Come si chiama la signora che fa le pulizie nella scuola?

Come si chiama la signora che fa le pulizie nella scuola?

Durante il mio secondo mese di scuola per infermieri, il nostro professore ci fece fare un test a sorpresa.
Io ero uno studente diligente e risposi facilmente a tutte le domande, finché lessi l’ultima:

“Come si chiama la signora che fa le pulizie nella scuola?”

Sicuramente questo era una specie di scherzo.
Avevo visto la signora delle pulizie molte volte.
Era alta, con i capelli scuri, sulla cinquantina, ma come avrei potuto sapere il suo nome?

Consegnai il mio foglio,

lasciando in bianco l’ultima domanda.
Prima che la lezione finisse, uno studente chiese se l’ultima domanda avrebbe contato nella graduatoria del nostro test.
“Certamente!” disse il professore, “Nella vostra professione incontrerete molte persone.

Tutte sono significative.

Esse meritano la vostra attenzione e cura, anche se tutto quello che fate è sorridere e dire ciao!”
Non ho mai dimenticato quella lezione.
E ho anche imparato che la signora si chiamava Dorothy.

Brano di Bruno Ferrero

Tre racconti brevi su Dio

Tre racconti brevi su Dio
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Il missionario ed il cantante

La chiesa ed i fedeli

Siate come il vetro

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“Il missionario ed il cantante”

Un missionario, che era vissuto in Cina per molti anni, ed un famoso cantante, che vi era rimasto soltanto per due settimane, tornavano negli Stati Uniti a bordo della stessa nave.
Quando attraccarono a New York, il missionario vide una gran folla di ammiratori in attesa del cantante.

“Signore, non capisco!” mormorò il missionario,

“Ho dedicato 42 anni della mia vita alla Cina, e lui ci è rimasto soltanto due settimane, eppure ci sono migliaia di persone che gli danno il bentornato a casa, mentre per me non c’è nessuno!”
Ed il Signore gli rispose:
“Figliolo, ma tu non sei ancora a casa!”

Brano senza Autore.
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“La chiesa ed i fedeli”

Un uomo cercava una buona chiesa da frequentare ed entrò per caso in una chiesa in cui i fedeli ed il prete stavano leggendo il loro libro di preghiere.
E dicevano:

“Non abbiamo fatto queste cose che avremmo dovuto fare,

ed abbiamo fatto queste altre cose che non avremmo dovuto fare!”
L’uomo si lasciò cadere in un banco e sospirò sollevato dicendo:
“Grazie a Dio, ho finalmente trovato la mia gente!”

Brano senza Autore.
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“Siate come il vetro”

Siate come il vetro; il vetro, se è pulito, non si vede!
Però fa vedere al di là di se stesso.
Anche voi, se siete limpidi e non appannati dall’orgoglio e dall’egoismo,

sarete come il vetro:

lascerete vedere Gesù al di là di voi stessi e così aiuterete tanta gente a incontrarlo.

Brano di Madre Teresa di Calcutta

Il muro

Il muro

C’era una volta, ma forse c’è ancora, un paese diviso in due da un muro.
Era un muro alto, massiccio, grigio e minaccioso.
Mai, proprio mai, nessuno aveva osato scavalcarlo.
Nel muro non c’erano passaggi, porte o cose simili.
Neanche un buchetto piccolo piccolo.
Quelli che erano nati da questa parte del muro non avevano mai visto quelli che erano nati dall’altra parte e viceversa.

Gigi abitava da questa parte del muro.

Era un bambino gentile, con gli occhi castani e i capelli biondi.
Ma era stufo di giocare sempre da solo nel cortiletto della sua casa, che era stata costruita proprio contro il famoso e tetro muro.
“Perché non posso andare a giocare dall’altra parte del muro?” chiese Gigi, un giorno, alla mamma.
“Perché di là ci abita della gente molto cattiva!” rispose la mamma, “E se non mi credi chiedilo a tuo padre.”
Gigi andò a trovare il padre nel suo laboratorio:
“Perché non posso andare a giocare dall’altra parte del muro?”
“Perché di là ci abita della gente molto cattiva!” rispose il padre.
Gigi ritornò a giocare da questa parte del muro.
Ma ormai la tentazione di dare almeno una sbirciatina al di là del muro era troppo forte.
Vide che il cemento del cortile era scheggiato proprio contro il muro e, quasi con indifferenza, infilò la sua paletta sotto un grosso frammento.
Il pezzo di cemento si alzò con estrema facilità.

Gigi cominciò a scavare con decisione.

Dall’altra parte del muro, c’era un altro cortile, una casetta, un bambino di otto anni con i capelli biondi e gli occhi castani.
Il Gigi dell’altra parte del muro portò il Gigi di questa parte del muro a visitare il suo nascondiglio segreto.
“Io ho un fratello, una sorella e un cane.” gli disse Gigi.
“Proprio come me.” gli rispose Gigi.
Gigi passeggiò con Gigi in lungo e in largo per la città dall’altra parte del muro.
“Ti comprerei un gelato, ma i miei si sono dimenticati come al solito di darmi la paga della settimana.” gli disse Gigi.
“Anche i miei.” disse Gigi.
“Io non me la cavo troppo bene in aritmetica ed ho un po’ paura del buio!” disse Gigi.
“Proprio come me.” gli rispose Gigi.
I due ragazzi si presero a braccetto e ritornarono presso il muro.
“Bisogna sempre stare attenti, perché ci sono delle persone spaventosamente cattive!” disse il Gigi dell’altra parte del muro.
“Dove sono tutte quelle persone spaventosamente cattive?” chiese il Gigi di questa parte del muro.

“Stanno dall’altra parte del muro!” gli rispose Gigi.

Finalmente Gigi si infilò di nuovo nel buco e ritornò a casa sua da questa parte del muro.
Entrò in casa facendo finta di niente, ma la sua fuga era stata notata.
Papà e mamma erano là che lo aspettavano con le mani sui fianchi e il cipiglio delle grandi sgridate.
“Gigi!” gridarono, “Tu sei stato dall’altra parte del muro?”
“Sì!” rispose Gigi.
“Dalla parte dei cattivi?”
“Sì!” rispose Gigi.
“E allora,” gridarono, “come sono?”
“Proprio come noi!” rispose Gigi.

Brano tratto dal libro “Diciassette (17) storie col nocciolo.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Il massaggio e l’acqua di petali rosa

Il massaggio e l’acqua di petali rosa

Si chiamava “Bella come l’aurora” e viveva serenamente in un piccolo villaggio di pescatori sulle rive del Fiume Azzurro.
Fu chiesta in moglie dal più ricco dei pescatori del fiume.
I primi anni della giovane coppia furono veramente felici e spensierati.
Ma tutta quella felicità infastidiva e irritava sempre di più la suocera di Katy, che era stata rapidamente spodestata dal cuore del figlio, dei familiari e dei servi dalla bella nuora.
Così cominciò a tormentarla in ogni modo ed a diffondere le più orribili dicerie sul suo conto.
Esasperata, la bella Katy decise di vendicarsi uccidendo la suocera.

In preda a questa cupa decisione, si recò da uno stregone per procurarsi un filtro di morte.

Lo stregone l’ascoltò attentamente e poi le diede una fiala che conteneva un liquido rosa da mescolare ogni giorno nel tè della suocera, poi le propose, per stornare da sé ogni sospetto, di praticare ogni mattino sulle spalle, la nuca e la fronte della suocera un massaggio dolce e rilassante:
“In questo modo la morte la sorprenderà lentamente nel giro di sei mesi!”
Katy paziente e ostinata, per mesi versò regolarmente gocce di liquido rosa nel tè della suocera e praticò con la stessa pazienza il dolce massaggio ogni giorno.
Il massaggio quotidiano tesseva una rete nuova tra le due donne, che divennero amiche.

Il loro cuore cambiò.

La suocera notò quanto la nuora fosse gentile e generosa oltre che bella.
Katy riscopriva ogni giorno il cuore materno della suocera.
Dopo qualche mese, Katy aveva praticamente dimenticato il motivo delle quotidiane visite, delle gocce di liquido rosa nel tè e del massaggio alla suocera:
tutto questo era diventato una tranquilla e piacevole abitudine, fatta di complicità, di lunghe chiacchierate e di tenerezza.
Ma un giorno, all’improvviso, fu costretta a ricordarsene.
La suocera innocentemente disse:
“Stiamo bene insieme.
Che peccato che io debba morire molto prima di te…”.
Katy si alzò e corse dallo stregone per avere l’antidoto al veleno della fiala.
Si gettò in ginocchio e lo supplicò, spiegandogli quello che era successo e come fosse cambiato il suo cuore.

Lo stregone sorrise:

“Alzati, mia bella figliola.
Il liquido che ti ho dato è soltanto acqua di petali di rosa.
Il vero antidoto al veleno dell’odio, che in realtà era dentro di te, è stato il massaggio quotidiano.
Se guardi una persona negli occhi, le stai vicino, parli con lei non potrai più odiarla!”

Brano senza Autore

La pecora e Dio

La pecora e Dio

Appena creata, la pecora scoprì di essere il più debole degli animali.
Viveva con il continuo batticuore di essere attaccata dagli altri animali, tutti più forti e aggressivi.
Non sapeva proprio come fare a difendersi.

Tornò dal Creatore e gli raccontò le sue sofferenze.

“Vuoi qualcosa per difenderti?” le chiese amabilmente il Signore.
“Sì.” rispose la pecora.
“Che ne dici di un paio di acuminate zanne?” domandò allora il Signore.
La pecora scosse il capo:
“Come farei a brucare l’erba più tenera?
Inoltre mi verrebbe un’aria da attaccabrighe!”

“Vuoi dei poderosi artigli?” il Signore la interrogò.

“Ah no! Mi verrebbe voglia di usarli a sproposito!” spiegò la pecora.
“Potresti iniettare veleno con la saliva!” continuò paziente il Signore.
“Non se ne parla neanche.
Sarei odiata e scacciata da tutti come un serpente!” replicò la pecora.
“Due robuste corna, che ne dici?” proseguì il Signore.
“Ah no!
E chi mi accarezzerebbe più?” chiese la pecora.
“Ma per difenderti ti serve qualcosa per far del male a chi ti attacca…” spiegò il Signore.

“Far del male a qualcuno?

No, non posso proprio.
Piuttosto resto come sono!” rispose la pecora.
Dopo aver ringraziato il Signore, andò via.

Brano tratto dal libro “Solo il vento lo sa.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

La sperduta (La campana della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma)

La sperduta
(La campana della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma)

A Roma, tanti anni fa, la Basilica di Santa Maria Maggiore era ancora circondata dalla campagna e il suono delle campane, specialmente alla sera, arrivava molto lontano e invitava alla preghiera tutti gli abitanti delle casette sparse nei dintorni.
Da una di quelle casette uscì un giorno una bambina, Maria,

per andare a far visita ad alcuni parenti che abitavano in aperta campagna.

Maria credeva di conoscere bene la strada, invece, sopraggiunta la notte, non seppe più orientarsi e si smarrì tra sentieri e stradicciole, senza riuscire a trovare la strada di casa.
Dopo aver girato e rigirato senza concludere nulla, anzi confondendosi sempre più, si mise a sedere su una pietra e scoppiò in un pianto a dirotto.
Ma nessuno passava di notte per quelle strade e nessuno poteva aiutarla.

Si ricordò della Madonna e incominciò a recitare l’Ave Maria.

Arrivata alle parole “prega per noi peccatori, adesso…”, sentì il suono di una campana.
Il suono si prolungava, si ripeteva, come una voce insistente nella notte.
La bambina seguì quella voce e, di sentiero in sentiero,

si ritrovò alla Basilica di Santa Maria Maggiore e poté tornare a casa.

Da quella volta, la campana che tutte le sere, all’una di notte, suona per qualche minuto è detta “La Sperduta” e ricorda la bambina che si era perduta nella campagna romana e i tanti che si perdono oggi nelle città del mondo.

Brano tratto dal libro “365 Piccole Storie per l’anima.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Dio è come lo zucchero

Dio è come lo zucchero

Mancavano cinque minuti alle 16:00.
Trenta bambini, tutti della quinta elementare, quel pomeriggio, erano eccezionalmente irrequieti, agitati, emozionati, chiassosi, rumorosi.

Alle 16:00 in punto arrivò la maestra per iniziare l’esame scritto di religione.

Immediatamente un silenzio generale piombò nella sala dove erano seduti i bambini in attesa delle domande.

1° Domanda: “Chi mi sa dire con parole sue chi è Dio?” cominciò a dettare la maestra.
2° Domanda: “Come fate a sapere che Dio esiste, se nessuno l’ha mai visto?”

Dopo 20 minuti, tutti avevano consegnate le risposte.
La maestra lesse ad una ad una le prime 29; erano più o meno ripetizioni di parole dette e ascoltate molte volte:

“Dio è nostro Padre.

Ha fatto la terra, il mare e tutto ciò che esiste.”
Le risposte erano esatte, per cui si erano guadagnati la promozione.
Poi chiamò Ernestino, un piccolo e vispo bambino biondo, lo fece avvicinare al suo tavolo e gli consegnò il suo foglietto, dicendogli di leggerlo ad alta voce davanti a tutti i suoi compagni.
Ernestino, temendo una pesante umiliazione davanti a tutta la classe, con la conseguente bocciatura, cominciò a piangere.
La maestra lo rassicurò e lo incoraggiò.

Singhiozzando Ernestino lesse:

“Dio è come lo zucchero che la mamma ogni mattina scioglie nel latte per prepararmi la colazione.
Io non vedo lo zucchero nella tazza, ma se la mamma non lo mette, ne sento subito la mancanza.
Ecco, Dio è così, anche se non lo vediamo.
Se Lui non c’è la nostra vita è amara, è senza gusto.”
Un applauso forte riempì l’aula e la maestra ringraziò Ernestino per le risposte così originali, semplici e vere.
Poi completò:
“Vedete bambini, ciò che ci fa saggi non è il sapere molte cose, ma l’essere convinti che Dio fa parte della nostra vita.”

Brano tratto dal libro “La Zattera: Regole per vivere in armonia.” di Carlo Gaudio

Figlio, anche io, come te…

Figlio, anche io, come te…

Amore mio, prima di essere mamma sono stata figlia…
Anche io, come te, ho avuto i miei momenti belli, ma anche quelli brutti.

Anche a me, come a te, molte cose non piacevano.

Anche io, come te, ero ribelle e sempre contro tutti.
Anche io, come te, facevo arrabbiare la mia mamma.
Anche io, come te, avevo i miei sogni… per me irrealizzabili.
Anche io, come te, odiavo la scuola…

ma solo oggi mi rendo conto di quanto sbagliavo!

Dico questo per farti capire che tutti abbiamo i nostri sogni da realizzare.
Da figlia ti capisco e ti comprendo perché ci sono passata come te, ma da mamma non posso restare a guardare mentre tu vuoi buttare via il tuo futuro!
Io ti sarò vicina in qualsiasi momento tu ne abbia bisogno e

ti aiuterò finché avrò forza a raggiungere i tuoi obbiettivi.

Uno tra tutti la tua istruzione amore mio!
È difficile passare da figlia a mamma, ma la gioia di un figlio non te la dà nessuno.

Brano senza Autore.

O Dio! Fammi diventare come Giovanni!

O Dio! Fammi diventare come Giovanni!

In un centro di raccolta per barboni, un alcolizzato di nome Giovanni, considerato un ubriacone irrecuperabile, fu colpito dalla generosità dei volontari del centro e cambiò completamente.
Divenne la persona più servizievole che i collaboratori e i frequentatori del centro avessero mai conosciuto.

Giorno e notte, Giovanni si dava da fare instancabile.

Nessun lavoro era troppo umile per lui.
Sia che si trattasse di ripulire una stanza in cui qualche alcolizzato si era sentito male, o di strofinare i gabinetti insudiciati, Giovanni faceva quanto gli veniva chiesto col sorriso sulle labbra e con apparente gratitudine, perché aveva la possibilità di essere d’aiuto.
Si poteva contare su di lui quando c’era da dare da mangiare a uomini sfiniti dalla debolezza,

o quando bisognava spogliare e mettere a letto persone incapaci di farcela da sole.

Una sera, il cappellano del centro parlava alla solita folla seduta in silenzio nella sala e sottolineava la necessità di chiedere a Dio di cambiare.
Improvvisamente un uomo si alzò, percorse il corridoio fino all’altare, si buttò in ginocchio e cominciò a gridare:
“O Dio!
Fammi diventare come Giovanni!
Fammi diventare come Giovanni!”
Il cappellano si chinò verso di lui e gli disse:

“Figliolo, credo che sarebbe meglio chiedere:

Fammi diventare come Gesù!”
L’uomo guardò il cappellano con aria interrogativa e gli chiese:
“Perché, Gesù è come Giovanni?”

Brano tratto dal libro “Il segreto dei pesci rossi.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Arrivarono solo in tre (La storia dei Re Magi)

Arrivarono solo in tre
(La storia dei Re Magi)

Forse non tutti sanno che un tempo, quando non esistevano i computer, tutto il sapere del mondo era concentrato nella mente di sette persone sparse nel mondo:
i famosi Sette Savi, i sette sapienti che conoscevano i come, i quando, i perché, i dove di ogni cosa che accadeva.
Erano talmente importanti che erano considerati dalla gente dei re, anche se non lo erano;

per questo erano chiamati Re Magi.

Nell’anno 0 (zero), studiando le loro pergamene segrete, tutti e sette i Magi giunsero ad una strabiliante conclusione:
proprio in una notte di quell’anno sarebbe apparsa una straordinaria stella che li avrebbe guidati alla culla del Re dei re.
Da quel momento passarono ogni notte a scrutare il cielo e a fare preparativi, finché, davvero una notte nel cielo apparve una stella luminosissima.
I Sette Savi partirono dai sette angoli del mondo dove si vivevano e si misero a seguire la stella che indicava loro la strada.
Tutto quello che dovevano fare era non perderla mai di vista.
Ognuno dei sette Magi, tenendo gli occhi fissi sulla stella, che poteva vedere giorno e notte, cavalcava per raggiungere il Monte delle Vittorie, dove era stabilito che i sette savi dovevano incontrarsi per formare una sola carovana.
Olaf, re Mago della Terra dei Fiordi, attraversò le catene dei monti di ghiaccio e arrivò presto in una valle verde, dove gli alberi erano carichi di frutti squisiti e il clima dolce e riposante; il mago vi si trovò così bene che decise di costruirsi un castello.

Così, ben presto, si scordò della stella.

Igor, re Mago del Paese dei Fiumi, era un giovane forte e coraggioso, abile con la spada e molto generoso.
Attraversando il regno del re Rosso, un sovrano crudele e malvagio, decise di riportare la pace e la giustizia per quel popolo maltrattato; così divenne il difensore dei poveri e degli oppressi, perse di vista la stella e non la cercò più.
Yen Hui era il re Mago del Celeste Impero, era uno scienziato e un filosofo, appassionato di scacchi.
Un giorno arrivò in una splendida città dove uno studioso teneva una conferenza sulle origini dell’universo; Yen Hui non riuscì a resistere, lo sfidò ad un dibattito pubblico, si confrontarono su tutti i campi del sapere e per ultimo iniziarono una memorabile partita a scacchi che durò una settimana.

Quando si ricordò della stella era troppo tardi:

non riuscì più a trovarla.
Lionel era un re Mago poeta e musicista, che veniva dalle terre dell’Ovest e viaggiava solo con strumenti musicali.
Una sera fu ospitato per la notte da un ricco signore di un pacifico villaggio.
Durante il banchetto in suo onore, la figlia del signore danzò e cantò per gli invitati e Lionel se ne innamorò perdutamente; così finì per pensare solo a lei e nel suo cielo la stella miracolosa scomparve piano piano.
Solo Melchiorre, re dei Persiani, Baldassarre, re degli Arabi e Gaspare, re degli Indi, abituati alla fatica e ai sacrifici, non diedero mai riposo ai loro occhi, per non rischiare di perdere di vista la stella che segnava il cammino, certi che essa li avrebbe guidati alla culla del Bambino, venuto sulla terra a portare pace e amore.
Così ognuno di loro arrivò puntuale all’appuntamento al Monte delle Vittorie, si unì ai compagni e insieme ripresero la loro marcia verso Betlemme, guidati dalla stella cometa, più luminosa che mai.

Brano tratto dal libro “Novena di Natale per i bambini.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.