Il muro

Il muro

C’era una volta, ma forse c’è ancora, un paese diviso in due da un muro.
Era un muro alto, massiccio, grigio e minaccioso.
Mai, proprio mai, nessuno aveva osato scavalcarlo.
Nel muro non c’erano passaggi, porte o cose simili.
Neanche un buchetto piccolo piccolo.
Quelli che erano nati da questa parte del muro non avevano mai visto quelli che erano nati dall’altra parte e viceversa.

Gigi abitava da questa parte del muro.

Era un bambino gentile, con gli occhi castani e i capelli biondi.
Ma era stufo di giocare sempre da solo nel cortiletto della sua casa, che era stata costruita proprio contro il famoso e tetro muro.
“Perché non posso andare a giocare dall’altra parte del muro?” chiese Gigi, un giorno, alla mamma.
“Perché di là ci abita della gente molto cattiva!” rispose la mamma, “E se non mi credi chiedilo a tuo padre.”
Gigi andò a trovare il padre nel suo laboratorio:
“Perché non posso andare a giocare dall’altra parte del muro?”
“Perché di là ci abita della gente molto cattiva!” rispose il padre.
Gigi ritornò a giocare da questa parte del muro.
Ma ormai la tentazione di dare almeno una sbirciatina al di là del muro era troppo forte.
Vide che il cemento del cortile era scheggiato proprio contro il muro e, quasi con indifferenza, infilò la sua paletta sotto un grosso frammento.
Il pezzo di cemento si alzò con estrema facilità.

Gigi cominciò a scavare con decisione.

Dall’altra parte del muro, c’era un altro cortile, una casetta, un bambino di otto anni con i capelli biondi e gli occhi castani.
Il Gigi dell’altra parte del muro portò il Gigi di questa parte del muro a visitare il suo nascondiglio segreto.
“Io ho un fratello, una sorella e un cane.” gli disse Gigi.
“Proprio come me.” gli rispose Gigi.
Gigi passeggiò con Gigi in lungo e in largo per la città dall’altra parte del muro.
“Ti comprerei un gelato, ma i miei si sono dimenticati come al solito di darmi la paga della settimana.” gli disse Gigi.
“Anche i miei.” disse Gigi.
“Io non me la cavo troppo bene in aritmetica ed ho un po’ paura del buio!” disse Gigi.
“Proprio come me.” gli rispose Gigi.
I due ragazzi si presero a braccetto e ritornarono presso il muro.
“Bisogna sempre stare attenti, perché ci sono delle persone spaventosamente cattive!” disse il Gigi dell’altra parte del muro.
“Dove sono tutte quelle persone spaventosamente cattive?” chiese il Gigi di questa parte del muro.

“Stanno dall’altra parte del muro!” gli rispose Gigi.

Finalmente Gigi si infilò di nuovo nel buco e ritornò a casa sua da questa parte del muro.
Entrò in casa facendo finta di niente, ma la sua fuga era stata notata.
Papà e mamma erano là che lo aspettavano con le mani sui fianchi e il cipiglio delle grandi sgridate.
“Gigi!” gridarono, “Tu sei stato dall’altra parte del muro?”
“Sì!” rispose Gigi.
“Dalla parte dei cattivi?”
“Sì!” rispose Gigi.
“E allora,” gridarono, “come sono?”
“Proprio come noi!” rispose Gigi.

Brano tratto dal libro “Diciassette (17) storie col nocciolo.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Un vigile mitico

Un vigile mitico

Tanti anni fa chi ritornava in pianura dalle Dolomiti, soprattutto di domenica sul far della sera, si trovava incolonnato in una lunga coda di macchine.
Questo accadeva prima che venisse costruita una super strada di svincolo, ad un incrocio con semaforo, proprio al centro abitato del noto comune trevigiano di Cornuda.
Il super traffico era smistato da un vigile noto e stimato per essere ligio e inflessibile nel svolgere il suo lavoro,

tanto da aver multato sua moglie per avere troppe borse della spesa sul manubrio della bicicletta.

Ad ogni infrazione amava sciorinare i vari articoli con i comma del codice della strada che per lui rappresentavano la Bibbia.
Una domenica sera, in cui vi era tantissimo traffico con andamento a passo d’uomo, una macchina blu targata Roma, sorpassando altre vetture, ignorò volutamente il semaforo rosso.
Il nostro vigile con uno scatto si mise davanti all’auto e, con fischietto e paletta, fermò la vettura.
Il conducente era un noto politico locale che, abbassando il finestrino, disse seccato:

“Lei non sa chi sono io!

Vuole che le dica i miei incarichi e le mie onorificenze?
La consiglio di lasciarmi andare se non vuole grane!”
Il vigile pronto, e per niente intimorito, rispose:
“Io so chi è lei, visto che ho anche votato (per lei), ma in questo caso quando soffio io (disse in verità “subio” in dialetto Veneto) fischia la legge ed è meglio che con patente e libretto accosti e paghi l’infrazione.

I presenti, che stupiti assistettero alla scena,

applaudirono fragorosamente il vigile e gridarono “Bravo!”
Il suo gesto divenne leggendario e fu ricordato soprattutto quando scoppiò Tangentopoli!
Prima dei giudici di Mani Pulite, l’onorevole in questione fu fermato e sanzionato da un vigile che era imparziale con tutti in nome della democratica legge.
Il vigile si chiamava Nazareno Botega e non deve essere come l’Innominato del Manzoni ma bensì citato e ricordato con il suo nome a futura memoria.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno