L’aiuto missionario

L’aiuto missionario

Mentre il Padreterno è intento a leggere la posta del mattino, qualcuno bussa energicamente alla porta del suo studio.
Sono Gesù, lo Spirito Santo e la Madonna con tanti bambini.

“Perché piangete?” chiede il Padreterno.

“Padre Santo,” risponde Maria, “molti bambini che tu hai mandato sulla terra un mese fa, sono ritornati perché sono stati rifiutati!”
Il Padreterno diventa triste e domanda a Gesù:
“È ritornato anche Arturo, il futuro scienziato a cui avevo consegnato la cura del cancro?”

“Si, Padre mio, anche lui!” rispose Gesù.

“La piccola Matilde, è ritornata anche lei?” domandò ancora il Padreterno.
“Si,” risponde lo Spirito Santo, “i genitori a cui l’avevi affidata non volevano una bimba down!”
Mentre il Padreterno si asciuga le lacrime dice:

“Il mio piccolo Kimbi, la mia perla nera, è rientrato anche lui?”

“No,” risponde felicemente la Santa Vergine, “lui è rimasto in Africa, l’aiuto e l’impegno missionario di Rino e dei suoi amici, hanno permesso alla sua mamma di poterlo accogliere anche se molto povera.
Il Padreterno, rincuorato da questa bella notizia, si alza in piedi e dice:
“Da questo momento, tutti i bambini che sono rientrati saranno gli angeli protettori di Rino e di tutti coloro che difendono la vita!”

Brano senza Autore.

La cucitura ed il nodo

La cucitura ed il nodo

Un giovane dava molte preoccupazioni ai propri genitori perché oltre a non trovare lavoro, aveva le mani e le tasche bucate.
Spendeva senza freno i loro sudati risparmi e a nulla valevano le suppliche, le raccomandazioni e le minacce:

lui continuava la sua vita da perditempo con dispendiosi vizi come il gioco.

Come accade a tanti giovani, anche a lui capitò di avere una opportunità di recarsi a lavorare all’estero, per mettere a pieno i frutti dei suoi studi specialistici, dove aveva, invece, brillato.
La madre collaborò attivamente nel preparargli le valigie, rinnovandogli il vestiario, non senza versare qualche lacrima.
Il giovane contattò i genitori solo qualche mese dopo,

dicendo loro di trovarsi molto bene nel paese ospitante.

Spiegò di non averli contattati immediatamente dato che era adirato con sua madre che gli aveva cucito le tasche destre dei vestiti e messo nelle altre un filo rosso con nodo e non capiva il motivo.
Questa si affrettò a spiegare che la cucitura aveva lo scopo di ricordargli la moderazione nello spendere, che tanto la aveva fatta soffrire, e il filo rosso annodato affinché si ricordasse che in caso di bisogno la famiglia è sempre presente.

La spiegazione ebbe un grande effetto sul giovane ricercatore che,

da quel momento, inviò a casa, in maniera regolare, lo stipendio che riusciva ad accantonare, per paura di ricadere nel vizio del gioco.
Con il lavoro aveva ritrovato il valore da dare ai soldi oltre alla fiducia in se stesso, grazie anche alla trovata provocatoria della madre, con la cucitura delle tasche destre e del filo rosso annodato.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

La piccola Arianna e la mamma

La piccola Arianna e la mamma

La piccola Arianna, era passata dal seggiolone ai primi passi, con la sua bella dose di cadute e ginocchia sbucciate, come succede a tutti i bimbi.
In quelle occasioni di solito la mamma apriva le braccia e le diceva:
“Vieni da me!”
Allora Arianna andava a gattoni verso di lei, le saliva sulle ginocchia e mamma e bambina si abbracciavano.
La mamma le chiedeva:
“Sei la mia bambina?”
Piangendo Arianna faceva “si” con il capo.

Poi aggiungeva:

“La mia dolce nespolina Arianna?”
La bambina annuiva ancora, ma con un sorriso.
La mamma, infine, le diceva:
“Ed io ti voglio bene, sempre, in eterno e ad ogni costo!”
Dopo una risata ed un abbraccio, la bambina era pronta per un’altra sfida.
Anche a cinque anni Arianna continuava a ripetere la scenetta del “Vieni da me” per le ginocchia sbucciate e i sentimenti feriti, per scambiarsi il “Buongiorno” e la “Buonanotte.”

Un giorno capitò alla mamma di avere una giornataccia.

Era stanca, irritabile e stressata dall’impegno che richiede prendersi cura di un marito, di una bambina di cinque anni, di due ragazzi adolescenti e del lavoro che svolgeva da casa.
Ogni volta che squillava il telefono o che suonavano alla porta arrivava del lavoro che l’avrebbe impegnata per un giorno intero e che doveva essere fatto immediatamente.
Raggiunse il punto di rottura nel pomeriggio e si rifugiò in camera a piangere in santa pace.
Arianna corse subito a cercarla e le disse:
“Vieni da me!”
Si accoccolò vicino alla mamma, mise le manine sulle sue guance bagnate dalle lacrime e disse: “Sei la mia mammina?”
Piangendo la mamma fece “sì” col capo.

Poi continuò:

“La mia dolce nespolina mamma?”
Sorridendo la donna fece “sì” con il capo.
Alla fine Arianna concluse:
“E io ti voglio bene, sempre, in eterno e ad ogni costo!”
Una risata, un abbraccio e anche la mamma era pronta per la prossima sfida.
Anche i genitori a volte hanno bisogno di essere consolati, e Arianna questo lo ha capito benissimo!

Brano di Bruno Ferrero

Un abbraccio tra madre e figlia

Un abbraccio tra madre e figlia

La ragazza era di pessimo umore.
Aveva tutte le sue spine fuori, proprio come un porcospino tormentato da un cane.
Troppi compiti a casa, troppe interrogazioni, troppo tutto… ecco!

La madre le ripeteva la solita predica,

con ragionamenti, spiegazioni e raccomandazioni.
La ragazza si fece ancora più scura.
Poi guardò la madre dritta negli occhi e scandì:
“Mamma, sono stanca e stufa delle tue prediche.

Perché invece non mi prendi tra le tue braccia e mi tieni stretta?

Nessun consiglio potrà mai farmi altrettanto bene!”
La madre rimase a bocca aperta.
Gli occhi della figlia imploravano un abbraccio.
Con la voce rotta dalla voglia di piangere, disse:

“Vuoi… vuoi che ti abbracci?

Ma lo sai che anch’io… anch’io voglio che tu mi abbracci?”
Accolse la figlia nelle braccia aperte e la strinse a sé, come fosse ancora una bimba.
E, quasi d’incanto, non ci furono più discussioni…

Brano senza Autore

La bambina e le due mele

La bambina e le due mele

Un giorno, una mamma, rientrando a casa dal lavoro, trovò la sua bambina con due mele nelle sue piccole manine.
Le guardava, le annusava, se le stava godendo prima di mangiarle, pregustando la loro dolcezza e morbidezza.
La mamma si avvicinò e chiese alla figlioletta se le potesse dare una delle sue due mele.

La bimba guardò le sue due mele, una era rossa e l’altra gialla.

Dubitò per un attimo, guardandole entrambe, e finalmente morse quella rossa, l’assaporò per bene, e poi morse anche quella gialla, con la stessa calma e compiacenza.
La mamma sentì il sorriso sul suo volto congelarsi, si chiedeva perché e da quando sua figlia era diventata così egoista.
Si chiedeva in cosa aveva sbagliato nel corrompere quell’angioletto che era stata quando era più piccola.
E cercava di non rivelare la sua delusione.
In quello stesso momento, la bambina le porse una delle due mele dicendo:

“Tieni mammina, questa è quella più dolce.”

La mamma prese la mela e abbracciò la sua bambina perché non vedesse che aveva le lacrime agli occhi.
Insieme si sedettero a mangiare le mele.
Entrambe avevano un sorriso gioioso e sereno, guardando le nuvole nel cielo si raccontarono le proprie giornate, una fatta di giochi e cose da imparare,

l’altra fatta di problemi e cose da risolvere.

Poi, quando la bambina fu concentrata su altro, la mamma scrisse un piccolo pensiero nel suo taccuino per non dimenticare:
“Non importa chi sei, come sei vissuto, cosa credi di aver visto o sentito, quanta esperienza e conoscenza pensi di avere, ritarda sempre il giudizio.
Dai agli altri il privilegio di spiegarsi.
Quello che percepisci può essere o non essere la realtà.”

Brano senza Autore

Far colazione con Dio!

Far colazione con Dio!

Un bambino voleva conoscere Dio.
Sapeva che era un lungo viaggio arrivare dove abita Dio, ed è per questo che un giorno mise dentro al suo cestino dei dolci, marmellata e bibite e cominciò la sua ricerca.
Dopo aver camminato per trecento metri circa, vide una donna anziana seduta su una panchina nel parco.
Era sola e stava osservando alcune colombe.

Il bambino gli si sedette vicino ed aprì il suo cestino.

Stava per bere la sua bibita quando gli sembrò che la vecchietta avesse fame, ed allora le offrì uno dei suoi dolci.
La vecchietta riconoscente accettò e sorrise al bambino.
Il suo sorriso era molto bello, tanto bello che il bambino gli offrì un altro dolce per vedere di nuovo questo suo sorriso.
Il bambino era incantato!
Si fermò molto tempo mangiando e sorridendo, senza che nessuno dei due dicesse una sola parola.
Al tramonto il bambino, stanco, si alzò per andarsene, però prima si volse indietro, corse verso la vecchietta e la abbracciò.

Ella, dopo averlo abbracciato, gli dette il più bel sorriso della sua vita.

Quando il bambino arrivò a casa sua ed aprì la porta, la sua mamma fu sorpresa nel vedere la sua faccia piena di felicità, e gli chiese:
“Figlio, cosa hai fatto che sei tanto felice?”
Il bambino rispose:
“Oggi ho fatto colazione con Dio!”
E prima che sua mamma gli dicesse qualche cosa aggiunse:
“E sai cosa, ha il sorriso più bello che ho mai visto!”
Anche la vecchietta arrivò a casa raggiante di felicità.
Suo figlio restò sorpreso per l’espressione di pace stampata sul suo volto e le domandò:

Mamma, cosa hai fatto oggi che ti ha reso tanto felice?”

La vecchietta rispose:
“Oggi ho fatto colazione con Dio, nel parco!”
E prima che suo figlio rispondesse, aggiunse:
“E sai? E’ più giovane di quel che pensavo!”

Brano di Laurie Kunkel

Il cucciolo di cammello

Il cucciolo di cammello

Mongolia del Sud.
È primavera nel Deserto Dei Gobi, una famiglia di pastori nomadi alleva cammelli.

Tra aprile e maggio nascono i cuccioli, da sempre.

La vita quotidiana è fatta di rituali, mansioni da svolgere con costanza e umiltà, di tempeste di sabbia e di canti.
Una famiglia di pastori nomadi aiuta a far nascere un cammello del loro branco.
Il parto risulta essere molto difficile e doloroso per la madre, che stremata, dopo due giorni metterà alla luce un cucciolo di cammello albino.
Ma dopo la nascita, la madre non accetta questo suo piccolo così diverso.

Quindi gli rifiuta il latte e le cure materne.

Dopo tanti sforzi, i pastori mandano i loro figli nel deserto, alla ricerca di un musicista.
Finalmente arriva un violinista, e dopo alcuni giorni, la dolce musica e le carezze da parte di una donna, riescono a commuovere e intenerire la madre del piccolo cammello fino alle lacrime, riuscendo così a recuperare l’istinto materno, cominciando a nutrire e ad accudire il proprio cucciolo.

Brano tratto dal film-documentario sulla perdita dell’amore “La storia del cammello che piange.” di Luigi Falorni e Byambasuren Davaa.

Un film semplice e straordinario, che cerca di parlare con l’amore della natura.
Talvolta, le storie vere racchiudono in se stesse quella magia dell’incanto che nessuna finzione riesce ad eguagliare.
Non ci sono effetti speciali, costumi o sofisticate strategie in grado di competere con la bellezza che ci circonda.
Basta saper vedere con gli occhi del cuore e riscoprire la meravigliosa semplicità dello stupore.

Il ricamo

Il ricamo

Quando ero piccolo mia madre era solita cucire tanto.
Mi sedevo vicino a lei e le chiedevo cosa stesse facendo.

Lei mi rispondeva che stava ricamando.

Osservavo il lavoro di mia madre da un punto di vista più basso rispetto a dove stava seduta lei, cosicché ogni volta mi lamentavo dicendole che dal mio punto di vista ciò che stava facendo mi sembrava molto confuso.
Lei mi sorrideva, guardava verso il basso e gentilmente mi diceva:
“Figlio mio, vai fuori a giocare un po’ e quando avrò terminato il mio ricamo ti metterò sul mio grembo e ti lascerò guardare dalla mia posizione!”
Mi domandavo perché utilizzava dei fili di colore scuro e perché mi sembravano così disordinati visti da dove stavo io.

Alcuni minuti dopo sentivo la voce di mia madre che mi diceva:

“Figlio mio, vieni qua e siediti sul mio grembo.”
Io lo facevo immediatamente e mi sorprendevo e mi emozionavo al vedere i bei fiori o il bel tramonto nel ricamo.
Non riuscivo a crederci; da sotto si vedeva così confuso.

Allora mia madre mi diceva:

“Figlio mio, di sotto si vedeva confuso e disordinato ma non ti rendevi conto che di sopra c’era un progetto.
C’era un disegno, io lo stavo solo seguendo.
Adesso guardalo dalla mia posizione e saprai ciò che stavo facendo!”

Brano tratto dal libro “Il Dio Padre di Gesù.” di Giovanni Maddamma

La mamma ed il bambino (Saper ascoltare)

La mamma ed il bambino (Saper ascoltare)

Una giovane mamma, in cucina, preparava la cena con la mente totalmente concentrata su ciò che stava facendo: preparare le patatine fritte.
Stava lavorando sodo proprio per preparare un piatto che i bambini avrebbero apprezzato molto.
Le patatine fritte erano il piatto preferito dai suoi bambini.
Il bambino più piccolo di quattro anni aveva avuto una intensa giornata alla scuola materna e raccontava alla mamma quello che aveva visto e fatto.

La mamma gli rispondeva distrattamente con monosillabi e borbottii.

Qualche istante dopo si sentì tirare la gonna e udì:
“Mamma!”
La donna accennò di sì col capo e borbottò anche qualche parola.
Sentì altri strattoni alla gonna e di nuovo:

“Mamma.”

Gli rispose ancora una volta brevemente e continuò imperterrita a sbucciare le patate.
Passarono cinque minuti.
Il bambino si attaccò alla gonna della mamma e tirò con tutte le sue forze.
La donna fu costretta a chinarsi verso il figlio.
Il bambino le prese il volto fra le manine paffute, lo portò davanti al proprio viso e disse:

Mamma, ascoltami con gli occhi!”

Ascoltare qualcuno con gli occhi significa dirgli:
“Tu sei importante per me!”
Tutte le cose importanti passano attraverso gli occhi.

Brano tratto dal libro “365 Piccole storie per l’anima.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

E Dio creò la mamma

E Dio creò la mamma

Il buon Dio aveva deciso di creare… la mamma.
Ci si arrabattava intorno già da sei giorni, quand’ecco comparire un angelo che gli fa:
“Questa qui te ne fa perdere di tempo, eh?”
E Lui: “Sì, ma hai letto i requisiti dell’ordinazione?
Dev’essere completamente lavabile, ma non di plastica…
avere 180 parti mobili tutte sostituibili…
funzionare a caffè e avanzi del giorno prima…
avere un bacio capace di guarire tutto, da una sbucciatura ad una delusione d’amore…
e sei paia di mani.”

L’angelo scosse la testa e ribatté incredulo: “Sei paia?”

“Il difficile non sono le mani,” disse il buon Dio, “ma le tre paia di occhi che una mamma deve avere!”
“Così tanti?” chiese l’angelo.
Dio annuì.
“Un paio per vedere attraverso le porte chiuse quando domanda “Che state combinando lì dentro, bambini?” anche se lo sa già;
un altro paio dietro la testa, per vedere quello che non dovrebbe vedere, ma che deve sapere;
un altro paio ancora per dire tacitamente al figlio che si è messo in un guaio “Capisco e ti voglio bene lo stesso.” ”
“Signore,” fece l’angelo sfiorandogli gentilmente un braccio, “va’ a dormire.
Domani è un altro giorno.”

“Non posso,” ripose il Signore, “ho quasi finito ormai.

Ne ho già una che guarisce da sola se è malata, che può lavorare 18 ore di seguito, preparare un pranzo per sei con mezzo chilo di carne tritata e che riesce a tenere sotto la doccia un bambino di nove anni!”
L’angelo girò lentamente intorno al modello di madre, esaminandolo con curiosità:
“E’ troppo tenera!” disse poi con un sospiro.
“Ma resistente,” ribatté il Signore con foga, “tu non hai idea di quello che può sopportare una mamma!”
“Sa pensare?” domandò allora l’angelo.
“Non solo, ma sa anche fare un ottimo uso della ragione e venire a compromessi.” ribatté il Creatore.
A quel punto l’angelo si chinò sul modello della madre e le passò un dito su una guancia:

“Qui c’è una perdita!” dichiarò.

“Non è una perdita,” lo corresse il Signore, “è una lacrima!”
“E a che cosa serve?” domandò l’angelo.
“Esprime gioia, tristezza, delusione, dolore, solitudine, orgoglio.” rispose Dio.
“Ma sei un genio!” esclamò l’angelo.
Con sottile malinconia Dio aggiunse:
“A dire il vero, non sono stato io a mettercela quella cosa lì…”

Brano tratto dal libro “40 Storie nel deserto.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.