è …?


Qual è …?

il giorno più bello? … Oggi.
la cosa più facile? … Sbagliarsi.
 l’ostacolo più grande? … La paura.
lo sbaglio peggiore? … Arrendersi.
 la radice di tutti i mali? … L’egoismo.

… la distrazione più bella? … Il lavoro.

 la peggiore sconfitta? … Lo scoraggiamento.
Chi sono i migliori insegnanti? … I bambini.
 la prima necessità? … Parlare con gli altri.
 la cosa che più fa felici? … Essere di aiuto agli altri.
 il Mistero più grande? … La morte.

il peggiore difetto? … Il malumore.

 la persona più pericolosa? … Il bugiardo.
 il sentimento più dannoso? … Il rancore.
 il regalo più bello? … Il perdono.
 la cosa di cui non se ne può fare a meno? … La casa.

 la strada più rapida? … Il cammino giusto.

 la sensazione più gratificante? … La pace interiore.
 il gesto più efficace? … Il sorriso.
 il migliore rimedio? … L’ottimismo.
 la maggiore soddisfazione? … Il dovere compiuto.
 la forza più potente del mondo? … La fede.
Quali sono le persone più necessarie? … I genitori.
 la cosa più bella di tutte? … L’Amore!

Brano di Madre Teresa di Calcutta

Il cavallino ed il fiume

Il cavallino ed il fiume

Il cavallino, felice di aiutare la mamma, si mise il sacco sulla groppa e si avvio verso il mulino.
Ma lungo il cammino si trovò dinnanzi un fiume pieno d’acqua.
Il cavallino si fermò sulla riva e pensò:
“Che cosa devo fare adesso? Potrò mai attraversare questo fiume?”

Il piccolo cavallo era spaventato e non sapeva a chi chiedere un consiglio.

Si guardò intorno in cerca di aiuto e vide un vecchio bue che mangiava in un prato li accanto.
Il cavallino, allora, si avvicinò al bue e gli chiese se poteva attraversare il fiume.
“Certo.” rispose il bue “L’acqua non è molto alta, arriva al ginocchio, vai pure tranquillo!”
Il cavallino, rassicurato dal vecchio bue, si mise a correre verso il fiume, ma appena arrivato sulla riva, un piccolo scoiattolo gli si avvicinò e tutto agitato gli disse:
“Non attraversare! È molto pericoloso, rischi di affogare!”
“Ma perché?” chiese il cavallino confuso “Il fiume è molto profondo?”

“Si,” rispose lo scoiattolo “un mio amico ieri è morto annegato.”

Il cavallino spaventato non sapeva più a chi dare ascolto e decise di ritornare a casa e chiedere alla mamma la cosa giusta da fare:
“Mamma, sono tornato perché l’acqua del fiume è molto alta e non posso oltrepassare il fiume.”
“Sei sicuro?” chiese la mamma “Io credo che l’acqua non sia tanto profonda!”
“Me lo ha detto anche un vecchio bue, ma uno scoiattolo, invece, mi ha detto che il fiume è pericoloso e che ieri è vi annegato un suo amico.” rispose il cavallino.
“Allora, figlio mio,” continuò la mamma “ l’acqua del fiume è profonda o poco profonda?
Prova a pensarci da solo!
Non devi ascoltare i consigli altrui senza rifletterci con la tua testolina.
Puoi arrivarci da solo alla soluzione.
Il bue è un animale grande e grosso e per lui il fiume è davvero poco profondo, mentre lo scoiattolo è piccolo e pensa che il fiume sia molto profondo.”
Il cavallino dopo aver ascoltato attentamente la spiegazione della mamma si incammino verso il fiume deciso di attraversarlo.

Quando lo scoiattolo lo vide che stava entrando nel fiume gli gridò:

“Allora vuoi morire!”
“No!” disse il cavallo “Voglio solo provare ad attraversare il fiume!”
E cosi il cavallino scoprì che per lui l’acqua del fiume non era né poco profonda come sosteneva il bue, né troppo profonda come diceva il piccolo scoiattolo!

Fiaba Cinese
Brano senza Autore

La volpe ed il leone


La volpe ed il leone

C’era una volta una volpe che se ne andava tranquilla per i prati.
Era una mattina e i prati erano rifioriti dopo la brutta stagione invernale.
I profumi della natura solleticavano le sue nari accarezzandole la fantasia, permettendole di sognare paesi lontani, belli e sconosciuti.
All’improvviso l’attenzione della volpe venne richiamata da un violento ruggito.

Era un verso che non aveva mai sentito e, terrorizzata, fuggì a nascondersi dietro ad un cespuglio.

Da li, riparata tra le foglie, la volpe poté vedere il terribile animale che aveva emesso quel suono: si trattava di un leone, una bestia a lei sconosciuta.
Spaventata, la povera volpe, scappò via il più velocemente possibile.
Dopo quel brutto incontro passarono due giorni tranquilli:
tutto sembrava quasi essere stato dimenticato, quando, d’un tratto, la piccola volpe si imbatté ancora nel leone.

Questa volta il leone le apparve proprio davanti agli occhi, a pochi passi, ostacolandole il cammino.

La volpe, impaurita, iniziò a tremare come una foglia senza la forza di reagire e fuggire:
la volpe rimase ferma fino a quando il leone, a un certo punto, si allontanò.
Il giorno seguente la volpe si imbatté per la terza volta nel leone: scoprì che il proprio timore nei confronti di quel grosso e possente animale dal risonante ruggito, andava pian piano assopendosi.

Così, durante il successivo incontro, la volpe si dimostrò molto più calma e riuscì persino a guardarlo negli occhi, salutandolo con cordialità.

Quando ebbe ancora modo di vederlo, la volpe provò a rivolgergli la parola:
riuscì finalmente a scoprire in lui doti come il coraggio e l’intelligenza.
Da quel giorno la volpe non si stancò mai di ascoltare il leone, sicura che dall’esperienza di un animale così astuto e bravo cacciatore, avrebbe tratto solo vantaggi.

Brano di Esopo

Il nibbio e il serpente


Il nibbio e il serpente

In una calda giornata primaverile, un giovane serpente strisciava sereno tra le pietre godendosi i raggi solari.
L’aria era tiepida e carica di un buon profumo floreale, ogni animale si sentiva in pace in quel clima piacevole.
Il piccolo serpente si muoveva piano nel prato quando all’improvviso una spaventosa ombra si proiettò sul suo cammino.

L’animale preoccupato alzò la testa per guardare da dove provenisse la macchia scura e scoprì che un terribile nibbio stava puntando dritto dritto su di lui!

Il poverino non ebbe nemmeno il tempo di scappare perché in un lampo il volatile gli piombò addosso afferrandolo con il becco.
Il serpente fu sollevato in cielo da rapace, il quale, senza pietà per le sue grida, volò via il più velocemente possibile.
“Lasciami andare!” implorava lo sfortunato rettile, “Non ti ho fatto niente!”

Ma il nibbio non gli prestò ascoltò.

A quel punto il piccolo serpente si rivoltò su se stesso e con un’abile mossa diede un morso al suo nemico.
Il volatile fu colpito dal veleno della sua preda e fu costretto ad aprire il becco liberando il serpente, che cadde a terra, senza però farsi male.
Il nibbio rimase con la vista annebbiata e, senza più forze a causa del morso velenoso, precipitò sul terreno a peso morto riportando parecchie ferite.

Il serpente si avvicinò al nibbio, ancora stordito, e gli disse:

“Ben ti sta! Io non volevo farti del male ma tu mi ci hai costretto e adesso ne paghi le conseguenze!”
Trascorsero due giorni interi prima che il nibbio potesse riprendere a volare ma, da allora, si tenne sempre ad una certa distanza da tutti i serpenti.

Brano di Esopo

L’importanza di fare una gentilezza



L’importanza di fare una gentilezza

C’era una volta un taglialegna proprietario di un cane e di un asino.
Un giorno l’uomo viaggiò attraverso un bosco con il suo cane e il suo asino lungo un cammino che era assai faticoso.
A un certo punto della giornata il taglialegna si fermò in una radura all’ombra di un faggio, dove si sdraiò e si addormentò beatamente.
Intanto l’asino si mise a brucare l’erba.

Il cane chiese all’asino:

“Abbassati un poco: nel paniere che hai sul dorso c’è del pane.
Lascia che ne prenda un pezzo, perché ho fame.”
L’asino non voltò nemmeno il capo e continuò nella sua attività:
non voleva perdere neanche un minuto, neanche un filo di quella soffice e gustosa erba.
Il suo stomaco doveva riempirsi dopo quel lungo cammino che gli aveva procurato tanta stanchezza.

Poi però rispose al cane, con la bocca piena:

“Aspetta che si svegli il padrone, ti darà lui da mangiare.”
In quel momento sbucò dal margine del bosco un lupo che si avventò sull’asino a fauci spalancate.
L’asino chiese aiuto al cane:
“Caro cane, aiutami!
Amico mio!”

Il cane rispose:

“Sono così stanco a affamato!
Aspetta che il padrone si svegli: ti aiuterà lui!”
Il povero asino, con la zampa sanguinante, capì la lezione.

Brano senza Autore, tratto dal Web

I tre spaccapietre


I tre spaccapietre

Durante il Medioevo, un pellegrino aveva fatto voto di raggiungere un lontano santuario, come si usava a quei tempi.
Dopo alcuni giorni di cammino, si trovò a passare per una stradina che si inerpicava per il fianco desolato di una collina brulla e bruciata dal sole.
Sul sentiero spalancavano la bocca grigia tante cave di pietra.
Qua e là degli uomini, seduti per terra, scalpellavano grossi frammenti di roccia per ricavare degli squadrati blocchi di pietra da costruzione.
Il pellegrino si avvicinò al primo degli uomini.
Polvere e sudore lo rendevano irriconoscibile, negli occhi feriti dalla polvere di pietra si leggeva una fatica terribile.
Il suo braccio sembrava una cosa unica con il pesante martello che continuava a sollevare ed abbattere ritmicamente.

“Che cosa fai?” chiese il pellegrino.

“Non lo vedi?” rispose l’uomo, sgarbato, senza neanche sollevare il capo.
“Mi sto ammazzando di fatica”.
Il pellegrino non disse nulla e riprese il cammino
S’imbatté presto in un secondo spaccapietre.
Era altrettanto stanco, ferito, impolverato.

“Che cosa fai?” chiese anche a lui il pellegrino.

“Non lo vedi? Lavoro da mattino a sera per mantenere mia moglie e i miei bambini.”, rispose l’uomo.
In silenzio, il pellegrino riprese a camminare.
Giunse quasi in cima alla collina.
Là c’era un terzo spaccapietre.
Era mortalmente affaticato, come gli altri.
Aveva anche lui una crosta di polvere e sudore sul volto, ma gli occhi feriti dalle schegge di pietra avevano una strana serenità.

“Che cosa fai?” chiese il pellegrino.

“Non lo vedi?” rispose l’uomo, sorridendo con fierezza, “Sto costruendo una cattedrale.”
E con il braccio indicò la valle dove si stava innalzando una grande costruzione, ricca di colonne, di archi e di ardite guglie di pietra grigia, puntate verso il cielo.

Brano senza Autore, tratto dal Web

I Quattro Principi della Spiritualità insegnati in India


I Quattro Principi della Spiritualità insegnati in India

Il Primo Principio afferma:

Chiunque sia colui che incontri, è quello giusto.
Ciò significa che nessuno entra nella nostra vita per puro caso.
Tutti quelli che ci circondano, tutti quelli con cui interagiamo, rappresentano qualcosa, ci insegnano qualcosa o ci aiutano a migliorare la nostra condizione attuale.

Il Secondo Principio afferma:

Qualsiasi cosa è successa, è l’unica cosa che poteva succedere.
Nulla, assolutamente nulla di ciò che abbiamo vissuto poteva essere diverso.
Nemmeno il dettaglio meno importante.
Non vi è alcun “Se solo lo avessi fatto diversamente, allora sarebbe stato diverso.”
No. Quello che è successo è l’unica cosa che poteva succedere e doveva succedere perché potessimo apprendere la lezione per andare avanti nella vita.
Ogni singola situazione della nostra vita è assolutamente perfetta, anche quando sfida la nostra comprensione e il nostro ego.

Il Terzo Principio afferma:

Ogni volta che inizia qualcosa, è il momento giusto.
Tutto inizia esattamente nel momento giusto, né prima né dopo.
Quando siamo pronti per qualcosa di nuovo nella nostra vita, ciò è là, pronto per iniziare.

Il quarto Principio afferma:

Ciò che è finito, è finito.
E’ semplice. Quando qualcosa nella nostra vita finisce, aiuta la nostra evoluzione.
Per questo, arricchiti dall’esperienza recente, è meglio lasciarlo andare e proseguire in avanti il nostro cammino.

Credo non sia una coincidenza che tu stia leggendo questo.
Se queste parole ti colpiscono, è perché tu hai le qualità per comprendere che neanche un solo fiocco di neve cade accidentalmente nel posto sbagliato!

Brano senza Autore, tratto dal Web