Aspetta, papà… aspetta

Aspetta, papà… aspetta
(L’appuntamento padre-figlia)

Un papà aveva imparato che molti conflitti con i figli si risolvevano in pizzeria.
Per qualche anno aveva portato fuori ogni tanto la figlia più grande, per una specie di appuntamento padre-figlia.
Decise di fare lo stesso anche con la più piccola.
Per il primo appuntamento la portò a cena in una pizzeria vicino a casa.

Gli avevano appena servito la pizza quando decise che

era il momento giusto per dire alla bambina quanto lui le volesse bene e quanto la apprezzasse.
“Giulia,” disse, “voglio che tu sappia che ti voglio bene e che, per me e la mamma, tu sei davvero speciale.
Preghiamo sempre per te, e ora che stai crescendo e diventi ogni giorno che passa un ragazzina in gamba, non potremmo essere più orgogliosi.”
Non appena ebbe terminato di pronunciare quelle parole, rimase in silenzio e fece per prendere la forchetta così da iniziare a mangiare, ma non riuscì a portare la forchetta alla bocca.
La bambina allungò la mano appoggiandola su quella del padre.
Gli occhi di lui incontrarono i suoi e, con una vocina dolce, la bambina disse:

“Aspetta, papà… aspetta.”

Il papà appoggiò la forchetta e spiegò di nuovo alla figlia perché lui e la mamma la amavano e la stimavano.
Poi, di nuovo, afferrò la forchetta.
Ma per la seconda volta, e poi per la terza, e la quarta, fu fermato sempre dalle stesse parole: “Aspetta, papà… aspetta.”
Quella sera il padre non riuscì a mangiare molto e, non appena rientrarono,

la bambina corse dalla mamma e le disse:

“Sono una figlia davvero speciale, mamma.
Me l’ha detto papà.
Mi ha fatto tanto bene sentirmelo dire che gliel’ho fatto ripetere tante volte.”

Brano senza Autore

Il leone superbo

Il leone superbo

Un leone superbo era affamato.
Non mangiava ormai da un po’ e, per questa ragione, il suo stomaco brontolava.
Sapeva che nella zona in cui viveva non c’erano abbastanza prede.
Capì, quindi, di dover essere paziente e cauto durante la caccia, dato che se si fosse presentata una preda e l’avesse perduta non ne avrebbe trovata facilmente un’altra.

Per questa ragione, il leone rimase tranquillo dietro un cespuglio.

Trascorsero alcune ore e non si presentò alcuna preda.
Quando aveva ormai perso le speranze, comparve una lepre nelle vicinanze.
C’era un pascolo e la lepre uscì per mangiare dell’erba, senza prestare attenzione.
Conscio della velocità delle lepri, il leone sapeva che avrebbe dovuto sferrare un attacco improvviso e deciso.

In caso contrario, la lepre sarebbe scappata.

Aspettò un po’ e si mise sull’attenti.
Quando stava per saltare addosso alla sua preda, all’improvviso vide un bel cervo camminare a qualche metro di distanza.

Gli venne l’acquolina in bocca.

In un paio di secondi cambiò idea e attaccò il cervo, che aveva però avuto il tempo di vederlo e di iniziare a correre.
La lepre, ovviamente, scappò.

È meglio non lasciar andare via ciò che rappresenta una certezza, in cambio di qualcosa che ci affascina all’improvviso.

Brano senza Autore

Il brodo della gallina

Il brodo della gallina

La famiglia è sempre stata il pilastro della società, anche se in questo momento storico è sottoposta a tante, troppe, disgregazioni.
E, sfortunatamente, oggi assistiamo a tanti odiosi e criminali femminicidi.
Le problematiche di un tempo erano diverse, ma la società non era immune da difficoltà.
I problemi erano celati e soppressi dalla società patriarcale,

che si basava su rigide regole in gran parte sfavorevoli alle donne.

Fiorella viveva all’interno di una di queste ed era, come le donne bibliche, criticata e compatita, dato che non riusciva ad avere figli.
Riuscì comunque a rimanere incinta, prima di iniziare ad invecchiare, ed a partorire una bellissima bambina.
Secondo la tradizione veneta, i parenti più stretti dovevano regalare alla neo mamma una gallina, rigorosamente nera, affinché la mangiasse, in modo da riprendersi il più in fretta possibile dalle fatiche del parto per tornare celermente a lavorare nei campi.
Una sua cognata, invece,

ne portò una volutamente bianca e disse alla puerpera:

“Cognata cara, noi ci conosciamo bene e da tanto tempo.
So che tu sei fin troppo moderna e trasgressiva.
Quindi immagino che non ti offenderai di certo per il colore della mia gallina!”
Fiorella intuì il significato ambiguo e capì di essere stata scoperta.
La bambina, che aveva partorito, non era di suo marito.
Questa non si turbò e replicò:
“Io accetto la tua gallina bianca in deroga alla tradizione solamente se tu, fra qualche giorno, verrai a condividere con me una scodella del suo brodo!”
Quando Fiorella, al tempo stabilito, porse la scodella di brodo fumante alla cognata, questa si lamentò siccome, all’interno della stessa, non erano presenti i classici grandi occhi di grasso, tipici della gallina.

La spiegazione che ne seguì fu sarcastica:

“Hai perfettamente ragione, cognata mia cara, perché ho aggiunto volutamente acqua calda alla tua scodella!
So che tu sei fin troppo tradizionalista nel vedere le cose a modo tuo.
In questo caso, però, meno “occhi” indagatori ci sono, meglio è per il cheto vivere di tutti!”

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Il bambino al concerto di Paderewski

Il bambino al concerto di Paderewski

Volendo incoraggiare il proprio bambino a fare progressi nel suonare il pianoforte, una madre portò il proprio piccolo ad un concerto di Paderewski.
Dopo essersi seduta, la madre vide un’amica nella platea ed andò a salutarla.
Il piccolo, stanco di aspettare, si alzò, attraversò la sala ed arrivò davanti ad una porta su cui c’era scritto:

“Vietato entrare.”

Quando le luci si attenuarono e il concerto stava per iniziare, la madre ritornò al suo posto e vide che suo figlio non era più là.
All’improvviso il sipario si aprì e le luci furono puntate sul grande pianoforte al centro del palcoscenico.
Sgomenta, la madre vide suo figlio seduto tranquillamente davanti al pianoforte mentre suonava il motivetto:

“Mambrù andò alla guerra.”

A quel punto, il grande maestro fece la sua entrata, si recò velocemente al piano e sussurrò all’orecchio del bambino:
“Non smettere, continua pure a suonare.”
Quindi Paderewski stese la mano sinistra e cominciò a suonare la parte del basso.

Poi pose la mano destra vicina a quella del bambino e

vi aggiunse un bell’accompagnamento musicale.
Entrambi, il vecchio maestro e il piccolo apprendista, trasformarono così una situazione imbarazzante in un evento fortemente creativo.
Il pubblico ascoltò emozionato.

Brano senza Autore.

L’amore, il discepolo ed il saggio

L’amore, il discepolo ed il saggio

Un giovane discepolo andò da un saggio e gli disse:
“Maestro ditemi una parola.
Quando un uomo ama è sa di essere amato è la persona più felice di questo mondo.

Ma come si fa ad imparare ad amare?”

“Beh,” rispose il saggio, “potresti iniziare a mettere in pratica queste regole:

  1. Non dare mai un’immagine falsa di se stessi.
  2. Dire sempre di sì, quando è sì, e no, quando è no.
  3. Mantenere la parola data, anche e soprattutto se costa.
  4. Guardare gli altri ad occhi aperti, cercando di conoscere i pregi e i difetti.
  5. Accogliere degli altri non solo i pregi ma anche i difetti e viceversa.
  6. Esercitarsi a perdonare.
  7. Dare agli altri il meglio di se stessi, senza nascondere loro i propri difetti.
  8. Riprendere il rapporto con gli altri anche dopo delusioni e tradimenti.
  9. Imparare a chiedere scusa, quando ci si accorge di aver sbagliato.
  10. Condividere gli amici, vincendo la gelosia.
  11. Evitare amicizie possessive e chiuse.
  12. Dare agli altri anche quando gli altri non possono darci niente.”
Il discepolo con uno sguardo perplesso disse:

“Sono regole belle ma difficili da vivere!”
“Perché, chi ti ha detto che amare è facile?” rispose il saggio, “Non esiste l’amore facile, non esiste l’amore a buon mercato.
Non esiste la felicità facile, non esiste la felicità comprata a prezzi di saldo.
Tutti cercano l’amore ma pochi sono disposti a pagare il prezzo per ottenerlo: il sacrificio!
Imparare ad amare richiede un lungo cammino e un lungo tirocinio.

È difficile, ma non impossibile!”

“Quando potrò dire a me stesso di aver imparato ad amare?” disse il discepolo.
“Mai. Perché la misura dell’amore è amare senza misura.” esclamò il saggio.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Ogni cosa è un dono

Ogni cosa è un dono

Sei single e ti manca un partner.
Sei in coppia e ti manca la libertà.

Lavori e ti manca il tempo.

Hai troppo tempo libero e vorresti lavorare.
Sei giovane e vuoi crescere per fare le cose degli adulti.
Sei adulto e vorresti fare le cose dei giovani.

Sei nella tua città ma vorresti vivere altrove.

Sei altrove ma vorresti tornare nella tua città.
Forse è tempo di smettere col guardare sempre a ciò che ci manca e iniziare a vivere nel presente,

apprezzando davvero quello che abbiamo.

Goditi il profumo della tua casa prima di aprire la porta ed uscire a cercare i profumi del mondo.
Perché niente è scontato, e ogni cosa è un dono.
Dagli valore.

Brano tratto dal libro “Sette secondi.” di Oscar Travino

Lettera di un preside ai genitori

Lettera di un preside ai genitori

Gli esami dei vostri figli stanno per iniziare, so che sperate che i vostri figli vadano bene.
Ma per favore ricordatevi che tra gli studenti che siederanno per fare gli esami c’è un artista che non capisce la matematica,

c’è un imprenditore a cui non interessa la storia,

c’è un musicista i cui voti in chimica non saranno importanti, c’è una persona sportiva il cui allenamento è più importante della fisica.
Se tuo figlio andrà bene sarà un’ottima cosa, ma se lui o lei non lo faranno, per favore non privarli della loro fiducia e della loro dignità.

Digli che non fa niente, che è solo un esame.

Potranno fare cose molto più grandi nella loro vita.
Digli che non importa quali saranno i loro voti, li amerai lo stesso senza giudicarli.
Comportatevi così per favore.

E quando lo farete, ammirerete i vostri figli conquistare il mondo.

Un esame od un brutto voto non gli porteranno via i loro sogni ed il loro talento.
Per favore, non pensate che dottori ed ingegneri siano le uniche persone felici al mondo.
Cordiali saluti, il preside”.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Puoi essere l’artefice del tuo destino…

Puoi essere l’artefice del tuo destino…

Un disoccupato sta cercando lavoro come uomo delle pulizie in una grande azienda informatica.
L’addetto del dipartimento del personale per valutarlo gli fa spazzare il pavimento, poi lo intervista e alla fine gli dice:
“Sei assunto, dammi il tuo indirizzo e-mail, così ti mando un modulo da riempire insieme al luogo e alla data in cui ti dovrai presentare per iniziare.”

L’uomo, sbigottito, risponde che non ha il computer né tanto meno la posta elettronica.

Il tipo gli risponde che se non ha un indirizzo e-mail significa che virtualmente non esiste e quindi non gli possono dare il lavoro.
L’uomo esce disperato, senza sapere cosa fare e con solo 10 dollari in tasca.
Decide allora di andare al supermercato e comprare una cassa di dieci chili di pomodori.
Vendendo porta a porta i pomodori in meno di due ore riesce a raddoppiare il capitale e ripetendo l’operazione si ritrova con centosessanta dollari.

A quel punto realizza che può sopravvivere in quella maniera,

parte ogni mattina più presto da casa e rientra sempre più tardi la sera e ogni giorno raddoppia o triplica il capitale.
In poco tempo si compra un carretto, poi un camion e in un batter d’occhio si ritrova con una piccola flotta di veicoli per le consegne.
Nel giro di cinque anni il tipo è proprietario di una delle più grandi catene di negozi di alimentari degli Stati Uniti.
Allora pensa al futuro e decide di stipulare una polizza sulla vita per lui e la sua famiglia.
Contatta un assicuratore, sceglie un piano previdenziale e quando alla fine della discussione l’assicuratore gli chiede l’indirizzo e-mail per mandargli la proposta,

lui risponde che non ha né computer né e-mail.

“Curioso,” osserva l’assicuratore, “avete costruito un impero e non avete una e-mail, immaginate cosa sareste se aveste avuto un computer!”
L’uomo riflette e risponde:
“Sarei l’uomo delle pulizie di una grande azienda informatica!”

Brano senza Autore, tratto dal Web