L’opportunità per progredire

L’opportunità per progredire

Proprio in mezzo ad una strada, un mattino, comparve una grossa pietra!
Era decisamente visibile ed ingombrante:

gli automobilisti cominciarono a girarle intorno per evitarla.

Dovevano frenare, mettersi in coda, ma lo facevano brontolando e suonando i “clacson”.
Alle undici del mattino si era già formato un corteo di cittadini che protestavano davanti al municipio:
a mezzogiorno i Sindacati annunciarono uno sciopero di tre giorni e tutti gli studenti scesero in piazza per dimostrare!
Alle quattro del pomeriggio gli “indignati” occuparono la piazza principale e “Striscia la Notizia” mandò i suoi inviati a casa dell’Assessore.

Nacque immediatamente il Movimento “No Sass”.

Alle diciotto passò sulla strada un venditore ambulante di verdura con il suo camioncino sgangherato!
Si fermò a lato della strada con i lampeggianti accesi e collocò, diligentemente, il triangolo rosso a distanza di sicurezza per avvertire gli automobilisti.
Poi cominciò a tentare di rimuovere il masso!
Dopo molta fatica e sudore, riuscì finalmente a muovere la pietra spostandola al bordo della strada.
Mentre tornava verso il suo camioncino, notò che c’era una grossa busta attaccata alla pietra sul lato che, prima, poggiava sull’asfalto.

La busta conteneva un grosso assegno ed una lettera,

con l’intestazione della più importante industria della nazione che diceva che l’assegno era per la persona che avesse rimosso la pietra dalla strada.
L’assegno era accompagnato dall’offerta dell’incarico di “Vice-Presidente esecutivo” della Compagnia.
Il venditore ambulante imparò quello che, molti di noi, neanche comprendono:
“Tutti gli ostacoli e le difficoltà che incontriamo sulla strada della nostra vita sono un’opportunità per progredire!”

Brano senza Autore

Realizzate i vostri sogni

Realizzate i vostri sogni
Discorsi ai Laureati del 2020
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Discorso di Bill Gates


Discorso di Steven Spielberg


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“Discorso di Bill Gates”


Qualcuno di voi potrebbe essere stato ispirato da questa crisi a perseguire carriere nell’epidemiologia o nel campo della salute.
È fantastico, ma non è l’unico modo per contribuire.
I politici avranno molte decisioni da prendere nei mesi e negli anni a venire su come riprenderci da questa crisi e su come impedire che si ripeta.
Potete usare la vostra voce e il vostro voto per sostenere politiche che creino un futuro più sano e migliore per tutti, ovunque.
La cosa importante da ricordare dei percorsi di carriera è che non devono durare per sempre.

Quando avevo vent’anni,

pensavo che avrei lavorato nel settore dei software per sempre.
Non mi sono mai visto lavorare nella filantropia o nella salute globale, per non parlare del fatto di lasciare il mio lavoro in Microsoft per occuparmi di questi temi a tempo pieno.
Man mano che invecchierete, i vostri interessi e le vostre abilità si evolveranno.
Il mio consiglio è di essere aperti al cambiamento.
Non abbiate paura di provare qualcosa di nuovo.

Bill Gates
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“Discorso di Steven Spielberg”


I sogni sono un ottimo test.
Perché un sogno metterà alla prova la vostra determinazione e riconoscerete un sogno da quanto è irrealizzabile.

Un vero sogno è qualcosa che non solo attrae ma a cui ci si può anche aggrappare.

E vi supporterà attraverso ogni ostacolo che le persone e il vostro ambiente lanceranno contro di voi.
Perché se noi siamo al servizio dei nostri sogni, invece che i nostri sogni al nostro servizio, si crea qualcosa di più grande.
Ciò ci permette di superare la nostra paura di andare avanti, indipendentemente dagli ostacoli che troveremo sul nostro cammino.

Steven Spielberg
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Complice di Cupido

Complice di Cupido

Prima di dedicarmi all’agricoltura, proseguendo così l’attività di famiglia, come già raccontato, lavorai in una fabbrica fino all’età di trent’anni.
La fabbrica è un mondo a se, dove si cresce umanamente e professionalmente, ma solo impegnandosi ed apprendendo le dinamiche del gruppo si riescono a superare i conflitti sempre presenti e a far nascere nuove amicizie che durano tutta la vita.
La mia mansione la svolgevo su una macchina per lo stampaggio della plastica per scarponi da sci di un noto marchio.

La routine del lavoro non era per niente creativa.

Per questa ragione cercavo di umanizzarlo il più possibile, inventandomi ogni tanto qualcosa che ci distraesse dalla monotonia.
Un mio amico di reparto si faceva notare per la sua laboriosità e professionalità, ma anche per la sua timidezza, nonostante desiderasse ardentemente avere una fidanzata.
A causa della sua timidezza aveva delle serie difficoltà con il gentil sesso.

Cercai di andargli incontro con uno stratagemma.

Un giorno gli dissi che, nel reparto adiacente della vicina manovia, c’era una ragazza che lo fissava di continuo.
Oltre ad essere bella ed intelligente, secondo me, era la persona ideale per lui.
Feci avere in tempo reale alla ragazza in questione, la quale era una mia carissima amica, un biglietto dal jolly della fabbrica che aveva ampia libertà di movimento.
Inoltre le segnalai che da tempo era insistentemente ammirata dal mio collega.
Fu bello vederli alzarsi continuamente in punta di piedi per superare gli ostacoli e guadarsi a vicenda, con i riti del corteggiamento, notando, in seguito,

i primi appuntamenti al distributore del caffè.

Ne nacque una relazione duratura che confluì nel matrimonio ed alle nozze fui un invitato di riguardo.
Essere stato complice, in questo caso, di Cupido e delle sue frecce, mi diede una grande soddisfazione, dato che all’inizio della bella storia d’amore seguirono il matrimonio e la prole.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Giosuè e la luce dalla finestra

Giosuè e la luce dalla finestra

Una strana epidemia si abbatté sulla città all’improvviso.
Iniziava come un raffreddore:
i colpiti cominciavano a starnutire, poi prendevano uno strano colore grigiastro, finché la malattia esplodeva in tutta la sua virulenza e i colpiti diventavano prima avidi, poi prepotenti e arraffatori, perfino ladri e tremendamente sospettosi gli uni degli altri.
Il pensiero del denaro intaccava e annullava tutti gli altri pensieri.
“Ciò che conta sono i soldi.
Con i soldi si fa tutto.” sostenevano.
Insieme al pensiero dei soldi arrivava anche la paura.
I venditori di casseforti e porte blindate non riuscivano a star dietro agli ordini.
In certi alloggi la porta d’ingresso arrivava ad avere diciotto serrature a prova di tutto, anche di bazooka.
Nelle famiglie, i papà e le mamme rubavano i soldi dai salvadanai dei bambini.

I bambini chiedevano:

“Quanto mi date per sparecchiare?”
Non solo per asciugare i piatti o per fare i compiti; anche per andare nei giardinetti a giocare.
Un sabato pomeriggio, nella via principale, scoppiò un tremendo tafferuglio per una moneta da cinque centesimi.
Perfino il dottore fu contagiato e cominciò a vendere le medicine scadute, che prima buttava via con molta attenzione.
La vita in città divenne insopportabile.
Il sindaco e i suoi consiglieri decisero di recarsi per un consulto dal famoso Barbadoro, che era un eremita, per chiedere una medicina o almeno un consiglio.
L’eremita dalla lunga barba bianca li ascoltò con attenzione, poi lisciandosi la barba disse: “Conosco la malattia che ha colpito il vostro villaggio.
È dovuta ad un virus che si chiama “sgrinfiacchiappa” ed è terribile, perché chi è colpito diventa sempre più insensibile, il suo cuore si indurisce fino a diventare di pietra.
Si può sfuggire al contagio per un po’ di tempo compiendo atti di bontà e di generosità, ma per debellare veramente la malattia c’è un solo rimedio: l’acqua della “Montagna che canta.”
Dovete trovare un giovane forte e coraggioso, completamente disinteressato.
Deve affrontare questo impegno solo per amore della gente.
Perché l’acqua della generosità funziona solo se è veramente voluta, aspettata, accolta.

Logico, no?

Perciò se troverete il giovane adatto in grado di affrontare le difficoltà dell’impresa (e non è cosa da poco) la medicina farà effetto solo se ci sarà qualcuno ad aspettarla!”
“Noi aspetteremo. Tutti!” giurarono il sindaco e i consiglieri, “Dobbiamo assolutamente uscire da questa epidemia che rende infelice la nostra città!”
“…e vuota le casse comunali!” aggiunse l’assessore alle finanze, che aveva la pelle grigia di chi veniva colpito dalla malattia del virus “sgrinfiacchiappa.”
Il giorno dopo su tutti i muri della città era affisso un bando:
“Cercasi giovane coraggioso per impresa eroica!”
Si presentarono in duemila.
Ma appena gli aspiranti eroi venivano a sapere che non ci avrebbero guadagnato niente, si ritiravano.
Tutti, meno uno.
Era un giovane robusto e simpatico, preoccupato dalla malattia che colpiva i suoi concittadini e che rendeva infelici tante persone.
Si chiamava Giosuè.
Il sindaco e i consiglieri gli spiegarono quello che doveva fare, anche se non avevano alcuna idea di dove si trovasse la “Montagna che canta.”
“La cercherò.” disse tranquillamente Giosuè.

“Noi ti aspetteremo.” promise la gente.

“Metteremo una luce sulla finestra tutte le notti, così saprai che ti aspettiamo!”
Giosuè mise un po’ di biancheria e pane e formaggio in una bisaccia, baciò la mamma ed il papà, abbracciò Mariarosa, la sua fidanzata, che gli sussurrò:
“Anch’io ti aspetterò!”
Salutò tutti e partì.
Per tre giorni Giosuè camminò risolutamente verso le montagne, che tremolavano nella luce azzurrina dell’orizzonte.
“Una volta là, mi basterà cercare la “Montagna che canta.”
Non deve essere difficile.” pensava.
Ma si illudeva.
Dopo dieci giorni di marcia, le montagne continuavano ad apparire lontane, come profili di giganti dormienti, all’orizzonte.
Ma Giosuè non si fermava.
Pensava agli abitanti della città che certamente si ricordavano di lui e lo aspettavano, ai suoi genitori e a Mariarosa e, ogni mattina, anche se i piedi gli dolevano ricominciava la marcia.

Passarono altri dieci giorni, poi dieci mesi.

Nella città, le prime notti erano state un vero spettacolo.
Sui davanzali di quasi tutte le finestre brillava una luce.
Era il segno della speranza:
aspettavano l’acqua della generosità portata da Giosuè.
Ma con il passare del tempo, molte lampade si spensero.
Alcuni se ne dimenticarono semplicemente, altri, colpiti dalla malattia, si affrettarono a spegnerle per risparmiare.
La maggioranza dei cittadini, dopo qualche mese, scuoteva la testa dicendo:
“Non ce la ha fatta.
Non tornerà più!”
Ogni notte, c’era qualche luce in meno alle finestre.
Ma Giosuè, dopo un anno, arrivò alle montagne.
Le prime erano montagnole da poco e le valli che le dividevano larghe e facili.

Poi si fecero sempre più aspre, rocciose, disseminate di ostacoli.

Giosuè stava con le orecchie tese per individuare la “Montagna che canta.”
Qualche picco, grazie al vento, fischiava.
Qualche montagna, grazie ai ghiacciai e ai torrenti, rombava.
Ma nessuna cantava.
In una piccola baita, aggrappata al fianco di una montagna, incontrò un vecchio pastore e gli chiese qualche informazione.
Il pastore gli regalò una scodella di latte fresco e poi gli disse:
“La “Montagna che canta.”?
Certo che so dov’è.
Non mi fa dormire quando porto le mie pecore a pascolare da quelle parti.
Ma è un accidenti di montagna!
Ripida e levigata come un obelisco e con il gigante Soffione!”

“Chi è?” domandò Giosuè.

“Un gigante burlone che si diverte a soffiare giù chi cerca di salire sulla montagna!”
“Pazienza, ma io devo salire lassù!” disse Giosuè.
Il vecchio pastore lo accompagnò fino ai piedi della montagna e lo salutò:
“Buona fortuna!”
La montagna cantava davvero, con un vocione allegro e un po’ stonato.
Giosuè cominciò subito ad arrampicarsi.
Le pareti della montagna avevano pochi appigli e il povero giovane si ritrovò presto con le mani rovinate dalla roccia.
Era quasi a metà della salita, quando un soffio di vento violento lo staccò dalla parete e lo fece rimbalzare in giù per parecchi metri.
Mentre cadeva sentiva la risata del gigante Soffione, felice per lo scherzo che gli aveva giocato.

Neanche questa volta Giosuè si scoraggiò.

Si riempì le tasche e la camicia di sassi e ricominciò a salire.
Pesante com’era, ogni centimetro gli costava una fatica terribile, ma il gigante Soffione aveva un bel soffiare.
Non riusciva neanche a farlo vacillare.
Dopo un po’ il gigante cominciò a tossire e infine smise di soffiare.
Così Giosuè arrivò sulla vetta e vide la sorgente cristallina dell’acqua della generosità.
Aveva compiuto la missione che gli era stata affidata e il suo cuore era leggero e lieto:
la gente della città sarebbe tornata felice come prima.
Portava sulle spalle una botticella della preziosa acqua.
Se non fosse bastata per tutti, ormai sapeva la strada.
Una notte senza luna e senza stelle, Giosuè arrivò sulla collina da cui si vedeva la città.
Guardò giù ansimando perché aveva fatto di corsa gli ultimi metri.
Quello che vide gli riempì gli occhi di lacrime e il cuore di amarezza.

La città era completamente avvolta dal buio.

Non c’erano luci sui davanzali delle finestre.
Nessuno lo aveva aspettato.
“È stato tutto inutile…
Se nessuno mi ha aspettato, l’acqua non farà effetto…
Tutta la mia fatica è stata inutile!”
Si avviò mestamente.
Aveva voglia di buttar via l’acqua che gli era costata tanto.
Stava per farlo, quando qualcosa lo fermò.
C’era una luce, laggiù!
Un lumino, piccolo, tremante, lottava con la notte, in mezzo ai muri neri delle case.
“Qualcuno mi ha aspettato!” disse.
Giosuè rise forte per la felicità e partì di corsa.
Riconobbe la finestra e la casa.
In fondo al cuore non ne aveva mai dubitato.
Mariarosa e i suoi genitori lo avevano aspettato!

Brano tratto dal libro “Storie belle e buone.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Segui Gesù come Maria

Segui Gesù come Maria

Una notte ho fatto un sogno splendido.
Vidi una strada lunga, una strada che si snodava dalla terra e saliva su nell’aria, fino a perdersi tra le nuvole, diretta in cielo.
Ma non era una strada comoda, anzi era una strada piena di ostacoli, cosparsa di chiodi arrugginiti, pietre taglienti e appuntite, pezzi di vetro.
La gente camminava su quella strada a piedi scalzi.
I chiodi si conficcavano nella carne, molti avevano i piedi sanguinanti.

Le persone però non desistevano:

volevano arrivare in cielo.
Ma ogni passo costava sofferenza e il cammino era lento e penoso.
Ma poi, nel mio sogno, vidi Gesù ché avanzava.
Era anche lui a piedi scalzi.
Camminava lentamente, ma in modo risoluto.

E neppure una volta si ferì i piedi.

Gesù saliva e saliva.
Finalmente giunse al cielo e là si sedette su un grande trono dorato.
Guardava in giù, verso quelli che si sforzavano di salire.
Con lo sguardo e i gesti li incoraggiava.
Subito dopo di lui, avanzava Maria, la sua mamma.
Maria camminava ancora più veloce di Gesù.

Sapete perché?

Metteva i suoi piedi nelle impronte lasciate da Gesù.
Così arrivò presto accanto a suo Figlio, che la fece sedere su una grande poltrona alla sua destra.
Anche Maria si mise ad incoraggiare quelli che stavano salendo e invitava anche loro a camminare nelle orme lasciate da Gesù, come aveva fatto lei.
Gli uomini più saggi facevano proprio così e procedevano spediti verso il cielo.
Gli altri si lamentavano per le ferite, si fermavano spesso, qualche volta desistevano del tutto e si accasciavano sul bordo della strada sopraffatti dalla tristezza.

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Il maestro ed i tre ostacoli

Il maestro ed i tre ostacoli

Un giorno un Maestro accolse tre candidati che volevano diventare suoi discepoli.
Al primo incontro il Maestro iniziò a comportarsi in modo eccentrico a tavola, facendo discorsi assurdi e avendo atteggiamenti strani.

Disse anche talune parolacce e mangiò il suo cibo con le mani,

asciugandosi la bocca al polsino della camicia.
Uno di questi tre discepoli se ne andò, scandalizzato di questo atteggiamento.
Il secondo fu avvisato dai discepoli anziani (istruiti così dal Maestro) che questi era un truffatore, che si stavano organizzando per fargliela pagare e che lui doveva stare ben attento a fidarsi di un uomo così.

Anche il secondo uscì dal gruppo.

Al terzo il Maestro proibì categoricamente di prendere la parola ogni volta che la chiedeva e di porre qualsiasi tipo di domande.
Anche il terzo se ne andò, sdegnato ed offeso.

Quando il Maestro fu solo con i suoi allievi disse:

“Il comportamento di coloro che se ne sono andati illustra tre validi concetti.
Il primo “non giudicare a prima vista.”
Il secondo “non giudicare cose di grande importanza da ciò che dicono gli altri.”
Il terzo “non fare della tua percezione di stima ed apprezzamento altrui il metro per il tuo giudizio su di loro.”

Storia Zen
Brano senza Autore, tratto dal Web

Il cavallo ed il maiale

Il cavallo ed il maiale

Qualche tempo fa, un cavallo, preso da una depressione profonda, decise di sdraiarsi a terra senza volersi più rialzare.
Il proprietario, disperato, dopo innumerevoli tentativi di spronarlo ad alzarsi, chiamò il veterinario. Visitato l’animale, disse:
“Casi così, sono molto gravi; l’unico rimedio è provare per un paio di giorni a dargli queste pillole: se non reagirà sarà necessario abbatterlo.”
Appena tutti se ne andarono, il maiale, che aveva sentito tutto, corse dal cavallo:

“Alzati, alzati, altrimenti butta male!”

Ma il cavallo non reagì e girò la testa di lato.
Il secondo giorno il veterinario tornò e somministrò al cavallo nuovamente le pillole, dicendo poi al proprietario:
“Non reagisce: aspettiamo ancora un po’, ma credo non ci sia alcunché da fare.”
Il maiale che aveva nuovamente sentito tutto, tornò dal cavallo:
“Dai, amico! Devi reagire! Guarda che altrimenti sono guai!”

Ma il cavallo non diede segni di risposta.

Il terzo giorno il veterinario verificò per l’ennesima volta l’assenza di progressi.
Si allontanò dal cavallo e, rivolto al contadino, disse:
“Dammi la carabina: è ora di abbattere quella povera bestia.”
Il maiale ritornò disperato dal cavallo:
“Devi reagire, è l’ultima occasione, ti prego, stanno per ammazzarti!”
Il cavallo allora si alzò di scatto e cominciò a correre, saltare gli ostacoli ed accennare passi di danza.

Il contadino, vedendo il cavallo tornato in forma, si sentii felicissimo.

Rivolto al veterinario gli disse:
“Grazie, dottore, grazie!
Lei è un medico meraviglioso, ha compiuto un miracolo!
Dobbiamo assolutamente organizzare una grande festa:
su, presto, ammazziamo il maiale!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il libero arbitrio

Il libero arbitrio

Molte persone vivono seguendo il cammino scelto da noi,
perché troppo timorosi per esplorarne altri.

Ma ogni tanto arrivano persone come voi,

che superano gli ostacoli che mettiamo lungo la strada.
Persone che capiscono che il libero arbitrio è un dono che non si sa mai come usare,

fino a quando non si lotta per ottenerlo.

È questo il vero piano del presidente,
e cioè che un giorno non saremo noi a scrivere il piano, ma voi.

Brano senza Autore, tratto dal film “I Guardiani del Destino.” di George Nolfi.

La lezione della farfalla


La lezione della farfalla

Un giorno, apparve un piccolo buco in un bozzolo; un uomo che passava per caso, si mise a guardare la farfalla che per varie ore, si sforzava per uscire da quel piccolo buco.
Dopo molto tempo, sembrava che essa si fosse arresa ed il buco fosse sempre della stessa dimensione.
Sembrava che la farfalla ormai avesse fatto tutto quello che poteva, e che non avesse più la possibilità di fare niente altro.
Allora l’uomo decise di aiutare la farfalla: prese un temperino ed aprì il bozzolo.

La farfalla uscì immediatamente.

Però il suo corpo era piccolo e rattrappito e le sue ali erano poco sviluppate e si muovevano a stento.
L’uomo continuò ad osservare perché sperava che, da un momento all’altro, le ali della farfalla si aprissero e fossero capaci di sostenere il corpo, e che essa cominciasse a volare.
Non successe nulla!
In quanto, la farfalla passò il resto della sua esistenza trascinandosi per terra con un corpo rattrappito e con le ali poco sviluppate.

Non fu mai capace di volare.

Ciò che quell’uomo, con il suo gesto di gentilezza e con l’intenzione di aiutare non capiva, era che passare per lo stretto buco del bozzolo era lo sforzo necessario affinché la farfalla potesse trasmettere il fluido del suo corpo alle sue ali, così che essa potesse volare.
Era la forma con cui Dio la faceva crescere e sviluppare.

Molte volte gli sforzi che dobbiamo fare rappresentano esattamente ciò che è necessario affrontare per affermarci nella nostra esistenza.
Se non incontrassimo ostacoli, non avremmo la possibilità di diventare forti come invece siamo e non potremmo mai volare, proprio come quella farfalla.
Chiesi la forza e mi furono dati ostacoli da superare.
Chiesi la sapienza e mi furono dati problemi da risolvere.

Chiesi la prosperità e mi furono dati cervello e muscoli per lavorare.

Chiesi l’amore ed incontrai persone con problemi da aiutare.
Chiesi favori e mi furono date delle opportunità.
Non ho ricevuto niente di quello che ho chiesto, ma ho ricevuto tutto quello di cui avevo veramente bisogno.

Vivi la vita senza paura, affronta tutti gli ostacoli e dimostra che puoi superarli.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Gustatevi la felicità!


Gustatevi la felicità!

Per tanto tempo ho avuto la sensazione che la vita sarebbe presto cominciata, la vera vita.
Ma c’erano sempre ostacoli da superare strada facendo, qualcosa di irrisolto, un affare che richiedeva ancora del tempo, dei debiti che non erano stati ancora regolati, in seguito la vita sarebbe cominciata.

Finalmente ho capito che questi ostacoli erano la mia vita.

Questo modo di percepire le cose mi ha aiutato a capire che non c’è un mezzo per essere felici, ma che la felicità è il mezzo.
Di conseguenza, gustate ogni istante della vostra vita, e gustatelo ancora di più perché lo potete dividere con una persona cara, una persona molto cara per passare insieme dei momenti preziosi della vita, e ricordatevi che il tempo non aspetta nessuno.

E allora smettete di pensare di finire la scuola, di tornare a scuola, di perdere 5 kg, di prendere 5 kg, di avere dei figli, di vederli andare via di casa.

Smettete di aspettare di cominciare a lavorare, di andare in pensione, di sposarvi, di divorziare.
Smettete di aspettare il venerdì sera, la domenica mattina, di avere una nuova macchina o una casa nuova.
Smettete di aspettare la primavera, l’estate, l’autunno o l’inverno.
Smettete di aspettare di lasciare questa vita, di rinascere nuovamente, e decidete che non c’è momento migliore per essere felici che il momento presente.

La felicità e le gioie della vita non sono delle mete, ma un viaggio…

Lavorate come se non aveste bisogno di soldi.
Amate come se non doveste mai soffrire.
Ballate come se nessuno vi guardasse!

Brano di Alfred Souza