Piatti e vini patriottici

Piatti e vini patriottici

Piccole leggende (o storie) locali, nel corso dei secoli, sono state tramandate oralmente.
Alcune di esse meriterebbero di essere salvate, prima che finiscano in un definitivo oblio.
Come raccontato nei libri di storia, nel marzo del 1848, gli austriaci vennero sconfitti con i noti moti rivoluzionari, con rivolte che interessarono tutto il popolo, da Milano e Venezia.
Daniele Manin riportò in vita la repubblica Serenissima, ma dovette capitolare nello stesso agosto per la pesante controffensiva austriaca.

Il vessillo del Leone di San Marco si arrese per il duro assedio e per la fame.

Gli occupanti austriaci perseguitarono in tutti i modi i patrioti italiani, vietando ogni dissenso e manifestazione, costringendoli alla clandestinità.
Presero di mira, vista la segnalazione di una spia, una locanda con cucina nel trevigiano, dove i patrioti si riunivano dopo il mercato per organizzarsi.
Venivano serviti loro piselli, riso e fragole, che con i loro colori, verde, bianco e rosso, simboleggiavano, in codice, la bandiera italiana.
In quel particolare contesto storico, era proibitissimo esibire, o raffigurare, la nostra bandiera.
In abbinato, in esclusiva per i nostri connazionali, veniva servito il vino Verdiso, in omaggio al compositore patriota Giuseppe Verdi, poiché tale vino ricordava il cognome del musicista e le sue arie.

Gli austriaci, per smascherare i complottisti e poterli punire, fecero un blitz, ordinando tranquillamente da mangiare.

L’oste, che si aspettava la loro visita, gli servì a malincuore seppie in nero e polenta gialla, ma solo per non destare sospetti.
I colori, delle seppie e della polenta, evocarono nelle loro menti la bandiera dell’impero austro-ungarico, che era nera e gialla.
Gli ufficiali furono entusiasti del trattamento e dell’abbinamento del vino.
Non prestarono, però, particolare attenzione al nome del vino.
Difatti, il vino servito era un Raboso del Piave che, per l’oste patriota, significava rabbia e spirito di riscatto.

Ovviamente si trattò di raffinata satira, politica ed enogastronomica.

Si narra che gli austriaci rimasero talmente soddisfatti del piatto che, rientrati in patria, fecero ampia propaganda al piatto mangiato.
Ancora oggi, nei ristoranti veneti che servono specialità di pesce, quando gli austriaci visitano l’Italia da pacifici turisti, chiedono di poter degustare questo determinato piatto.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Riconosciamo il talento in un contesto inaspettato?

Riconosciamo il talento in un contesto inaspettato?

Un uomo si mise a sedere in una stazione della metro a Washington DC ed iniziò a suonare il violino; era una tiepida mattinata di maggio.
Suonò sei pezzi di Bach per circa 45 minuti.
Durante questo tempo, poiché era l’ora di punta, era stato calcolato che migliaia di persone sarebbero passate per la stazione, molte delle quali sulla strada per andare al lavoro.
Passarono 3 minuti ed un uomo di mezza età notò che c’era un musicista che suonava.
Rallentò il passo e si fermò per alcuni secondi e poi si affrettò per non essere in ritardo sulla tabella di marcia.

Alcuni minuti dopo, il violinista ricevette il primo dollaro di mancia:

una donna tirò il denaro nella cassettina e senza neanche fermarsi continuò a camminare.
Pochi minuti dopo, qualcuno si appoggiò al muro per ascoltarlo, ma l’uomo guardò l’orologio e ricominciò a camminare.
Quello che prestò maggior attenzione fu un bambino di 3 anni.
Sua madre lo tirava, ma il ragazzino si fermò a guardare il violinista.
Finalmente la madre lo tirò con decisione ed il bambino continuò a camminare girando la testa tutto il tempo.
Questo comportamento fu ripetuto da diversi altri bambini.
Tutti i genitori, senza eccezione, li forzarono a muoversi.
Nei 45 minuti in cui il musicista suonò, solo 6 persone si fermarono e rimasero un momento.

Circa 20 gli diedero dei soldi, ma continuarono a camminare normalmente.

Raccolse 32 dollari.
Quando finì di suonare e tornò il silenzio, nessuno se ne accorse.
Nessuno applaudì, né ci fu alcun riconoscimento.
Nessuno lo sapeva ma il violinista era Joshua Bell, uno dei più grandi musicisti al mondo.
Suonò uno dei pezzi più complessi mai scritti, con un violino del valore di 3,5 milioni di dollari.
Due giorni prima che suonasse nella metro, Joshua Bell fece il tutto esaurito al teatro di Boston e i posti costavano una media di 100 dollari.

Questa è una storia vera.
L’esecuzione di Joshua Bell in incognito nella stazione della metro fu organizzata dal quotidiano Washington Post come parte di un esperimento sociale sulla percezione, il gusto e le priorità delle persone.

La domanda era:

“In un ambiente comune ad un’ora inappropriata:
percepiamo la bellezza?
Ci fermiamo ad apprezzarla?
Riconosciamo il talento in un contesto inaspettato?”
Ecco una domanda su cui riflettere:
“Se non abbiamo un momento per fermarci ed ascoltare uno dei migliori musicisti al mondo suonare la miglior musica mai scritta, quante altre cose ci stiamo perdendo?”

Brano senza Autore

Il maestro, l’allievo ed il sale

Il maestro, l’allievo ed il sale

Si narra che un giorno un vecchio maestro fosse stanco delle continue lamentele del suo allievo.
Perciò un mattino lo spedì a prendere un po’ di sale.
Quando l’allievo tornò, il maestro lo pregò di mescolarne una manciata in un bicchiere d’acqua e di berla.

“Com’è?” domandò il maestro.

“Salata!” rispose l’allievo, facendo una smorfia.
Il maestro rise e invitò il ragazzo a mescolare la stessa manciata di sale nel vicino lago.
I due si recarono in silenzio fino alla riva e dopo che l’allievo ebbe versato la manciata nell’acqua, il maestro disse:
“Adesso bevi dal lago!”
L’allievo obbedì e di nuovo il maestro domandò:
“Com’è?”

“Fresca.” rispose l’allievo.

“Hai sentito il sapore del sale?” domandò il maestro.
“No.” rispose il giovane.
Quando i due si sedettero insieme, il maestro disse all’allievo:
“L’amarezza della vita è, né più e né meno, come il sale puro.

La quantità di amarezza nella vita rimane esattamente la stessa.

Tuttavia la quantità di amarezza che avvertiamo dipende dal contesto in cui la proviamo.
Se avverti amarezza, dunque, l’unica cosa che puoi fare è ampliare il senso delle cose.
Smetti di essere un bicchiere.
Sii un lago!”

Storia Zen
Brano tratto dal libro “Kung-Fu e l’arte di stare calmi: I 7 principi Shaolin per l’autocontrollo.” di Bernhard Moestl