Tre racconti brevi sui bambini e sugli abbracci

Tre racconti brevi sui bambini e sugli abbracci
—————————–

Il furto della borsa

Il bambino e l’abbraccio

La bambina e l’abbraccio

—————————–
“Il furto della borsa”

Mi avevano rubato la borsa.
Mio marito, arrabbiato e contrariato, mi disse:
“Lasci sempre le tue cose in giro.
Se non fossi tanto disattenta, non sarebbe successo!”

Le sue parole mi ferirono e mi fecero sentire stupida.

Ma quella stessa sera, mio figlio di dieci anni, venuto a conoscenza dell’accaduto, mi mise le braccia attorno al collo e mi disse:
“Oh, mamma, deve essere stato terribile, per te!”

Brano senza Autore
—————————–
“Il bambino e l’abbraccio”

Il bambino chiese alla mamma:
“Mamma, secondo te, Dio esiste?”
“Si!” rispose la mamma.
“Com’è?” domandò il bambino.

La donna attirò il figlio a sé…

Lo abbracciò forte e gli disse:
“Dio è così!”
“Ho capito!” esclamò il bambino.

Brano senza Autore
—————————–
“La bambina e l’abbraccio”

Una volta una bambina domandò alla mamma:
Mamma, chi è Dio?”
La mamma rimase sbalordita da quella domanda così ardita.
D’altra parte, era contenta che proprio la sua bambina le avesse fatto quella domanda tanto importante.

Allora, come per ringraziarla,

se la prese tra le braccia e se la strinse forte al petto e la baciò.
In quel momento, le venne la risposta:
“Cara bambina mia, Dio è quello che provi ora con me!”

Brano senza Autore

Esiste ancora, almeno, una corda

Esiste ancora, almeno, una corda

C’era una volta un grande violinista di nome Paganini.
Alcuni dicevano che era strano.
Altri che era angelico.
Traeva dal suo violino note magiche.
Una sera, il teatro dove doveva esibirsi era affollatissimo.
Paganini fu accolto da un’ovazione.
Il maestro impugnò il violino e cominciò a suonare nel silenzio assoluto.
Brevi e semibrevi, crome e semicrome, ottave e trilli sembravano avere ali e volare al tocco delle sue mani.
Improvvisamente, un suono diverso sospese l’estasi della platea.
Una delle corde del violino di Paganini si ruppe.

Il direttore si fermò.

L’orchestra che accompagnava il violinista tacque.
Il pubblico ammutolì.
Ma Paganini non smise di suonare.
Guardando la partitura, continuò a intessere melodie deliziose con il suo violino.
Ma dopo qualche istante un’altra corda del violino si spezzò.
Il direttore dell’orchestra si fermò.
L’orchestra tacque nuovamente.
Paganini non si fermò.
Come se niente fosse, ignorò le difficoltà e continuò la sua deliziosa melodia.
Il pubblico non si accorse di niente.
Finché non saltò, con un irritante stridio, un’altra corda del violino.
Tutti, attoniti, esclamarono: “Oh!”

L’orchestra si bloccò.

Il pubblico rimase con il fiato sospeso, ma Paganini continuò.
L’archetto correva agile traendo suoni celestiali dall’unica corda che restava del violino.
Neppure una nota della melodia fu dimenticata.
L’orchestra si riprese e il pubblico divenne euforico per l’ammirazione.
Paganini aggiunse altra gloria a quella che già lo circondava.
Divenne il simbolo dell’uomo che sfida l’impossibile.

Libera il Paganini che c’è dentro di te.
Io non so quali problemi ti affliggano.
Può essere un problema personale, coniugale, familiare, non so che cosa stia demolendo la tua stima o il tuo lavoro.
Una cosa la so:

di sicuro non tutto è perduto.

Esiste ancora, almeno, una corda e puoi continuare a suonare.
Impara a scoprire che la vita ti lascerà sempre un’ultima corda.
Quando sei sconfortato, non ti ritirare.
È rimasta la corda della perseveranza intelligente, del “tentare ancora una volta.”
La vita non ti strapperà mai tutte le corde.
È sempre la corda dimenticata quella che ti darà il miglior risultato:
la tua fede, la tua forza interiore, la tua speranza, coloro che ti amano.

Brano senza Autore

La banca del tempo

La banca del tempo

Immagina che esista una banca che ogni mattina accredita la somma di 86.400 euro sul tuo conto, non conservando, però, il tuo saldo giornaliero rimanente.
Questa banca, infatti, ogni notte cancella qualsiasi quantità di denaro che non sia stata usata durante il giorno.
Che faresti?
Ritireresti e spenderesti tutto fino all’ultimo centesimo ogni giorno, ovviamente.
Ebbene, ognuno di noi possiede un conto in questa banca…

Il suo nome?

Tempo.
Ogni mattina essa ti accredita 86.400 secondi; ogni notte questa banca cancella e da, come persa, qualsiasi quantità di questo credito che tu non abbia investito in un buon proposito.
Questa banca non conserva saldi né permette trasferimenti.
Ogni giorno ti apre un nuovo conto.
Ogni notte elimina il saldo del giorno.
Se non utilizzi il deposito giornaliero, la perdita è tua.
Non si può fare marcia indietro, non esistono accrediti sul deposito di domani.
Devi vivere nel presente con il deposito di oggi.
Investi in questo modo per ottenere il meglio nella salute, felicità e successo:

l’orologio continua il suo cammino!

Ottieni il massimo da ogni giorno.

Per capire il valore di un anno, chiedi ad uno studente che è stato bocciato.
Per capire il valore di un mese, chiedi ad una madre che ha partorito prematuramente.
Per capire il valore di una settimana, chiedi ad una ragazza che ha un ritardo.
Per capire il valore di un’ora, chiedi a due innamorati che aspettano di incontrarsi.
Per capire il valore di un minuto, chiedi a qualcuno che ha appena perso il treno.
Per capire il valore di un secondo, chiedi a qualcuno che ha appena evitato un incidente.
Per capire il valore di un milionesimo di secondo, chiedi ad un atleta che ha vinto la medaglia di argento alle Olimpiadi.

Dai valore ad ogni momento che vivi e dagli ancor più valore se lo potrai condividere con una persona speciale, tanto speciale, da dedicarle il tuo tempo…

E ricorda che il tempo non aspetta nessuno!

Ieri? Storia.
Domani? Mistero.
È per questo che esiste il presente.

Brano senza Autore
Non aver paura del domani, perché in fondo oggi è il giorno che ti faceva paura ieri.

Dio è come lo zucchero

Dio è come lo zucchero

Mancavano cinque minuti alle 16:00.
Trenta bambini, tutti della quinta elementare, quel pomeriggio, erano eccezionalmente irrequieti, agitati, emozionati, chiassosi, rumorosi.

Alle 16:00 in punto arrivò la maestra per iniziare l’esame scritto di religione.

Immediatamente un silenzio generale piombò nella sala dove erano seduti i bambini in attesa delle domande.

1° Domanda: “Chi mi sa dire con parole sue chi è Dio?” cominciò a dettare la maestra.
2° Domanda: “Come fate a sapere che Dio esiste, se nessuno l’ha mai visto?”

Dopo 20 minuti, tutti avevano consegnate le risposte.
La maestra lesse ad una ad una le prime 29; erano più o meno ripetizioni di parole dette e ascoltate molte volte:

“Dio è nostro Padre.

Ha fatto la terra, il mare e tutto ciò che esiste.”
Le risposte erano esatte, per cui si erano guadagnati la promozione.
Poi chiamò Ernestino, un piccolo e vispo bambino biondo, lo fece avvicinare al suo tavolo e gli consegnò il suo foglietto, dicendogli di leggerlo ad alta voce davanti a tutti i suoi compagni.
Ernestino, temendo una pesante umiliazione davanti a tutta la classe, con la conseguente bocciatura, cominciò a piangere.
La maestra lo rassicurò e lo incoraggiò.

Singhiozzando Ernestino lesse:

“Dio è come lo zucchero che la mamma ogni mattina scioglie nel latte per prepararmi la colazione.
Io non vedo lo zucchero nella tazza, ma se la mamma non lo mette, ne sento subito la mancanza.
Ecco, Dio è così, anche se non lo vediamo.
Se Lui non c’è la nostra vita è amara, è senza gusto.”
Un applauso forte riempì l’aula e la maestra ringraziò Ernestino per le risposte così originali, semplici e vere.
Poi completò:
“Vedete bambini, ciò che ci fa saggi non è il sapere molte cose, ma l’essere convinti che Dio fa parte della nostra vita.”

Brano tratto dal libro “La Zattera: Regole per vivere in armonia.” di Carlo Gaudio

Il professore e le domande su Dio

Il professore e le domande su Dio

Germania, primi anni del XX secolo.
Durante una conferenza tenuta per gli studenti universitari, un professore ateo dell’Università di Berlino lanciò una sfida ai suoi alunni con la seguente domanda:
“Dio ha creato tutto quello che esiste?”
Uno studente diligentemente rispose:
“Sì! Certo!”
“Allora Dio ha creato proprio tutto?” replicò il professore
“Certo!” affermò lo studente

Il professore rispose:

“Se Dio ha creato tutto, allora Dio ha creato il male, poiché il male esiste e, secondo il principio che afferma che noi siamo ciò che produciamo, allora Dio è il Male!”
Gli studenti ammutolirono a questa asserzione.
Il professore, piuttosto compiaciuto con se stesso, si vantò con gli studenti che aveva provato per l’ennesima volta che la fede religiosa era un mito.
Un altro studente alzò la sua mano e disse:
“Posso farle una domanda, professore?”
“Naturalmente!” replicò il professore.
Lo studente si alzò e disse:
“Professore, il freddo esiste?”
“Che razza di domanda è questa?
Naturalmente, esiste!
Hai mai avuto freddo?”
Gli studenti sghignazzarono alla domanda dello studente.

Il giovane replicò:

“Infatti signore, il freddo non esiste.
Secondo le leggi della fisica, ciò che noi consideriamo freddo è in realtà assenza di calore.
Ogni corpo od oggetto può essere studiato solo quando possiede o trasmette energia ed il calore è proprio la manifestazione di un corpo quando ha o trasmette energia.
Lo zero assoluto (-273 °C) è la totale assenza di calore; tutta la materia diventa inerte ed incapace di qualunque reazione a quella temperatura.
Il freddo, quindi, non esiste.
Noi abbiamo creato questa parola per descrivere come ci sentiamo… se non abbiamo calore!”
Lo studente continuò:
“Professore, l’oscurità esiste?”
Il professore rispose:
“Naturalmente!”

Lo studente replicò:

“Ancora una volta signore, è in errore, anche l’oscurità non esiste.
L’oscurità è in realtà assenza di luce.
Noi possiamo studiare la luce, ma non l’oscurità.
Infatti possiamo usare il prisma di Newton per scomporre la luce bianca in tanti colori e studiare le varie lunghezze d’onda di ciascun colore.
Ma non possiamo misurare l’oscurità.
Un semplice raggio di luce può entrare in una stanza buia ed illuminarla.
Ma come possiamo sapere quanto buia è quella stanza?
Noi misuriamo la quantità di luce presente.
Giusto?
L’oscurità è un termine usato dall’uomo per descrivere ciò che accade quando la luce non è presente!”
Finalmente il giovane chiese al professore:
“Signore, il male esiste?”

A questo punto, titubante, il professore rispose:

“Naturalmente, come ti ho già spiegato.
Noi lo vediamo ogni giorno.
È nella crudeltà che ogni giorno si manifesta tra gli uomini.
Risiede nella moltitudine di crimini e di atti violenti che avvengono ovunque nel mondo.
Queste manifestazioni non sono altro che male!”
A questo punto lo studente replicò:
“Il male non esiste, signore, o almeno non esiste in quanto tale.
Il male è semplicemente l’assenza di Dio.
È proprio come l’oscurità o il freddo, è una parola che l’uomo ha creato per descrivere l’assenza di Dio.
Dio non ha creato il male.
Il male è il risultato di ciò che succede quando l’uomo non ha l’amore di Dio presente nel proprio cuore.
È come il freddo che si manifesta quando non c’è calore o l’oscurità che arriva quando non c’è luce!”
Il giovane fu applaudito da tutti in piedi e il professore, scuotendo la testa, rimase in silenzio.
Il rettore dell’Università si diresse verso il giovane studente e gli domandò:
“Qual è il tuo nome?”
“Mi chiamo Albert Einstein, signore!” rispose il ragazzo.

Aneddoto attribuito ad Albert Einstein

… non esiste nessuna persona giusta

… non esiste nessuna persona giusta

Improvvisamente ho capito che non esiste nessuna persona giusta.
Non esiste né in terra né in cielo né da nessun’altra parte, puoi starne certa/o.

Esistono soltanto le persone,

e in ognuna c’è un pizzico di quella giusta, ma in nessuna c’è tutto quello che ci aspettiamo e speriamo.
Nessuna racchiude in sé tutto questo, e non esiste quella certa figura, l’unica, la meravigliosa,

la sola che potrà darci la felicità.

Esistono soltanto delle persone, e in ognuna ci sono scorie e raggi di luce, tutto…

Brano di Sandor Marai

L’uomo che non credeva nell’amore



L’uomo che non credeva nell’amore

Voglio raccontarvi una storia molto antica su un uomo che non credeva nell’amore.
Si trattava di un uomo comune, proprio come voi e me, ma ciò che lo rendeva speciale era il suo modo di pensare:
era convinto che l’amore non esistesse.
Naturalmente l’aveva cercato a lungo, aveva osservato le persone intorno a sé, trascorrendo gran parte della vita in cerca d’amore, solo per scoprire che l’amore non esisteva.
Dovunque andasse, diceva a tutti che l’amore è soltanto un’invenzione dei poeti e delle religioni, usata per manipolare la debole mente umana, per controllare le persone.
Diceva che l’amore non è reale, e per questo è impossibile trovarlo quando lo si cerca.
Era un uomo molto intelligente e riusciva ad essere convincente.
Lesse una quantità di libri, frequentò le migliori università e diventò un rinomato studioso.
Poteva parlare ovunque, davanti a qualunque pubblico, e la sua logica era inoppugnabile.

Diceva che l’amore è come una droga:

ti fa sentire bene, ma crea una dipendenza.
E cosa succede se una persona diventa dipendente dall’amore, e poi non riceve la sua dose quotidiana?
Quell’uomo diceva che la maggior parte dei rapporti d’amore è come il rapporto che c’è tra un tossicodipendente e il suo spacciatore.
Quello dei due che ha il bisogno maggiore è il drogato, e l’altro assume il ruolo dello spacciatore.
Quest’ultimo è quello che controlla il rapporto.
E’ una dinamica facilmente osservabile, perché in ogni relazione di solito c’è uno che ama di più e un altro che si limita a ricevere, ad approfittare di chi gli ha donato il suo cuore.
E’ facile vedere come si manipolano a vicenda, tramite le loro azioni e reazioni, proprio come un drogato e uno spacciatore.
Il tossicodipendente, quello che ha il bisogno maggiore, vive con il timore costante di non ricevere la prossima dose d’amore.
Pensa:
“Cosa farò se mi lascia?”
E tale paura lo rende possessivo.

Diventa geloso ed esigente.

Lo spacciatore comunque può sempre manipolarlo, dandogli dosi maggiori o minori, oppure negandogliele del tutto.
La persona con il bisogno maggiore si arrende ed accetta di fare qualunque cosa pur di non essere abbandonata.
L’uomo della nostra storia continuava a spiegare a tutti perché l’amore non esiste.
“Ciò che gli uomini chiamano amore è solo una relazione basata sul controllo e sulla paura.
Dov’è il rispetto?
Dov’è l’amore che dichiariamo di provare?
Non esiste.”
Le giovani coppie, davanti a un simulacro di Dio, e davanti alle loro famiglie e agli amici, si scambiano una quantità di promesse:
di vivere insieme per sempre, di amarsi e rispettarsi l’un l’altro, di restare uniti nella salute e nella malattia.
Promettono di amare e onorare l’altro… promesse e ancora promesse.
La cosa stupefacente è che credono davvero in ciò che promettono.
Ma dopo il matrimonio, dopo una settimana, un mese o alcuni mesi, le promesse vengono infrante una dopo l’altra.
Scoppia una guerra di potere, di manipolazione, per stabilire chi è il drogato e chi lo spacciatore.
Pochi mesi dopo le nozze, il rispetto che avevano giurato di mantenere l’uno per l’altra è scomparso.
Resta il risentimento, il veleno, il modo in cui si fanno male a vicenda, finché ad un certo punto, senza che se ne rendano conto, l’amore finisce.
I due restano insieme perché hanno paura di restare soli, temono i giudizi degli altri e anche i propri.

Ma dov’è l’amore?

Quell’uomo sosteneva di conoscere molte coppie anziane che avevano vissuto insieme per trenta o quarant’anni, e ne erano molto fiere.
Ma quando parlavano del loro rapporto dicevano:
“Siamo sopravvissuti al matrimonio.”
Ciò significava che uno dei due a un certo punto si era arreso all’altro.
La persona con la volontà più forte aveva vinto la guerra.
Ma dov’era la fiamma che chiamavano amore?
Si trattavano come una proprietà, l’uno dell’altro.
“Lui è mio.”
“Lei è mia.”
L’uomo spiegava senza fine tutte le ragioni per cui non credeva nell’esistenza dell’amore, e diceva:
“Io ho già vissuto situazioni del genere e non permetterò più a nessuno di manipolare la mia mente, di controllare la mia vita in nome dell’amore.”
Le sue argomentazioni erano logiche e convincevano molte persone.
Poi un giorno, mentre quell’uomo camminava in un parco, vide una bella donna in lacrime seduta su una panchina.
Si incuriosì e avvicinatosi le chiese se poteva aiutarla.
Potete immaginare la sua sorpresa quando lei rispose che piangeva perché aveva scoperto che l’amore non esiste.

L’uomo disse:

“Stupefacente.
Una donna che non crede nell’esistenza dell’amore.”
Naturalmente volle subito sapere qualcosa di più.
“Perché dici che l’amore non esiste?” chiese.
“E’ una lunga storia!” rispose lei.
“Mi sono sposata molto giovane, piena di amore e di illusioni.
Credevo che avrei condiviso tutta la vita con mio marito.
Ci giurammo reciprocamente fedeltà e rispetto e creammo una famiglia.
Ma presto tutto cambiò.
Io ero la moglie devota che si occupava della casa e dei bambini.
Mio marito continuò a seguire la sua carriera.
Il suo successo e la sua immagine esteriore per lui erano più importanti della famiglia.

Smise di rispettarmi e io smisi di rispettare lui.

Ci facemmo del male a vicenda e un giorno scoprii che non lo amavo più e che neppure lui mi amava.
Ma i bambini avevano bisogno di un padre e quella fu la scusa che adottai per non lasciarlo, facendo anzi di tutto per sostenerlo.
Ora i bambini sono diventati adulti e se ne sono andati.
Non ho più scuse per restare con lui.
Tra noi non c’è rispetto né gentilezza.
So anche che se trovassi un altro sarebbe la stessa cosa, perché l’amore non esiste.
Non ha senso cercare ciò che non esiste e per questo piango.”
L’uomo la comprendeva benissimo.
L’abbracciò e disse:
“Hai ragione, l’amore non esiste.
Lo cerchiamo, apriamo il nostro cuore, ci rendiamo vulnerabili e troviamo solo egoismo.
Questo ci fa del male anche quando pensiamo di esserne usciti indenni.

Non importa quante volte ci proviamo, accade sempre la stessa cosa.

Perché allora continuare a cercare l’amore?”
Erano così simili che diventarono grandi amici.
Il loro era un rapporto meraviglioso.
Si rispettavano e nessuno dei due cercava di prevalere sull’altro.
Ogni passo che facevano assieme li rendeva felici.
Tra loro non c’era invidia né gelosia, non c’era controllo né possesso.
La relazione continuava a crescere.
Amavano stare insieme, perché si divertivano molto.
Quando erano soli ciascuno sentiva la mancanza dell’altro.
Un giorno l’uomo, mentre era fuori città, ebbe un’idea assurda.
“Forse ciò che sento per lei è amore!” pensò.

Ma è così diverso da ciò che ho provato in passato.

Non è ciò che dicono i poeti, o la religione, perché io non mi sento responsabile per lei.
Non le chiedo nulla e non ho bisogno che si occupi di me.
Non sento la necessità di incolparla dei miei problemi.
Insieme stiamo bene e ci divertiamo.
Io rispetto il suo modo di pensare e lei non mi mette mai in imbarazzo.
Non mi sento geloso quando è con altri e non invidio i suoi successi.
Forse l’amore esiste davvero, alla fine, ma non è ciò che tutti credono che sia.”
Non vedeva l’ora di tornare a casa e parlare con la donna, per raccontarle dei suoi strani pensieri.
Appena cominciarono a parlare, lei disse:
“So esattamente a cosa ti riferisci.
Forse dopotutto l’amore esiste, ma non è ciò che pensavamo che fosse.”
I due decisero di diventare amanti e di vivere insieme, e sorprendentemente le cose tra loro non cambiarono.

Continuavano a rispettarsi e a sostenersi e l’amore cresceva sempre di più.

Anche le cose più semplici li facevano gioire, perché si amavano ed erano felici.
Il cuore dell’uomo era così pieno d’amore che una notte accadde un grande miracolo.
Era intento a guardare le stelle e ne vide una bellissima.
Il suo amore era così forte che la stella scese dal cielo e finì nelle sue mani.
Quindi accadde un altro miracolo e la sua anima si fuse con la stella.
La sua felicità era intensa, e andò subito dalla donna per mettere la stella nelle sue mani.
Non appena lo fece, lei ebbe un momento di dubbio:
quell’amore era troppo forte.
Non appena quel pensiero le attraversò la mente, la stella le cadde di mano e si ruppe in un milione di pezzi.
Ora c’è un vecchio che gira per il mondo giurando che l’amore non esiste.
E in una casa c’è una donna anziana che aspetta un uomo, versando lacrime amare per il paradiso che aveva tenuto tra le mani, perdendolo in un momento di dubbio.
Questa è la storia dell’uomo che non credeva nell’amore.

Di chi fu l’errore?

Cosa non funzionò?
Fu l’uomo a sbagliare, pensando di poter dare alla donna la sua felicità.
La sua felicità era la stella e l’errore fu quello di mettere la stella nelle mani della donna.
La felicità non viene mai dal di fuori.
L’uomo era felice per tutto l’amore che proveniva da se stesso.
La donna era felice per tutto l’amore che proveniva da lei.
Ma appena lui la rese responsabile della propria felicità, lei ruppe la stella, perché non poteva farsi carico della felicità di un altro essere.
Indipendentemente da quanto lo amasse, non avrebbe potuto renderlo felice, perché non poteva sapere ciò che lui aveva in mente, non poteva conoscere le sue aspettative, i suoi sogni.
Se prendete la vostra felicità e la mettete nelle mani di un’altra persona, prima o poi quella persona la distruggerà.

Se la felicità invece vive dentro di voi, siete voi ad esserne responsabili.

Non possiamo rendere nessuno responsabile della nostra felicità, ma quando andiamo in chiesa e ci sposiamo, la prima cosa che facciamo è quella di scambiarci gli anelli.
Mettiamo la nostra stella nelle mani dell’altro, sperando che ci renda felici e che noi renderemo felici lui, o lei.
Ma indipendentemente da quanto amate un’altra persona, non sarete mai ciò che quella persona vuole che siate.
Questo è l’errore che quasi tutti facciamo fin dall’inizio.
Basiamo la nostra felicità sul partner.
Trovate la vostra stella e tenetela nel cuore…
sarà la sua luce a trasmettere l’amore… perché…
L’amore esiste.

Brano tratto dal libro “La Padronanza dell’amore.” di Don Miguel Ruiz

L’Usignolo e la Rosa. (L’Usignolo e l’Amore)


L’Usignolo e la Rosa.
(L’Usignolo e l’Amore)

Un giovane studente si lamentava poiché nel proprio giardino non c’era una sola rosa rossa.
Ah, da quali sciocchezze dipende la felicità!
Ho letto gli scritti di tutti i sapienti, conosco tutti i segreti della filosofia, ma nonostante ciò la mancanza di una rosa rossa sconvolge la mia vita!
“La donna che amo ha detto che ballerà con me solo se le porterò delle rose rosse, ma in tutto il giardino non c’è una sola rosa rossa!”
Anche l’usignolo lo ascoltava commosso.
“Il principe dà un ballo domani sera!” singhiozzava ad alta voce l’uomo “Io e lei siamo stati invitati.
Se le porterò una rosa rossa ballerà con me fino all’alba.
Ma non v’è rosa rossa nel mio giardino, e così me ne starò tutto solo e lei mi passerà davanti senza degnarmi di uno sguardo.
Non si curerà di me e il mio cuore si spezzerà.”
“Ecco uno che sa veramente amare!” disse l’usignolo “Quello che io canto, egli lo soffre:
quello che per me è gioia, per lui è dolore.

L’amore è una cosa meravigliosa:

è più prezioso di smeraldi e diamanti.
Non si può comprare con perle e pietre preziose.
Non è venduto al mercato; non ci sono mercanti o bilance per l’amore.”
“Ballerà con tutti, ma non con me.
Perché non ho da offrire una rosa rossa!” si disperò l’uomo buttandosi nell’erba e coprendo il proprio viso con le mani.
“Perché piange?” chiese una lucertolina marrone, passandogli accanto di corsa, con la coda in aria.
“Già, perché piange?” chiese una farfalla che svolazzava dietro a un raggio di sole.
“Sì, perché?” sussurrò una primula alla sua vicina con una voce dolce, sommessa.
“Piange per una rosa rossa!” rispose l’usignolo.
“Per una rosa rossa?” esclamarono “Che cosa ridicola!”
La lucertolina, che era un po’ cinica, sghignazzò senza ritegno.
Ma l’usignolo capiva il segreto del dolore dell’uomo e se ne stette silenzioso, sulla quercia, a riflettere sul mistero del dolore.

D’un tratto spalancò le ali brune e si librò in aria.

Attraversò il boschetto come un’ombra, e come un’ombra veleggiò attraverso il giardino.
Al centro del prato c’era un bel rosaio, e quando lo vide l’usignolo si posò su uno dei suoi rami.
“Dammi una rosa rossa,” implorò “e ti canterò la più dolce delle mie canzoni!”
Il rosaio scosse i rami.
“Le mie rose sono bianche!” rispose “Bianche come la spuma del mare, e più bianche della neve sui monti.
Ma va’ da mio fratello, che cresce intorno alla vecchia meridiana, e forse lui ti darà quello che cerchi.”
Così l’usignolo volò fino al rosaio che cresceva intorno alla vecchia meridiana.
“Dammi una rosa rossa,” implorò “e ti canterò la più dolce delle mie canzoni!”
Ma il rosaio scosse i rami.
“Le mie rose sono gialle!” rispose “Gialle come l’asfodelo che fiorisce nei campi, gialle come grano.
Ma va’ da mio fratello che fiorisce sotto la finestra dell’uomo, e forse lui ti darà quello che cerchi.”
Così l’usignolo volò al rosaio che cresceva sotto la finestra dell’uomo.
“Dammi una rosa rossa,” esclamò “e ti canterò la più dolce delle mie canzoni.”

Ma il rosaio scosse i rami.

“Le mie rose sono rosse,” rispose “più rosse del corallo.
Ma l’inverno mi ha gelato le vene, la neve mi ha distrutto i germogli e la tempesta mi ha spezzato i rami: non avrò nemmeno una rosa”.
“Una rosa rossa è tutto quello che voglio!” gridò l’usignolo “Solo una rosa rossa!
Non esiste un modo per procurarmela?”
“Una maniera c’è,” rispose il rosaio “ma è così terribile che non ho il coraggio di dirtela!”
“Dimmela,” disse l’usignolo “io non ho paura”.
“Se vuoi una rosa rossa,” disse il rosaio “devi tingerla con il tuo sangue.
Devi cantare per me col petto contro una delle mie spine.
Tutta la notte devi cantare per me, e la spina deve trafiggerti il cuore,
e il tuo sangue deve scorrere nelle mie vene e diventare mio.”
“La morte è un prezzo alto da pagare per una rosa rossa!” disse l’usignolo “La vita è bella e cara tutti.
Eppure l’amore è più grande della vita.
E che cos’è mai il cuore di un uccello in confronto al cuore di un uomo?”
Si librò in volo e ritornò dall’uomo, che continuava a disperarsi.
“Sii felice!” gli gridò l’usignolo “Sii felice!

Avrai la tua rosa rossa.

La tingerò io con il sangue del mio cuore.
In cambio ti chiedo solo di essere sincero nel tuo amore.”
L’uomo alzò il capo, ma naturalmente non capiva nulla di quello che l’usignolo diceva.
Ma la quercia capì e si rattristò, perché amava molto l’usignolo che aveva costruito il proprio nido in mezzo ai suoi rami.
“Cantami un’ultima canzone,” sussurrò “sarò tanto sola quando tu non ci sarai più!”
L’usignolo cantò per la quercia e la sua voce sembrava acqua zampillante da una fonte d’argento.
L’uomo se ne andò, sbuffando:
“L’usignolo ha una bella voce, ma certamente nessun sentimento.
Pensa solo al canto, alle belle note.
Non gliene importa niente degli altri.

Sono tutti così gli artisti!”

Andò nella sua stanza, si distese sul letto e, pensando alla sua amata, si addormentò.
Quando in cielo si accese la luna, l’usignolo volò al roseto e mise il petto contro una spina.
Tutta la notte cantò, col petto contro la spina.
Anche la fredda luna di cristallo si chinò e ascoltò.
Tutta la notte cantò, e la spina gli penetrò sempre più profondamente nel petto, mentre il sangue della vita scorreva via.
Sbocciò una rosa meravigliosa, rossa come il sole d’oriente, rossa più di un rubino.
Ma la voce dell’usignolo si affievolì.
Le sue piccole ali cominciarono a tremare e un velo di dolore gli annebbiò gli occhi.
La sua voce meravigliosa si spense in un’ultima esplosione di trilli, mentre la rosa meravigliosa spalancava i petali alla fredda aria del mattino.
“Guarda, guarda!” gridò il rosaio.
“La rosa è finita ora!”
Ma l’usignolo non rispose, perché giaceva morto nell’erba alta.
A mezzogiorno, l’uomo aprì la finestra e guardò fuori.
“Ehi, ma che fortuna incredibile!” esclamò.
“Qui c’è una rosa rossa!
Non ho mai visto una rosa così in tutta la vita.
Così bella che di sicuro deve avere un lungo nome latino!”

Si spenzolò dalla finestra e la colse.

Poi corse alla casa della donna dei suoi sogni con la rosa in mano.
“Hai detto che avresti ballato con me se ti avessi portato una rosa rossa!” esclamò l’uomo.
“Ecco la rosa più rossa del mondo.
La porterai stasera sul cuore, e quando balleremo insieme ti dirò quanto ti voglio bene!”
Ma la donna si accigliò.
“Non mi serve più.
Non si intona con il mio vestito.
E poi il nipote del banchiere mi ha mandato dei gioielli veri, e tutti sanno che i gioielli costano molto più dei fiori!”
“Sei solo un’ingrata!” disse rabbioso l’uomo.
E gettò la rosa nella strada.
La rosa rossa finì in una pozzanghera e la ruota di un carro la schiacciò.
“L’amore non esiste!” concluse l’uomo.
E tornò a casa.
Si chiuse dentro la sua stanza, prese lo dallo scaffale un vecchio libro polveroso, e si mise a leggere.

Brano tratto dal libro “Il principe felice e altri racconti.” di Oscar Wilde

Oggi è stata la giornata più brutta di sempre?



Oggi è stata la giornata più brutta di sempre?

Oggi è stata la giornata più brutta di sempre
E non provare a convincermi che
C’è qualcosa di buono in ogni giorno
Perché, se guardi da vicino,
Il mondo è un posto piuttosto malvagio.

Anche se

Un po’ di gentilezza ogni tanto traspare
La soddisfazione e la felicità non durano.
E non è vero che
Sta tutto nella testa e nel cuore

Perché

La vera felicità si ottiene
Solo se la propria condizione è elevata
Non è vero che il bene esiste
Sono sicuro che sei d’accordo che
La realtà

Crea

Il mio atteggiamento
È tutto fuori dal mio controllo
E nemmeno tra un milione di anni mi sentirai dire che
Oggi è stata una bella giornata

Adesso leggi dal basso verso l’alto.

Poesia originale “Worst Day Ever?” di Chanie Gorkin