Neve perenne

Neve perenne

La famiglia di Salvatore, di origine campana, si trasferì nell’alto Veneto, per lavoro, negli anni sessanta.
Poco tempo dopo, Salvatore venne arruolato nel corpo degli alpini.
Differentemente dai suoi colleghi, non aveva mai trascorso molto tempo sulle cime delle alpi, ma avendo dei requisiti da atleta e campione di tiro con la carabina sportiva, disciplina molto richiesta in questo corpo, questo problema venne ignorato.

Da ragazzo di mare si trovò in una situazione imbarazzante.

I suoi colleghi, essendo nati su quei monti, erano quasi tutti montanari e non temevano certo le difficoltà come il freddo e valanghe.
Lui invece ne risentiva parecchio.
Un maresciallo, uomo buono e ottimo sottufficiale, che casualmente aveva il suo stesso cognome, lo prese in simpatia vedendolo pieno di buona volontà, lo aiutò e gli insegnò i nomi delle cime dei monti e la terminologia delle montagne, usando gerghi che Salvatore in alcuni momenti non capiva.
Fortunatamente però, scherzavano sempre, soprattutto sui rispettivi dialetti.
Accampati per alcune manovre ai piedi della Marmolada, il maresciallo indicando la montagna di fronte, che avrebbero dovuto scalare, gli disse:
“Salvatò! La a quella quota la montagna si fa più dura perché incomincia la neve perenne.”

Il ragazzo rispose:

“Marescià, che bello avere qualcosa in comune.
Pure a Napoli la neve incomincia con la enne.”
La battuta spiritosa circolò e divenne nota in tutto il reggimento.

Salvatore fu chiamato da allora alpino Enne,

soprannome che portò sempre con se con orgoglio.
Anche quando terminò il servizio negli alpini, da civile, mantenne questo soprannome.
Perfino quando aprì un laboratorio artigianale di successo, usò questo soprannome come marchiò della sua impresa.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

La leggenda della stella alpina

La leggenda della stella alpina

Una giovane della valle aveva sposato un montanaro che, come tutti nel paese, conosceva e amava la montagna.
Saliva spesso verso i ghiacciai, per raccogliere dei profumatissimi fiori e per dare la caccia alle marmotte, delle quali vendeva poi la pelle ai viaggiatori della città.

I due sposi vivevano modestamente dei guadagni di lui, ma poiché si volevano tanto bene, erano felici come principi.

Un giorno il giovane sposo partì, come aveva fatto tante volte, per la montagna, ma non fece più ritorno.
Invano la moglie lo attese per tre giorni e tre notti: nessuno aveva più sue notizie.
Allora la povera sposa salì verso il ghiacciaio per rintracciarlo.

Esplorò tutte le cime, esaminò le valli, cercò nel fondo di tutti i crepacci e finalmente lo trovò.

Ma ahimè, giaceva morto tra due lastroni di ghiaccio!
Affranta dal dolore, la povera sposa sedette sulla sporgenza della roccia e pianse tutta la notte.
All’alba, quando il cielo cominciò a schiarire, i suoi capelli e le sue ciglia erano coperti da un velo di brina.

“Dio della montagna,” pregò la sposa,

“non ho il coraggio di staccarmi da mio marito, lasciami qui, su questa rupe, perché io possa vederlo per sempre sul suo letto di ghiaccio.”
Il Signore delle cime ebbe pietà della sposa innamorata e la trasformò nel fiore più bello di tutte le Alpi: la stella alpina!

Brano senza Autore, tratto dal Web