Dire grazie (Madre e figlio)

Dire grazie (Madre e figlio)

Confessione di un figlio, al di sopra di ogni sospetto…
“Ieri sono stato a mangiare in un ristorante!
Un pranzo passabile, ma che prezzi!
Ci serviva una cameriera, né bella, né gentile…
In tutto il pranzo le avrò detto cento volte:

“Grazie!”

Lei neanche ci faceva caso e aveva ragione:
è pagata per fare quel lavoro!
Oggi, mia madre, come sempre, si è alzata per prendermi un bicchiere d’acqua…
Non so come, mi è sfuggito un:
“Grazie!”
Non l’avevo mai fatto!
Mia madre si è messa seduta e mi è sembrato che, quasi, piangesse…

Conclusione:

per far piangere mia madre basta poco;
basta dire un “Grazie!” ogni tredici anni!”

Confessione di una madre, piena di sospetti…
“Oggi, mio figlio mi ha detto: “Grazie!”
Ho pianto…
Che scema!

Spero non se ne sia accorto:

altrimenti non me lo dice più per non farmi piangere…
Se, invece, si fosse accorto che io, “la madre”, sono Lucia, che ho quarant’anni, che spesso sono stanca, che a volte mi sento sola, che spesso desidero parlare, uscire, che a volte sto male…”
Conclusione:
“Se volete imparare la crescita, il progresso personale e la dignità, per incominciare non c’è un posto migliore della vostra famiglia!”

Brano senza Autore

Il seme più piccolo (Il seme di senape)

Il seme più piccolo
(Il seme di senape)

Non si sa come fosse capitato proprio là, ma nella manciata di grossi e lucidi grani di frumento c’era un granellino nero nero, così piccolo che era quasi invisibile.
Il contadino buttò la manciata di semi nella terra aperta dall’aratro.
Con grande dignità e profonda consapevolezza della loro missione, i semi di grano presero posto nelle loro culle di buona e profumata terra.
Ma quando arrivò il semino nero, scoppiò tra le zolle una gran risata.
“Pussa via, sgorbietto inutile!” brontolò stizzito un grosso seme di frumento che si era ricevuto il semino nero proprio sulla pancia.

“Chiedo scusa, signore.” mormorò il granellino, “Sono spiacente!”

“È il seme più ridicolo che mi sia capitato di vedere!” sbraitò il bulbo di una cipolla selvatica.
Le erbe del fossato, vecchie e pettegole, cominciarono a dire malignità di ogni sorta sui semi moderni che ciondolano qua e là e non riescono a combinare niente.
Anche i semi di papavero ridevano e l’avena, già alta, propagò al vento il suo parere:
“Divento gialla se ne uscirà una fogliolina sola!”
Il piccolo seme si sentì avvilito da quelle voci di disprezzo, che il vento, gran chiacchierone, sparpagliava dappertutto.
Si fece ancora più piccolo, in un cantuccio di terreno, ma non si scoraggiò.
Non aveva nessuna intenzione di mancare alla sua missione.
Qualcosa era pur capace di fare!
Sognò di crescere alto fino a sovrastare anche le canne dello stagno…
“Chissà se l’avena diventerà gialla per davvero.” pensò.

Voleva riuscirci a tutti i costi!

Lasciò che i grossi semi di frumento si crogiolassero pigramente deridendolo e facendosi beffe della sua piccolezza.
Egli affondò subito le radici nel terreno umido e pieno di squisito nutrimento.
Fu un inverno faticosissimo per lui.
Gli altri semi si godevano il tepore profumato della terra, facevano le cose con calma.
Giocavano a carte o agli indovinelli per passare il tempo.
Il piccolo seme invece ce la metteva tutta.
Sbuffava, sudava, ma impegnava nella sfida tutte le sue forze.

C’era freddo fuori!

Non importava.
Il piccolo stelo si aprì la strada verso il cielo senza paura.
Venne l’estate.
I viandanti che percorrevano la stradina accanto al campo di grano si fermavano e additavano meravigliati una pianta alta e rigogliosa che dominava la distesa del grano.
Un mattino dorato passò anche il Signore.
Chiacchierava con i suoi apostoli, parlando loro dei gigli del campo e degli uccelli dell’aria.
Giunto davanti alla pianta sì fermò e la guardò con intensità.
I passerotti smisero di far chiasso e anche il vento, che si divertiva a far frusciare gli steli del grano e ad arruffare l’erba del fosso, tacque sospeso.
Gesù sapeva l’enorme fatica del piccolo seme nell’inverno e volle coronare la fiducia che aveva avuto in se stesso.

Disse:

“Guardate il granello di senape.
È il più piccolo di tutti i semi, ma quando è cresciuto, è più grande di tutte le piante dell’orto; diventa un albero, tanto grande che gli uccelli vengono a fare il nido in mezzo ai suoi rami.”
Il frumento, che si aspettava qualche elogio sulla sua importanza, quasi seccò per l’invidia.
Il piccolo seme nero, là sotto, esplodeva di gioia.

Brano tratto dal libro “Tutte storie. Per la catechesi, le omelie e la scuola di religione.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Il pittore e l’ubriaco

Il pittore e l’ubriaco

Sperando di lavorare per qualche giorno, un pittore ambulante di ritratti sostò in una piccola città.
Uno dei suoi primi clienti fu un ubriaco il quale,

nonostante la sua faccia sporca, la barba lunga e gli abiti inzaccherati,

si sedette con tutta la dignità di cui era capace per farsi fare il ritratto.
L’artista impiegò più del solito per realizzare il suo lavoro, quando ebbe finito, alzò il ritratto dal cavalletto e lo mostrò all’uomo.

“Questo non sono io!”

balbettò l’ubriaco sorpreso mentre guardava l’uomo sorridente e ben vestito del ritratto.
L’artista, che aveva guardato oltre l’esteriore e aveva visto la bellezza interiore dell’uomo, disse pensoso:
“Ma questo è l’uomo che potresti essere!”

Brano di Paul Wharton

Io seguo il mio Re

Io seguo il mio Re

Un potente sovrano viaggiava nel deserto seguito da una lunga carovana che trasportava il suo favoloso tesoro di oro e pietre preziose.
A metà del cammino, sfinito dall’infuocato sole, un cammello della carovana crollò boccheggiante e non si rialzò più.

Il forziere che trasportava rotolò per i fianchi della duna,

si sfasciò e sparse tutto il suo contenuto, perle e pietre preziose, nella sabbia.
Il principe non voleva rallentare la marcia, anche perché non aveva altri forzieri e i cammelli erano già sovraccarichi.
Con un gesto tra il dispiaciuto e il generoso invitò i suoi paggi e i suoi scudieri a tenersi le pietre preziose che riuscivano a raccogliere e portare con sé.

Mentre i giovani si buttavano avidamente sul ricco bottino e frugavano affannosamente nella sabbia,

il principe continuò il suo viaggio nel deserto.
Si accorse però che qualcuno continuava a camminare dietro di lui.
Si voltò e vide che era uno dei suoi paggi, che lo seguiva ansimante e sudato.

“E tu,” gli chiese il principe, “non ti sei fermato a raccogliere niente?”

Il giovane diede una risposta piena di dignità e di fierezza:
“Io seguo il mio re!”

Brano tratto dal libro “Seguo il mio re!: Una regola di vita per i giovani.” di Don Luigi Ginami. Edizioni Paoline.

La corda della dignità

La corda della dignità

C’era un bambino che tutti i giorni chiedeva un pezzo di pane al nonno,

poi lo metteva in tasca e si inoltrava nella foresta per poi riapparire dopo una decina di minuti.

Dopo un paio di settimane il nonno incuriosito seguì il nipotino e lo vide fermarsi in un pozzo abbandonato, tirato fuori il pezzo di pane lo getta nel pozzo, rassicurando:

“Torno domani, non piangere!”

Il nonno si avvicina e vede in fondo al pozzo un bambino di un’altra tribù che piangendo continuava a dire nel suo dialetto:
“Aiuto, ti prego, salvami!”

Allora il nonno si rivolge al nipotino dicendo:

“Che bravo nipotino che ho, che si prende cura di un bambino affamato, ma se conoscessi il suo dialetto, sapresti che lui ogni giorno ti diceva:
Grazie fratellino per il pane, ma la prossima volta, ti prego, porta una corda per tirarmi su!”

Brano tratto dal sito Web Il Buongiorno, di Don Luca Murdaca