La storia di un vaccino contro il coronavirus

La storia di un vaccino contro il coronavirus

Una anziana signora, nonna di diversi nipoti, influenzata dai No-Vax, era contraria a qualunque vaccino per immunizzarsi dal coronavirus (covid19), condividendo teorie complottiste, e quant’altro, inculcate dalla badante negazionista.
La nipote, incaricata di sovraintendere ai suoi bisogni, era preoccupata per il testardo diniego e, non riuscendo a convincerla con ragionamenti logici e scientifici, pensò, conoscendo la sua intima indole, ad uno stratagemma.

Le promise che, qualora avesse fatto il vaccino, sarebbe stata fotografata e postata nei social.

La nonnina era sensibilissima a questo tema poiché, fin da piccola, aveva sognato di fare l’attrice.
Aveva coltivato questa sua passione negli anni, arrivando anche a far parte di una compagnia teatrale, ma solo a livello amatoriale.
Giunto il giorno programmato per l’iniezione, la meticolosa nipote, nell’accompagnarla, spiegò allo staff medico la problematica e gli addetti si prestarono ben volentieri alla sceneggiata, anche per cambiare, per un momento, l’atmosfera triste che si respirava nell’ospedale.

In tre immortalarono con il loro smartphone il momento fatidico del vaccino,

offrendo altresì un bel mazzo di fiori alla signora, ovviamente comprato dall’amorevole nipote.
Gli occhi della nonnina, vedendo esaurito il suo desiderio da prima donna, si illuminarono per la gioia e, dopo questo istante, sopraggiunse una lacrima di felicità, poiché era stata trattata, a suo dire, come la regina Elisabetta.

Quella inaspettata reazione fece bene anche agli operatori sanitari.

Fece intravedere loro uno spiraglio di luce in fondo al tunnel della pandemia.
In tantissimi casi un gesto, che può essere considerato insignificante, può, in realtà, essere determinante a raggiungere un nobile obbiettivo, come quello di debellare l’insidioso virus.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

La leggenda della Stella di Natale

La leggenda della Stella di Natale

Anche a Città del Messico, nella lontana America, il Natale è una grande occasione di festa.
Tutti ne approfittano per sfoggiare vestiti nuovi, imbandire le tavole con cibi e bevande abbondanti e diversi dal solito, scambiarsi regali costosi e raffinati.
Che è poi quello che succede in gran parte del mondo.
Ma anche a Città del Messico ci sono persone che non possono permettersi di far festa neppure la Vigilia di Natale.
Una di queste, forse la più povera di tutte, si chiamava Ines.
Era una piccola e graziosa bambina indiana, grandi occhi neri nel visetto scuro, che anche la Vigilia di Natale vagava per il mercato grande a piedi nudi, sgranando gli occhi sulla mercanzia esposta sulle bancarelle:
trionfi di frutta colorata, dolci, tacchini e oche arrostiti, profumate patatine.
Tutte cose proibite per Ines, ricca solo del suo sorriso con cui cercava di intenerire i venditori, che le volevano bene e le regalavano sempre qualcosa.
La mamma le aveva cucito una grossa tasca sul davanti della gonna, e tutto quello che la bambina riceveva finiva in quella tasca.
Ogni giorno la piccola Ines la controllava perché nulla di quanto raccoglieva andasse perduto.

Il contenuto di quella tasca era preziosissimo:

quello era il cibo per i suoi fratellini e la mamma ammalata che aspettavano a casa.
Ines aveva l’occhio allenato a scoprire anche nei mucchi di rifiuti del mercato qualche cosa ancora in buono stato e la sua mano veloce sapeva sceglierlo con cura, ripulirlo, renderlo accettabile.
La sera della Vigilia di Natale, la tasca era colma più del solito.
Anche i suoi fratellini avrebbero fatto festa quella sera.
Ma Ines non era del tutto felice.
Aveva un piccolo ma insistente, segreto, cruccio.
A Città del Messico c’era una simpatica tradizione.
Nella Notte di Natale tutti i bambini della città portavano un fiore a Gesù Bambino nella chiesa della loro parrocchia.
C’era una specie di gara a chi portava il fiore più bello.
Ines desiderava portare anche lei un fiore a Gesù Bambino.
A volte si immaginava nel gesto di offrire, proprio lei, povera piccola bambina indiana, il fiore più bello.
Ma già faticava tanto a procurarsi un po’ di frutta e di verdura, come poteva procurarsi un fiore?
Aveva visto qualche fiore sui balconi più ricchi, altri fiori facevano capolino invitanti da cancelli di ferro battuto.

Era tentata di coglierli, ma non si può donare a Gesù un fiore rubato.

La piccola pensava con soddisfazione alle cose buone che portava ai fratellini, alla gioia con cui l’avrebbero accolta, ma non si decideva a tornare a casa.
Vagava inquieta, alla ricerca di un fiore, il più bello, quello che aveva visto solo nella sua fantasia.
La stradina tortuosa che portava al suo quartiere attraversava una zona di ruderi antichi.
Altre volte aveva visto tra le rovine ciuffi di foglie verdi con qualche fiore colorato.
Forse là avrebbe potuto trovare qualche fiore speciale da portare a Gesù Bambino.
Cautamente si addentrò tra i ruderi.
Girò, cercò, frugò attentamente tra le vecchie pietre, ma non c’era niente da fare.
Non c’era neppure un fiorellino.
Era quasi buio.
La mamma e i fratellini la stavano certo aspettando con impazienza.
Doveva tornare a casa.
Gettò un ultimo sguardo intorno e vide, in un angolo, un ciuffo di piantine che avevano foglie verdi, lucide, disposte come i petali di un fiore.
Si chinò e in fretta ne raccolse alcuni rametti; li mise insieme nel modo più gradevole possibile e formò un piccolo mazzo.

Mancava ugualmente qualcosa.

Con un sospiro, la bambina si tolse la cosa più bella che possedeva:
il nastro rosso che le serviva a legare i capelli.
Con il nastro fece una coccarda intorno alle foglie verdi.
Fu soddisfatta del risultato.
“Gesù Bambino gradirà i miei fiori verdi.” pensò, “E poi li ho legati con il nastro rosso!”
Era buio ormai e Ines si diresse verso casa.
Passò davanti alla chiesa:
il portone principale era spalancato.
“A quest’ora non ci sarà nessuno in chiesa!” pensò, “È l’ora di cena.
Verranno più tardi a portare i fiori a Gesù!”
Entrò furtivamente, con i suoi piedini nudi, il grembiulone sporco con la tasca piena di frutta e verdura.
Sgattaiolò, leggera come un’ombra, dietro le colonne della navata verso l’angolo pieno di luce dove su un cuscino ricamato avevano posto la statua di Gesù Bambino.
Con le lacrime agli occhi, Ines guardò il suo mazzo di foglie verdi e poi, rivolta alla statua del Bambino Gesù disse:
“Te li lascio adesso.
Non posso venire dopo con gli altri bambini.
Mi vergognerei troppo.
Spero ti piacciano lo stesso!”

Un “Oh!” di meraviglia la fece trasalire.

C’era un gruppo di gente intorno a lei.
Tutti fissavano meravigliati il mazzo che stringeva in mano.
“Che bei fiori…
Dove li hai trovati?
Non ho mai visto dei fiori così!”
Ines abbassò gli occhi sul suo mazzo di foglie e rimase senza fiato per la sorpresa.
Le foglie erano diventate di un bel rosso vivo.
Al centro della corolla le bacche avevano formato come un cuore d’oro.
Timidamente, la bambina depose il suo prezioso mazzo di stelle rosso-oro au piedi della statua del Bambino Gesù e poi corse a casa.
Non le sembrava neanche di toccare il terreno per la felicità.
Ora sapeva che Gesù aveva gradito il suo dono e aveva trasformato delle semplici foglie nel fiore più bello del Messico:
la stella di Natale.
Ancora oggi, a Natale, in tutto il mondo, le rosse stelle dal cuore d’oro ricordano il miracolo della fede di una povera bambina indiana.

Brano senza Autore

Ciao amore!

Ciao amore!

Nelle mie zone, qualche anno fa, viveva una eccentrica signora, molto singolare e leggera nel suo stile di vita, che assaporava senza remore bacco, tabacco e “venere”, avendo esercitato, in passato, il più antico mestiere del mondo in un bordello di periferia.
Tornata in paese per la chiusura delle case chiuse per effetto della legge Merlin e con la pensione,

la signora attraversava continuamente il paese con i suoi vestitini sgargianti.

Aveva spesso dei fiori tra i capelli a mo’ di corona, il rossetto sempre di un rosso acceso sulle labbra ed anche sulle guance, e girovagava quasi sempre con un mazzo di fiori in mano.
Fiori che sottraeva in chiesa o al cimitero per poi riportarli in un’altra chiesa o al cimitero stesso.
Salutava tutti con un “Ciao Amore!” ed era conosciuta con questo nome.
Era un personaggio “Felliniano” dal bel volto con capelli corvini, e fu sempre testimone di libertà,

non soggetta a regole e convenzioni.

A “Ciao Amore!” un giorno diedero fuoco alla baracca di legno dove abitava e fu messa in una struttura per anziani facendosi ben volere da operatori e ospiti.
Il regalo che più gradiva era un vasetto di cipolline sotto aceto che divorava come fossero cioccolatini, prendendole con le mani.
Il suo funerale fu a cura del comune, non avendo parenti e figli, ed una sconosciuta signora anch’essa eccentrica, cantò a cappella una Ave Maria che commosse tutti.

Quando qualcuno ricordava a “Ciao Amore!” la sua vita libertina,

ella con una risata rispondeva:
“Vi precederò in paradiso!”
Luogo dove io la immagino.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

L’amore di un bambino per la mamma e la sorellina

L’amore di un bambino per la mamma e la sorellina

Stavo camminando in un negozio di Big Bazar, quando vidi un cassiere parlare con un bambino che poteva avere non più di 5 o 6 anni.
Il cassiere disse:
“Mi dispiace, ma non hai abbastanza soldi per comprare questa bambola.”
Poi il bambino si rivolse al cassiere e chiese:
“Sei sicuro che io non abbia abbastanza soldi?”
Il cassiere contò ancora una volta il suo denaro e rispose:
“Lo sai che non hai abbastanza soldi per comprare la bambola, mio caro.”
Il ragazzino aveva ancora in mano la bambola.
Alla fine, mi incamminai verso di lui e gli chiesi a chi voleva dare questa bambola.

“È la bambola che mia sorella amava di più e voleva tanto.

Volevo regalargliela per il suo compleanno.
Devo dare la bambola alla mia mamma in modo che possa darla a mia sorella quando andrà là.”
I suoi occhi erano così tristi mentre diceva questo.
“Mia sorella è andata a stare con Dio…
Papà dice che anche la mamma vedrà Dio molto presto, così ho pensato che potesse portare con sé la bambola per darla a mia sorella…”
Il mio cuore si era quasi fermato.
Il ragazzino mi guardò e disse:
“Ho detto a papà di dire alla mamma di non andare ancora.
Ho bisogno che lei aspetti finché non torno dal centro commerciale.”
Poi mi ha mostrato una foto molto bella di lui dove stava ridendo.

Poi mi disse:

“Voglio che la mamma le porti la mia foto, così la mia sorella non mi dimenticherà!
Amo la mia mamma e vorrei che non dovesse lasciarmi, ma papà dice che deve andare a stare con la mia sorellina.
Poi guardò di nuovo la bambola con gli occhi tristi, molto tranquillamente.”
Ho rapidamente raggiunto il mio portafoglio e ho detto al bambino:
“Controlliamo di nuovo se hai abbastanza soldi per la bambola?”
“Ok!” disse, “Spero di averne abbastanza!”
Ho aggiunto alcuni dei miei soldi a lui senza che lui lo vedesse e abbiamo iniziato a contarli.
C’era abbastanza per la bambola e anche qualche soldo in più.
Il bambino disse:
“Grazie a Dio per avermi dato abbastanza soldi!”

Poi mi guardò e aggiunse:

“La scorsa notte, prima di andare a dormire, chiesi a Dio di avere abbastanza soldi per comprare questa bambola, così che la mamma potesse darla a mia sorella.
Mi ha ascoltato!
Volevo anche avere abbastanza soldi per comprare una rosa bianca per la mia mamma, ma non osavo chiedere troppo a Dio.
Ma mi ha dato abbastanza per comprare la bambola e una rosa bianca.
La mia mamma ama le rose bianche!”
Ho finito i miei acquisti in uno stato completamente diverso da quando ho iniziato.
Non riuscivo a togliermi dalla testa il ragazzino.
Poi, due giorni fa, mi sono ricordato di un articolo di un giornale locale che parlava di un ubriaco in un camion, che ha investito un’auto occupata da una giovane donna e una bambina.

La bambina morì subito e la madre fu lasciata in uno stato critico.

La famiglia dovette decidere se staccare la spina dalla macchina che la tenesse in vita, perché la giovane donna non sarebbe stata in grado di riprendersi dal coma.
Era questa la famiglia del bambino?
Due giorni dopo questo incontro con il bambino, ho letto sul giornale che la giovane donna era morta.
Non riuscivo a fermarmi quando comprai un mazzo di rose bianche e andai alle pompe funebri dove il corpo di la giovane donna è stata esposta perché le persone potessero vedere e fare gli ultimi saluti prima della sua sepoltura.
Era lì, nella sua bara, con in mano una bella rosa bianca con la foto del bambino e la bambola appoggiata sul suo petto.
Ho lasciato il posto, con le lacrime agli occhi, sentendo che la mia vita era cambiata per sempre..
L’amore che il bambino ha avuto per sua madre e sua sorella è ancora oggi difficile da immaginare.
E in una frazione di secondo, un guidatore ubriaco gli aveva tolto tutto questo.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Non lasciate che il giudizio degli altri possa condizionare il vostro modo di essere!


Non lasciate che il giudizio degli altri possa condizionare il vostro modo di essere!

Un ragazzo di 16 anni partì all’estero per fare una vacanza studio.
Quando tornò, sua madre lo stava aspettando all’aeroporto e quando lo vide, lo abbracciò forte forte perché gli era mancato.

Per questo il ragazzo si arrabbiò dicendo che non era più un bambino e che lo faceva vergognare di fronte agli amici.

Dicendo queste parole aveva lasciato una ferita nel cuore della madre che pensò che suo figlio non teneva più a lei.
Dopo sei anni il ragazzo si organizzò per partire di nuovo all’estero, ed anche se aveva 21 anni, la madre lo accompagnò per salutarlo, ma questa volta non lo abbracciò più ma si girò e con le lacrime agli occhi gli disse:

“Addio figliolo, abbi cura di te!”

Quando il ragazzo tornò, sua madre stranamente non lo stava aspettando più.
Una volta arrivato a casa il ragazzo trovò una mazzo di fiori con vicino una lettera da sua madre…
La curiosità lo spinse a leggere la lettera, e dopo aver finito di leggerla cadde in ginocchio piangendo.

Dentro alla lettera c’era scritto:

“Figlio mio, sei anni fa quando eri tornato a casa avevo lacrime di felicità agli occhi e ti ho abbracciato forte, mentre ora che stai leggendo queste parole, io sono già in un cimitero perché sarò morta di cancro…
Quando te ne sei andato l’ultima volta non ti ho abbracciato ma mi sono girata per non farti vergognare davanti agli altri, però ho pianto moltissimo perché sapevo che era l’ultima volta che ti vedevo…
Ti amo e ti amerò sempre… con amore MAMMA.”

Brano senza Autore

Non è mai troppo tardi…


Non è mai troppo tardi…

Lei: Ciao.
Lui: Che vuoi?
Lei: Scusa, non volevo disturbarti.
Volevo solo dirti che ho cambiato il numero di cellulare, non chiamare più su quel numero! Perdi solo tempo!
Lui: Ma chi ti pensa!
Lei: Ok!
Dopo una settimana lei mette sposata con un suo amico!
Lui: Auguri!

Lei: Perché?

Lui: A quanto vedo ti sei fidanzata. Brava, scordati di me!
Lei: E’ il mio miglior amico, scemo!
Lui: Ah, scusami!
Lei: Ok, ciao!
Qualche giorno dopo…
Lui: Hey hey hey. Scusa ci sei? Dai, rispondi!
Lei: Cosa vuoi?
Lui: Far pace con te.
Lei: Non ci sono!
Lei si disconnette.
Il giorno dopo lui invia un messaggio all’amica di questa ragazza:

“Scusa se ti disturbo! Mi daresti il numero della tua amica?”

L’amica: “Si, certo.”
E gli invia il numero.
Dopo due minuti la chiama.
Lei: … Pronto?
Lui: Piccola.
Lei: Scusa ma chi sei?
Lui: Sono io. Il cretino che ti ha lasciato senza un motivo!
Lei chiude immediatamente la chiamata.
Lui la richiama.
Lei: Cosa vuoi ancora?
Hai detto che me ne devo andare, hai detto che non mi pensi.
Bene quello che mi hai detto a me, io lo dico a te.
Ciao tesoro, buona vita!

Lui: Allora è finita sul serio?

Lei dopo due minuti: Ehmm… si!
Lui riattacca.
Lei: Ecco, questa è la prova che lui tiene a me… e scoppia a piangere.
Dopo mezz’ora, lei scende per uscire con le amiche, e sotto un muro vicino casa sua vede una scritta:
“Perdonami cucciola, sarei pronto a fare di tutto per farmi perdonare da te.
Sono uno stronzo!”
Lei piange.
Lui la raggiunge di soppiatto, le mette la mano avanti agli occhi, la bacia e le regala un mazzo di rose.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Un amore eterno



Un amore eterno

Il mio dolce marito, John, ed io, eravamo sposati da quarantasei anni.
Ogni giorno di San Valentino lui era solito mandarmi i più bei fiori con un biglietto con cinque semplici parole:

“Il mio amore per te cresce.”

Quattro figli, quarantasei bouquet e una vita d’amore furono l’eredità che mi lasciò quando morì due anni fa.
Il mio primo San Valentino sola, dieci mesi dopo averlo perso, fui scioccata nel ricevere un meraviglioso bouquet indirizzato a me… da John.
Arrabbiata e con il cuore spezzato, chiamai il fiorista dicendo che c’era stato un errore.

Il fiorista replicò:

“No, madame, non è un errore.
Prima che morisse, suo marito pagò per molti anni e chiese a noi di garantirgli che questi bouquet le sarebbero stati regalati ogni giorno a San Valentino.”
Con il cuore in gola, riattaccai il telefono e lessi il biglietto.

Diceva:

“Il mio amore per te è eterno.”

Brano composto da Sue Johnston

L’Usignolo e la Rosa. (L’Usignolo e l’Amore)


L’Usignolo e la Rosa.
(L’Usignolo e l’Amore)

Un giovane studente si lamentava poiché nel proprio giardino non c’era una sola rosa rossa.
Ah, da quali sciocchezze dipende la felicità!
Ho letto gli scritti di tutti i sapienti, conosco tutti i segreti della filosofia, ma nonostante ciò la mancanza di una rosa rossa sconvolge la mia vita!
“La donna che amo ha detto che ballerà con me solo se le porterò delle rose rosse, ma in tutto il giardino non c’è una sola rosa rossa!”
Anche l’usignolo lo ascoltava commosso.
“Il principe dà un ballo domani sera!” singhiozzava ad alta voce l’uomo “Io e lei siamo stati invitati.
Se le porterò una rosa rossa ballerà con me fino all’alba.
Ma non v’è rosa rossa nel mio giardino, e così me ne starò tutto solo e lei mi passerà davanti senza degnarmi di uno sguardo.
Non si curerà di me e il mio cuore si spezzerà.”
“Ecco uno che sa veramente amare!” disse l’usignolo “Quello che io canto, egli lo soffre:
quello che per me è gioia, per lui è dolore.

L’amore è una cosa meravigliosa:

è più prezioso di smeraldi e diamanti.
Non si può comprare con perle e pietre preziose.
Non è venduto al mercato; non ci sono mercanti o bilance per l’amore.”
“Ballerà con tutti, ma non con me.
Perché non ho da offrire una rosa rossa!” si disperò l’uomo buttandosi nell’erba e coprendo il proprio viso con le mani.
“Perché piange?” chiese una lucertolina marrone, passandogli accanto di corsa, con la coda in aria.
“Già, perché piange?” chiese una farfalla che svolazzava dietro a un raggio di sole.
“Sì, perché?” sussurrò una primula alla sua vicina con una voce dolce, sommessa.
“Piange per una rosa rossa!” rispose l’usignolo.
“Per una rosa rossa?” esclamarono “Che cosa ridicola!”
La lucertolina, che era un po’ cinica, sghignazzò senza ritegno.
Ma l’usignolo capiva il segreto del dolore dell’uomo e se ne stette silenzioso, sulla quercia, a riflettere sul mistero del dolore.

D’un tratto spalancò le ali brune e si librò in aria.

Attraversò il boschetto come un’ombra, e come un’ombra veleggiò attraverso il giardino.
Al centro del prato c’era un bel rosaio, e quando lo vide l’usignolo si posò su uno dei suoi rami.
“Dammi una rosa rossa,” implorò “e ti canterò la più dolce delle mie canzoni!”
Il rosaio scosse i rami.
“Le mie rose sono bianche!” rispose “Bianche come la spuma del mare, e più bianche della neve sui monti.
Ma va’ da mio fratello, che cresce intorno alla vecchia meridiana, e forse lui ti darà quello che cerchi.”
Così l’usignolo volò fino al rosaio che cresceva intorno alla vecchia meridiana.
“Dammi una rosa rossa,” implorò “e ti canterò la più dolce delle mie canzoni!”
Ma il rosaio scosse i rami.
“Le mie rose sono gialle!” rispose “Gialle come l’asfodelo che fiorisce nei campi, gialle come grano.
Ma va’ da mio fratello che fiorisce sotto la finestra dell’uomo, e forse lui ti darà quello che cerchi.”
Così l’usignolo volò al rosaio che cresceva sotto la finestra dell’uomo.
“Dammi una rosa rossa,” esclamò “e ti canterò la più dolce delle mie canzoni.”

Ma il rosaio scosse i rami.

“Le mie rose sono rosse,” rispose “più rosse del corallo.
Ma l’inverno mi ha gelato le vene, la neve mi ha distrutto i germogli e la tempesta mi ha spezzato i rami: non avrò nemmeno una rosa”.
“Una rosa rossa è tutto quello che voglio!” gridò l’usignolo “Solo una rosa rossa!
Non esiste un modo per procurarmela?”
“Una maniera c’è,” rispose il rosaio “ma è così terribile che non ho il coraggio di dirtela!”
“Dimmela,” disse l’usignolo “io non ho paura”.
“Se vuoi una rosa rossa,” disse il rosaio “devi tingerla con il tuo sangue.
Devi cantare per me col petto contro una delle mie spine.
Tutta la notte devi cantare per me, e la spina deve trafiggerti il cuore,
e il tuo sangue deve scorrere nelle mie vene e diventare mio.”
“La morte è un prezzo alto da pagare per una rosa rossa!” disse l’usignolo “La vita è bella e cara tutti.
Eppure l’amore è più grande della vita.
E che cos’è mai il cuore di un uccello in confronto al cuore di un uomo?”
Si librò in volo e ritornò dall’uomo, che continuava a disperarsi.
“Sii felice!” gli gridò l’usignolo “Sii felice!

Avrai la tua rosa rossa.

La tingerò io con il sangue del mio cuore.
In cambio ti chiedo solo di essere sincero nel tuo amore.”
L’uomo alzò il capo, ma naturalmente non capiva nulla di quello che l’usignolo diceva.
Ma la quercia capì e si rattristò, perché amava molto l’usignolo che aveva costruito il proprio nido in mezzo ai suoi rami.
“Cantami un’ultima canzone,” sussurrò “sarò tanto sola quando tu non ci sarai più!”
L’usignolo cantò per la quercia e la sua voce sembrava acqua zampillante da una fonte d’argento.
L’uomo se ne andò, sbuffando:
“L’usignolo ha una bella voce, ma certamente nessun sentimento.
Pensa solo al canto, alle belle note.
Non gliene importa niente degli altri.

Sono tutti così gli artisti!”

Andò nella sua stanza, si distese sul letto e, pensando alla sua amata, si addormentò.
Quando in cielo si accese la luna, l’usignolo volò al roseto e mise il petto contro una spina.
Tutta la notte cantò, col petto contro la spina.
Anche la fredda luna di cristallo si chinò e ascoltò.
Tutta la notte cantò, e la spina gli penetrò sempre più profondamente nel petto, mentre il sangue della vita scorreva via.
Sbocciò una rosa meravigliosa, rossa come il sole d’oriente, rossa più di un rubino.
Ma la voce dell’usignolo si affievolì.
Le sue piccole ali cominciarono a tremare e un velo di dolore gli annebbiò gli occhi.
La sua voce meravigliosa si spense in un’ultima esplosione di trilli, mentre la rosa meravigliosa spalancava i petali alla fredda aria del mattino.
“Guarda, guarda!” gridò il rosaio.
“La rosa è finita ora!”
Ma l’usignolo non rispose, perché giaceva morto nell’erba alta.
A mezzogiorno, l’uomo aprì la finestra e guardò fuori.
“Ehi, ma che fortuna incredibile!” esclamò.
“Qui c’è una rosa rossa!
Non ho mai visto una rosa così in tutta la vita.
Così bella che di sicuro deve avere un lungo nome latino!”

Si spenzolò dalla finestra e la colse.

Poi corse alla casa della donna dei suoi sogni con la rosa in mano.
“Hai detto che avresti ballato con me se ti avessi portato una rosa rossa!” esclamò l’uomo.
“Ecco la rosa più rossa del mondo.
La porterai stasera sul cuore, e quando balleremo insieme ti dirò quanto ti voglio bene!”
Ma la donna si accigliò.
“Non mi serve più.
Non si intona con il mio vestito.
E poi il nipote del banchiere mi ha mandato dei gioielli veri, e tutti sanno che i gioielli costano molto più dei fiori!”
“Sei solo un’ingrata!” disse rabbioso l’uomo.
E gettò la rosa nella strada.
La rosa rossa finì in una pozzanghera e la ruota di un carro la schiacciò.
“L’amore non esiste!” concluse l’uomo.
E tornò a casa.
Si chiuse dentro la sua stanza, prese lo dallo scaffale un vecchio libro polveroso, e si mise a leggere.

Brano tratto dal libro “Il principe felice e altri racconti.” di Oscar Wilde

L’amore di una mamma


L’amore di una mamma

Un angelo scappò dal paradiso per trascorrere la giornata vagando sulla terra.
Al tramonto decise di portarsi via dei ricordi di quella visita.
In un giardino c’erano delle rose:
colse le più belle e compose un mazzo da portare in paradiso.

Un po’ più in là un bambino sorrideva alla madre.

Poiché il sorriso era molto più bello del mazzo di rose, prese anche quello.
Stava per ripartire quando vide la mamma che guardava con amore il suo piccolo nella culla.
L’amore fluiva come un fiume in piena e l’angelo disse a se stesso:
“L’amore di quella mamma è la cosa più bella che c’è sulla terra, perciò prenderò anche quello!”

Volò verso il cielo, ma prima di passare i cancelli perlacei, decise di esaminare i ricordi per vedere come si erano conservati durante il viaggio.

I fiori erano appassiti, il sorriso del bambino era svanito, ma l’amore della mamma era ancora là in tutto il suo calore e la sua bellezza.
Scartò i fior appassiti e il sorriso svanito, chiamò intorno a se tutti gli ospiti del cielo disse:
“Ecco l’unica cosa che ho trovato sulla terra e che ha mantenuto la sua bellezza nel viaggio per il paradiso:
L’amore di una mamma.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il mazzo di rose

Il mazzo di rose

Un giorno, una giovane donna ricevette una dozzina di rose con un biglietto che diceva:
“Una persona che ti vuole bene!”
Senza però la firma.
Non essendo sposata, il suo pensiero andò agli uomini della sua vita:
vecchie fiamme, nuove conoscenze.
Oppure erano stati mamma e papà?
Qualche collega di lavoro?

Fece un rapido elenco mentale.
Infine telefonò a un’amica perché l’aiutasse a scoprire il mistero.
Una frase dell’amica le fece all’improvviso balenare un’idea.
“Dimmi, sei stata tu a mandarmi i fiori?” chiese.
“Sì!” rispose l’amica.
“Perché?” replicò.
“Perché l’ultima volta che ci siamo parlate eri di umore nero.
Volevo che trascorressi un giorno pensando a tutte le persone che ti vogliono bene!” concluse l’amica.
Brano senza Autore, tratto dal Web