Mamma, ascoltami con gli occhi!

Mamma, ascoltami con gli occhi!

Una giovane mamma, in cucina, preparava la cena con la mente totalmente concentrata su ciò che stava facendo:
preparare le patatine fritte.
Stava lavorando sodo proprio per preparare un piatto che i bambini avrebbero apprezzato molto.

Le patatine fritte era il piatto preferito dei bambini.

Il bambino più piccolo di quattro anni aveva avuto una intensa giornata alla scuola materna e raccontava alla mamma quello che aveva fatto.
La mamma gli rispondeva distrattamente con monosillabi e borbottii.
Qualche istante dopo si sentì tirare la gonna e udì:
“Mamma!”
La donna accennò di sì col capo e borbottò anche qualche parola.

Sentì altri strattoni alla gonna e di nuovo:

“Mamma!”
Gli rispose ancora una volta brevemente e continuò imperterrita a sbucciare le patate.
Passarono cinque minuti.
Il bambino si attaccò alla gonna della mamma e tirò con tutte le sue forze.

La donna fu costretta a chinarsi verso il figlio.

Il bambino le prese il volto fra le manine paffute, lo portò davanti al proprio viso e disse:
Mamma, ascoltami con gli occhi!”

Brano tratto dal libro “La vita è tutto quello che abbiamo.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

La bambina e le due mele

La bambina e le due mele

Un giorno, una mamma, rientrando a casa dal lavoro, trovò la sua bambina con due mele nelle sue piccole manine.
Le guardava, le annusava, se le stava godendo prima di mangiarle, pregustando la loro dolcezza e morbidezza.
La mamma si avvicinò e chiese alla figlioletta se le potesse dare una delle sue due mele.

La bimba guardò le sue due mele, una era rossa e l’altra gialla.

Dubitò per un attimo, guardandole entrambe, e finalmente morse quella rossa, l’assaporò per bene, e poi morse anche quella gialla, con la stessa calma e compiacenza.
La mamma sentì il sorriso sul suo volto congelarsi, si chiedeva perché e da quando sua figlia era diventata così egoista.
Si chiedeva in cosa aveva sbagliato nel corrompere quell’angioletto che era stata quando era più piccola.
E cercava di non rivelare la sua delusione.
In quello stesso momento, la bambina le porse una delle due mele dicendo:

“Tieni mammina, questa è quella più dolce.”

La mamma prese la mela e abbracciò la sua bambina perché non vedesse che aveva le lacrime agli occhi.
Insieme si sedettero a mangiare le mele.
Entrambe avevano un sorriso gioioso e sereno, guardando le nuvole nel cielo si raccontarono le proprie giornate, una fatta di giochi e cose da imparare,

l’altra fatta di problemi e cose da risolvere.

Poi, quando la bambina fu concentrata su altro, la mamma scrisse un piccolo pensiero nel suo taccuino per non dimenticare:
“Non importa chi sei, come sei vissuto, cosa credi di aver visto o sentito, quanta esperienza e conoscenza pensi di avere, ritarda sempre il giudizio.
Dai agli altri il privilegio di spiegarsi.
Quello che percepisci può essere o non essere la realtà.”

Brano senza Autore

La mamma ed il bambino (Saper ascoltare)

La mamma ed il bambino (Saper ascoltare)

Una giovane mamma, in cucina, preparava la cena con la mente totalmente concentrata su ciò che stava facendo: preparare le patatine fritte.
Stava lavorando sodo proprio per preparare un piatto che i bambini avrebbero apprezzato molto.
Le patatine fritte erano il piatto preferito dai suoi bambini.
Il bambino più piccolo di quattro anni aveva avuto una intensa giornata alla scuola materna e raccontava alla mamma quello che aveva visto e fatto.

La mamma gli rispondeva distrattamente con monosillabi e borbottii.

Qualche istante dopo si sentì tirare la gonna e udì:
“Mamma!”
La donna accennò di sì col capo e borbottò anche qualche parola.
Sentì altri strattoni alla gonna e di nuovo:

“Mamma.”

Gli rispose ancora una volta brevemente e continuò imperterrita a sbucciare le patate.
Passarono cinque minuti.
Il bambino si attaccò alla gonna della mamma e tirò con tutte le sue forze.
La donna fu costretta a chinarsi verso il figlio.
Il bambino le prese il volto fra le manine paffute, lo portò davanti al proprio viso e disse:

Mamma, ascoltami con gli occhi!”

Ascoltare qualcuno con gli occhi significa dirgli:
“Tu sei importante per me!”
Tutte le cose importanti passano attraverso gli occhi.

Brano tratto dal libro “365 Piccole storie per l’anima.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

I due palloni


I due palloni

Due palloni erano usciti dalla fabbrica lo stesso giorno, erano finiti nello stesso sacco e portati nello stesso grande magazzino.
Uno era rosso e uno era blu.
Avevano fatto amicizia e così furono felicissimi di essere comprati dalla stessa persona.
Finirono in un oratorio, dove sembrava che un orda di ragazzi non stesse aspettando altro che prenderli a calci.
Lo facevano tutto il giorno, con un entusiasmo incredibile.
I due palloni volavano, rimbalzavano, sbattevano, facevano goal, venivano parati, sbucciati, infilati nell’angolino alto e basso, crossati e colpiti di testa.

Una vera battaglia quotidiana.

Alla sera si ritrovavano nello stesso armadio, pesti e ammaccati; la loro bella vernice brillante, le inserzioni bianche e nere, la scritta rossa, si stavano rapidamente screpolando.
“Non ne posso più!” si lamentava il pallone blu, “Non è vita questa!
Presi a calci dalla mattina alla sera!
Basta!”
“Che vuoi farci?
Siamo nati palloni!” ribatteva il pallone rosso, “Siamo stati creati per portare gioia e divertimento!”
“Bel divertimento!
Io non mi diverto proprio!

Ed ho già cominciato a vendicarmi:

oggi sono finito appositamente sul naso di un ragazzo e l’ho fatto sanguinare.
Domani farò un occhio blu a quel tipo che mi sbatte sempre contro il muro!” incalzava il pallone blu.
“Eppure siamo sempre al centro dell’interesse.
Quando arriviamo noi il cortile si anima come per incanto.
Credimi, siamo un dono dall’alto alla gioia degli uomini!” rispondeva ancora il pallone rosso.
Passarono i giorni, ed il pallone brontolone era sempre più scontento.
“Se continuo così, scoppio!” disse una sera “Ho deciso, domani sparirò!
Ho adocchiato un tetto malandato, sul quale nessuno potrà salire a cercarmi.

Mi basta un calcione un po’ deciso…”

Ed il pallone blu così fece.
Riuscì a finire tra i piedi di Adriano, detto Bombarda, per i suoi rinvii alla “Viva il parroco!” e con un poderoso calcione lo scagliò sul tetto proibito del caseggiato abbandonato vicino il cortile dell’oratorio.
Mentre volava in cielo, il pallone blu rideva felice:
ce l’aveva fatta!
I primi tempi sul tetto furono una vera pacchia.
Il pallone blu si sistemò confortevolmente nella grondaia e si preparò a una interminabile vacanza. “Ho chiuso con i calci e le botte,” pensava con profondo compiacimento “nel mio futuro non ci saranno che aria buona e riposo.

Aaaah, questa è vita!”

Ogni tanto, dal tetto, sbirciava in giù e guardava il suo compagno scalciato a più non posso dai ragazzi del cortile.
“Poverino,” bofonchiava, “lui prende calci e io me ne sto qui a prendere il sole, pancia all’aria dal mattino alla sera!”
Un giorno, un calcio possente glielo mandò vicino.
“Resta qui!” gli gridò il pallone blu.
Ma il pallone rosso rimbalzò sull’orlo della grondaia e tornò nel cortile.
“Preferisco i calci!” rispose.
Passò il tempo.
Nella grondaia il pallone blu si accorse che sole e pioggia lo avevano rapidamente fatto screpolare e ora si stava gradatamente sgonfiando.

Divenne sempre più debole, tanto che non riusciva più nemmeno a lamentarsi.

Del resto, non gliene importava molto:
sempre solo, lassù, era diventato triste e depresso.
Così una sera esalò un ultimo soffio.
Proprio in quel momento, il pallone rosso veniva riportato nell’armadio da due piccole manine.
Prima di finire nel cassetto buio, sentì una voce che gli diceva:
“Ciao pallone, ci vediamo domani.”
E due labbra sporche di Nutella gli stamparono un bacione sulla pelle ormai rugosa.
Nel suo cuore leggero come l’aria, il pallone si sentì morire di felicità.
E si addormentò sognando il paradiso dei palloni, dove gli angioletti hanno piedini leggeri come nuvole.

Brano senza Autore, tratto dal Web