La carovana di mercanti

La carovana di mercanti

Una carovana di mercanti abituati da molto tempo a percorrere insieme le lunghe piste d’oriente si preparava ad attraversare un grande e pericoloso deserto.
Il percorso richiedeva una buona conoscenza dei luoghi e delle piste e delle oasi, ma anche delle abitudini degli indigeni.

Così si assicurarono i servizi di una guida locale famosa per la sua esperienza.

Dopo dieci giorni di rapido cammino, la colonna si arrestò contro una barriera di uomini armati, fermi attorno alla statua di una delle loro orribili divinità dall’aspetto crudele, che incombeva sulla pista.
“Non potete proseguire” gridò il capo degli uomini armati, “se non sacrificate un uomo al nostro dio!
È la regola di ogni nuova luna.
Se non lo farete morrete tutti qui immediatamente!”

I mercanti si radunarono e cominciarono a parlottare tra loro.

La scelta era drammatica e l’accordo molto difficile.
“Noi ci conosciamo tutti da molto tempo.
Siamo parenti tra di noi.
Non possiamo sacrificare uno di noi per placare questo dio!”

I loro sguardi si concentrarono tutti sulla guida…

Dopo avere immolato il pover’uomo, secondo il rito, ai piedi della statua, la carovana riprese il cammino.
Ma nessuno conosceva la via e ben presto si persero nel deserto.
Morirono uno dopo l’altro di sete e di sfinimento.

Brano senza Autore

La leggenda dei “gattini” dei salici

La leggenda dei “gattini” dei salici

Un’antica leggenda, tramandata di generazione in generazione, la cui origine si perde nella notte dei tempi, vede diversi popoli attribuirsene la paternità, vantandosi del proprio luogo natio come teatro dello svolgimento.
Mamma gatta era disperata perché i suoi gattini erano stati gettati da un padrone malvagio nel fiume per sbarazzarsene.

Il padrone aveva dimenticato, però, che i gatti hanno sette vite.

La gattina non aveva dimenticato la sua discendenza dalle antiche divinità Egizie dei gatti sacri, chiamati Mau, e supplicò i salici affacciati sulle sponde del fiume affinché li salvassero.
Li avrebbe ricompensati, grazie ai suoi poteri, con un grande e perpetuo riconoscimento.
I salici allora tesero i rami sul fiume fino a lambire la corrente e cosi i gattini poterono aggrapparsi e salvarsi.

Da quel giorno, i salici non fiorirono più,

ma ancora oggi, durante la primavera, si ricoprono di morbide infiorescenze bianche come il manto dei gattini salvati.
Anche i rami rimasero, da allora, protesi verso acqua.
Tale infiorescenza ancor oggi viene chiamata “gattini.”

In dialetto veneto questa parola diventa “gattici.”

Mi piace pensare che l’origine di tale leggenda sia veneta, e che il mio pensiero non sia del tutto fuori luogo, anche perché lungo i corsi d’acqua della regione, questi alberi dove non nascono spontaneamente, vengono piantati a ricordo di ciò.
Il paesaggio veneto, da questi alberi, ne trae grande beneficio.
I salici, nel corso dei secoli, vennero decantati da diversi poeti e raffigurati da pittori di ogni epoca.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Il volto di Cristo

Il volto di Cristo

In Sicilia, il monaco Epifanio un giorno scoprì in sé un dono del Signore:
sapeva dipingere bellissime icone.
Voleva dipingerne una che fosse il suo capolavoro:
voleva ritrarre il volto di Cristo.
Ma dove trovare un modello adatto che esprimesse insieme sofferenza e gioia, morte e risurrezione, divinità e umanità?

Epifanio non si dette più pace:

si mise in viaggio; percorse l’Europa scrutando ogni volto.
Nulla.
Il volto adatto per rappresentare Cristo non c’era.
Una sera si addormentò ripetendo le parole del salmo:
“Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto!”

Fece un sogno:

un angelo lo riportava dalle persone incontrate e gli indicava un particolare che rendeva quel volto simile a quello di Cristo:
la gioia di una giovane sposa, l’innocenza di un bambino, la forza di un contadino, la sofferenza di un malato, la paura di un condannato, la bontà di una madre, lo sgomento di un orfano, la severità di un giudice, l’allegria di un giullare, la misericordia di un confessore, il volto bendato di un lebbroso.

Epifanio tornò al suo convento e si mise al lavoro.

Dopo un anno l’icona di Cristo era pronta e la presentò all’abate e ai confratelli, che rimasero attoniti e piombarono in ginocchio.
Il volto di Cristo era meraviglioso, commovente, scrutava nell’intimo e interrogava.
Invano chiesero a Epifanio chi gli era servito da modello.
Non cercare il Cristo nel volto di un solo uomo, ma cerca in ogni uomo un frammento del volto di Cristo.

Brano tratto dal libro “A volte basta un Raggio di Sole.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.