Si darà da fare

Si darà da fare

Due pappagalli vivevano nello stesso nido.
Un giorno il nido fu rovinato dal vento impetuoso.

Invece di ripararlo subito, ognuno pensò:

“Lo riparerà il mio compagno!”
E così nessuno aggiustò il nido.
Intanto il buco diventava, di giorno in giorno, sempre più grosso.

Allora il pappagallo più giovane pensò:

“Il mio compagno non sopporterà più a lungo l’idea di vivere in un nido così rovinato, e presto si darà da fare!”
A sua volta il pappagallo vecchio pensò:
“Provvederà il giovane a ripararlo; in fondo ha meno anni di me: è il più forte!”
Il mesi passarono e soggiunse il freddo.

I due, infreddoliti, pensarono:

“Il mio compagno non potrà resistere ancora a lungo: questa volta si darà, sicuramente, da fare per riparare il nido e proteggersi dal freddo”.
Ma nessuno si decideva.
Una sera, quello che rimaneva del nido, fu spazzato dal vento e cadde a terra.
I due pappagalli morirono congelati.

Brano senza Autore.

Le tipicità italiane

Le tipicità italiane

L’esperienza vissuta durante il servizio militare mi ha fatto maturare umanamente ed amare ancor di più la bella e varia Italia.
In quel periodo ho avuto modo di conoscere ed apprezzare gli amici meridionali e la loro cultura greco latina.
Facevo parte della III brigata missili a Elvas di Bressanone (Bolzano), base situata sopra ad una montagna, e nell’esercito il mio incarico era quello di condurre di camion.
Per svolgere l’incarico, oltre l’idoneità, non servivano particolari titoli di studio, cosa invece richiesta per gli altri incarichi, visto che dovevano essere effettuati complicati calcoli di lancio, non essendoci la tecnologia di oggi.

La mia brigata era composta prevalentemente da laureati e diplomati,

specialmente del sud, tutta gente intelligente e tranquilla.
L’oggetto che circolava di più all’interno della caserma era il libro.
Avendo tanto tempo libero, mi adoperai a rendere la permanenza, di tutti i miei amici commilitoni, la più gradevole possibile.
Lavavo per bene la camerata e passavo il pavimento con la cera profumata, facendomi, con il mio gesto gratuito, ben volere da tutti.
Quando tornavano dalla licenza mi invitavano a condividere le rispettive tipicità regionali, da me molto apprezzate, scoprendo così gusti e sapori diversi, come ad esempio, i favolosi formaggi, i curatissimi salumi, le buonissime confetture, ecc.

Un vero ben di Dio che ho parzialmente ritrovato in seguito nei marchi IGP e DOP.

Quando fu il mio turno di ritornare dalla licenza, non sapevo precisamente cosa portare.
Mi presentai con delle focacce caserecce e con una bottiglia di grappa Veneta a distillazione lenta alle erbe aromatiche e miele.
Le focaccine furono molto gradite, ma la grappa non fu nemmeno assaggiata e ne rimasi amareggiato.
Trascorso qualche giorno, ci fu un allarme Nato e restammo per due giorni in una foresta,

circondati da neve e ghiaccio, a meno 10 gradi.

Avevo portato con me la mia grappa e la proposi ai miei amici come “antigelo”, visto che erano letteralmente congelati.
La grappa andò a ruba e ricordo che un mio amico campano, diventato più bianco della neve per il gelo, bevendo il mio distillato, improvvisamente, divenne tutto rosso in viso.
Da quel momento il suo soprannome fu Bandiera.
Grande fu la mia soddisfazione per aver contribuito, anche grazie alla mia grappa veneta, all’unità d’Italia, concretizzata da piccoli scambi enogastronomici nel nostro piccolo universo di allora, quello grigio verde.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Ora so perché dovevi farlo

Ora so perché dovevi farlo

C’era una volta un uomo che considerava il Natale una favola incomprensibile.
Era una persona gentile e discreta, amorevole con la sua famiglia, onesta in tutti i suoi rapporti con gli altri uomini.
Ma non riusciva a credere all’Incarnazione.
Ed era troppo onesto per fingere di crederci.
La vigilia di Natale la moglie e i figli andarono in chiesa per la Messa di mezzanotte.
“Mi dispiace, ma non vengo.” disse lui, “Non riesco a capire l’affermazione che Dio si fa uomo.

Preferisco stare a casa.

Vi aspetterò per prendere qualcosa di caldo insieme.”
La sua famiglia si allontanò in auto, la neve cominciò a cadere.
L’uomo andò alla finestra e guardò le folate sempre più fitte e pesanti.
“Un vero Natale con i fiocchi!” pensò.
Tornò alla sua poltrona vicino al fuoco e cominciò a leggere il suo libro.
Pochi minuti dopo fu sorpreso da un tonfo sordo, subito seguito da un altro, poi da un altro ancora.
Pensò che qualcuno si divertisse a tirare palle di neve alla finestra del suo soggiorno.
Quando andò alla porta d’ingresso per indagare vide uno stormo di uccelli che svolazzavano nella tempesta alla disperata ricerca di un riparo e attirati dalla luce della sua finestra andavano a sbattere contro i vetri.

Molti finivano a terra tramortiti.

“Non posso permettere che queste povere creature giacciano lì a congelare!” pensò, “Ma come posso aiutarli?”
Si ricordò della rimessa che non usava più:
avrebbe potuto fornire un riparo caldo.
Indossò il cappotto e gli scarponi e con passo pesante attraverso la neve si diresse alla rimessa.
Spalancò l’ampia porta e accese la luce.
Ma gli uccelli non entravano.
“Un po’ di cibo li attirerà!” pensò.
Così si affrettò a tornare a casa per le briciole di pane, che sparse sulla neve per fare un percorso verso la rimessa.
Ma gli uccelli ignoravano le briciole di pane e continuavano a svolazzare sempre più intorpiditi nella tormenta.
L’uomo si mise ad agitare le braccia, ma quelli, spaventati, si disperdevano in ogni direzione, invece di rifugiarsi nel deposito caldo e illuminato.
“Mi vedono come una creatura strana e terrificante.” si disse, “Li ho solo terrorizzati di più.
Come faccio a comunicare loro che possono fidarsi di me?”

Uno strano pensiero lo colpì:

“Se solo potessi essere un uccello io stesso per qualche minuto, forse potrei guidarli verso la salvezza!”
Proprio in quel momento le campane della chiesa cominciarono a suonare.
Rimase in silenzio per un po’, ascoltando le campane.
Poi cadde in ginocchio nella neve.
“Adesso capisco.” sussurrò, “Ora so perché dovevi farlo!”

Brano di Bruno Ferrero