La ricerca della gioia

La ricerca della gioia

C’era una volta un uomo ricchissimo.
Possedeva tanti negozi, tante fabbriche e tante banche, cosicché ogni settimana riceveva nel suo palazzo molti autocarri carichi di denaro.
Non sapeva più dove metterlo o in che cosa spenderlo.

Si comperava tutto quello che gli piaceva:

aerei, navi, treni, edifici, monumenti, ecc.
Era sempre alla ricerca di cose da comperare.
Arrivò un giorno in cui aveva proprio tutto.
Non c’era cosa che non possedesse.
Tutto era suo.
Tuttavia c’era una cosa che non riusciva ad avere.
E per quanto comprasse, una cosa non la trovava mai.

Era la gioia.

Non trovò mai il negozio in cui la vendessero.
Si impegnò a cercarla a qualunque costo, perché era l’ultima cosa che gli mancava.
Percorse mezzo mondo alla sua ricerca, ma senza risultato.
Un giorno capitò in un piccolo villaggio e venne a sapere che un vecchio saggio poteva aiutarlo.
Viveva in cima a una montagna, in un’umile e povera capanna.
Si diresse verso di lui e quando lo trovò gli disse:
“Mi hanno detto che lei potrebbe aiutarmi a trovare la gioia.”
Il vecchio lo guardò sorridendo e rispose:
“Lei l’ha già incontrata, amico.
Io ho molta gioia.”
“Lei?” esclamò stupito il ricco, “Ma se possiede soltanto una povera capanna e poco più!”
“Certo, e proprio per questo ho la gioia, poiché do a chi ne ha bisogno tutto quello che ho di più.” affermò il vecchio.
“E così si ottiene la gioia?” chiese il ricco.
“Così l’ho trovata io.” confermò il Vecchio.

Il ricco se ne andò pensieroso.

Poco tempo dopo decise di dare tutto quello che non gli era necessario a coloro i quali ne avessero bisogno.
Con grande sorpresa scoprì che facendo così sentiva gioia.
Si era reso conto che c’è più gioia nel dare e nel rendere felici gli altri che nel ricevere e possedere tante cose senza condividerle.

Brano tratto dal libro “C’era una volta… al catechismo. Racconti per educare ai valori cristiani i ragazzi dagli 8 agli 11 anni.” di Josè Real Navarro

Tonto Zuccone, gli inizi

Tonto Zuccone, gli inizi
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Difetto di conio

I fiammiferi

La cesta

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“Difetto di conio”

 

Diversi anni fa, quando era ancora un ragazzino, Tonto Zuccone tornò a casa da sua mamma piangendo.
I suoi compagni lo avevano escluso dai giochi poiché non riusciva a capire le regole.
La mamma lo prese in braccio e, dopo avergli dato una carezza, gli disse:
“Tonto, figlio mio caro, tu sei come una moneta con un difetto di conio, quelle che i collezionisti cercano e pagano molto, oltre che per il suo valore nominale per la rarità.
Tu sei, per questo, motivo di grande ed inestimabile valore per i tuoi genitori e per i tuoi veri amici.
Voglia il cielo che un giorno, con grande sforzo e fortuna, anche tu riesca a capire tutto ciò e non ti senta inferiore a nessuno.”

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“I fiammiferi”

 

Qualche mese dopo le rassicurazioni della mamma, Tonto era stato mandato da lei a comperare, nel vicino negozio, i fiammiferi, con la raccomandazione che fossero buoni.
Tonto una volta comprati, strada facendo li accese tutti, uno alla volta, per accertarsi che fossero tutti buoni, come da raccomandazione della mamma.
Alla madre, stupefatta, Tonto consegnò la scatola vuota dicendole:
“Sono contento perché i fiammiferi che ho comprato per te erano tutti buoni e si sono accesi al primo strofinamento!”

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“La cesta”

 

Tonto Zuccone non voleva più andare al pozzo a prendere l’acqua per le esigenze di casa poiché, ogni volta, tornava sudato ed affaticato.
I suoi genitori gli dissero che questo accadeva poiché prendeva sempre il secchio più grande e pesante, mentre in casa abbondavano anche contenitori più leggeri.
Tonto ritornò al pozzo facendo tesoro del suggerimento dei famigliari e si servì del contenitore che gli parve più leggero.
Al ritorno a casa, però, con il nuovo contenitore di acqua non riuscì a portarne a destinazione nemmeno una goccia siccome quella che aveva preso era una cesta di vimini che, ovviamente, non tratteneva l’acqua.
Tonto non smentì se stesso chiedendo ai genitori, meravigliato, il motivo del perché strada facendo il peso e la fatica diventassero più leggeri, contrariamente a ciò che accadeva in passato.

Brani di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione dei racconti a cura di Michele Bruno Salerno

Il ragazzino e la barca a vela

Il ragazzino e la barca a vela

C’era una volta un ragazzino che aveva costruito una barca a vela.
Ne aveva scavato con cura lo scafo nel legno, l’aveva smerigliato con estrema attenzione dipingendolo infine con ogni possibile delicatezza, poi aveva ritagliato la vela dalla più candida delle stoffe.
Una volta terminato, non vedeva l’ora di varare la sua barchetta e così la portò subito al lago.
Trovò uno spiazzo d’erba vicino alla riva e, inginocchiatosi, depose con cautela il piccolo vascello sul pelo dell’acqua.
Soffiò un pochino nella vela e si mise ad aspettare.
Ma la barca non si muoveva e così il ragazzo soffiò più forte, finché il vento colmò la piccola vela e la barchetta prese il largo.
“Si muove! Si muove!” gridava, battendo le mani e saltando sulla riva del lago.

All’improvviso il ragazzo si fermò.

Si era reso conto di non aver assicurato la barchetta con uno spago.
Vide la sua creatura spingersi sempre più lontano finché non sparì del tutto dalla sua vista.
Il ragazzino era felice e triste nello stesso tempo:
orgoglioso che la sua barca veleggiasse bene, ma triste di averla perduta.
Corse a casa in lacrime.
Qualche tempo dopo, girovagando per il paese, per caso passò davanti da una bottega che vendeva giocattoli vecchi e nuovi.
E in vetrina c’era la sua barca.
Era in estasi.

Corse dentro e disse entusiasta al negoziante:

“Quella è la mia barca.
La mia.”
L’uomo squadrò il ragazzino e rispose:
“Ti sbagli.
L’ho comprata.
Adesso è in vendita!”
“Ma è la mia barca!” gridò il piccolo, “L’ho fatta io.
L’ho varata e poi l’ho persa.
È mia!”
“Ti sbagli!” ripeté il negoziante, “Se la vuoi te la devi comperare.”
“Quanto costa?” chiese il ragazzo.
Quando ebbe sentito il prezzo ebbe un tuffo al cuore.
Nella sua piccola cassaforte, a casa, c’era soltanto qualche spicciolo.
A capo chino se ne uscì dal negozio.
Ma il ragazzino era un tipo deciso.
Tornato a casa, andò nella sua stanza e contò i suoi averi fino all’ultima monetina per scoprire quanto denaro gli mancava per potersi ricomprare la sua preziosa barca.

Fece qualche lavoretto e risparmiò:

adesso aveva i soldi.
Corse di nuovo al negozio, sperando che la barca fosse ancora lì.
Sorrise:
eccola in mezzo alla vetrina al solito posto.
Entrò nel negozio, rovesciò le tasche e depose tutto il suo denaro vicino alla cassa.
“Voglio comprare la mia barca!” esclamò.
Il negoziante prese la barca dalla vetrina e la mise nelle mani del ragazzino, eccitatissimo.
Il piccolo strinse la barchetta al petto e corse a casa dicendosi pieno di orgoglio:
“Tu sei la mia barca.
La mia!
Sei due volte mia!
Mia perché ti ho fatto, e mia perché ti ho riconquistato!”

Brano senza Autore.

I tre agnellini

I tre agnellini

Lassù sulle montagne del Tirolo, c’era un piccolo villaggio dove tutti sapevano scolpire santi e Madonne con grande abilità.
Ma giunse il tempo in cui non ci furono più ordinazioni per le loro belle statuine religiose.
Un pomeriggio Dritte, uno dei maestri intagliatori, entrando nella sua bottega trovò un fanciullo biondo, che giocava con le statuine del presepio.
Dritte gli disse con fare burbero che le statuine del presepio non erano giocattoli.

Il bambino rispose:

“A Gesù non importa, Lui sa che non ho giocattoli per giocare.”
Maestro Dritte commosso gli promise un agnellino di legno con la testa che si muoveva.
“Vienilo a prendere domani pomeriggio, però, strano che non ti abbia mai visto, dove abiti?”
“Là!” rispose il fanciullo indicando vagamente l’alto.
Il giorno dopo, prima di mezzogiorno, l’agnellino era pronto, bello da sembrare vivo.
Ad un tratto si affacciò alla porta della bottega di Dritte una giovane zingara con un bambino in braccio.
Il bambino appena vide l’agnellino protese le braccine e l’afferrò.
Quando glielo vollero togliere di mano si mise a piangere disperato.

Dritte che non aveva nulla da dare alla povera donna disse sospirando:

“Tienilo pure.
Intaglierò un altro agnellino.”
Nel pomeriggio tardi Dritte aveva appena terminato il secondo agnellino quando Pino, un povero orfanello, venne a salutarlo.
“Oh! Che meraviglioso agnellino!” disse, “Posso averlo per piacere?”
“Sì tienilo pure, Pino, io ne intaglierò un altro” rispose Dritte e ne realizzò un altro.
Ma il bambino dai capelli d’oro non ritornò, e l’agnellino rimase abbandonato sullo scaffale della bottega.
La situazione del villaggio continuava a peggiorare e Dritte cominciò ad intagliare giocattoli per i bambini del villaggio per far loro dimenticare la fame.
Prima di Pasqua, in un giorno uggioso, un mercante di passaggio si offrì di comperare tutti i giocattoli che Dritte riusciva ad intagliare.

Dritte rifiutò di intagliare giocattoli per denaro:

“Sono alla locanda,” disse il commerciante, “in caso cambiate idea.”
La piccola Marta era molto malata e Dritte, per farla sorridere, le regalò l’agnellino che aveva conservato sullo scaffale della sua bottega.
Mentre tornava dalla casa di Marta, incontrò il bambino dai capelli d’oro.
“Ho tenuto l’agnellino fino ad oggi, ma tu non sei venuto.
Ne farò subito un altro!”
“Non ho bisogno di un altro agnellino,” disse il fanciullo scuotendo il capo, “quelli che hai donato al piccolo zingaro, a Pino e a Marta li hai donati anche a me.
Fare un giocattolo può servire alla gloria di Dio quanto intagliare un santo.”
Un attimo dopo il fanciullo era scomparso.
Quella notte Dritte si recò alla locanda.
“Costruirò giocattoli per voi!” disse.
“Allora avete cambiato idea.” sussurrò il mercante.
“No!” rispose Dritte con gli occhi scintillanti, “Ma ho ricevuto un segno da Dio!”

Brano tratto dal libro “Tutte storie. Per la catechesi, le omelie e la scuola di religione.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.