Il regalo per Fabrizio

Il regalo per Fabrizio

“Devo fare qualcos’altro?” chiese la segretaria.
L’occupatissimo direttore sbirciò l’orologio e l’agenda:
“Dovremmo già essere fuori da un po’.
Non si combina più niente ormai!”

La segretaria sorrise:

“Veramente c’è ancora la lista dei regali di Natale di suo figlio.
Non dimentichi che fra tre giorni è Natale!”
“Meno male che almeno lei ci ha pensato!” esclamò il direttore.
L’indaffaratissimo direttore sospirò:
“Temo che il mio povero bambino sia un po’ arrabbiato con me.
E forse ha ragione.
Ho così poco tempo da dedicare alla mia famiglia.
Quando arrivo a casa alla sera, il bambino è già a letto.
Non ci parliamo quasi mai.
Ah! Ma almeno a Natale, voglio che abbia un bellissimo regalo!
Solo che non ho tempo…

Facciamo così:

me lo compri lei.
Non badi a spese.
Legga la lettera e compri tutto quello che il bambino vuole.”
La segretaria aprì la lettera e sorridendo scosse il capo:
“Eseguo sempre i suoi ordini, ma questa volta mi è proprio impossibile!”
“Perché no?
Possibile che ci sia qualcosa che non si può procurare oggi a un bambino di otto anni?
Che cosa avrà mai desiderato?
Mi faccia vedere, accidenti!” disse il direttore.
Senza parlare la segretaria tese al direttore la letterina del figlio.

L’uomo lesse:

“Caro papà, come regalo di Natale vorrei che tu per il prossimo anno tenessi da parte tutti i giorni (o quasi) mezz’ora di tempo per me.
Nient’altro.
Tuo figlio Fabrizio.”

Brano senza Autore

Dio, il sogno ed il conto

Dio, il sogno ed il conto

Preoccupato del senso della vita e dell’ultimo giorno, e soprattutto del Giudizio Finale, a cui prima o poi certamente sarebbe andato incontro, un uomo fece un sogno.
Dopo la morte, si avvicinò titubante alla grande porta della Casa di Dio.
Bussò, ed un angelo sorridente venne ad aprire.
Lo fece accomodare nella sala d’aspetto del Paradiso.

L’ambiente era molto severo.

Aveva il vago aspetto di un’aula di tribunale.
L’uomo aspettava, sempre più intimorito.
L’angelo tornò dopo un po’ con un foglio in mano, su cui, in alto, campeggiava la parola “conto.”
L’uomo lo prese e lesse:
“Luce del sole e stormire delle fronde, neve e vento, volo degli uccelli ed erba.
Per l’aria che abbiamo respirato e lo sguardo alle stelle, le sere e le notti …”

La lista era lunghissima.

“… Il sorriso dei bambini, gli occhi delle ragazze, l’acqua fresca, le mani ed i piedi, il rosso dei pomodori, le carezze, la sabbia delle spiagge, la prima parola del tuo bambino, una merenda in riva ad un lago di montagna, il bacio di un nipotino, le onde del mare…”
Man mano che proseguiva nella lettura, l’uomo era sempre più preoccupato.
Quale sarebbe stato il totale?
Come, e con che cosa, avrebbe mai potuto pagare tutte quelle cose che aveva avuto?
Mentre leggeva con il batticuore, arrivò Dio.

Gli batté una mano sulla spalla.

“Ho offerto io!” disse ridendo, “Fino alla fine del mondo…
È stato un vero piacere!”

Brano senza Autore

La lista della spesa e la preghiera

La lista della spesa e la preghiera

Una donna infagottata in abiti fuori misura entrò nel negozio di alimentari.
Si avvicinò al gestore del negozio e, umilmente a voce bassa, gli chiese se potesse avere una certa quantità di alimenti a credito.
Gli spiegò che suo marito si era ammalato in modo serio e non poteva più lavorare e i loro quattro figli avevano bisogno di cibo.
L’uomo sbuffò e le intimò di togliersi dai piedi.

Dolorosamente la donna supplicò:

“Per favore signore!
Le porterò il denaro più in fretta che posso!”
Il padrone del negozio ribadì duramente che lui non faceva credito e che lei poteva andare in un altro negozio nel quartiere.
Un cliente che aveva assistito alla scena si avvicinò al padrone e gli chiese di tentare almeno di accontentare la povera donna.
Il droghiere con voce riluttante, chiese alla donna:
“Hai una lista della spesa?”

Con un filo di speranza nella voce, la donna rispose:

“Sì, signore!”
“Bene,” disse l’uomo, “Metta la sua lista sulla bilancia.
Le darò tanta merce quanto pesa la sua lista.”
La donna esitò un attimo con la testa china, estrasse dalla borsa un pezzo di carta e scarabocchiò qualcosa in fretta, poi posò il foglietto con cautela su un piatto della bilancia, sempre a testa bassa.
Gli occhi del droghiere e del cliente si dilatarono per la meraviglia quando videro il piatto della bilancia abbassarsi di colpo e rimanere abbassato.
Il droghiere fissando la bilancia, brontolò:
“È incredibile!”
Il cliente sorrise e il droghiere cominciò a mettere sacchetti di alimenti sull’altro piatto della bilancia.
Sbatteva sul piatto scatole e lattine, ma la bilancia non si muoveva.
Così continuò e continuò, con una smorfia di disgusto sempre più marcata.
Alla fine afferrò il foglietto di carta e lo fissò, livido e confuso.

Non era una lista della spesa.

Era una preghiera:
“Mio Dio, tu conosci la mia situazione e sai ciò di cui ho bisogno:
metto tutto nelle tue mani.”
Il droghiere consegnò alla donna tutto ciò che le serviva, in un silenzio imbarazzato.
La donna ringraziò e lasciò il negozio.

Brano tratto dal libro “Ma noi abbiamo le ali.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Un invito ad un Matrimonio


Un invito ad un Matrimonio

Ore 10:00 di una domenica di Agosto, la città è deserta, le onde di calore distorcono la vista, l’asfalto fuma e ribolle.
Il rumore dei ventilatori, unico sollievo di chi è dovuto rimanere è un rombo basso e cupo e fa pensare a zanzare giganti pronte a succhiarti come un brik al gusto papaia ed rh negativo.
Solo un manipoli di eroi sfida la calura, solo pochi arditi escono a sfidare l’afa: gli invitati ai matrimoni.
Esseri rubizzi e sbuffanti, grondanti sudore come fontane, vestiti di tutto punto.
Tutto comincia mesi prima, quando la parente, l’amico o collega ti recapita la fatidica lettera infiocchettata con il sorriso di chi pensa di farti cosa gradita.

Tu guardi con gli occhi sbarrati la ricca busta perlata,

magari impreziosita con deliziosi fiocchetti e già sai che la sventura ha bussato alla tua porta.
Apri il plico con la diffidenza che useresti per una missiva all’Antrace e la condanna ti appare in tutto lo splendore dei caratteri d’oro:
“I genitori degli sposi Mary Jane Caciottari e Alberico Spartaco Borone sono lieti d’invitarvi alla cerimonia che si svolgerà il giorno 19 Agosto presso la chiesa Santa Maria dei Calori alle ore 10:00.”
Seguito dal non meno famigerato:
“Dopo la cerimonia, Mary Jane ed Alberico Spartaco saranno lieti di salutare parenti ed amici da Ciccio Le Bujaccarò.”
Comincia così un calvario che poco ha di religioso e gioioso e molto di bilioso.

La compagna:

Appena ricevuta la ferale notizia, comincerà a dare in escandescenze:
“Non ho nulla da mettermi!!!”
Il vestito del matrimonio di tua sorella???
Sei pazzo!
È fuori moda!
Vuoi che faccia la figura della stracciona?
E poi sono ingrassata di 350 grammi netti!
Non mi entrerà mai in ogni caso!”

La lista di nozze:

La scelta del regalo è uno dei punti più dolenti, migliaia di coppie si sono, infatti, sciolte per colpa del matrimonio degli altri.
Gli sposi, per evitare di ricevere 102 copie della stessa cornice in Silver Plated, usano l’espediente della lista di nozze.
Si recano presso un negozio di casalinghi (solitamente il più costoso disponibile) e scelgono quello che gli piace.
Gli invitati, potranno quindi recarsi in tutta tranquillità e contribuire alla felicità degli sposi secondo le loro possibilità in forma anonima ovvero, nessuno dovrebbe sapere chi ha regalato cosa.
I parametri che gli invitati tengono in considerazione sono spendere il meno possibile e non fare la figura dei pulciari (cifrato Romano, dialettale, “avari”) e com’è del tutto evidente sono palesemente in antitesi.
Ovviamente chi prima arriva meglio alloggia perché sono disponibili più oggetti.
Se arrivi dopo un paio di giorni, trovi solamente la grolla d’oro tempestata di zaffiri oppure il servizio di piatti in fine porcellana Ming del XIII secolo dal costo di un pozziglione di euro cadauno.
Per questo gli invitati fanno seguire i futuri sposi da spie assoldate appositamente e non appena terminata la scelta, piantonano il negozio organizzando vere e proprie tendopoli per assicurarsi l’oggetto più appariscente ed a buon mercato.

Caccia al vestito:

Parte la ricerca spasmodica del vestito da indossare per la cerimonia e mentre gli uomini tendenzialmente riciclerebbero volentieri il vestito della prima comunione, per le donne indossare in pubblico lo stesso capo per due volte appare veramente insopportabile.
Così approfittando magari dei saldi parte la ricerca del Graal a forma di scarpa, cinta, borsa o vestito.
La donna in cerca di abito da cerimonia è un animale capace di tutto.
Costringerà il coniuge a viaggi di outlet in outlet fino a fargli spendere l’equivalente di un Armani in carburante ed, alla fine, riuscirà a convincerlo a comprare un nuovo vestito persino a lui che avrebbe preferito farsi amputare un arto piuttosto che spendere tutti quei soldi.

La vestizione:

Lui:  Cominci a vestirti a casa e già sudi copiosamente, dopo appena mezz’ora sei già al cambio della sesta camicia.
Cominci a lottare con la cravatta che s’imbizzarrisce e ti strangola con le sue spire di seta, fin quando non decidi di allungare 50 euro ad un cugino necroforo affinché te la faccia lui.
Ti senti un Frankenstein, una pentola a pressione umana sul punto di scoppiare.
Lei: Coiffer, manicure, pedicure, scrub, nails, lampada e trucco sono la base per la costruzione di un’invitata modello.
A leggerli così possono sembrare bizzarre torture medievali ed, infatti, lo sono.
La signora, dopo aver passato la notte dormendo in piedi per non rovinare la capigliatura, comincerà la fase di trucco che si conclude normalmente quando guardandosi allo specchio potrà cantare obiettivamente “ridi pagliaccio!”
Si passa quindi alla vestizione vera e propria che potrebbe sembrare banale visto che ha comprato un vestito appositamente grazie ai buoni uffici di Franchino er cravattaro (unica persona veramente felice per queste cerimonie), ma così non è.
Dopo aver sistemato il vestito, le scarpe, la cinta, borsa, il foulard, la collana ed il cappello sul letto noterà come poco bene s’intonino con il suo incarnato e quindi presa dal panico, svuoterà l’intero armadio provando combinazioni random del suo guardaroba e trasformando casa in un atelier, interdicendo l’uso dell’appartamento ad uomini ed animali per almeno cinque ore.
Alla fine indosserà poco convinta l’abito acquistato e quell’espressione che dice “non sono figa ma farò credere a tutti che lo sia.”

La chiesa:

Non a caso questo è anche il titolo di un noto horror del passato, una chiesa in città a mezzogiorno di Agosto, appare come un Golgota in scala.
Si arriva con discreto anticipo alla ricerca di un parcheggio all’ombra che esiste quanto un elfo dei boschi per poi abbandonare la vettura sotto il sole cocente per disperazione.
Si arriva davanti al sagrato sudando copiosamente per i 15 mt fatti e finalmente s’incontrano gli altri invitati.
Scatta il confronto delle mise che ovviamente ci farà sentire sciatti, e le urla disperate di donne vestite uguale.
Dopo essere stati lasciati ad essiccare per un’oretta, si accede alla chiesa, addobbata come una bomboniera con quelle deliziose decorazioni “girasole e gamberetti” che vanno tanto di moda quest’anno.

Arriva la sposa,

su un traino a 6 cavalli bianchi mesciati di biondo e carrozza Rococò color panna acida.
Scende dalla principesca vettura nel suo splendido abito bianco tempestato di Swarovski, l’effetto della rifrazione del sole attirerà in sito orme di discotecari convinti che abbiano organizzato un after-hours a sorpresa.
Il marito l’attende all’altare, inguainato nel vestito con l’espressione da travestito tipica di chi si è fatto convincere a ritoccare le sopracciglia da un barbiere pazzo, circondato da paggetti e damine uscite da un quadro di Ruben.
Finalmente i due convolano tra gli urrà della folla ed i flash dei telefonini che arricchiranno innumerevoli pagine Facebook ed Instagram.

Il rinfresco:

Finita la cerimonia, ci si dirige verso il ristorante scelto per il rinfresco.
Si prende la macchina che ormai ha raggiunto la temperatura di un altoforno, e si parte tutti in fila strombazzando a più non posso per annunciare il lieto evento.
Secondo il rispetto di antiche regole non scritte, esso non può essere più vicino di 150 km dal luogo della funzione e possibilmente non nella stessa provincia, in una località segreta protetta dalla CIA e non segnata sulle cartine.
Immancabilmente, si segue uno dei parenti che annuncia “So io dov’è!” che vi farà fare uno splendido tour della penisola, allietato dalla colonna sonora delle vostre bestemmie.
Si arriva nell’ampio parcheggio e si accede al buffet di benvenuto.
Gli sposi sono andati a scattare le foto ricordo in Papua Nuova Guinea, quindi il pasto vero e proprio non comincerà prima di cinque ore.
Gli ospiti si avventano su rustici e pizzette come piranha, a stento i camerieri riescono a salvare dita e stoviglie.

Il Prosecco è il Re incontrastato dei buffet,

in poco tempo gli accaldati ed assetati ospiti riescono a scolarsi mezza Valdobbiadene abitanti inclusi scatenando una serie di rutti percepibili fin da Marte.
Arrivano gli sposi dopo il tour de force delle foto, già distrutti dalle emozioni, il sorriso forzato di chi preferirebbe essere in prigione.
Si svolge così un banchetto degno di Apicio servito da camerieri dotati della stessa cortesia di Tremonti mentre discute di economia con Brunetta.
Anche se tenterete di spiegargli che non gli avete rigato voi l’automobile, continueranno a tirarvi i piatti sul tavolo ed a portare i rifornimenti di bibite dopo ore.
Il pranzo dei matrimoni è pura leggenda, si narra di interi parentadi entrati nei ristoranti durante il Rinascimento ed usciti durante il primo governo Andreotti.
I piatti arrivano con la stessa flemma e precisione di un interregionale, dopo l’antipasto e l’immancabile cocktail di gamberetti, arriva il primo primo, il secondo primo, il primo secondo, il secondo secondo, il terzo secondo, la frutta, la seconda frutta, la terza frutta che è di un’altra stagione perché nel frattempo è cambiata.
Il vino scorre a fiumi e con il caldo l’effetto è devastante.
Nonni che ballano sui tavoli, giovani che fanno altro a coppie miste sotto ai tavoli, canti sguaiati, cori di curva e karaoke, scontri fra ultras della sposa e dello sposo.
Il dolce normalmente è una torta tutta panna alta come il Monte Bianco, con le statue equestri degli sposi a grandezza naturale.
Ormai ridotti a due stracci i festeggiati tagliano la prima fetta di torta e subito dopo la corda, andando a dormire la loro prima notte di nozze.
Il resto della banda, continua a festeggiare tra amari, grappe e balli di gruppo le cui vergognose immagini funesteranno i social network nei secoli dei secoli.

Il rientro:

Spinti amorevolmente fuori dal locale dai camerieri del ristorante, i nostri eroi risalgono in macchina stanchi ed ubriachi.
Normalmente uno su cinque riesce a raggiungere il proprio domicilio mentre gli altri saranno ritrovati mesi dopo nelle campagne vicine.
Si sveglieranno con un mal di testa che non durerà meno di un anno e lo stomaco talmente imbarazzato da essere costretti a nutrirsi per flebo per almeno un mese.
Pochi arditi riescono a sopravvivere a più di un matrimonio l’anno, l’ONU stessa ha inserito i matrimoni tra le violazioni dei diritti umani.
Resta ancora un mistero il perché, coppie che abbiano vissuto tutto ciò, siano disposte a condannare a questo supplizio gli altri, decidendo di sposarsi se non per desiderio di vendetta…

Brano senza Autore, tratto dal Web

Quello che metti nella vita degli altri tornerà a riempire la tua


Quello che metti nella vita degli altri tornerà a riempire la tua

Un giorno una insegnante chiese ai suoi studenti di fare una lista dei nomi degli altri studenti nella stanza su dei fogli di carta, lasciando un po’ di spazio sotto ogni nome.
Poi disse loro di pensare la cosa più bella che potevano dire su ciascuno dei loro compagni di classe e scriverla.
Ci volle tutto il resto dell’ora per finire il lavoro, ma all’uscita ciascuno degli studenti consegnò il suo foglio.
Quel sabato l’insegnante scrisse il nome di ognuno su un foglio separato, e vi aggiunse la lista di tutto ciò che gli altri avevano detto su di lui/lei.
Il lunedì successivo diede ad ogni studente la propria lista.
Poco dopo, l’intera classe stava sorridendo.
“Davvero?” sentì sussurrare.
“Non sapevo di contare così tanto per qualcuno!” e “Non pensavo di piacere tanto agli altri!” erano le frasi più pronunciate.
Nessuno parlò più di quei fogli in classe, e la professoressa non seppe se i ragazzi l’avessero discussa dopo le lezioni o con i genitori, ma non aveva importanza:
l’esercizio era servito al suo scopo.

Gli studenti erano felici di se stessi e divennero sempre più uniti.

Molti anni più tardi, uno degli studenti venne ucciso in Vietnam e la sua insegnante partecipò al funerale.
Non aveva mai visto un soldato nella bara prima di quel momento:
sembrava così bello e così maturo…
La chiesa era riempita dai suoi amici.
Uno ad uno quelli che lo amavano si avvicinarono alla bara, e l’insegnante fu l’ultima a salutare la salma.
Mentre stava lì, uno dei soldati presenti le domandò:
“Lei era l’insegnante di matematica di Mark?”
Lei annuì, dopodiché lui le disse: “Mark parlava di lei spessissimo!”
Dopo il funerale, molti degli ex compagni di classe di Mark andarono insieme al rinfresco.
I genitori di Mark stavano lì, ovviamente in attesa di parlare con la sua insegnante.
“Vogliamo mostrarle una cosa!” disse il padre estraendo un portafoglio dalla sua tasca.
“Lo hanno trovato nella sua giacca quando venne ucciso.
Pensiamo che possa riconoscerlo.”

Aprendo il portafoglio, estrasse con attenzione due pezzi di carta che erano stati ovviamente piegati, aperti e ripiegati molte volte.

L’insegnante seppe ancora prima di guardare che quei fogli erano quelli in cui lei aveva scritto tutti i complimenti che i compagni di classe di Mark avevano scritto su di lui.
Grazie mille per averlo fatto, disse la madre di Mark.
“Come può vedere, Mark lo conservò come un tesoro.”
Tutti gli ex compagni di classe di Mark iniziarono ad avvicinarsi.
Charly sorrise timidamente e disse “Io ho ancora la mia lista.
E’ nel primo cassetto della mia scrivania a casa.”
La moglie di Chuck disse che il marito le aveva chiesto di metterla nell’album di nozze, e Marilyn aggiunse che la sua era conservata nel suo diario.
Poi Vicky, un’altra compagna, aprì la sua agenda e tirò fuori la sua lista un po’ consumata, mostrandola al gruppo:
“La porto sempre con me, penso che tutti l’abbiamo conservata.”

In quel momento l’insegnante si sedette e pianse.

Pianse per Mark e per tutti i suoi amici che non l’avrebbero più rivisto.
Ci sono così tante persone al mondo che spesso dimenticano che la vita finirà un giorno o l’altro.
E non sanno quando questo accadrà.
Perciò dite alle persone che le amate e che vi importa di loro, che sono speciali e importanti.
Diteglielo prima che sia troppo tardi.
Quello che metti nella vita degli altri tornerà a riempire la tua.

Brano senza Autore, tratto dal Web