Le orchidee di plastica
Una signora anziana e sola aveva una passione maniacale per i fiori, i quali riempivano la veranda di casa.
Erano curati da una giovane badante, la quale dedicava tanto tempo alle loro cure.
La nonnina si faceva portare ogni giorno con la carrozzina ad ispezionare i fiori,
sia pur da una certa distanza per via di un scalino, trovando sempre da ridire su come la collaboratrice mal gestiva il concime e l’acqua, esasperandola fino al pianto.
La badante aveva il suo giorno di riposo il sabato, riservato all’incontro con le connazionali dell’est Europa in una stanza messa a disposizione dalla parrocchia, per discorrere delle loro problematiche e per staccare un po’ la spina,
per organizzare qualche festicciola e per ricordare la propria patria.
La questione fiori fu l’argomento principale di quella giornata e, la più anziana e navigata, informata del problema, le suggerì di sostituire gradatamente i fiori veri con quelli di plastica.
Non senza timore la badante mise in atto il consiglio senza mai destare alcun sospetto.
Man mano che procedeva con la sostituzione,
la padrona di casa gioiva e riversava lodi per come fossero tenuti, attribuendosi il merito di aver trasmesso il cosiddetto “pollice verde” alla ragazza, proprio come da suo desiderio.
Non mancò di nominarla nel suo testamento, con una cospicua somma di denaro.
La motivazione di questo gesto dipese dal fatto che mettesse passione e che curasse le sue orchidee rare con risultati sorprendenti e duraturi.