Il parroco e la ragazza

Il parroco e la ragazza

Era il mese di maggio e, dopo il rosario, una ragazza si avvicinò al parroco e disse:
“Nel rosario voi non fate che ripetere sempre le stesse parole!
E chi ripete sempre le stesse parole, è noioso e lascia pensare che non crede in quello che dice.
Io non crederei mai ad una persona che ripete sempre le stesse cose!”

Il parroco le chiese chi fosse il giovane che l’accompagnava.

La ragazza rispose che fosse il suo fidanzato.
“Ti vuole bene?” chiese il prete.
“Certamente!” rispose lei.
“E come lo sai?” domandò, allora, il parroco.
“Me lo ha detto!” spiegò la ragazza.
“Che cosa ti ha detto?” le chiese.
“Io ti amo!” esclamò sicura la ragazza.

“Quando te lo ha detto?” continuò il parroco.

“Me lo ha ripetuto, l’ultima volta, un’ora fa!” rispose la ragazza.
“Te lo aveva detto anche prima?” domandò il sacerdote.
“Sì, ieri sera!” spiego la ragazza.
“Che cosa ti ha detto?” proseguì il parroco.
“Io ti amo!” replicò lei.
“Ed altre volte è capitato?” chiese, allora, il prete.

“Tutte le sere!” esclamò la ragazza.

“Gli hai mai rinfacciato che ripete sempre le stesse cose?” domandò il prete.
“Certo che no!” rispose la ragazza, un po’ sorpresa.
“Ti annoia sentire dire ripetutamente:
“Io ti amo!”?” le chiese allora.
“No… Anzi, mi preoccuperebbe, se non lo facesse!” spiegò la ragazza.
“Bene, adesso hai capito perché, con il Rosario, diciamo sempre le stese cose…” concluse sorridendo il parroco.

Brano senza Autore

Dire grazie (Madre e figlio)

Dire grazie (Madre e figlio)

Confessione di un figlio, al di sopra di ogni sospetto…
“Ieri sono stato a mangiare in un ristorante!
Un pranzo passabile, ma che prezzi!
Ci serviva una cameriera, né bella, né gentile…
In tutto il pranzo le avrò detto cento volte:

“Grazie!”

Lei neanche ci faceva caso e aveva ragione:
è pagata per fare quel lavoro!
Oggi, mia madre, come sempre, si è alzata per prendermi un bicchiere d’acqua…
Non so come, mi è sfuggito un:
“Grazie!”
Non l’avevo mai fatto!
Mia madre si è messa seduta e mi è sembrato che, quasi, piangesse…

Conclusione:

per far piangere mia madre basta poco;
basta dire un “Grazie!” ogni tredici anni!”

Confessione di una madre, piena di sospetti…
“Oggi, mio figlio mi ha detto: “Grazie!”
Ho pianto…
Che scema!

Spero non se ne sia accorto:

altrimenti non me lo dice più per non farmi piangere…
Se, invece, si fosse accorto che io, “la madre”, sono Lucia, che ho quarant’anni, che spesso sono stanca, che a volte mi sento sola, che spesso desidero parlare, uscire, che a volte sto male…”
Conclusione:
“Se volete imparare la crescita, il progresso personale e la dignità, per incominciare non c’è un posto migliore della vostra famiglia!”

Brano senza Autore

La prova di coraggio

La prova di coraggio

“Se vuoi entrare nella nostra banda, lo devi fare!” disse Pietro a muso duro.
Ale fissava la punta delle scarpe.
“Non ho mai rubato!” mormorò.
“C’è sempre una prima volta.
E una prova di coraggio è una prova di coraggio!” ribatté Pietro.
“Non avere fifa!” lo incoraggiò Berni, “Noi distraiamo il vecchio e tu fai sparire il cioccolato in tasca. Dai!”
Ale scrollò le spalle:
“Non è una gran prova di coraggio fregare cioccolato a un vecchio!”
“Vuoi essere dei nostri, sì o no?” chiese allora Pietro, “O sei un vigliacco?”
“Io non sono un vigliacco!” rispose Ale.
E si diressero tutti e tre verso la piccola bottega che vendeva un po’ di tutto.

Il campanello della porta trillò.

Il vecchio li guardò da sopra gli occhiali e li salutò con un cenno del capo.
Pietro e Berni finsero di esaminare la merce con aria indolente.
Poi richiamarono l’attenzione del bottegaio nell’angolo dei quaderni:
“Quanto costa questo?”
“Cinquanta centesimi!” rispose gentilmente il vecchio.
Nella parte opposta del negozio Ale con mossa rapida fece scivolare alcune confezioni di cioccolato nelle tasche.
I ragazzi pagarono il quaderno.
Il vecchio regalò a ciascuno una gomma da masticare.
Lo faceva con tutti i bambini.
I ragazzini corsero via eccitati.
Ai giardini, Ale consegnò il bottino.
“Cioccolato con le nocciole! Grande!” esclamarono i due.

Lo divorarono.

Ale lo trovò spiacevolmente amaro.
“Ora sei dei nostri!” disse Pietro e gli diede un rumoroso “cinque.”
“Io vado a casa!” mormorò Ale.
Passò la serata a studiare e andò a letto senza discutere.
Il mattino dopo, ebbe un tuffo al cuore passando davanti alla bottega del vecchietto.
Alla fine della mattinata di scuola cincischiò con libri e zainetto finché rimase solo, poi entrò nella bottega.
Il campanello trillò e il vecchietto lo accolse cordialmente.
Il ragazzino mise una banconota accanto alla cassa.

“Tre tavolette di cioccolato!” disse.

“Prendile pure Ale!” rispose il vecchio.
“Le ho già prese ieri, signore!” mormorò il bambino arrossendo, che aggiunse:
“Ho dovuto farlo.
Era una prova di coraggio…”
Il vecchio prese la banconota e gli diede il resto, come sempre regalò ad Ale una gomma da masticare.
Poi fece un cenno di approvazione con il capo:
“La prova di coraggio l’hai superata oggi!”

Brano senza Autore

La banca del tempo

La banca del tempo

Immagina che esista una banca che ogni mattina accredita la somma di 86.400 euro sul tuo conto, non conservando, però, il tuo saldo giornaliero rimanente.
Questa banca, infatti, ogni notte cancella qualsiasi quantità di denaro che non sia stata usata durante il giorno.
Che faresti?
Ritireresti e spenderesti tutto fino all’ultimo centesimo ogni giorno, ovviamente.
Ebbene, ognuno di noi possiede un conto in questa banca…

Il suo nome?

Tempo.
Ogni mattina essa ti accredita 86.400 secondi; ogni notte questa banca cancella e da, come persa, qualsiasi quantità di questo credito che tu non abbia investito in un buon proposito.
Questa banca non conserva saldi né permette trasferimenti.
Ogni giorno ti apre un nuovo conto.
Ogni notte elimina il saldo del giorno.
Se non utilizzi il deposito giornaliero, la perdita è tua.
Non si può fare marcia indietro, non esistono accrediti sul deposito di domani.
Devi vivere nel presente con il deposito di oggi.
Investi in questo modo per ottenere il meglio nella salute, felicità e successo:

l’orologio continua il suo cammino!

Ottieni il massimo da ogni giorno.

Per capire il valore di un anno, chiedi ad uno studente che è stato bocciato.
Per capire il valore di un mese, chiedi ad una madre che ha partorito prematuramente.
Per capire il valore di una settimana, chiedi ad una ragazza che ha un ritardo.
Per capire il valore di un’ora, chiedi a due innamorati che aspettano di incontrarsi.
Per capire il valore di un minuto, chiedi a qualcuno che ha appena perso il treno.
Per capire il valore di un secondo, chiedi a qualcuno che ha appena evitato un incidente.
Per capire il valore di un milionesimo di secondo, chiedi ad un atleta che ha vinto la medaglia di argento alle Olimpiadi.

Dai valore ad ogni momento che vivi e dagli ancor più valore se lo potrai condividere con una persona speciale, tanto speciale, da dedicarle il tuo tempo…

E ricorda che il tempo non aspetta nessuno!

Ieri? Storia.
Domani? Mistero.
È per questo che esiste il presente.

Brano senza Autore
Non aver paura del domani, perché in fondo oggi è il giorno che ti faceva paura ieri.

Quanto costa un biglietto?

Quanto costa un biglietto?

Un mattino, la segretaria stava vendendo i biglietti per l’ultima serata dello spettacolo allestito dalla scuola.
La sera prima avevano registrato il tutto esaurito.
La prima della fila di quel giorno era una madre.
“Penso che sia terribile dover pagare per vedere recitare mio figlio.” annunciò, estraendo il borsellino dalla borsa.
“La scuola chiede una donazione volontaria per contribuire alle spese per la scenografia e i costumi,” spiegò la segretaria, “ma nessuno deve pagare.
Lei può avere tutti i biglietti di cui ha bisogno!”
“Oh, pagherò!” borbottò, “Due adulti ed un bambino.”
E fece cadere un biglietto da dieci.

La segretaria le diede il resto.

In quel momento il ragazzo dietro di lei svuotò sul tavolo la tasca piena di monete.
“Quanti biglietti?” chiese la segretaria.
“Non mi servono i biglietti per vedere lo spettacolo stasera!” disse.
“Voglio solo pagare!” e spinse verso di lei le monete.
“Ma devi avere il biglietto per vedere lo spettacolo di stasera?” chiese la segretaria.
Il ragazzo scosse la testa: “L’ho già visto!”
La segretaria spinse indietro la pila di monetine.
“Se vuoi vedere lo spettacolo con la tua classe non devi pagare.” gli disse, “È gratis!”
“No!” insistette il ragazzo, “Io l’ho visto ieri sera.
Io e mio fratello siamo arrivati tardi.
Non abbiamo trovato nessuno per comprare i biglietti, così siamo entrati!”
Un sacco di gente in mezzo a quella folla era probabilmente entrata.
I pochi volontari presenti non potevano controllare che tutti avessero il biglietto.

Lui spinse nuovamente avanti il denaro:

“Pago adesso per ieri sera!”
Quel ragazzo e suo fratello dovevano essere rimasti in fondo.
Ed essendo arrivati quando il botteghino era già chiuso, probabilmente non avevano nemmeno visto tutto lo spettacolo.
Alla segretaria dispiaceva prendere quei soldi.
Una pila di monetine nelle mani di un ragazzino è di solito il risultato di paghette risparmiate con cura.
“Se il banco dei biglietti era chiuso quando siete arrivati, non potevate pagare!” argomentò allora.
“Questo è quello che ha detto mio fratello!” spiegò il ragazzino.
“Nessuno si accorgerà della differenza.” gli assicurò la segretaria, “Non preoccuparti!”
Pensando che la questione fosse chiusa, spinse di nuovo indietro le monete.

Lui pose la sua mano sulla sua:

“Io conosco la differenza!”
Per un istante le loro mani si unirono in silenzio al di sopra del mucchietto di monete.
Poi la segretaria disse:
“Due biglietti costano sei euro.”
Le monete vennero contate fino alla cifra corretta.
“Grazie!” dissero insieme.
Il ragazzino sorrise, si voltò e se ne andò.

Brano tratto dal libro “C’è ancora qualcuno che danza.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Ho l’impressione di aver dimenticato qualcosa

Ho l’impressione di aver dimenticato qualcosa

Una volta, in una piccola città, uguale a tante altre, cominciarono a succedere dei fatti strani.
I bambini dimenticavano di fare i compiti, i grandi si dimenticavano di togliersi le scarpe prima di andare a dormire, nessuno si salutava più.
Le porte della chiesa rimanevano chiuse.
Le campane non suonavano più.
Nessuno sapeva più le preghiere.

Un lunedì mattina, però, un maestro domandò ai suoi alunni:

“Perché ieri non siete venuti a scuola?”
“Ma ieri era domenica!” risposero gli scolari, “La domenica non c’è scuola!”
“Perché?” chiese il maestro.
Gli alunni non seppero che cosa rispondere.
Si avvicinava il Natale.
“Perché suonano questa musica dolce?”
“Perché sull’albero ci sono le candele?”
Nessuno lo sapeva.

Due amici avevano litigato:

si erano insultati fino a diventare rauchi.
“Ora non ho più nessun amico.” pensava tristemente uno di loro il giorno dopo.
E non sapeva che cosa fare.
La piccola città si faceva sempre più grigia e triste.
La gente diventava ogni giorno più egoista e litigiosa.
“Ho l’impressione di aver dimenticato qualcosa!” ripetevano tutti.
Un giorno soffiava un forte vento tra i tetti, così forte da smuovere le campane della chiesa.

La campana più piccola suonò.

Improvvisamente la gente si fermò e guardò in alto.
E un uomo per tutti esclamò:
“Ecco che cosa abbiamo dimenticato: Dio!”

Brano tratto dal libro “Cerchi nell’acqua.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

La parola piangere. Favola & Filastrocca.

La parola piangere.
Favola & Filastrocca.
—————————–
Favola
Filastrocca
—————————–
“Favola”

 

Questa storia non è ancora accaduta, ma accadrà sicuramente domani.
Ecco cosa dice.
Domani una brava, vecchia maestra condurrà i suoi scolari, in fila per due, a visitare il “Museo del Tempo Che Fu,” dove sono raccolte le cose di una volta che non servono più, come la corona del re, lo strascico della regina, il tram di Monza, eccetera.
In una vetrinetta un po’ polverosa c’era la parola:

“Piangere.”

Gli scolaretti di Domani lessero il cartellino, ma non capivano, quindi chiesero:
“Signora, che vuol dire?
“È un gioiello antico?
Apparteneva forse agli Etruschi?”
La maestra spiegò che una volta quella parola era molto usata, e faceva male.
Mostrò una fialetta in cui erano conservate delle lacrime:
chissà, forse le aveva versate uno schiavo battuto dal suo padrone, forse un bambino che non aveva casa.

“Sembra acqua!” disse uno degli scolari.

“Ma scottava e bruciava!” rispose la maestra.
“Forse la facevano bollire prima di adoperarla?” chiese ancora uno degli scolari.
Gli scolaretti proprio non capivano, anzi cominciavano già ad annoiarsi.
Allora la buona maestra li accompagnò a visitare altri reparti del Museo dove c’erano da vedere cose più facili come:
L’inferriata di una prigione, un cane da guardia, il tram di Monza, eccetera, tutta roba che nel felice paese di Domani non esisteva più.

—————————–
“Filastrocca”

 

Un giorno tutti saremo felici.
Le lacrime, chi le ricorderà?

I bimbi scoveranno
nei vecchi libri
la parola “piangere”
e alla maestra in coro chiederanno:
“Signora, che vuol dire?

Non si riesce a capire”.

Sarà la maestra,
una bianca vecchia
con gli occhiali d’oro,
e dirà loro:
“Così e così”.

I bimbi lì per lì
non capiranno.
A casa, ci scommetto,
con una cipolla a fette
proveranno e riproveranno
a piangere per dispetto
e ci faranno un sacco di risate…

E un giorno tutti in fila,

andranno a visitare
il Museo delle lacrime:
io li vedo, leggeri e felici,
i fiori che ritrovano le radici.

Il Museo non sarà tanto triste:
non bisogna spaventare i bambini.
E poi, le lacrime di ieri
non faranno più male:

è diventato dolce il loro sale.

E la vecchia maestra narrerà:
“Le lacrime di una mamma senza pane…
le lacrime di un vecchio senza fuoco…
le lacrime di un operaio senza lavoro…
le lacrime di un negro frustato
perchè aveva la pelle scura…”
“E lui non disse nulla?”
“Ebbe paura?”
“Pianse una sola volta ma giurò:
una seconda volta
non piangerò”.

I bimbi di domani

rivedranno le lacrime
dei bimbi di ieri:
del bimbo scalzo,
del bimbo affamato,
del bimbo indifeso,
del bimbo offeso, colpito, umiliato…

Infine la maestra narrerà:
“Un giorno queste lacrime
diventarono un fiume travolgente,
lavarono la terra
da continente a continente,
si abbatterono come una cascata:
così, così la gioia fu conquistata”.

Favola e Filastrocca di Gianni Rodari

La storia di Rob


La storia di Rob

Rob è il tipo di persona che ti fa piacere odiare:
è sempre di buon umore ed ha sempre qualcosa di positivo da dire.
Quando qualcuno gli chiede come va, lui risponde:
“Se andasse meglio di cosi, sarei due persone!”
È un ottimista.
Se un collega ha un giorno no, Rob riesce sempre a fargli vedere il lato positivo della situazione.
Vederlo mi incuriosiva e così un giorno gli chiesi:
“Io non capisco, non è possibile essere ottimisti ogni giorno, come fai?”

Rob mi rispose:

“Ogni giorno mi sveglio e mi dico, oggi avrò due possibilità.
Posso scegliere di essere di buon umore o posso scegliere di essere di cattivo umore.
E scelgo di essere di buon umore.
Quando mi succede qualcosa di brutto io posso scegliere di essere una vittima o di imparare da ciò.
Ed io scelgo di imparare.
Ogni volta che qualcuno viene da me a lamentarsi per qualcosa, io posso scegliere di accettare le lamentele, o posso scegliere di aiutarlo a vedere il lato positivo della vita.
Ed io scelgo il lato positivo della vita.”
“Ma non è sempre così facile” gli dissi.

“Sì, lo è;” disse Rob, “la vita è tutta una questione di scelte.

Quando tagli via tutto ciò che non conta, è tutta una questione di scelte.
Sta a te scegliere come reagire alle situazioni, sta a te decidere come lasciare che gli altri influenzino il tuo umore.
Tu scegli se essere di buon umore o di cattivo umore.
Alla fine sei tu a decidere come vivere la tua vita.”
Dopo quella conversazione ci perdemmo di vista perché io cambiai lavoro, ma spesso mi ritrovai a pensare alle sue parole, quando dovevo fare una scelta nella mia vita, invece di reagire agli eventi.
Ho saputo che Rob aveva avuto un brutto incidente sul lavoro, era caduto da 18 metri di altezza, e dopo 18 ore di sala operatoria fu dimesso dall’ospedale con una piastra d’acciaio nella schiena.

Sono andato a trovarlo e gli ho chiesto come si sentisse:

“Se stessi meglio sarei due persone,” mi rispose, “vuoi vedere le mie cicatrici?”
“Ma come fai,” gli chiesi, “ad essere così positivo dopo quello che ti è successo?”
“Mentre stavo cadendo, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la mia bimba.
Poi mentre giacevo per terra, mi sono detto che potevo scegliere di vivere o di morire.
Ed ho scelto di vivere.”
“Ma non hai mai avuto paura?” aggiunsi.
“Sì, quando mi hanno portato in ospedale ed ho visto l’espressione sul viso dei medici e degli infermieri, ho avuto paura, perché era come se guardassero un uomo morto!

Poi un’infermiera mi ha chiesto se avessi allergie, ed io risposi si.

Tutti mi guardarono, ed io urlai: sono allergico alla gravità!”
Tutti scoppiarono a ridere, ed io dissi:
“Ed ora operatemi da uomo vivo, non come se fossi già morto.”
Rob mi ha insegnato che ogni giorno abbiamo la possibilità di scegliere di vivere la vita pienamente.
Quindi è inutile preoccuparsi sempre per il domani, perché ogni giorno ha i suoi problemi su cui scegliere di vivere, e domani penseremo ai problemi di domani.
Dopotutto, oggi e il domani di cui ti preoccupavi ieri.

Brano senza Autore, tratto dal Web