La leggenda del folletto Mazariol

La leggenda del folletto Mazariol

Quasi tutti i bambini hanno paura di qualcosa.
Io, vivendo in un clima famigliare rassicurante, di paure non ne ebbi molte.
Nella stalla della nostra famiglia, molto frequentata in quegli anni per i filò, arrivò un amico di mio padre, reduce della prima guerra mondiale.
Intratteneva tutti noi bambini con giochi e scherzi, ma soprattutto con racconti fantastici.
Una sera ci narrò del folletto Mazariol, personaggio appartenente alle favole del Veneto, famoso per gli eclatanti dispetti.
La sera successiva, in attesa dell’arrivo degli altri partecipanti al filò, mi mandò a comprare un sigaro nella vicina osteria.
Andai volentieri, sia perché dovevo percorrere poco meno di cento metri, sia perché l’oste spesso mi regalava una caramella.
Dopo pochi passi percepì uno strano fischio-fruscio, non ben definito, il quale aumentava quando acceleravo il passo, mentre smetteva quando mi fermavo.

Il buio non mi aiutava a capire.

Ricordando la storia raccontata la sera prima dall’amico di mio padre, pensai fosse il folletto Mazariol, che mi seguiva per punirmi delle mie marachelle.
Allorché mi spaventai tantissimo e tornai al filò ansimante e cadaverico, nonché con il cuore che batteva fortissimo.
Cercai di spiegare agli adulti quello che mi era successo, i quali capirono al volo la motivazione del mio spavento.
La causa del fischio-fruscio era dovuta, semplicemente, allo strofinamento dei pantaloni nuovi di velluto.
L’episodio lo descrissi più avanti in un tema a scuola.
La maestra, allora, ci spiegò che il folletto Mazariol, secondo la leggenda (che oggi si può trovare in Google), avesse perfino sconfitto Attila, il re barbaro degli Unni, ingannando la sua ferocia con i suoi scherzi da folletto, nella splendida cornice delle montagne della Val Belluna, tra fitti boschi e ampi prati.
Era vestito tutto di rosso, compreso il caratteristico copricapo e le scarpe a punta.
Si riparava nei “covoli”, così chiamati i “covi” (ricoveri) per ripararsi nella notte, e nelle grotte, cavità naturali formatesi da erosioni e fenomeni carsici.

Sono tante le narrazioni che lo riguardano.

Tra le più note, quelle che rivelano come si dedicasse alla pastorizia e di come fosse diventato un ottimo “casaro”, tanto da aver inventato la ricotta e il formaggio “Casatella Trevigiana”, omaggiando la terra pianeggiante che lo ospitava durante la transumanza, nei periodi più freddi dell’inverno.
Negli anni aveva trovato un posto bellissimo, di cui era l’unico privilegiato ospite, posto allo sbocco delle montagne.
Era un ampio “covolo”, formatosi come una grotta, lungo il fiume Piave.
Sulla roccia della sponda destra, aveva creato il suo laboratorio ed il suo magazzino, dove riponeva le sue casatelle di formaggio, realizzate con latte crudo.
In quel periodo la fame era tanta e dilagava la pellagra, malattia, questa, che portava allucinazioni e sonno.

Il folletto Mazariol, nonostante tutto era di buon cuore con gli sfortunati, ma terribile e dispettoso con i cattivi.

Infatti, appendeva sui rami degli alberi la casatella per sfamare i più sfortunati.
Però, quasi nessuno la conosceva e i più, credendo fosse un miraggio, vagavano oltre.
Oggi, grazie a lui, la “Casatella trevigiana” è un prodotto DOP (Denominazione di Origine Protetta) e approda nelle migliori tavole.
Il “covolo” abitato dal mitico folletto si presume dia il nome al bellissimo ed ospitale paese Covolo di Piave.
Solo alcune persone, però, conoscono la storia secondo la quale il folletto Mazariol amasse fare il bagno annuale e asciugare i panni sulla Grave di Ciano, dove le acque erano più tranquille.
Una volta fattosi bello raccoglieva i “Mammai” (la “Stipe Pennata” o “Lino delle Fate”) e faceva il romantico con le Fate del Montello, che proprio sulle Grave di Ciano amavano riunirsi per ballare e cantare, incantate dalla bellezza unica del posto.

Brano di Dino De Lucchi

L’uomo, i cappelli e le scimmie

L’uomo, i cappelli e le scimmie

C’era una volta, in una terra lontana della Tunisia, un uomo che faceva il venditore di cappelli nei vari mercati di tutta la sua nazione.
Quest’uomo vendeva dei cappelli a cilindro rossi.

Sembrava che tutti li amassero perché se ne vendevano molti.

Un giorno però, pur avendo girato per diversi mercati, non era riuscito a venderne neanche uno.
Allora tutto sconsolato s’incamminò verso casa con le sue valige piene di questi copricapo.
Sopraggiunse la notte e il venditore si trovò costretto a doverla trascorrere all’aperto, in un piccolo boschetto sulla riva di un fiume.
Prima di andare a dormire si mise uno dei suoi cappelli per ripararsi dalla frescura della notte.
L’uomo non sapeva che intorno a lui c’erano molte scimmie che avevano visto la scena e, normalmente, esse imitano tutto quello che vedono fare.
Allora, quando si addormentò, esse scesero dagli alberi, presero tutti i cappelli che erano nelle valige e se li misero in testa.

La mattina seguente, quando l’uomo si alzò, vide le sue valige aperte e vuote.

Pensò che fosse stata opera dei ladri, fino a quando non sentì un piccolo grido venire dagli alberi e si accorse che tutti i rami erano pieni delle scimmie che indossavano i suoi cappelli.
Allora egli cominciò a gridare e a puntare il dito verso di loro dicendo di restituirgli i cappelli, ma quelle cominciarono a copiare gli stessi movimenti dell’uomo, il quale si arrabbiava sempre di più.
Le scimmie, però, continuavano a copiare i suoi gesti e gridavano più forte.
Fino a quando egli, esasperato e furioso, prese delle pietre e cominciò a tirarle contro quelle bestiole.
Esse allora, continuando a imitarlo, presero dei limoni e li lanciarono contro di lui da tutte le direzioni.

Al massimo della sua esasperazione,

l’uomo si mise le mani in testa e, prendendo con rabbia il suo cappello, lo gettò violentemente a terra.
Come per magia, le scimmie fecero la stessa cosa e dagli alberi lanciarono a terra tutti i cappelli e all’uomo non restò che raccoglierli e rimetterli in valigia.

Brano tratto dal libro “Tutte storie. Per la catechesi, le omelie e la scuola di religione.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.