La serva fortunata

La serva fortunata

Una nobildonna, ricca proprietaria terriera, amava frequentare il bel mondo, recandosi a teatro e alle opere liriche.
Si faceva accompagnare da una ragazza, più dama di compagnia che serva, figlia di un suo mezzadro.
Scelta per la sua rara bellezza, per il comportamento distinto e per sapere recitare a memoria le arie e i brani del teatro una volta rientrate a casa,

con grande diletto della padrona.

Per essere persona alla pari, veniva vestita con abiti all’ultima moda e veniva esibita come un trofeo alle feste mondane.
Un giorno la nobildonna la vide pensierosa e triste quindi le chiese il motivo, ottenendo questa risposta:
“Io vengo trattata bene e sono vestita come una regina, mentre i miei fratelli vanno in giro con le pezze ai pantaloni!”

Poi continuò:

“Vane sono state le preghiere che i miei genitori hanno fatto recitare ai miei fratelli da piccoli, dopo quelle ufficiali.
Queste recitavano così:
“Santa Madre, fate che le braghe del padrone vadino bene al servitore!” e per ironia della sorte le braghe dismesse di vostro marito sono di due taglie più piccole.

Mentre a me facevano pregare in questo modo:

“Signore aiutatemi, quello che mi mancherà nel mangiare e nel vestire, donatemi!”
Tutti i miei desideri sono stati esauditi, al di sopra di ogni più rosea aspettativa e, in più, mi sono anche fidanzata!”

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Mamma, ascoltami con gli occhi!

Mamma, ascoltami con gli occhi!

Una giovane mamma, in cucina, preparava la cena con la mente totalmente concentrata su ciò che stava facendo:
preparare le patatine fritte.
Stava lavorando sodo proprio per preparare un piatto che i bambini avrebbero apprezzato molto.

Le patatine fritte era il piatto preferito dei bambini.

Il bambino più piccolo di quattro anni aveva avuto una intensa giornata alla scuola materna e raccontava alla mamma quello che aveva fatto.
La mamma gli rispondeva distrattamente con monosillabi e borbottii.
Qualche istante dopo si sentì tirare la gonna e udì:
“Mamma!”
La donna accennò di sì col capo e borbottò anche qualche parola.

Sentì altri strattoni alla gonna e di nuovo:

“Mamma!”
Gli rispose ancora una volta brevemente e continuò imperterrita a sbucciare le patate.
Passarono cinque minuti.
Il bambino si attaccò alla gonna della mamma e tirò con tutte le sue forze.

La donna fu costretta a chinarsi verso il figlio.

Il bambino le prese il volto fra le manine paffute, lo portò davanti al proprio viso e disse:
Mamma, ascoltami con gli occhi!”

Brano tratto dal libro “La vita è tutto quello che abbiamo.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

La stanza ordinata (Gabriele e la mamma)

La stanza ordinata (Gabriele e la mamma)

Strano, ma vero…
Gabriele, un bambino di quattro anni, quella mattina si alzò dal letto proprio deciso a fare un bel regalo alla mamma.
Era la sua festa!
“Mamma, oggi ci penso io a mettere in ordine la mia stanza!” e, dopo aver detto questo, la pregò di lasciarlo solo almeno per due ore.
Si chiuse nella sua camera per la grande “operazione-regalo!”

Ce la mise proprio tutta!

Passate le due ore la mamma bussò alla porta, lo chiamò e si fece aprire.
Il sorriso di compiacenza della mamma si intrecciò con lo sguardo rammaricato del figlio.
Com’era prevedibile il disordine nella stanza del piccolo regnava più sovrano di prima.
Gabriele capii di non essere riuscito a portare a termine l’impresa chiedendo alla mamma altre due ore di tempo.

A questo punto, la mamma lo prese in braccio,

facendogli capire che il regalo fosse già completo e gradito, ma dicendogli:
“È ancora meglio se tu lasci la tua stanza e vai a giocare con tuo fratello!”
“Ma… L’ordine nella mia cameretta?” domandò il bimbo.
“Preferisco che tu vada a giocare con tuo fratello che ti aspetta, alla tua stanza ci penso io!” rispose dolcemente la mamma.

Verso mezzogiorno, i piccoli, dopo aver giocato, rientrarono.

Prima di mettersi a tavola a consumare il pranzetto che la mamma aveva preparato, Gabriele andò in camera a deporre berretto e cappotto, accorgendosi di quanto fosse vero quello che gli aveva detto la sua mamma:
“Tu pensa a stare con tuo fratello:
impegnati a giocare con lui ed io penserò a te e a farti trovare il regalo di una stanza ordinata!”

Brano senza Autore

La visita alla mamma

La visita alla mamma

Quando mia nonna andava a far visita a sua madre, aveva bisogno di tre giorni:
un giorno per viaggiare sul calesse trainato dal cavallo; un giorno per raccontare e apprendere le ultime notizie, un po’ in cucina e un po’ in giardino;

il terzo giorno per il viaggio di ritorno.

Quando mia madre andava a far visita a sua madre, aveva bisogno di due giorni.
Viaggiava in treno e, se era fortunata con le coincidenze, si fermava la sera del primo giorno, raccontava le ultime novità e il giorno dopo ripartiva.

Quando io faccio visita a mia madre, impiego mezz’ora.

Vado in auto e mi fermo giusto una decina di minuti perché i bambini si annoiano e sono sempre in ritardo con le spese al supermercato.
Se un giorno mia figlia mi verrà a far visita, di quanto tempo avrà bisogno?

Brano di Bruno Ferrero

Il ricamo della vita

Il ricamo della vita

Per anni e anni, Ghior girò il mondo alla ricerca di qualche risposta ai suoi affannosi “Perché?”
Da piccolo aveva perso la mamma e il papà e aveva dovuto arrangiarsi per vivere, subendo ogni sorta di privazioni.
La vita, tra imprevisti, delusioni e accidenti di ogni tipo, non gli aveva mai sorriso veramente.
Ora, stanco e arrabbiato, stava per abbandonarsi definitivamente allo sconforto, ma, prima di mollare la presa, decise di fare un ultimo viaggio per il mondo e, preparata alla buona una sacca con cibo e vestiti, s’incamminò alla ricerca di risposte.
Dopo molto tempo, una notte molto fredda, arrivò in un piccolo villaggio, poche tende di pastori, qualche fuoco e molte stelle.
Entrò in una delle tende e vicino al fuoco vide addormentata una vecchia donna.
Stava quasi per svegliarla e chiederle ospitalità, quando una mano gli sfiorò la spalla.

Girandosi di scatto, si trovò davanti un giovane:

era un guerriero che sottovoce, ma con tono imperioso, gli disse:
“Per la notte copriti con questa!” e gli porse una coperta morbidissima, di lana pettinata, ricamata con colori accesi:
nemmeno il tempo di ringraziare, ed era già sparito.
La luce tenue dell’alba svegliò Ghior, che ancora sotto la sua coperta, si sentì invadere dal peso dei suoi perché e dai suoi dubbi antichi.
La vecchia donna rientrando nella tenda con una brocca fumante di latte di capra e qualche focaccia gli disse:
“Figliolo, smetti di tormentarti per nulla!”
“Ma la mia sofferenza e le mie disgrazie sono nulla?” rispose Ghior stupito e rattristato.
“Figliolo, riprese la donna, “smetti di tormentarti!
Ciò che ti ha tenuto caldo durante la notte è proprio la risposta che cerchi!”

Ghior non capiva.

Cos’era questa cosa che lo aveva tenuto caldo per tutta la notte… ed era anche la risposta ai suoi perché?
Sfiorando il bordo della coperta, la morbidissima sensazione della lana si trasformò in una illuminazione:
“La coperta!
La coperta mi ha tenuto caldo, la coperta!
Ma… come può essere la risposta ai perché complicati della mia vita?”
Appoggiato il latte e le focacce per terra, la vecchia donna si chinò fino a sedersi al giaciglio di Ghior.
“Guarda figliolo,” disse mostrandogli un lato della coperta, “cosa vedi?”
“Dei colori bellissimi, e disegni ancor più belli ricamati con perfezione mai vista!” rispose Ghior.
“Ora guarda l’altro lato: cosa vedi?” domandò ancora la donna.
“Vedo il tipico aggrovigliarsi dei fili del ricamo, colori sovrapposti, confusione, nodi curati ma sempre nodi, e tagli di filo e colori, intrecci imprevisti, senza senso, disegni incomprensibili e brutti da vedere!” esclamò Ghior.

“Ecco figliolo, la vita, la tua vita è esattamente così:” continuò la donna,

“tu sei sotto il ricamo della vita, puoi vedere questa coperta solo da sotto; è la condizione umana.
Nel frattempo, per te, su di te e dentro di te si ricamano dall’altro lato disegni e sfumature straordinarie e di una bellezza sconvolgente, e per questo ricamo a volte si rende necessario tagliare, fare nodi, correggere.
Da qua sotto è ovvio che senza un po’ di fede e fantasia vedi solo tagli, nodi e confusione, ma guarda un po’ cosa sta realizzando Dio su di te… un disegno bellissimo!” e dicendo queste ultime parole, con un sorriso, concluse il suo discorso.

Brano senza Autore

Un pomeriggio con papà

Un pomeriggio con papà

Levada è una piccola frazione del comune di Pederobba, situata in pianura, che confina con il comune di Monfumo, il quale è disposto totalmente in collina.
A Monfumo, la mia famiglia possedeva un terreno in una collinetta, e questo (terreno) era in parte popolato da alberi da frutto di vario genere, mentre il restante era dedicato alla fienagione.
Un pomeriggio di tanti anni fa, quando ero ancora un bambino, con mio padre andammo ad espletare proprio questa tecnica (fienagione).

Dopo qualche ora,

passò dal nostro terreno un uomo del luogo, che viveva di espedienti, e mio padre lo invitò ad aggregarsi a noi per fare merenda, cosa che accetto ben volentieri.
Approfittò a sproposito dell’invito, lasciando, addirittura, mio padre senza vino.
Non contento del nostro invito e del modo in cui venne trattato, quando nel tardo pomeriggio caricammo il fieno sul carro, il quale doveva essere trainato dai buoi, notammo che le corde per legare il fieno erano scomparse.
Cercammo invano e non trovandole, mio padre esclamò:

“Un furto!”

Con molta difficoltà riprendemmo la via di casa, la quale, ovviamente, fu molto difficile.
Mio padre dovette fermarsi a riassettare il carico di fieno più di una volta, poiché la strada era piena di buche e, per questa ragione, l’intero carico era a rischio.
A metà percorso ci fermammo in una osteria per rinfrescarci e per rilassarci, incontrando nuovamente l’uomo della merenda.
Mio padre gli offrì, nuovamente, da bere.
Io lo chiamai in disparte e gli dissi:
“Come mai fai questo?
Ci ha rubato le corde e gli offri ancora da bere?”

Mio padre, dolcemente, mi spiegò:

“Dino, non preoccuparti, ricchi si può diventare, ma signori si deve nascere.
Noi siamo signori, nonostante (siamo) poveri da sempre.
Inoltre, ricorda, il tempo è galantuomo!”
Grande fu la lezione che mio padre mi diede e che, ancora oggi, mi segna.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

La domanda di un filosofo alla figlia

La domanda di un filosofo alla figlia

Un famoso filosofo, giorno dopo giorno, si tormentava per cercare il significato ultimo dell’esistenza.
Aveva dedicato alla soluzione di questo enigma i migliori anni di vita e di studio.

Aveva consultato i più grandi saggi dell’umanità e

non aveva trovato alcuna risposta soddisfacente alla domanda.
Una sera, nel giardino della sua casa, mettendo da parte i suoi pensieri, prese in braccio la sua bambina di cinque anni che stava giocando allegramente.
E le chiese:

“Bambina mia, perché sei qui sulla terra?”

La bambina rispose sorridendo:
“Per volerti bene, papà!”

Brano di Bruno Ferrero

Scusi, reverendo, che cos’è la dispepsia?

Scusi, reverendo, che cos’è la dispepsia?

Nello scompartimento c’era solo un anziano sacerdote, che bisbigliava il suo breviario.
Alcune stazioni dopo, entrò (nello scompartimento) un giovane dall’aspetto trasandato:

capelli lunghi, jeans bisunti, scarpe sformate.

Ma soprattutto un giornale, notoriamente laicista e antiecclesiale, che gli spuntava dalla tasca.
Il sacerdote seguì il giovane con un lungo ed eloquente sguardo di disapprovazione.
Il giovane si sedette e cominciò a leggere il suo giornale.

Dopo un po’ alzò la testa e chiese:

“Scusi, reverendo, che cos’è la dispepsia?”
“Ecco una buona occasione per fargli un po’ di predica!” pensò il sacerdote e ad alta voce proseguì:
“La dispepsia è una malattia terribile che prende quelli che vivono male, senza orari e senza ideali, concedendosi tutti i vizi e gli stravizi, che non si ricordano che Qualcuno ci vede e ci giudicherà!”

Il giovane seguiva il discorso con curiosità e anche con un po’ di apprensione.

“Ah,” disse alla fine, “perché qui c’è scritto che il Papa ha la dispepsia!”

Ciascuno nota negli altri ciò che vuol vedere o sentire.
Si è così presi talora dai propri pensieri che non si ascolta veramente il prossimo.

“Non si seziona un uccello per trovare l’origine del suo canto.
Quel che si deve sezionare è il proprio orecchio.”
Citazione di Joseph Brodsky.

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Concorso di bellezza

Concorso di bellezza

Una nota azienda produttrice di prodotti di bellezza invitò gli abitanti di una grande città a segnalare i nominativi, allegando anche le foto, delle donne più belle che conoscessero.
Nell’arco di poche settimane la società ricevette migliaia di lettere.
Una lettera in particolare catturò l’attenzione dei selezionatori e fu subito consegnata al presidente.
Era stata scritta da un ragazzo con problemi famigliari che viveva in un quartiere degradato.

Dopo le correzioni ortografiche, la lettera diceva:

“C’è una donna bellissima che vive in fondo alla strada dove abito io.
Vado a trovarla tutti i giorni.
Mi fa sentire il bambino più importante del mondo.

Giochiamo a dama e lei ascolta i miei problemi…

Lei mi capisce e quando vado via si ferma sulla porta e mi grida che è fiera di me.”
Il ragazzo concludeva la lettera dicendo:
“Questa immagine mostra che lei è la donna più bella, spero di avere una moglie bella come lei.”
Incuriosito, il presidente chiese di vedere la foto della donna.

La sua segretaria gli porse una foto di una donna sorridente,

senza denti, avanti negli anni, seduta su una sedia a rotelle.
I pochi capelli bianchi erano raccolti in uno chignon e le rughe che formavano profondi solchi sul suo viso sembravano attenuarsi alla luce dei suoi occhi.
“Non possiamo usare questa donna.” disse il presidente con un sorriso, “Mostrerebbe al mondo intero che i nostri prodotti non sono necessari per essere belle.”

Brano tratto dal libro “More stories for the heart.” di Carla Muir

La signora ed il consulente matrimoniale

La signora ed il consulente matrimoniale

Una signora si recò da un consulente matrimoniale:
“Voglio divorziare e voglio fare tutto il male possibile a mio marito!”

“Allora cominci a subissarlo di lodi!” le suggerì il consulente.

“Quando sarà diventata indispensabile per lui, quando lui penserà che lei lo ami e lo stimi, dia inizio all’azione legale…
Questo è il modo in cui può ferirlo di più!”
Alcuni mesi dopo quella signora tornò dal consulente e gli riferì che aveva seguito i suoi consigli.

“Bene! Adesso è ora di pensare al divorzio…” le disse il consulente.

“Divorziare?” obiettò la signora, con decisione, “Non ci penso nemmeno!
Mi sono innamorata di lui!”

Brano senza Autore