La leggenda della brocca

La leggenda della brocca

Molto, molto tempo fa, ci fu una grande siccità sulla terra.
Tutti i laghi, le sorgenti, i torrenti e i pozzi si erano prosciugati.
Gli alberi, i cespugli e l’erba erano seccati.
Persone e animali morivano di sete.
In un piccolo villaggio, una bambina guardava angosciata la mamma a letto divorata dalla febbre, con le labbra aride e screpolate dall’arsura.

Anche se era già buio,

si coprì con lo scialle della mamma e uscì con una brocca di terracotta in mano per tentare di trovare un po’ d’acqua.
Camminò in lungo e in largo, ma non riuscì a trovare neanche una goccia d’acqua da nessuna parte, finché sfinita si sdraiò sull’erba di un prato e si addormentò.
Quando si svegliò e riprese la brocca, si accorse che dentro aveva un po’ d’acqua.
Era un’acqua molto fresca e limpida.
La bambina era felice ed era tentata di bere, ma le è venne in mente che poi non sarebbe stata sufficiente per sua madre, e corse a casa con la brocca stretta al petto.
Aveva così tanta fretta che non si accorse nemmeno di un cagnolino davanti a casa sua, inciampò e lasciò cadere la brocca.
La bambina si rialzò con le lacrime agli occhi.
La bambina pensava di aver rovesciato l’acqua.
Invece la brocca era caduta in piedi e non aveva perso neanche una goccia della preziosa acqua.

Il cane uggiolava tristemente.

La bambina verso un po’ d’acqua nella sua mano a coppa e la mise sotto il muso del cane che la leccò avidamente, riprendendo a scodinzolare.
La bambina riprese la brocca e con gran meraviglia vide che non era più di terracotta, ma di argento.
Corse a casa e la diede alla mamma.
“Mamma, mamma!
Ho trovato dell’acqua!”
La madre però le disse:
“Devo morire comunque, è meglio che beva tu!” e restituì la brocca alla figlia.
In quel momento, la brocca d’argento si trasformò in una brocca d’oro.
La bambina aveva una sete terribile e stava per accostare la brocca alle labbra quando bussarono alla porta.

La bambina andò ad aprire.

Sulla soglia c’era un povero vagabondo che mormorò:
“Un po’ d’acqua, vi prego, per amor di Dio!”
La bambina ingoiò la saliva e porse la brocca al vagabondo.
Improvvisamente, sette diamanti splendenti apparvero sulla brocca, e da ognuno di essi scaturì un grande flusso di acqua limpida e fresca.

Brano senza Autore

Software House: Bimbo 1.0, Moglie 1.0 e Fidanzata X.0

Software House:
Bimbo 1.0, Moglie 1.0 e Fidanzata X.0

C’è qualcuno esperto di software che è in grado di aiutarmi?
Il mio problema è il seguente:

Un anno fa ho cambiato l’applicazione Fidanzata 7.0 per l’applicazione Moglie 1.0 che ha generato subito l’applicazione Bimbo 1.0 che occupa tantissimo spazio sul disco.
Le istruzioni non dicono niente di questo fatto.
Ma ciò che più mi preoccupa è che l’applicazione Moglie 1.0 si auto-installa su tutte le altre mie applicazioni e, in più, si lancia automaticamente quando apro un’altra applicazione, fermandola.

Quindi applicazioni come Birra_con_gli_amici 10.3 e Calcio_domenica 5.0 non funzionano più.

Qualche volta compare un virus che si fa chiamare Suocera 1.0 che blocca il sistema oppure fa sì che l’applicazione Moglie 1.0 si comporti in modo molto preoccupante.
Ancora più grave è che non riesco più a lanciare l’applicazione Domenica_Notte_di_Sesso 3.0 e che, alcuni files come Sesso_Sabato_Mattina.exe, siano stati contagiati da diversi virus, visto che non funzionano più.
Vorrei disinstallare Moglie 1.0 e reinstallare Fidanzata 7.0 o magari un’altra versione più avanzata, ma mi sembra troppo complicato e non vorrei rischiare tanto, anche perché Bimbo 1.0 mi piace molto.
Sono disperato!
Aiutatemi!

Risposta software house:

Gentile Cliente,
il suo problema è frequente tra gli utenti.
Ma il manuale d’istruzioni avvisa (all’ultima pagina) che passare da Fidanzata X.0 a Moglie 1.0 comporta dei rischi:
Moglie 1.0 non è più un’applicazione di divertimento, come Fidanzata X.0, ma è un Sistema operativo completo fatto per controllare tutte le altre applicazioni.
Non è più possibile tornare a Fidanzata X.0, perché è stata cancellata definitivamente.
Lo stesso vale per il virus Suocera 1.0 che comporta problemi di compatibilità con tutti i sistemi (è stato verificato!).
Quindi disinstallarla significa disinstallare Moglie 1.0 (che tra l’altro è nata da Suocera 1.0).
È sempre meglio aspettare che Suocera 1.0 si disinstalli da sola tra qualche anno.
Diversi utenti hanno provato ad installare Amante 1.0 ma i rischi sono enormi:
se, per caso, in quel preciso istante si auto-lancia Moglie 1.0 il sistema andrà in tilt creando i virus:

Reddito_alimentare_Bimbo e Rovina_Sicura.

Se dovesse arrivare a questo punto e installare Amante 2.0, non provi più a passare a Moglie 2.0, siccome i problemi saranno maggiori.
Raccomandiamo Celibato 2.0 e tutte le versioni di Fidanzata X.0.
Se non l’avete fatto dovrete essere preparati a lanciare in ogni momento Scuse.exe combinato con Fiori.exe.
Le consigliamo di acquistare il pacchetto Gioielli con tutte le sue versioni più costose, il pacchetto Vestiti_Nuovi, ma soltanto le ultime versioni, e Vacanze_Lussuose perché aiutano a far funzionare meglio Moglie 1.0.
Ad ogni intervento di Moglie 1.0 lanciare Si_Amore.exe e Hai_Ragione_Amore.exe.
Fare attenzione ad un eventuale lancio di Segretaria_Bionda_in_Minigonna e Non_Rispondere_al_Telefono perché sono incompatibili con Moglie 1.0 e possono causare danni irreparabili.
L’applicazione Sesso_Sabato_Mattina.exe X.0 si lancia soltanto insieme a Diamanti X.0, ogni volta con un’altra versione.
Grazie per aver scelto il nostro prodotto e Le auguriamo buon divertimento.

Brano senza Autore

I cavalieri coraggiosi e Dio

I cavalieri coraggiosi e Dio

C’erano una volta due coraggiosi cavalieri.
Avevano affrontato battaglie, avventure rischiose e messo a repentaglio la vita al soldo di molti signori.
Una sera, uno dei due, guardando il sole che tramontava, disse:
“Mi resta un’ultima impresa!”

“Che cosa?” chiese l’altro.

“Voglio salire sulla montagna dove abita Dio!” esclamò il primo.
“Perché?” domandò il secondo.
“Voglio sapere perché ci carica di pesi e fardelli gravosi per tutta la vita e continua a pretendere sempre di più invece di alleggerire il nostro carico, ogni tanto almeno!” disse, amareggiato, il primo cavaliere.
“Verrò con te.
Ma io penso che Dio sappia quello che fa!” concluse l’altro.

Il viaggio fu lungo e faticoso.

Giunsero al monte di Dio.
Salivano in silenzio accanto ai cavalli poiché il sentiero era ripido e tormentato.
Già si intravedeva la sommità della montagna nella nebbia, quando una voce tuonò dall’alto:
“Prendete con voi tutte le pietre che trovate sul sentiero!”
“Lo vedi?” protestò il primo cavaliere, “È sempre la stessa storia!
Dopo tutta questa fatica, Dio ci vuole oberare ancora.
Io non ci sto più al suo gioco!”

E tornò indietro.

L’altro cavaliere invece fece quello che la voce aveva ordinato.
Impiegò molto tempo e, inoltre, la salita fu penosa.
Ma quando il primo raggio di sole del giorno le sfiorò le pietre ammassate sul cavallo e sulle braccia del cavaliere, queste brillarono di una luce limpidissima.
Si erano trasformate in splendidi diamanti di inestimabile valore.

Brano senza Autore

Gli innamorati e l’opale

Gli innamorati e l’opale

C’era una volta una coppia di giovani fidanzati che si fermò ad ammirare le pietre preziose esposte nella vetrina di una gioielleria.
Entrati nel negozio venero incantati da diamanti, zaffiri e smeraldi che il gioielliere mostrò loro.
La coppia stava cercando una pietra che rappresentasse simbolicamente il loro amore.
Il loro sguardo cadde su una pietra modesta, scura e senza splendore.
Il gioielliere lesse la domanda nei loro occhi e spiegò:

“Questo è un opale:

è fatto di silice, polvere e sabbia del deserto, e deve la sua bellezza ad un difetto invece che alla sua perfezione.
L’opale è una pietra con il cuore spezzato, poiché è pieno di minuscole fessure che permettono all’aria di penetrare all’interno.

L’aria, poi, rifrange la luce,

e il risultato è che l’opale possiede delle sfumature così incantevoli da essere chiamato “lampada di fuoco,” perché ha dentro il soffio di Dio.”
Poi il gioielliere prese la pietra e la strinse forte avvolgendola con tutta la sua mano, continuando a parlare ai due giovani innamorati:
“Un opale perde la sua lucentezza se viene messo in un posto freddo e buio, ma torna ad essere luminoso quando è scaldato dal tepore di una mano oppure è illuminato dalla luce.”

L’uomo aprì la mano.

La pietra era un palpito di luce tenera, morbida, carezzevole.
Alla fine i due giovani innamorati acquistano proprio l’opale come simbolo del loro amore.

Brano senza Autore.

La leggenda del tramonto

La leggenda del tramonto

Il giorno dopo, il Signore tornò a guardare la sua Creazione.
C’era qualche ritocco da fare.
C’erano dei bei sassi sui greti dei fiumi, grigi, verdi e picchiettati.

Ma sotto terra i sassi erano schiacciati e mortificati.

Dio sfiorò quei sassi profondi ed ecco si formarono diamanti e smeraldi e milioni di gemme scintillanti laggiù nelle profondità.
Il Signore vide i fiori, uno più bello dell’altro.
Mancava qualcosa, pensò, e posò su di essi un soffio leggero:

ed ecco, i fiori si vestirono di profumo.

Un uccellino grigio e triste gli volò sulla mano.
Dio gli fischiettò qualcosa.
E l’usignolo incominciò a gorgheggiare.
E disse qualcosa al cielo ed il cielo arrossì di piacere.

Nacque così il tramonto.

Ma che cosa mai avrà bisbigliato il Signore all’orecchio dell’uomo perché egli sia un uomo?
Gli bisbigliò, in quel giorno lontano, in quell’alba remota, tre piccole parole:
“Ti voglio bene!”

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

L’uomo ed il pettirosso

L’uomo ed il pettirosso

Un uomo trovò un pettirosso fra gli spini e lo catturò, dicendo:
“Che bellezza, me lo porto a casa e me lo faccio allo spiedo!”
Al che il pettirosso gli parlò:
“Che ben magro pasto faresti col mio corpicino minuto!
Se invece mi lasci libero, in cambio ti dirò tre massime di grande valore!”
“Sì, d’accordo,” rispose l’uomo, “ma prima dimmi le massime e poi ti lascerò andare!”

“E come posso fidarmi?

Facciamo così: io ti dico la prima massima mentre mi hai ancora in mano.
Se ti va, mi lasci andare e io volo su quel ramoscello vicino, da dove ti dico la seconda massima, e dove mi puoi anche raggiungere con un salto.
Poi volerò sulla cima dell’albero, e da lì ti dirò la terza massima!”
Così fu convenuto e l’uccellino cominciò:
“Non ti lamentare mai di ciò che hai perso, tanto non serve a nulla.”
“Bene,” disse l’uomo, “mi piace!” e liberò il pettirosso che dal ramoscello vicino disse la seconda massima:
“Non dare mai per scontato ciò che non hai potuto verificare di persona!”
Dopo di che il pettirosso spiccò il volo, e mentre raggiungeva la cima dell’albero gridò tra i gorgheggi:

“Uomo sciocco e stupido!

Nel mio corpo è nascosto un bracciale tutto d’oro, tempestato di diamanti e rubini.
Se mi avessi aperto, a quest’ora saresti un uomo ricco!”
Al che l’uomo, disperato, si buttò a terra stracciandosi le vesti e gridando:
“Povero me, in cambio di tre massime ho perduto un tesoro favoloso!
Me disgraziato, perché ho dato retta al pettirosso!
Perché questo insulso scambio per tre sole massime…
Ma, un momento!
Ehi, pettirosso: me ne hai dette solo due; dimmi almeno anche la terza!”

E il pettirosso rispose:

“Uomo sciocco, tre volte sciocco: ti ho pur detto come prima massima di non lamentarti per ciò che hai perso, tanto è inutile.
Ed ecco che sei per terra a lamentarti.
Poi ti ho detto di non dare mai per scontato ciò che non hai potuto verificare di persona, ed ecco che tu credi a quel che ti ho detto senza averne la benché minima prova.
Ti sembra forse che il mio piccolo corpo possa racchiudere un grosso bracciale?
Se non sai fare uso delle prime due massime, come puoi pretendere di averne una terza?”
E volò via.

Brano tratto dal libro “Saggezza islamica.” di Gabriel Marcel. Edizione Paoline.

La rosa nel diamante

La rosa nel diamante

Il più prezioso diamante del mondo era in origine deturpato da una screpolatura.
Avevano deciso di farne una tranciata di diamanti industriali, ma un abile intagliatore,

con infinita pazienza e molto tempo,

trasformò quella screpolatura in una splendida rosa.
Quella che oggi tutti ammirano, intagliata nel diamante.

La vita è piena di sorprese.
Ci sono giorni buoni e giorni cattivi.

Ci sono problemi e guai che ci fanno soffrire.

Ma ci tengono svegli.
E spesso ci costringono a tirar fuori la parte migliore di noi stessi.

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

L’anello più prezioso

L’anello più prezioso

Un vecchio orafo, proprietario di un piccolo laboratorio, un giorno ricevette un ordine particolare da un cliente molto importante.
Si trattava di un giovane molto ricco, che rimasto colpito dalle bellissime creazioni viste in vetrina, entrò nell’oreficeria e disse all’artigiano:
“Mi serve un anello speciale da regalare alla mia amata in un giorno speciale, non baderò a spese. Passerò tra una settimana!”
Il giovane non disse altro, salutò garbatemene e se ne andò.
L’orafo conosceva il giovane di fama, sapeva che era davvero una persona di parola e… con tanti soldi, quindi si mise all’opera, realizzò alcuni anelli, uno più bello e costoso dell’altro.

Lavorò tre lunghi giorni, forgiò cinque splendidi anelli:

il primo, completamente d’oro bianco ricoperto di diamanti purissimi;
il secondo era in oro giallo con rubini splendenti;
il terzo era in filigrana d’oro, senza pietre, ma molto lavorato, quindi molto prezioso;
il quarto in oro giallo e bianco, con zaffiri e smeraldi;
l’ultimo era molto semplice, ma con un grosso e costoso diamante.
Li lucidò per bene e li mise dentro un prezioso cofanetto e poi in cassaforte.

Gli anelli rimasero custoditi per quattro giorni aspettando l’arrivo del ricco signore.

In questo tempo gli anelli ebbero il modo di fare quattro chiacchiere.
“Ragazzi, secondo voi, chi di noi sarà scelto dal ricco cliente per questa importante occasione?” chiese uno di loro.
“Secondo me,” disse il primo con grande presunzione, “non ci sono dubbi!
Sarò senz’altro io!
Ho più diamanti di tutti, e si sa che i diamanti hanno un valore inestimabile!”
“Certo è vero!” disse il quinto con molta sicurezza “Ecco perché sceglierà me!
Io ho un solo diamante, ma è enorme!
E si sa che non è la quantità che conta, ma la qualità!”
“Forse è vero!” aggiunse il secondo snobbando gli altri “Ma i diamanti hanno un po’ stancato, sono passati di moda.

Sicuramente sceglierà me:

giallo come il sole e rosso come l’amore!
L’ideale per la propria amata!”
“Tu dici?” intervenne subito il terzo “Ma cosa c’è meglio dell’oro nella sua purezza?
Io non ho pietre preziose che mi abbelliscono, perché l’oro nella sua semplicità è la cosa essenziale, sono di filigrana è questo che mi rende speciale!”
“Solo oro bianco, solo oro giallo, solo diamanti… Ma che dite!” zittì tutti il quarto con tono scocciato “Ci va tutto!
Io sono di due qualità d’oro, e con due tipi di pietre, proprio come due persone che si amano, sono due entità diverse, ma unite con eleganza… insomma, io sono l’anello giusto per loro!”
Passarono quattro giorni di discussioni animate tra anelli che volevano far sentire le proprie ragioni gli uni agli altri.
Tutti pensavano di essere il migliore, di essere l’anello giusto!

Arrivò il giorno e l’importante cliente venne a ritirare l’anello ordinato.

L’orafo aprì con mano tremolante la cassaforte, prese il prezioso cofanetto e lo dischiuse lentamente con molta emozione davanti agli occhi del ricco cliente che guardò un attimo gli anelli, aggrottò le sopracciglia, fece uno sguardo dubbioso e chiese: “Tutto qui?”
Il vecchio artigiano rimase sbalordito, ma non perse la calma, voleva assolutamente che il cliente non se ne andasse a mani vuote.
Subito gli propose qualcosa dalla vetrina e, mentre l’orafo mostrava altri articoli al giovane, gli anelli nel cofanetto si guardavano attorno imbarazzati.
Che figuraccia, credevano di essere perfetti per le loro pregiate caratteristiche, uno azzardò:
“Povero orafo, è troppo vecchio, non è più bravo come una volta!”
“Già!” aggiunse un altro “Ormai non ci vede neanche tanto bene, probabilmente abbiamo qualche imperfezione!”

Così gli anelli incominciarono ad incolpare il loro costruttore per l’insuccesso.

Intanto il vecchio artigiano mostrava ogni tipo di anello al giovane ricco, ma sempre con esito negativo, fino a che…
Ad un tratto il ragazzo rimase colpito da un anello, lo guardò da lontano, poi gli si avvicinò ed esclamò: “Questo è quello che cercavo!”
“Ma è una fede nuziale!” disse quasi con disprezzo l’orafo.
“Ma io devo sposare la mia amata!
Quando ho detto che era per un giorno speciale, mi riferivo al mio matrimonio, è proprio questo che stavo cercando!
Semplice e umile, senza nessuna pietra, senza nessuna lavorazione.
La mia sposa la cosa più importante nel giorno del matrimonio, l’anelo è solo un simbolo!”
L’orafo non poté fare altro che accondiscendere a quanto aveva appena sentito e un po’ abbattuto incartò l’anello, il meno costoso che possedeva tra tutti i suoi lavori.
Il giovane andò via molto soddisfatto ringraziando il vecchio artigiano:
“Sapevo che entrando qui avrei trovato ciò che mi serviva!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

L’Usignolo e la Rosa. (L’Usignolo e l’Amore)


L’Usignolo e la Rosa.
(L’Usignolo e l’Amore)

Un giovane studente si lamentava poiché nel proprio giardino non c’era una sola rosa rossa.
Ah, da quali sciocchezze dipende la felicità!
Ho letto gli scritti di tutti i sapienti, conosco tutti i segreti della filosofia, ma nonostante ciò la mancanza di una rosa rossa sconvolge la mia vita!
“La donna che amo ha detto che ballerà con me solo se le porterò delle rose rosse, ma in tutto il giardino non c’è una sola rosa rossa!”
Anche l’usignolo lo ascoltava commosso.
“Il principe dà un ballo domani sera!” singhiozzava ad alta voce l’uomo “Io e lei siamo stati invitati.
Se le porterò una rosa rossa ballerà con me fino all’alba.
Ma non v’è rosa rossa nel mio giardino, e così me ne starò tutto solo e lei mi passerà davanti senza degnarmi di uno sguardo.
Non si curerà di me e il mio cuore si spezzerà.”
“Ecco uno che sa veramente amare!” disse l’usignolo “Quello che io canto, egli lo soffre:
quello che per me è gioia, per lui è dolore.

L’amore è una cosa meravigliosa:

è più prezioso di smeraldi e diamanti.
Non si può comprare con perle e pietre preziose.
Non è venduto al mercato; non ci sono mercanti o bilance per l’amore.”
“Ballerà con tutti, ma non con me.
Perché non ho da offrire una rosa rossa!” si disperò l’uomo buttandosi nell’erba e coprendo il proprio viso con le mani.
“Perché piange?” chiese una lucertolina marrone, passandogli accanto di corsa, con la coda in aria.
“Già, perché piange?” chiese una farfalla che svolazzava dietro a un raggio di sole.
“Sì, perché?” sussurrò una primula alla sua vicina con una voce dolce, sommessa.
“Piange per una rosa rossa!” rispose l’usignolo.
“Per una rosa rossa?” esclamarono “Che cosa ridicola!”
La lucertolina, che era un po’ cinica, sghignazzò senza ritegno.
Ma l’usignolo capiva il segreto del dolore dell’uomo e se ne stette silenzioso, sulla quercia, a riflettere sul mistero del dolore.

D’un tratto spalancò le ali brune e si librò in aria.

Attraversò il boschetto come un’ombra, e come un’ombra veleggiò attraverso il giardino.
Al centro del prato c’era un bel rosaio, e quando lo vide l’usignolo si posò su uno dei suoi rami.
“Dammi una rosa rossa,” implorò “e ti canterò la più dolce delle mie canzoni!”
Il rosaio scosse i rami.
“Le mie rose sono bianche!” rispose “Bianche come la spuma del mare, e più bianche della neve sui monti.
Ma va’ da mio fratello, che cresce intorno alla vecchia meridiana, e forse lui ti darà quello che cerchi.”
Così l’usignolo volò fino al rosaio che cresceva intorno alla vecchia meridiana.
“Dammi una rosa rossa,” implorò “e ti canterò la più dolce delle mie canzoni!”
Ma il rosaio scosse i rami.
“Le mie rose sono gialle!” rispose “Gialle come l’asfodelo che fiorisce nei campi, gialle come grano.
Ma va’ da mio fratello che fiorisce sotto la finestra dell’uomo, e forse lui ti darà quello che cerchi.”
Così l’usignolo volò al rosaio che cresceva sotto la finestra dell’uomo.
“Dammi una rosa rossa,” esclamò “e ti canterò la più dolce delle mie canzoni.”

Ma il rosaio scosse i rami.

“Le mie rose sono rosse,” rispose “più rosse del corallo.
Ma l’inverno mi ha gelato le vene, la neve mi ha distrutto i germogli e la tempesta mi ha spezzato i rami: non avrò nemmeno una rosa”.
“Una rosa rossa è tutto quello che voglio!” gridò l’usignolo “Solo una rosa rossa!
Non esiste un modo per procurarmela?”
“Una maniera c’è,” rispose il rosaio “ma è così terribile che non ho il coraggio di dirtela!”
“Dimmela,” disse l’usignolo “io non ho paura”.
“Se vuoi una rosa rossa,” disse il rosaio “devi tingerla con il tuo sangue.
Devi cantare per me col petto contro una delle mie spine.
Tutta la notte devi cantare per me, e la spina deve trafiggerti il cuore,
e il tuo sangue deve scorrere nelle mie vene e diventare mio.”
“La morte è un prezzo alto da pagare per una rosa rossa!” disse l’usignolo “La vita è bella e cara tutti.
Eppure l’amore è più grande della vita.
E che cos’è mai il cuore di un uccello in confronto al cuore di un uomo?”
Si librò in volo e ritornò dall’uomo, che continuava a disperarsi.
“Sii felice!” gli gridò l’usignolo “Sii felice!

Avrai la tua rosa rossa.

La tingerò io con il sangue del mio cuore.
In cambio ti chiedo solo di essere sincero nel tuo amore.”
L’uomo alzò il capo, ma naturalmente non capiva nulla di quello che l’usignolo diceva.
Ma la quercia capì e si rattristò, perché amava molto l’usignolo che aveva costruito il proprio nido in mezzo ai suoi rami.
“Cantami un’ultima canzone,” sussurrò “sarò tanto sola quando tu non ci sarai più!”
L’usignolo cantò per la quercia e la sua voce sembrava acqua zampillante da una fonte d’argento.
L’uomo se ne andò, sbuffando:
“L’usignolo ha una bella voce, ma certamente nessun sentimento.
Pensa solo al canto, alle belle note.
Non gliene importa niente degli altri.

Sono tutti così gli artisti!”

Andò nella sua stanza, si distese sul letto e, pensando alla sua amata, si addormentò.
Quando in cielo si accese la luna, l’usignolo volò al roseto e mise il petto contro una spina.
Tutta la notte cantò, col petto contro la spina.
Anche la fredda luna di cristallo si chinò e ascoltò.
Tutta la notte cantò, e la spina gli penetrò sempre più profondamente nel petto, mentre il sangue della vita scorreva via.
Sbocciò una rosa meravigliosa, rossa come il sole d’oriente, rossa più di un rubino.
Ma la voce dell’usignolo si affievolì.
Le sue piccole ali cominciarono a tremare e un velo di dolore gli annebbiò gli occhi.
La sua voce meravigliosa si spense in un’ultima esplosione di trilli, mentre la rosa meravigliosa spalancava i petali alla fredda aria del mattino.
“Guarda, guarda!” gridò il rosaio.
“La rosa è finita ora!”
Ma l’usignolo non rispose, perché giaceva morto nell’erba alta.
A mezzogiorno, l’uomo aprì la finestra e guardò fuori.
“Ehi, ma che fortuna incredibile!” esclamò.
“Qui c’è una rosa rossa!
Non ho mai visto una rosa così in tutta la vita.
Così bella che di sicuro deve avere un lungo nome latino!”

Si spenzolò dalla finestra e la colse.

Poi corse alla casa della donna dei suoi sogni con la rosa in mano.
“Hai detto che avresti ballato con me se ti avessi portato una rosa rossa!” esclamò l’uomo.
“Ecco la rosa più rossa del mondo.
La porterai stasera sul cuore, e quando balleremo insieme ti dirò quanto ti voglio bene!”
Ma la donna si accigliò.
“Non mi serve più.
Non si intona con il mio vestito.
E poi il nipote del banchiere mi ha mandato dei gioielli veri, e tutti sanno che i gioielli costano molto più dei fiori!”
“Sei solo un’ingrata!” disse rabbioso l’uomo.
E gettò la rosa nella strada.
La rosa rossa finì in una pozzanghera e la ruota di un carro la schiacciò.
“L’amore non esiste!” concluse l’uomo.
E tornò a casa.
Si chiuse dentro la sua stanza, prese lo dallo scaffale un vecchio libro polveroso, e si mise a leggere.

Brano tratto dal libro “Il principe felice e altri racconti.” di Oscar Wilde