I fagioli del diavolo

I fagioli del diavolo

I parenti di una giovane donna avevano organizzato delle nozze combinate tra la stessa ed un contadino molto più anziano di lei.
La motivazione di questo matrimonio si poteva trovare nel fatto che il contadino anziano possedesse molti beni e, conseguentemente, potesse garantire alla ragazza una vita agita.
In attesa del ritorno del marito dai campi, la giovane donna trascorreva diverse ore in compagnia di un ex garzone di cui si era profondamente innamorata.

Usava ogni stratagemma per evitare di cucinare al marito, asserendo che dovesse andare da amiche o in chiesa.

Però, non era emotivamente tranquilla, difatti il marito iniziava a sospettare che qualcosa non andasse, non trovando, sempre più spesso, la cena pronta.
Una vecchia megera, che ogni tanto bussava alla sua porta per leggerle la mano e lucrarle del buon vino ed un pezzo di focaccia, dopo qualche tempo, entrò in confidenza con la giovane ragazza, che le raccontò le sue pene d’amore.

L’anziana signora le suggerì di cucinare, nei giorni degli incontri con il suo spasimante, un bel minestrone di fagioli, il famoso “acceca mariti”.

Questo minestrone necessita di una lunga e lenta cottura in un pentolone, dove la fretta non serve.
In questo modo, si sarebbe potuta assentare per continuare la tresca amorosa senza destare sospetti.
Il marito, al ritorno dai campi, capendo poco di cucina e vedendola accaldata, la lodò per essere stata costantemente al focolare per preparargli il suo piatto preferito.

Il minestrone “acceca mariti” era preparato con una varietà particolare di fagioli.

Questi venivano, e vengono, chiamati i fagioli del diavolo, per il caratteristico colore nero con delle striature rosse.
Una leggenda veneta vuole che il nero raffiguri il diavolo mentre le striature rosse, presenti nella buccia del legume, simboleggiano le fiamme dell’inferno e la vergogna.
Vergogna che anche la sposa provava nei confronti dell’inconsapevole marito.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

La signora ed il consulente matrimoniale

La signora ed il consulente matrimoniale

Una signora si recò da un consulente matrimoniale:
“Voglio divorziare e voglio fare tutto il male possibile a mio marito!”

“Allora cominci a subissarlo di lodi!” le suggerì il consulente.

“Quando sarà diventata indispensabile per lui, quando lui penserà che lei lo ami e lo stimi, dia inizio all’azione legale…
Questo è il modo in cui può ferirlo di più!”
Alcuni mesi dopo quella signora tornò dal consulente e gli riferì che aveva seguito i suoi consigli.

“Bene! Adesso è ora di pensare al divorzio…” le disse il consulente.

“Divorziare?” obiettò la signora, con decisione, “Non ci penso nemmeno!
Mi sono innamorata di lui!”

Brano senza Autore

Il re, la principessa ed il povero plebeo

Il re, la principessa ed il povero plebeo

Si racconta che in un passato assai remoto esistesse un re semi-barbaro che amministrava la giustizia in modo allo stesso tempo spettacolare e bizzarro.
Per punire i crimini particolarmente gravi aveva concepito una singolare ordalia.
L’accusato veniva condotto, in un certo giorno, nell’ arena di un circo, sulle cui gradinate si affollava il popolo riunito.

Davanti a lui vi erano due porte:

dietro una di esse, vi era una tigre affamata, la più feroce che si fosse riusciti a trovare per l’occasione; dietro l’altra, si trovava invece una bella fanciulla, seducente e verginale.
Solo il re sapeva chi fosse in attesa dietro le due porte.
Il reo era costretto ad aprire immediatamente una delle due porte.
In entrambi i casi, la sua sorte era segnata:
se compariva la fiera, moriva dilaniato in pochi secondi; se usciva la dama, doveva sposarla seduta stante e con grandi festeggiamenti, con il monarca in persona come testimone delle nozze, annullando qualunque matrimonio o impegno eventualmente contratto in precedenza.
A voi decidere quale fosse il destino più crudele.

Una volta si presentò il caso di un criminale accusato di un delitto molto grave:

povero plebeo, aveva avuto l’ardire di corteggiare in segreto l’unica figlia del re, la quale aveva corrisposto appassionatamente, seppure di nascosto, il suo amore.
Per il suo giudizio nella fatidica arena, quel barbaro re cercò accuratamente la tigre più vorace, ma scelse anche la più deliziosa delle fanciulle come alternativa.
Sconvolta, la principessa innamorata si vide lacerata da una doppia angoscia:
da un lato, vedere quel corpo amato e accarezzato a pezzi dagli artigli della bestia, dall’altro assistere al matrimonio del proprio innamorato con una bella ragazza, alle cui attrattive ella sapeva bene che il giovane colpevole non sarebbe stato del tutto indifferente.
Con astuzie di donna e arroganza di principessa, riuscì a sapere quale fosse la porta che, nell’ arena, corrispondeva ad ognuno degli indesiderati destini.
Il giovane sembrava confuso nel circo, incalzato dalle aspettative della moltitudine.
Anch’egli conosceva l’intimo dilemma dell’amata e dall’arena le lanciò uno sguardo supplichevole: “Solo tu puoi salvarmi!”
Con un gesto discreto, ma inequivocabile, la principessa indicò la porta di destra.
E questa scelse il condannato senza esitare.

Ora trascrivo come Stockton conclude il suo racconto:

“Il problema dell’azione della principessa non può essere considerato con leggerezza e non pretendo di essere l’unica persona in grado di risolverlo.
Pertanto lascio che sia ognuno di voi a rispondere:
chi uscì dalla porta aperta … la dama o la tigre?»”
E in realtà, questa è la domanda assillante per la giovane principessa, per il giovane condannato e per noi tutti, quasi tutti i giorni e a ogni passo, quando, guidati da oracoli giungiamo al momento incerto e fatale dell’azione.

Brano tratto dal libro “Il coraggio di scegliere: Riflessioni sulla libertà.” di Fernando Savater

La formichina e la forza dell’amore

La formichina e la forza dell’amore

Il Re Salomone, un giorno, gironzolando per il deserto fu attratto da un formicaio!
Tutte le formiche si precipitarono ad ossequiare le sante impronte del Re.

Una sola non si curò minimamente della sua presenza!

Continuò, imperturbabile, a lavorare con invariata alacrità senza fermarsi un attimo.
Stava ai piedi di una duna di sabbia ed il Re si chinò su di lei, chiedendo:
“Che cosa fai, formichina?”
Senza distrarsi un attimo dal lavoro la formica gli rispose:
“Vedi, Re dei Re, un granello dopo l’altro io porto altrove questa duna!”

“Formichina generosa!”

le disse Salomone, “Non è un lavoro sproporzionato per le tue forze?
Questa duna è così alta che neanche riesci a vederne la cima.
Neanche con la longevità di Matusalemme, e la pazienza di Giobbe, potresti sperare di spostare questa duna!”
“Gran Re!” riprese la formica, “Faccio questo per amore della mia amata!

Questa duna mi separa da lei.

Niente e nessuno mi potrà impedire di abbatterla!
E se quest’opera dovesse consumare tutte le mie forze, almeno morirò nella misteriosa e felice follia della speranza!”
Così parlò la formica innamorata.
In questo modo il Re Salomone scoprì, sul sentiero del deserto, quanto può essere forte e coraggioso l’amore!

Brano senza Autore

L’imperatore e la futura imperatrice

L’imperatore e la futura imperatrice

Quando l’imperatore morì, il giovane principe si preparò, con un po’ di apprensione, a prenderne il posto.
Il precettore saggio ed anziano gli disse:
“Hai bisogno di un aiuto, subito.

Prima di salire sul trono scegli la futura imperatrice, ma fa’ attenzione:

deve essere una fanciulla di cui puoi fidarti ciecamente.
Invita tutte le fanciulle che desiderano diventare imperatrice, poi ti spiegherò io come trovare la più degna.”
La più giovane delle sguattere della cucina reale, segretamente innamorata del principe, decise di partecipare.
“So che non verrò mai scelta, tuttavia è la mia unica opportunità di stare accanto al principe almeno per alcuni istanti, e già questo mi rende felice.” pensava.
La sera dell’udienza, c’erano tutte le più belle fanciulle della regione, con gli abiti più sfarzosi, i gioielli più ricchi.

Circondato dalla corte, il principe annunciò i termini della competizione:

“Darò un seme a ciascuna di voi.
Colei che mi porterà il fiore più bello, entro sei mesi, sarà la futura imperatrice.”
Quando venne il suo turno, la fanciulla prese il seme, un minuscolo granello scuro e lo portò a casa avvolto nel fazzoletto.
Lo interrò con cura in un vaso pieno di ottima terra soffice e umida.
Non era particolarmente versata nell’arte del giardinaggio, ma riservava alla sua piccola coltivazione un’enorme pazienza e un’infinita tenerezza.
Ogni mattina spiava con ansia la terra scura, in cui sperava di veder spuntare lo sperato germoglio.
I sei mesi trascorsero, ma nel suo vaso non sbocciò nulla.
Arrivò il giorno dell’udienza.
Quando raggiunse il palazzo con il suo vasetto pieno solo di terra e senza pianta, la fanciulla vide che tutte le altre pretendenti avevano ottenuto buoni risultati.
Il principe entrò e osservò ogni ragazza con grande meticolosità e attenzione.

Passò davanti ad ognuna.

I fiori erano davvero splendidi.
Guardò anche la sguattera che non osava alzare gli occhi e quasi nascondeva il suo vasetto mestamente vuoto.
Dopo averle esaminate tutte, il principe si fermò al centro del salone e annunciò il risultato della gara:
“La nuova imperatrice, mia sposa, è questa fanciulla.”
Quasi si sentiva, nel silenzio profondo, il battito all’unisono di tutti i cuori.
Senza esitazione il principe prese per mano la giovane sguattera.
Poi chiarì la ragione di quella scelta.
“Questa fanciulla è stata l’unica ad aver coltivato il fiore che l’ha resa degna di diventare un’imperatrice:
il fiore dell’onestà.
Tutti i semi che vi ho consegnato erano solo granelli di legno dipinto, e da essi non sarebbe mai potuto nascere nulla!”

Brano tratto dal libro “I fiori semplicemente fioriscono” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

La gatta innamorata di un giovane

La gatta innamorata di un giovane

C’era una volta una gatta che bruciava d’amore per un giovane.
Era tanto innamorata che chiese aiuto ad una fata perché la trasformasse in una donna molto bella, capace di conquistare il giovane.

La fata l’accontentò e la gatta assunse l’aspetto di donna.

Conobbe il giovane e ben presto iniziarono i preparativi per il matrimonio.
Venne il giorno delle nozze, che furono celebrate tra canti e danze e girotondi.

Molte luci illuminavano la festa e agli invitati venivano offerti cibi squi­siti.

Tutto andava per il meglio.
Ma ecco che d’un tratto la sposa vide correre via un sorcetto, e immediatamente si lanciò a rincorrerlo.

Brano tratto dal libro “365 piccole storie per l’anima.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Forse domani sarà troppo tardi

Forse domani sarà troppo tardi

Se sei arrabbiato con qualcuno, e nessuno dei due fa nulla per sistemare le cose… fallo tu.
Può darsi che oggi questa persona voglia ancora essere tua amica, e se non fai qualcosa, forse domani potrebbe essere troppo tardi.

Se sei innamorato di qualcuno, però questa persona non lo sa… diglielo.

Magari oggi anche questa persona è innamorata di te e, se non glielo dici oggi, può darsi che domani sia troppo tardi.
Se muori dalla voglia di dare un bacio a qualcuno… daglielo.
Forse anche questa persona vorrebbe avere un tuo bacio, e se non glielo dai oggi, può darsi che domani sia troppo tardi.

Se ami ancora una persona che credi ti abbia dimenticato… diglielo.

Forse questa persona ha sempre continuato ad amarti, e se non glielo dici oggi, forse domani sarà troppo tardi.
Se hai bisogno dell’abbraccio di un amico… chiediglielo.
Magari lui ne ha bisogno ancora più di te, e se non glielo chiedi oggi, forse domani sarà troppo tardi.

Se hai degli amici che apprezzi veramente… diglielo.

Forse anche loro ti apprezzano, e se lasci che se ne vadano, o che si allontanino da te, forse domani sarà troppo tardi.
Se vuoi bene ai tuoi genitori, e non hai mai avuto l’opportunità di dimostrarglielo… fallo.
Oggi sono lì con te, e puoi ancora dimostrarglielo, ma se andassero via… domani potrebbe essere troppo tardi.

Brano senza Autore, tratto dal Web

La leggenda della stella alpina

La leggenda della stella alpina

Una giovane della valle aveva sposato un montanaro che, come tutti nel paese, conosceva e amava la montagna.
Saliva spesso verso i ghiacciai, per raccogliere dei profumatissimi fiori e per dare la caccia alle marmotte, delle quali vendeva poi la pelle ai viaggiatori della città.

I due sposi vivevano modestamente dei guadagni di lui, ma poiché si volevano tanto bene, erano felici come principi.

Un giorno il giovane sposo partì, come aveva fatto tante volte, per la montagna, ma non fece più ritorno.
Invano la moglie lo attese per tre giorni e tre notti: nessuno aveva più sue notizie.
Allora la povera sposa salì verso il ghiacciaio per rintracciarlo.

Esplorò tutte le cime, esaminò le valli, cercò nel fondo di tutti i crepacci e finalmente lo trovò.

Ma ahimè, giaceva morto tra due lastroni di ghiaccio!
Affranta dal dolore, la povera sposa sedette sulla sporgenza della roccia e pianse tutta la notte.
All’alba, quando il cielo cominciò a schiarire, i suoi capelli e le sue ciglia erano coperti da un velo di brina.

“Dio della montagna,” pregò la sposa,

“non ho il coraggio di staccarmi da mio marito, lasciami qui, su questa rupe, perché io possa vederlo per sempre sul suo letto di ghiaccio.”
Il Signore delle cime ebbe pietà della sposa innamorata e la trasformò nel fiore più bello di tutte le Alpi: la stella alpina!

Brano senza Autore, tratto dal Web

L’amore sfida ogni cosa



L’amore sfida ogni cosa

Una ragazza era follemente innamorata di un suo compagno di classe.
Erano all’ultimo anno di liceo… e mancava solo una settimana alla fine della scuola.
Un giorno la ragazza accompagnò il ragazzo di cui era innamorata a casa.
Era molto agitata ma anche molto decisa!
Doveva confessargli quello che provava per lui.
Emma: “Ehm, ascolta, io ti volevo dire che…
Mi piaci un sacco, sono innamorata di te…

Ti amo!”

La ragazza corse subito via poiché era agitata per quello che aveva appena fatto.
Le scesero le lacrime dalla felicità.
Era felice… ma allo stesso tempo triste dato che pensava che lui non avrebbe mai potuto ricambiare.
Il giorno dopo, in classe ci furono una serie di sguardi intensi tra i due.
Finito l’orario scolastico, il ragazzo provò ad andarle incontro.
La ragazza, timida, vergognandosi se ne andò e intanto lui la segui.
Gianni: “Volevo dirti una cosa, fermati!”
Lei non si fermò e cominciò a correre.
La notte seguente qualcuno chiamò il ragazzo.

Gianni: “Pronto?”

Una voce tremolante e disperata disse:
“Ciao, sono la mamma di Emma. Emma mi ha lasciato il tuo numero per farti sapere che…”
Gianni: “Che…?”
La voce tremolante riprese a parlare:
“… Questa notte Emma ci ha lasciati.
È volata in cielo.
A causa di una brutta malattia di cui soffriva da tempo.”
Il ragazzo incredulo cominciò a non capire più nulla e scoppiò in un profondo pianto.
La mamma di Emma singhiozzando continuò:

“… mi parlava sempre di te, era innamorata di te.

Per questo mi ha lasciato il tuo numero.
Eri davvero importante per lei.”
Il giorno seguente i compagni di classe vennero a conoscenza dell’accaduto.
Gianni era assente.
Trovarono solo un biglietto sul suo banco con su scritto:
“Ragazzi mi dispiace ma sono dovuto andare da lei per dirle una cosa che non le ho mai detto … TI AMO…
Teneteci sempre nei vostri cuori. Gianni.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il boscaiolo e la principessa


Il boscaiolo e la principessa

C’era una volta un giovane boscaiolo che, un giorno, andò in città al castello del Re, per vendere un po’ di legna.
Caricò quindi il carretto, con fascine e tocchi di legna da ardere, e partì.
Lungo il tragitto si fermò sulla riva di un fiume per far bere un sorso d’acqua al cavallo; d’un tratto si accorse che in mezzo alle canne, che crescevano sulla sponda, c’erano tre pesciolini che boccheggiavano:
erano rimasti incastrati e non riuscivano più a nuotare.
Il boscaiolo, che voleva molto bene agli animali, prese allora una ciotola dal suo zaino e con molta delicatezza vi fece scivolare dentro uno alla volta i pesciolini e li liberò nel fiume:
“Ciao pesciolini!
Fate più attenzione la prossima volta!”
Poco dopo salì sul suo carretto e si rimise in cammino.
Era una bella giornata soleggiata e il boscaiolo era di ottimo umore.
Mancava ancora un’ora all’arrivo e decise allora di fermarsi per mangiare un po’ di pane e del formaggio che aveva nel suo zaino.

Sul ciglio del sentiero c’era un grande masso sotto un albero.

Slegò il cavallo così che potesse mangiare l’erba che c’era lì intorno e lui si sedette sul masso.
Mangiò il suo panino con grande appetito, si rimise in piedi e si scrollò di dosso le briciole di pane.
Molte formichine si erano già raggruppate per recuperare le briciole e portarle nel loro formicaio.
Il boscaiolo si mise a osservarle incuriosito:
“Buon appetito formichine!” disse sorridendo.
Seguì la carovana con lo sguardo e si accorse ben presto che si interrompeva vicino la ruota del carretto.
Si rese subito conto che aveva ostruito con la ruota l’ingresso del formicaio, creando panico tra le piccole operaie.
Dispiaciuto per l’accaduto, si adoperò subito per liberare l’ingresso del formicaio, spostando la ruota e liberando l’ingresso dalla terra che era caduta dentro.
Subito dopo riprese il viaggio.
Finalmente arrivò in città e si diresse verso il castello per vendere lì la sua legna.
Bussò alla porta riservata ai mercanti e aprì un servitore: “Chi è?”

“Sono il boscaiolo e sono qui per vendere la legna!”

Il servitore fece entrare il boscaiolo e il suo carretto e lo condusse nel cortile interno per scaricare la legna.
Lui vuotò il carretto e aspettò di venir pagato.
Si mise a girovagare per il cortile e si avvicinò all’albero che era al centro.
Sentiva un debole pigolio e incuriosito si mise a cercare da dove proveniva.
Poco sotto l’albero c’erano tre piccoli di gazza che erano caduti dal nido che si trovava su un ramo.
Pigolavano disperatamente: erano affamati e spaventati.
Il boscaiolo prese un pezzo di pane che aveva con se, lo sbriciolò e diede da mangiare le briciole agli uccellini.
Una volta sfamati, li prese e li rimise nel nido.
La principessa era affacciata alla finestra e da lì vide il giovane boscaiolo che nutriva gli uccellini e li salvava.
Piacevolmente colpita, decise di dover conoscere più da vicino il giovane del cortile.
Finse di essere una serva e andò nel cortile:
era emozionata perché da vicino il giovane boscaiolo era molto più carino.

“Buongiorno giovane, che fate qui?”

Il boscaiolo si voltò e vide una bellissima ragazza con lunghi capelli, occhi grandi e sorridenti e una bocca color di ciliegia.
Si innamorò di lei a prima vista e rispose balbettando:
“Sono un boscaiolo e sono venuto a portare la legna.”
“Ho visto che avete salvato la vita a quei poveri uccellini.”
Il boscaiolo rispose umilmente:
“Chiunque lo avrebbe fatto al mio posto, chi non si adopererebbe per aiutare dei poveri uccellini indifesi?”
In quel momento arrivò il servitore per pagare il boscaiolo ed esclamò:
“Principessa!
Cosa fate qui in cortile così abbigliata?
Ah, se lo venisse a sapere vostro padre!”
La principessa pregò il servitore di mantenere il segreto e si ritirò nelle sue stanze, non prima di aver salutato il boscaiolo.
Mentre rientrava in camera la principessa si rese conto di essersi innamorata del boscaiolo a prima vista:
era, sì, di umili origini,

ma da come si era comportato con gli uccellini si capiva che aveva un animo nobile.

Sapeva però che era un amore impossibile perché il re, suo padre, non avrebbe mai acconsentito ad un matrimonio con un uomo che non fosse un principe.
Soffriva così tanto per questo amore impossibile che si ammalò e nessun medico di quelli a corte riuscì a lenire il suo dolore, perché non ci sono medicine che possono guarire un cuore innamorato.
I medici dissero al re che, il malore della principessa, veniva dal profondo del cuore, solo lei poteva decidere di guarire.
Mentre tornava nella sua casa, il boscaiolo non poteva non pensare alla dolce principessa, al suono melodioso della sua voce:
peccato che fossero riusciti a scambiarsi così poche parole!
Passava intere giornate a chiedersi come fare per poter conquistare il suo cuore, ignorando che i suoi sentimenti fossero ricambiati.
Intanto le condizioni della principessa si aggravarono e il padre, disperato, si recò nella stanza della principessa e le disse:
“Figlia mia, cosa posso fare per aiutarti?
Farò tutto ciò che vuoi e che è in mio potere per poter far guarire il tuo cuore.”
Con un filo di voce la principessa disse:
“Il mio cuore appartiene al boscaiolo.
Se non potrò vivere con lui, io morirò.”
“Figlia mia, non puoi sposare un semplice boscaiolo, tu sei la figlia del re!” esclamò il re.
“Non posso vivere senza il mio amore!” disse la principessa con un filo di voce.

Il re sospirò e lasciò la stanza.

Era combattuto, non poteva vedere la figlia morire ed allo stesso tempo non poteva tollerare l’idea di dare la sua unica figlia in sposa a un semplice boscaiolo.
Alla fine decise di dare al boscaiolo una possibilità:
se avesse superato tre prove alle quali lo avrebbe sottoposto, avrebbe potuto avere in sposa la principessa.
Il boscaiolo venne fatto chiamare al cospetto del Re che gli offrì la mano della principessa, a condizione che lui se ne mostrasse degno.
L’araldo poi illustrò le prove che avrebbe dovuto superare.
La prima prova consisteva nel recuperare un anello che era stato gettato in un punto imprecisato del fiume.
Il boscaiolo aveva un solo giorno per provare a trovare l’anello:
se avesse fallito, avrebbe dovuto dire addio alla sua amata.
Il boscaiolo era deciso a riuscire nell’impresa perché amava tanto la sua principessa, ma era disperato perché non sapeva nuotare.
Era seduto sulla riva del fiume tenendosi la testa tra le mani quando scorse nell’acqua tre pesciolini:
erano i pesciolini ai quali aveva salvato la vita il giorno che andò in città.
Uno di loro aveva in bocca un piccolo oggetto luccicante:
era l’anello!
I pesciolini lo stavano ringraziando per averli aiutati!

Il boscaiolo era commosso e stupito.

Recuperò l’anello dalla bocca del pesciolino e corse al castello per consegnarlo al re.
La prima prova era stata superata.
La principessa era stata informata di quello che stava accadendo dalla sua fida ancella e, quando seppe che la prima prova era stata superata, cominciò a stare un po’ meglio.
Il giorno dopo fu il momento della seconda prova:
il boscaiolo venne condotto nel cortile del castello, quel cortile che vide nascere l’amore tra lui e la principessa.
Su un lato del cortile c’erano dieci sacchi di grano e dieci servitori.
Ad un cenno del re, i servitori rovesciarono i dieci sacchi di grano per tutto il cortile e l’Araldo spiegò che il boscaiolo avrebbe dovuto raccogliere tutti i chicchi di grano:
aveva tempo fino all’alba del giorno dopo.
I chicchi erano ovunque nel cortile, tra la ghiaia, i fili d’erba, nascosti nei più piccoli anfratti.
L’entusiasmo che aveva per il superamento della prima prova pian piano svanì lasciando nuovamente posto allo sconforto.
Per quanto velocemente raccogliesse il grano, difficilmente sarebbe riuscito a portare a termine la prova entro i tempi stabiliti.
Era oramai calato il sole, al castello dormivano tutti e il boscaiolo era ancora in alto mare, quando, da sotto la porta, vide una processione di formiche:

erano tantissime!

Erano le formiche del formicaio che aveva salvato dalla distruzione ed erano lì a ringraziarlo per aver salvato la loro vita!
Le formichine iniziarono a raccogliere i chicchi di grano e a riporli nei sacchi; grazie al loro olfatto riuscivano a scovare anche i chicchi di grano che erano nascosti nei posti dove il boscaiolo mai avrebbe potuto trovarli.
Prima dell’alba ogni singolo chicco di grano era stato recuperato e anche la seconda prova era stata superata.
E la principessa migliorò ancora un po’.
Era giunto il momento della terza e ultima prova.
Se il boscaiolo l’avesse superata, finalmente i due innamorati avrebbero potuto coronare il loro sogno d’amore.
L’araldo iniziò a spiegare l’ultima prova.
Il boscaiolo avrebbe dovuto portare al Re una delle mele d’oro che crescevano sull’albero magico che si trovava in cima alla montagna incantata.
Tutti sapevano che coloro che erano partiti per la montagna incantata non avevano fatto ritorno e lo sapeva anche il boscaiolo.
Si incamminò verso la montagna incantata e, arrivato quasi a metà strada, vide arrivare in volo tre uccelli.

Erano le gazze che aveva salvato e che ora erano cresciute.

Avevano udito della prova che doveva superare e avevano deciso di ringraziare il giovane boscaiolo andando a prendere la mela d’oro.
Infatti una di loro aveva, stretta nel becco, la mela preziosa e la diede al giovane che non poteva credere ai suoi occhi.
Prese la mela e corse verso il castello per consegnare la mela al Re e per poter finalmente abbracciare la sua amata.
La principessa guarì e finalmente i due innamorati poterono sposarsi con la benedizione del Re.

Brano senza Autore, tratto dal Web