Il re, la principessa ed il povero plebeo

Il re, la principessa ed il povero plebeo

Si racconta che in un passato assai remoto esistesse un re semi-barbaro che amministrava la giustizia in modo allo stesso tempo spettacolare e bizzarro.
Per punire i crimini particolarmente gravi aveva concepito una singolare ordalia.
L’accusato veniva condotto, in un certo giorno, nell’ arena di un circo, sulle cui gradinate si affollava il popolo riunito.

Davanti a lui vi erano due porte:

dietro una di esse, vi era una tigre affamata, la più feroce che si fosse riusciti a trovare per l’occasione; dietro l’altra, si trovava invece una bella fanciulla, seducente e verginale.
Solo il re sapeva chi fosse in attesa dietro le due porte.
Il reo era costretto ad aprire immediatamente una delle due porte.
In entrambi i casi, la sua sorte era segnata:
se compariva la fiera, moriva dilaniato in pochi secondi; se usciva la dama, doveva sposarla seduta stante e con grandi festeggiamenti, con il monarca in persona come testimone delle nozze, annullando qualunque matrimonio o impegno eventualmente contratto in precedenza.
A voi decidere quale fosse il destino più crudele.

Una volta si presentò il caso di un criminale accusato di un delitto molto grave:

povero plebeo, aveva avuto l’ardire di corteggiare in segreto l’unica figlia del re, la quale aveva corrisposto appassionatamente, seppure di nascosto, il suo amore.
Per il suo giudizio nella fatidica arena, quel barbaro re cercò accuratamente la tigre più vorace, ma scelse anche la più deliziosa delle fanciulle come alternativa.
Sconvolta, la principessa innamorata si vide lacerata da una doppia angoscia:
da un lato, vedere quel corpo amato e accarezzato a pezzi dagli artigli della bestia, dall’altro assistere al matrimonio del proprio innamorato con una bella ragazza, alle cui attrattive ella sapeva bene che il giovane colpevole non sarebbe stato del tutto indifferente.
Con astuzie di donna e arroganza di principessa, riuscì a sapere quale fosse la porta che, nell’ arena, corrispondeva ad ognuno degli indesiderati destini.
Il giovane sembrava confuso nel circo, incalzato dalle aspettative della moltitudine.
Anch’egli conosceva l’intimo dilemma dell’amata e dall’arena le lanciò uno sguardo supplichevole: “Solo tu puoi salvarmi!”
Con un gesto discreto, ma inequivocabile, la principessa indicò la porta di destra.
E questa scelse il condannato senza esitare.

Ora trascrivo come Stockton conclude il suo racconto:

“Il problema dell’azione della principessa non può essere considerato con leggerezza e non pretendo di essere l’unica persona in grado di risolverlo.
Pertanto lascio che sia ognuno di voi a rispondere:
chi uscì dalla porta aperta … la dama o la tigre?»”
E in realtà, questa è la domanda assillante per la giovane principessa, per il giovane condannato e per noi tutti, quasi tutti i giorni e a ogni passo, quando, guidati da oracoli giungiamo al momento incerto e fatale dell’azione.

Brano tratto dal libro “Il coraggio di scegliere: Riflessioni sulla libertà.” di Fernando Savater

La misericordia di Dio (Re Milinda)

La misericordia di Dio (Re Milinda)

Il potente re Milinda disse al vecchio e saggio sacerdote:
“Tu dici che l’uomo che ha compiuto tutto il male possibile per cent’anni e prima di morire chiede perdono a Dio, otterrà di rinascere in cielo.
Se invece uno compie un solo delitto e non si pente, finirà all’inferno.

È giusto questo?

Cento delitti sono più leggeri di uno?”
Il vecchio sacerdote rispose al re:
“Se prendo un sassolino grosso così, e lo depongo sulla superficie del lago, andrà a fondo o galleggerà?”

“Andrà a fondo!” rispose il re.

“E se prendo cento grosse pietre, le metto in una barca e spingo la barca in mezzo al lago, andranno a fondo o galleggeranno?” domandò il saggio sacerdote.
“Galleggeranno!” replicò il re.
“Allora cento pietre e una barca sono più leggere d’un sassolino?” chiese allora il sacerdote.
Il re non sapeva che cosa rispondere.

E il vecchio saggio spiegò:

“Così, o re, avviene agli uomini.
Un uomo anche se ha molto peccato ma si appoggia a Dio, non cadrà nell’inferno.
Invece l’uomo che fa il male anche una volta sola, e non ricorre alla misericordia di Dio, andrà perduto!”

Brano tratto dal libro “365 piccole storie per l’anima.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Il mendicante ed il prete

Il mendicante ed il prete

Un uomo mendicava da 25 anni davanti ad una chiesa.
Si era fatto amico anche del prete che celebrava lì.
Il sacerdote sapeva che cosa significa “sofferenza”:
era rimasto senza famiglia a 10 anni; i suoi genitori e familiari erano stati tutti trucidati durante la guerra.

Ma da qualche giorno il mendicante era sparito.

Il sacerdote lo andò a cercare; lo trovò morente in una catapecchia abbandonata.
Fu allora che il povero mendicante supplicò:
“Padre, ho un peso da confessare prima di morire:
tanti anni fa ero a servizio da un’ottima famiglia.
Marito, moglie, la figlia e, soprattutto il figlio ancor fanciullo, mi volevano molto bene.
Io ero povero; attratto dal desiderio di venire in possesso di tutti i beni di quella famiglia, dissi che erano partigiani:

furono uccisi.

Solo il figlio piccolo riuscì a fuggire.
Con l’ingiusta eredità divenni ricco, mi diedi a tutti i piaceri, sperperai tutto, ma non riuscii a dimenticare l’enorme delitto…
Ora sono pentito.
Ma è tardi per ricevere il perdono di Dio!”
Mentre il povero penitente si confessava, a poco a poco, ritornava alla mente del sacerdote confessore la storia della sua famiglia.

Alla fine fu colpito al cuore da una lucida conclusione:

quell’uomo era l’assassino dei suoi e il dilapidatore dei beni della sua famiglia!
Scoppiò allora una furiosa battaglia nel suo cuore tra il perdono e il desiderio di giustizia.
Dopo alcuni istanti d’una tremenda lotta, che gli rigò il viso di sudore e di lacrime, alzò la mano sacerdotale e disse:
“In nome di Dio e mio ti perdono tutto!”

Brano senza Autore.

La misericordia di Dio (La barca che galleggia)

La misericordia di Dio
(La barca che galleggia)

Un potente re chiese al vecchio sacerdote:
“Tu dici che l’uomo che ha compiuto tutto il male possibile per cent’anni e prima di morire chiede perdono a Dio, otterrà di rinascere in cielo.
Se invece uno compie un solo delitto e non si pente finirà all’inferno.

È giusto questo?

Cento delitti sono più leggeri di uno?”
Il vecchio sacerdote replicò al re:
“Se prendo un sassolino grosso così, e lo depongo sulla superficie del lago, andrà a fondo o galleggerà?”

“Andrà a fondo!” rispose il re.

“E se prendo cento grosse pietre, le metto in una barca e spingo la barca in mezzo al lago, andranno a fondo o galleggeranno?” chiese l’anziano sacerdote.
“Galleggeranno!” disse il re.
“Allora cento pietre e una barca sono più leggere d’un sassolino?” domandò il saggio.
Il re non sapeva che cosa rispondere.

Il vecchio saggio spiegò:

“Così, o re, avviene agli uomini.
Un uomo anche se ha molto peccato ma si appoggia a Dio, non cadrà nell’inferno.
Invece l’uomo che fa il male anche una volta sola, e non ricorre alla misericordia di Dio, andrà perduto.”

Brano senza Autore.