I cavalieri coraggiosi e Dio

I cavalieri coraggiosi e Dio

C’erano una volta due coraggiosi cavalieri.
Avevano affrontato battaglie, avventure rischiose e messo a repentaglio la vita al soldo di molti signori.
Una sera, uno dei due, guardando il sole che tramontava, disse:
“Mi resta un’ultima impresa!”

“Che cosa?” chiese l’altro.

“Voglio salire sulla montagna dove abita Dio!” esclamò il primo.
“Perché?” domandò il secondo.
“Voglio sapere perché ci carica di pesi e fardelli gravosi per tutta la vita e continua a pretendere sempre di più invece di alleggerire il nostro carico, ogni tanto almeno!” disse, amareggiato, il primo cavaliere.
“Verrò con te.
Ma io penso che Dio sappia quello che fa!” concluse l’altro.

Il viaggio fu lungo e faticoso.

Giunsero al monte di Dio.
Salivano in silenzio accanto ai cavalli poiché il sentiero era ripido e tormentato.
Già si intravedeva la sommità della montagna nella nebbia, quando una voce tuonò dall’alto:
“Prendete con voi tutte le pietre che trovate sul sentiero!”
“Lo vedi?” protestò il primo cavaliere, “È sempre la stessa storia!
Dopo tutta questa fatica, Dio ci vuole oberare ancora.
Io non ci sto più al suo gioco!”

E tornò indietro.

L’altro cavaliere invece fece quello che la voce aveva ordinato.
Impiegò molto tempo e, inoltre, la salita fu penosa.
Ma quando il primo raggio di sole del giorno le sfiorò le pietre ammassate sul cavallo e sulle braccia del cavaliere, queste brillarono di una luce limpidissima.
Si erano trasformate in splendidi diamanti di inestimabile valore.

Brano senza Autore

Il faro e la nave da guerra

Il faro e la nave da guerra

Una nave da guerra pattugliava un settore particolarmente pericoloso del Mediterraneo.
C’era tensione nell’aria.
La visibilità era scarsa, con banchi di nebbia; così, il capitano era rimasto sul ponte a sorvegliare le varie attività dell’equipaggio.
Poco dopo l’imbrunire, l’uomo di vetta sul ponte annunciò:

“Luce a tribordo!”.

“È ferma o si allontana?” gridò il capitano.
“È ferma, capitano!” rispose la vetta.
Questo significava che la loro nave da guerra era in pericolosa rotta di collisione con l’altra.
Il capitano ordinò al segnalatore:
“Segnala a quella nave che siamo in rotta di collisione e vi consigliamo di correggere la rotta di 20 gradi!”
Giunse di rimando questa segnalazione:
“È consigliabile che siate voi a correggere la rotta di 20 gradi!”

Il capitano disse:

“Trasmetti:
Io sono un capitano.
Correggete voi la rotta di 20 gradi!”
“Io sono un marinaio di seconda classe,” fu la risposta, “fareste meglio a correggerla voi la rotta di 20 gradi!”
Adesso il capitano era furente.
“Trasmetti,” abbaiò:
“Sono una nave da guerra, perciò correggete la vostra rotta di 20 gradi!”

La risposta fu semplice:

“Io sono un faro”.
La nave da guerra cambiò rotta.

Brano tratto dal libro “Cerchi nell’acqua.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

L’annuncio del passero

L’annuncio del passero

La notte in cui Dio inviò l’Arcangelo Gabriele a Maria, un passero si trovava per caso lì, sul davanzale di una finestra.
Impaurito dall’apparizione, stava per fuggire.
Ma non appena udì l’arcangelo annunciare a Maria che essa avrebbe dato presto alla luce il figlio di Dio, il suo piccolo cuore cominciò a battere forte per l’emozione.
E rimase fermo come un sasso fin quando l’arcangelo non fu volato via.
“Ho davvero capito bene?
Da Maria nascerà proprio il figlio di Dio?” si chiese l’uccellino.
Provava una grande felicità.
“Sono stato fortunato a sentire tutto.” pensò, “Devo andare subito a riferire il meraviglioso annuncio agli uomini affinché si preparino ad accogliere e a festeggiare il Bambino.
Così partì in volo sul villaggio di Nazaret e si diresse al mercato.
Lì vi erano donne che vendevano grano, farina e pane.
“Ho un segreto, uno straordinario segreto da rivelarvi!” cinguettò il passero saltellando sulle zampette, impaziente di raccontare.

Ma una di loro gli gridò arrabbiata:

“Voi passeri fate sempre i furbi per rubarmi il grano!
Vattene via di qui, impertinente!”
E lo minacciò con una scopa, senza ascoltare ciò che le voleva dire.
Il passero volò allora fino alla piazza.
Riuniti sotto un albero, i saggi del villaggio stavano discutendo animatamente.
“Loro sì, mi ascolteranno di certo!” pensò, per farsi coraggio.
“Si sta preparando qualcosa di grandioso per le creature della terra!” cinguettò, posandosi su un ramo proprio sopra di loro.
I saggi alzarono per un attimo lo sguardo verso di lui, poi ripresero i loro discorsi.
Neanche si accorsero che l’uccellino, per nulla intimorito da un gatto, continuava a saltare di ramo in ramo tentando disperatamente di attirare la loro attenzione.
Scuotendo la testolina per la delusione, il passero proseguì fino alla capitale e puntò diritto verso il palazzo del Re.
“Come osi oltrepassare le mura della reggia?” gridò una guardia.
“Vengo per darvi una notizia importante!” cinguettò il passero, “Sta per nascere il figlio di Dio, il signore dei cieli e della terra!”
“Se non taci immediatamente, ti faccio rinchiudere in una gabbia!” tuonò il capitano, “È il nostro Re il signore di tutto e di tutti!”

Ma il passero riuscì a sfuggire alle guardie.

Entrò per una finestra nel palazzo, e si diresse verso la sala del trono.
“Cacciate via quell’uccello maleducato!” urlò il Re furente, senza ascoltare un bel niente di quanto il passero cercava di dirgli.
Guardie e servitori inseguirono il passero per catturarlo.
Questo, impaurito, tentò di uscire dal palazzo, ma nel frattempo la finestra era stata chiusa!
“Prendetelo! Afferratelo!” gridavano le guardie e i servitori, correndo attraverso le stanze dove l’uccellino cercava invano di nascondersi.
Per fortuna, proprio nell’ultima stanza, il passero trovò una feritoia aperta, e in un baleno riguadagnò la libertà.
“Salvo!
Finalmente sono salvo!” esclamò l’uccellino librandosi alto nel cielo.
Da lassù scorse, vicino a un villaggio, dei bambini che giocavano allegri in mezzo alla neve.
“I bambini sì, loro mi daranno retta!” pensò, avvicinandosi velocemente.
Infatti, si era appena posato sulla neve, che tutti i bambini si erano già raccolti in cerchio attorno a lui.
“Com’è carino questo passerotto!” dissero, “Che cosa sarà venuto a fare?

Forse vuole giocare con noi…”

“Oh no!
Sono qui per svelarvi un bellissimo segreto!” cinguettò l’uccellino, piegando un po’ dilato la testolina, “Nascerà tra poco sulla terra, proprio qui tra noi, un altro bambino, il figlio di Dio!”
“Ascoltate quanti cip cip… cip cip…” notò un bambino, “Sembra proprio che voglia dirci qualcosa…”
“Io dico che ha fame!” esclamò una bambina, e gli diede delle briciole di torta.
Ma il passero non pensava davvero al cibo.
Era lì per qualcosa di ben più importante.
Per richiamare meglio la loro attenzione, batté eccitato le ali e ripeté da capo tutto, cinguettando nel modo più chiaro possibile.
“Come vorremmo capirti!” disse un bambino all’uccellino, accarezzandolo.
Il passero fu certo che i bambini, purtroppo, non potevano comprenderlo.
Al passero dispiaceva molto di non poter comunicare a nessuno il grande segreto.
“Quale sfortuna che gli uomini non sappiano ciò che sta per accadere!” pensava, “Gli adulti fanno i sordi e mi cacciano via, e i bambini, tanto gentili, non riescono a capirmi…”
“Se non posso raccontare nulla agli uomini, non vi sarà nessuno ad accogliere Giuseppe e Maria al loro arrivo a Betlemme.” si preoccupava l’uccellino, “E nessuno, proprio nessuno sarà davanti alla stalla nella notte santa per far compagnia al figlio di Dio!

Debbo fare a ogni costo qualcosa!” decise.

Allora chiamò gli altri passeri e raccontò loro ciò che aveva udito nella casetta di Maria.
I passeri si rallegrarono subito quanto lui.
“Se gli uomini non vogliono capire quale Bambino sta per nascere, noi lo faremo sapere almeno agli altri uccelli!” decisero.
In men che non si dica, volarono in ogni direzione e diffusero ovunque la notizia.
Allodole e fringuelli, cinciallegre e pettirossi, usignoli e merli, proprio tutti seppero del grande evento.
Nel mondo degli uccelli cominciò a regnare l’impazienza.
Ovunque fervevano preparativi.
Tutti provavano i loro più bei canti attendendo la nascita del figlio di Dio.
Quando Gesù nacque e fu deposto nella greppia, i primi a vederlo furono l’asinello che aveva portato Giuseppe e Maria a Betlemme, il bue che abitava nella stalla, e stormi di allodole, fringuelli, cinciallegre, pettirossi, usignoli e merli venuti da ogni parte.
Dal tetto della stalla i passeri vegliavano su Gesù bambino, mentre gli altri uccelli cantavano gioiosamente tutt’attorno.
Poi arrivarono i primi pastori, che avevano finalmente udito l’annuncio dagli angeli discesi dal cielo.
Davanti a Gesù, si meravigliarono di trovare tutti quegli uccelli in festa.

Si guardarono l’un l’altro.

“Cantiamo anche noi!” dissero, e fecero un coro solo con allodole e fringuelli, cinciallegre e pettirossi, usignoli e merli, suonando pure dolcemente i loro flauti e le zampogne.
Quando gli altri uomini li udirono di lontano e capirono che era nato il figlio di Dio, pure loro si rallegrarono e cominciarono a cantare.
Così in ogni luogo della terra fu festa per il sacro evento.
Potete immaginare la felicità del nostro passero!
Per merito suo, Gesù, nascendo, aveva trovato tante e tante creature e tanti canti di felicità attorno a sé.
E ancor oggi, nella notte santa, davanti al Presepio o all’albero di Natale, bambini e grandi riempiono di canti le loro case.

Brano di Bruno Ferrero

Dio, il sogno ed il conto

Dio, il sogno ed il conto

Preoccupato del senso della vita e dell’ultimo giorno, e soprattutto del Giudizio Finale, a cui prima o poi certamente sarebbe andato incontro, un uomo fece un sogno.
Dopo la morte, si avvicinò titubante alla grande porta della Casa di Dio.
Bussò, ed un angelo sorridente venne ad aprire.
Lo fece accomodare nella sala d’aspetto del Paradiso.

L’ambiente era molto severo.

Aveva il vago aspetto di un’aula di tribunale.
L’uomo aspettava, sempre più intimorito.
L’angelo tornò dopo un po’ con un foglio in mano, su cui, in alto, campeggiava la parola “conto.”
L’uomo lo prese e lesse:
“Luce del sole e stormire delle fronde, neve e vento, volo degli uccelli ed erba.
Per l’aria che abbiamo respirato e lo sguardo alle stelle, le sere e le notti …”

La lista era lunghissima.

“… Il sorriso dei bambini, gli occhi delle ragazze, l’acqua fresca, le mani ed i piedi, il rosso dei pomodori, le carezze, la sabbia delle spiagge, la prima parola del tuo bambino, una merenda in riva ad un lago di montagna, il bacio di un nipotino, le onde del mare…”
Man mano che proseguiva nella lettura, l’uomo era sempre più preoccupato.
Quale sarebbe stato il totale?
Come, e con che cosa, avrebbe mai potuto pagare tutte quelle cose che aveva avuto?
Mentre leggeva con il batticuore, arrivò Dio.

Gli batté una mano sulla spalla.

“Ho offerto io!” disse ridendo, “Fino alla fine del mondo…
È stato un vero piacere!”

Brano senza Autore

I bambini ed i santi

I bambini ed i santi

Una maestra di una scuola materna aveva portato la sua classe a visitare il Duomo di Milano illustrando le figure dei santi

rappresentati sulle vetrate luminose.

Qualche giorno dopo, in occasione della Festa di Tutti i Santi, il parroco domandò ai bambini:
“Chi sono i santi?”

Prontamente un bambino rispose:

“Sono quelli che fanno passare la luce!”

Brano senza Autore

Il colore dell’orizzonte

Il colore dell’orizzonte

Un bambino che abitava in pianura era affascinato dalla linea delle montagne che si stagliava lontano all’orizzonte.
Azzurrine, leggere, compatte, gli apparivano come un luogo di paradiso.

Così diverso dalla terra aspra e grigia dove viveva.

Un giorno, ormai cresciuto, cedette al richiamo dell’orizzonte e decise di raggiungere quel posto incantato.
Il viaggio durò a lungo, attraverso pianure e colline.
Stremato, arrivò infine sulla vetta delle montagne, ma dovette constatare con profonda delusione che le montagne non erano più azzurrine ma grigie e caotiche, sassose, aride ed aspre.
Proprio come il paese che aveva lasciato.
Ma all’orizzonte, davanti a lui, si delineavano altre montagne, azzurre, violette, alonate di luce dorata.

E ripartì.

Gli ci volle molto tempo per raggiungerle.
Ma anche là, man mano che si avvicinava, l’azzurro e il viola scomparivano per lasciare spazio al grigio delle rocce e al giallo stopposo dell’erba bruciata.
Ma davanti l’orizzonte era azzurro e rosa.
E lui si rimetteva in cammino.

Era sempre una delusione:

al suo arrivo anche le nuove terre si rivelavano ruvide e brulle.
Un giorno, ormai vecchio, vista vana la sua ricerca, decise di tornare indietro.
Ed ecco, tutti i paesi che aveva lasciato erano azzurrini, leggeri, immersi in una incantevole luce dorata.

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

L’abate ed i confratelli

L’abate ed i confratelli

Un abate stava attraversando il deserto con i fratelli, quando si accorsero che quello che faceva loro da guida aveva sbagliato strada.
Era notte, ed i frati dissero all’abate:

“Che facciamo?

Questo fratello ha sbagliato la via, e noi rischiamo di smarrirci e di morire tutti nel deserto.
Non sarebbe meglio fermarci qui per la notte, e riprendere il cammino alla luce del sole?”

L’abate rispose:

“Ma se diciamo a costui che ha sbagliato, egli si rattristerà.
Sentite dunque:
io farò finta di essere stanco e dirò che non me la sento di proseguire e che resto qui fino a domattina!”

Così fecero, e anche gli altri dissero:

“Anche noi non ne possiamo più dalla stanchezza e ci fermiamo con te!”
E così riuscirono a non contristare quel fratello, che non seppe mai d’aver sbagliato strada.

La buona educazione non consiste nel non versare la salsa sulla tovaglia, ma nel mostrare di non accorgersi se un altro lo fa.

Brano senza Autore.

La luce nella caverna

La luce nella caverna

San Pacomio voleva conoscere il significato della vita e meditava ogni giorno le parole sacre e quelle dei sapienti per scoprirne il segreto.
Una notte il Signore lo accontentò e gli mandò un sogno.

Pacomio vide che il mondo era una immensa caverna nera e buia.

In essa gli esseri umani si aggiravano a tentoni, urtandosi, talvolta ferendosi, incespicando, sempre più sfiduciati e depressi perché non riuscivano a trovare una via d’uscita.
Poi, improvvisamente, un uomo (o una donna) accese una luce.
Una luce minuscola, ma non esiste tenebra così profonda da non poter essere vinta da una luce anche piccolissima.
Con una luce si può sempre trovare una via di scampo, così tutti si misero dietro alla persona che aveva il lumino.
Dapprima si accalcarono, ostacolandosi a vicenda, poi cercarono di mettersi in fila indiana.

Ma erano tanti e il buio era profondo e la luce appena percettibile.

Alla fine trovarono la soluzione adeguata:
si presero tutti per mano.

Brano tratto dal libro “Ma noi abbiamo le ali.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Due sassolini azzurri

Due sassolini azzurri

Due sassolini, grossi sì e no come una castagna, giacevano sul greto di un torrente.
Stavano in mezzo a migliaia di altri sassi, grossi e piccoli, eppure si distinguevano da tutti gli altri.
Perché erano di un intenso colore azzurro.
Loro due sapevano benissimo di essere i più bei sassi del torrente e se ne vantavano dal mattino alla sera.
“Noi siamo i figli del cielo!” strillavano, quando qualche sasso plebeo si avvicinava troppo.
“State a debita distanza!
Noi abbiamo il sangue blu.
Non abbiamo niente a che fare con voi!”
Erano insomma due sassi boriosi e insopportabili.
Passavano le giornate a pensare che cosa sarebbero diventati, non appena qualcuno li avesse scoperti:
“Finiremo certamente incastonati in qualche collana insieme ad altre pietre preziose come noi!”

“Sul dito bianco e sottile di qualche gran dama!”

“Sulla corona della regina d’Olanda!”
Un bel mattino, mentre i raggi del sole giocavano con le trine di spuma dei sassi più grandi, una mano d’uomo entrò nell’acqua e raccolse i due sassolini azzurri.
“Evviva!” gridarono i due all’unisono, “Si parte!”
Finirono in una scatola di cartone insieme ad altri sassi colorati.
“Ci rimarremo ben poco!” dissero, sicuri della loro indiscussa bellezza.
Poi una mano li prese e li schiacciò di malagrazia contro il muro in mezzo ad altri sassolini, in un letto di cemento tremendamente appiccicoso.
Piansero, supplicarono, minacciarono.
Non ci fu niente da fare.
I due sassolini azzurri si ritrovarono inchiodati al muro.
Il tempo ricominciò a scorrere, lentamente.
I due sassolini azzurri erano sempre più arrabbiati e non pensavano che ad una cosa: fuggire.
Ma non era facile eludere la morsa del cemento, che era inflessibile e incorruttibile.

I due sassolini non si persero di coraggio.

Fecero amicizia con un filo d’acqua, che scorreva ogni tanto su di loro.
Quando furono sicuri della lealtà dell’acqua, le chiesero il favore che stava loro tanto a cuore. “Infiltrati sotto di noi, per piacere.
E staccaci da questo maledetto muro!”
Fece del suo meglio e dopo qualche mese i sassolini già ballavano un po’ nella loro nicchia di cemento.
Finalmente, una notte umida e fredda, Tac! Tac!:
i due sassolini caddero per terra.
“Siamo liberi!” esclamarono.
E mentre erano sul pavimento, lanciarono un’occhiata verso quella che era stata la loro prigione:
“Ooooh!”
La luce della luna che entrava da una grande finestra illuminava uno splendido mosaico.
Migliaia di sassolini colorati e dorati formavano la figura di Nostro Signore.
Era il più bel Gesù che i due sassolini avessero mai visto.
Ma il volto… il dolce volto del Signore, in effetti, aveva qualcosa di strano.

Sembrava quello di un cieco.

Ai suoi occhi mancavano le pupille!
“Oh, no!” I due sassolini azzurri compresero.
Loro erano le pupille di Gesù.
Chissà come stavano bene, come brillavano, come erano ammirati, lassù.
Rimpiansero amaramente la loro decisione.
Quanto erano stati insensati!
Al mattino, un sacrestano distratto inciampò nei due sassolini e, poiché nell’ombra e nella polvere tutti i sassi sono uguali, li raccolse e, brontolando, li buttò nel bidone della spazzatura.

Brano di Bruno Ferrero

Il sole all’orizzonte

Il sole all’orizzonte

Era finito nella rete, il piccolo pesce azzurro, e si dibatteva per trovare una via d’uscita e ritornare al mare.
Inutilmente.

Poi s’accorse di un piccolo buco:

una maniglia allentata nella rete.
Provò a uscire ma il foro era troppo piccolo.
Tuttavia gli permetteva di guardare meglio oltre la barca del pescatore e di quelle terribili reti.
Allora vide il mare con la sua immensa distesa di libertà.
E pensò alle profondità marine da cui proveniva, alla luce che filtrava dalle onde sui coralli della scogliera sommersa.
E agli altri pesci suoi amici, che nuotavano liberi tra le rocce di fondali coperte di alghe.

Quelle alghe che danzavano al ritmo delle correnti…

Era il suo mondo perduto.
Tuttavia, la nuova situazione offriva qualche vantaggio.
Ora poteva guardare il mare da un altro punto di vista e scoprire cose nuove.
Per esempio, l’orizzonte lontano:
era così vasto; e il cielo che copriva il mare con le ultime stelle del mattino:
una visione fantastica!

All’improvviso apparve uno splendore mai visto:

“Ecco,” gridò il piccolo pesce azzurro, fuori di sé per lo stupore, “ecco da dove viene la luce che illumina le profondità del mare!”
Sul filo dell’orizzonte stava sorgendo il sole.

Brano senza Autore