La formichina e la forza dell’amore

La formichina e la forza dell’amore

Il Re Salomone, un giorno, gironzolando per il deserto fu attratto da un formicaio!
Tutte le formiche si precipitarono ad ossequiare le sante impronte del Re.

Una sola non si curò minimamente della sua presenza!

Continuò, imperturbabile, a lavorare con invariata alacrità senza fermarsi un attimo.
Stava ai piedi di una duna di sabbia ed il Re si chinò su di lei, chiedendo:
“Che cosa fai, formichina?”
Senza distrarsi un attimo dal lavoro la formica gli rispose:
“Vedi, Re dei Re, un granello dopo l’altro io porto altrove questa duna!”

“Formichina generosa!”

le disse Salomone, “Non è un lavoro sproporzionato per le tue forze?
Questa duna è così alta che neanche riesci a vederne la cima.
Neanche con la longevità di Matusalemme, e la pazienza di Giobbe, potresti sperare di spostare questa duna!”
“Gran Re!” riprese la formica, “Faccio questo per amore della mia amata!

Questa duna mi separa da lei.

Niente e nessuno mi potrà impedire di abbatterla!
E se quest’opera dovesse consumare tutte le mie forze, almeno morirò nella misteriosa e felice follia della speranza!”
Così parlò la formica innamorata.
In questo modo il Re Salomone scoprì, sul sentiero del deserto, quanto può essere forte e coraggioso l’amore!

Brano senza Autore

La perseveranza della formica

La perseveranza della formica

L’altro giorno ho visto una formica che trasportava una foglia enorme.
La formichina era piccola e la foglia doveva pesare almeno il doppio della (formica) stessa.
Ora la trascinava, ora la sollevava sopra la testa.
Quando soffiava il vento, la foglia cadeva, facendo cadere anche la formica.
Fece molti capitomboli, ma nemmeno questo fece desistere la formica dalla sua impresa.
L’osservai e la seguii, finché giunse vicino a un buco, che doveva essere la porta della sua casa.
Allora pensai:
“Finalmente ha concluso la sua impresa!”
Mi illudevo.

Perché, anzi, aveva appena terminata solo una tappa.

La foglia era molto più grande del foro, per cui la formica lasciò la foglia di lato all’esterno ed entrò da sola.
Così mi dissi:
“Poverina, tanto sacrificio per nulla!”
Mi ricordai del detto popolare:
“Nuotò, nuotò e morì sulla spiaggia!”
Ma, la formichina mi sorprese.
Dal buco uscirono altre formiche, che cominciarono a tagliare la foglia in piccoli pezzi.
Sembravano allegre nel lavoro.
In poco tempo, la grande foglia era sparita, lasciando spazio a pezzettini che ormai erano tutti dentro il buco.

Immediatamente mi ritrovai a pensare alle mie esperienze.

Quante volte mi sono scoraggiato davanti all’ingorgo degli impegni o delle difficoltà?
Forse, se la formica avesse guardato le dimensioni della foglia, non avrebbe nemmeno cominciato a trasportarla.
Ho invidiato la perseveranza, la forza di quella formichina.
Naturalmente, trasformai la mia riflessione in preghiera e chiesi al Signore che mi desse la tenacia di quella formica, per “caricare” le difficoltà di tutti i giorni.
Che mi desse la perseveranza della formica, per non perdermi d’animo davanti alle cadute.

Che io possa avere l’intelligenza,

l’abilità di quella formichina, per dividere in pezzi il fardello che, a volte, si presenta tanto grande.
Che io abbia l’umiltà per dividere con gli altri i frutti della fatica come se il tragitto non fosse stato solitario.
Chiesi al Signore la grazia di riuscire, come quella formica, a non desistere dal cammino, specie quando i venti contrari mi fanno chinare la testa verso il basso… specie quando, per il peso di ciò che mi carica, non riesco a vedere con nitidezza il cammino da percorrere.
La gioia delle larve che, probabilmente, aspettavano il cibo all’interno, ha spinto quella formica a sforzarsi e superare tutte le avversità della strada.
Dopo il mio incontro con quella formica, sono stato rafforzato nel mio cammino.
Ringrazio il Signore per averla messa sulla mia strada e per avermi fatto passare sul cammino di quella formichina.
I sogni non muoiono, solo si assopiscono nel cuore della gente.
Basta svegliarli, per riprendere il cammino!

Brano senza Autore

Il detenuto e la formica

Il detenuto e la formica

Un uomo fu condannato a vent’anni di carcere.
Ovviamente non riusciva ad immaginare cosa avrebbe potuto fare durante questo lungo periodo.

Dopo alcuni mesi scoprì che

alcune formiche risiedevano stabilmente sotto l’intonaco scheggiato della sua cella.
Una di quelle formiche sembrava particolarmente dotata ed il detenuto decise di ammaestrarla.
Ci volle un sacco di pazienza, ma dopo cinque anni la formica ubbidiva agli ordini, ballava su un capello ben teso e faceva il doppio salto mortale.
Altri cinque anni dopo, la meravigliosa (e longeva) formichina sapeva cantare tutte le canzoni di Sanremo.

Cinque anni dopo la formica parlava correttamente quattro lingue.

Stava per imparare la quinta quando l’uomo venne scarcerato.
Si mise in tasca la preziosa formica nella speranza che gli servisse a guadagnare un mucchio di soldi esibendosi in televisione.
Uscito di prigione, andò diritto in un bar e, dopo aver bevuto, non resistette alla tentazione di sfoggiare la bravura della sua formica.

La posò sul bancone e chiamò il barista:

“Guardi questa formica!”
Il barista, senza perdere un attimo di tempo schiacciò la formica dicendo:
“La prego di scusarci, signore!”

Brano tratto dal libro “L’importante è la rosa.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.