Il giocoliere di Notre Dame

Il giocoliere di Notre Dame

C’era un giocoliere, nativo di Compiègne, paesino nel nord-est della Francia, che tanti secoli fa girava le piazze dei paesi divertendo la gente con i suoi giochi di destrezza.
Un suo pezzo forte era quello di mettersi con la testa all’ingiù e, sostenendosi sulle mani, buttare in aria sei palle di rame e prenderle con i piedi.
Un altro numero rinomato era quello di arrotolarsi come una palla in modo che i suoi piedi toccassero la nuca e in quella posizione maneggiare dodici coltelli.
La gente sbarrava gli occhi per la meraviglia e volentieri sganciava qualche monetina.
Durante la buona stagione, la cosa funzionava discretamente e Barnabé, questo era il nome dell’uomo, viveva dignitosamente.
La situazione, invece, diventava molto difficile con l’arrivo dell’autunno e dell’inverno, quando,

a causa del freddo, non si poteva esibire.

Il nostro amico pativa la fame, ma lui era timorato di Dio e molto devoto della Vergine Maria, perciò non si lamentava, tantomeno imprecava o bestemmiava come invece facevano altri giocolieri.
Un giorno, nel suo vagabondare da un paese all’altro, incontrò un monaco, a cui aprì il cuore:
gli disse che il suo sarebbe stato il più bel mestiere del mondo, se non fosse stato per le ristrettezze e la fame che tante volte era costretto a sopportare.
Al che il suo compagno di strada ribatté che il più bello stato di vita era quello dei monaci, perché in convento essi potevano celebrare ogni giorno le lodi a Dio, alla Vergine ed ai Santi, sicché la loro vita era un continuo cantico al Signore.
Nella semplicità del suo cuore, Barnabé restò ammaliato dal racconto e chiese di entrare in convento.
Quando arrivò in convento, vide che tutti i monaci, secondo le loro doti e capacità,

servivano Dio e veneravano la Vergine:

alcuni scrivendo dei libri e degli inni, altri dipingendo o facendo delle miniature, altri ancora scolpendo o svolgendo i lavori più umili…
Barnabé, ignorante com’era, si rese conto di non saper fare nulla di tutto questo e si senti immediatamente molto triste ed umiliato.
Ad un certo punto, però, i suoi confratelli si accorsero che il suo umore era cambiato:
non era più triste e non si lamentava più.
Incuriositi ed insospettiti, lo pedinarono e, un giorno, lo scoprirono in cappella, dove davanti all’altare della Vergine stava eseguendo in suo onore i numeri che un tempo erano i più ammirati nelle piazze dei paesi:
quello con le sei palle di rame e quello con i dodici coltelli.

Che cosa gli era venuto in mente?

Di lodare la Vergine con le uniche cose che sapeva fare.
I monaci gridarono allo scandalo ed il priore, pur conoscendo la sua semplicità d’animo, lo considerò matto e tentò di trascinarlo a forza fuori dalla cappella, ma a quel punto successe qualcosa che fece rimanere tutti di stucco:
miracolosamente la Vergine scese dall’altare, si avvicinò a Barnabé e con il manto gli asciugò il sudore che gli rigava la fronte.

Favola medioevale.
Brano di Daniele Cunial

Ora so perché dovevi farlo

Ora so perché dovevi farlo

C’era una volta un uomo che considerava il Natale una favola incomprensibile.
Era una persona gentile e discreta, amorevole con la sua famiglia, onesta in tutti i suoi rapporti con gli altri uomini.
Ma non riusciva a credere all’Incarnazione.
Ed era troppo onesto per fingere di crederci.
La vigilia di Natale la moglie e i figli andarono in chiesa per la Messa di mezzanotte.
“Mi dispiace, ma non vengo.” disse lui, “Non riesco a capire l’affermazione che Dio si fa uomo.

Preferisco stare a casa.

Vi aspetterò per prendere qualcosa di caldo insieme.”
La sua famiglia si allontanò in auto, la neve cominciò a cadere.
L’uomo andò alla finestra e guardò le folate sempre più fitte e pesanti.
“Un vero Natale con i fiocchi!” pensò.
Tornò alla sua poltrona vicino al fuoco e cominciò a leggere il suo libro.
Pochi minuti dopo fu sorpreso da un tonfo sordo, subito seguito da un altro, poi da un altro ancora.
Pensò che qualcuno si divertisse a tirare palle di neve alla finestra del suo soggiorno.
Quando andò alla porta d’ingresso per indagare vide uno stormo di uccelli che svolazzavano nella tempesta alla disperata ricerca di un riparo e attirati dalla luce della sua finestra andavano a sbattere contro i vetri.

Molti finivano a terra tramortiti.

“Non posso permettere che queste povere creature giacciano lì a congelare!” pensò, “Ma come posso aiutarli?”
Si ricordò della rimessa che non usava più:
avrebbe potuto fornire un riparo caldo.
Indossò il cappotto e gli scarponi e con passo pesante attraverso la neve si diresse alla rimessa.
Spalancò l’ampia porta e accese la luce.
Ma gli uccelli non entravano.
“Un po’ di cibo li attirerà!” pensò.
Così si affrettò a tornare a casa per le briciole di pane, che sparse sulla neve per fare un percorso verso la rimessa.
Ma gli uccelli ignoravano le briciole di pane e continuavano a svolazzare sempre più intorpiditi nella tormenta.
L’uomo si mise ad agitare le braccia, ma quelli, spaventati, si disperdevano in ogni direzione, invece di rifugiarsi nel deposito caldo e illuminato.
“Mi vedono come una creatura strana e terrificante.” si disse, “Li ho solo terrorizzati di più.
Come faccio a comunicare loro che possono fidarsi di me?”

Uno strano pensiero lo colpì:

“Se solo potessi essere un uccello io stesso per qualche minuto, forse potrei guidarli verso la salvezza!”
Proprio in quel momento le campane della chiesa cominciarono a suonare.
Rimase in silenzio per un po’, ascoltando le campane.
Poi cadde in ginocchio nella neve.
“Adesso capisco.” sussurrò, “Ora so perché dovevi farlo!”

Brano di Bruno Ferrero

Il professore ed il barattolo della vita


Il professore ed il barattolo della vita

Un giorno, durante una lezione, un professore di filosofia, senza dire parola, prese un barattolo grande e vuoto ed iniziò a riempirlo con delle palle da golf.
Subito dopo chiese agli studenti se il barattolo fosse pieno.
Gli studenti furono d’accordo nel rispondere di sì.
Allora il professore prese una scatola di palline di vetro e la versò dentro il barattolo grande.
Le palline di vetro riempirono gli spazi vuoti tra le palle da golf.
Il professore chiese di nuovo agli studenti se il barattolo fosse pieno e loro risposero nuovamente di sì.
Udita la risposta, il professore iniziò a versare dentro il barattolo della sabbia contenuta in un’altra scatola.
Ovviamente la sabbia riempì tutti gli spazi vuoti e il professore chiese ancora se il barattolo fosse pieno.
Gli studenti risposero con un sì unanime.
Il professore, velocemente, aggiunse due tazze di caffè al contenuto del barattolo ed effettivamente riempì tutti gli spazi vuoti tra la sabbia.

Gli studenti risero fragorosamente.

Quando la risata finì il professore disse:
“Voglio che vi rendiate conto che questo barattolo rappresenta la vita: le palle da golf sono le cose importanti come la famiglia, i figli, l’amore, la fede, la salute, gli amici, le cose che ci appassionano.
Sono cose che, anche se perdessimo tutto e ci restassero solo quelle, le nostre vite sarebbero ancora piene.
Le palline di vetro sono le altre cose che ci importano come il lavoro, la casa, la macchina, i soldi, etc.
La sabbia è tutto il resto: le piccole cose.
Se prima di tutto mettessimo nel barattolo la sabbia, non ci sarebbe posto né per le palle da golf né per le palline di vetro.
La stessa cosa succede con la vita.
Se utilizziamo tutto il nostro tempo ed energie nelle cose piccole, non avremo mai spazio per le cose realmente importanti.
Fate attenzione alle cose che sono cruciali per la vostra felicità: giocate con i vostri figli, prendetevi il tempo per andare dal medico, andate con vostro/a marito/moglie (o con il/la vostro/a fidanzato/a) a cena, praticate il vostro sport o hobby preferito.

Ci sarà sempre tempo per pulire la casa, per riparare la chiavetta dell’acqua.

Occupatevi prima delle palline da golf, delle cose realmente importanti.
Stabilite le vostre priorità, il resto è solo sabbia.”
Uno degli studenti alzò la mano e chiese cosa rappresentasse il caffè.
Il professore sorrise e disse:
“Sono contento che tu mi faccia questa domanda.
E’ solo per dimostrarvi che non importa quanto occupata possa sembrare la tua vita, ci sarà sempre posto e tempo per bere un paio di tazzine di caffè con una persona cara.”

Brano senza Autore, tratto dal Web