I “rambo”

I “rambo”

Qualche anno fa, insieme con mia moglie, ci recavamo spesso all’agriturismo di mio fratello.
L’agriturismo era situato sul monte Grappa, vicino alla località Campocroce, così denominata per essere stata un ospedale da campo durante il primo conflitto mondiale.
Si partiva di sabato sera e si dormiva là, per essere pronti a dare una mano la domenica, per ricevere i numerosi clienti che avrebbero voluto pranzare.
Durante uno di questi fine settimana, una mattina fummo svegliati presto da un fitto parlottare e, dopo esserci alzati, restammo senza parole, vedendo una scena imprevista.

Davanti all’agriturismo erano presenti una trentina di soldati in assetto da combattimento.

Mia moglie divenne improvvisamente pallida, mentre io pensai al peggio:
“Durante la notte era, per caso, scoppiata una guerra?”
Mia cognata ci venne in soccorso e capì al volo il nostro sconcerto.
Ridendo ci informò immediatamente che si trattava di innocui impiegati di banca che giocavano alla guerra con delle armi di plastica.
Poco dopo si sparpagliarono per il bosco e passata mezz’ora, i rambo domenicali tornarono, uno alla volta ed in sordina, a scaldarsi vicino ai caminetti dell’agriturismo.

Dopo pochi minuti, infatti, erano iniziati a cadere alcuni fiocchi di nevischio.

A mezzogiorno si sedettero chiassosi a tavola e mia cognata chiese a mia moglie come mai non la aiutasse come il solito.
Lei le spiegò che si rifiutava di servire chi faceva il più brutto dei giochi immaginabili.
Inoltre, quella scena le aveva procurato tanto spavento e, di conseguenza, era ancora molto scossa.
Aveva paura che, per lo spavento precedente, le sarebbero potuti cadere i piatti dalle mani.
Continuò dicendole che se fossero stati gli scout o i forestali li avrebbe serviti con entusiasmo, essendo portatori di valori opposti a quelli dei “rambo”.
Era risaputo che sia gli scout che i forestali rispettassero la natura non inquinandola in nessun modo,

contrariamente a ciò che avevano invece fatto gli impiegati di banca.

I “rambo”, infatti, avevano disperso miriadi di pallini di plastica per il bosco, oltre ad aver evocato la cosa più brutta al mondo: la guerra.
Mia moglie in versione obbiettore di coscienza non la avrei mai immaginata.
In quella circostanza ebbi un motivo in più per stimarla.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

La carovana di mercanti

La carovana di mercanti

Una carovana di mercanti abituati da molto tempo a percorrere insieme le lunghe piste d’oriente si preparava ad attraversare un grande e pericoloso deserto.
Il percorso richiedeva una buona conoscenza dei luoghi e delle piste e delle oasi, ma anche delle abitudini degli indigeni.

Così si assicurarono i servizi di una guida locale famosa per la sua esperienza.

Dopo dieci giorni di rapido cammino, la colonna si arrestò contro una barriera di uomini armati, fermi attorno alla statua di una delle loro orribili divinità dall’aspetto crudele, che incombeva sulla pista.
“Non potete proseguire” gridò il capo degli uomini armati, “se non sacrificate un uomo al nostro dio!
È la regola di ogni nuova luna.
Se non lo farete morrete tutti qui immediatamente!”

I mercanti si radunarono e cominciarono a parlottare tra loro.

La scelta era drammatica e l’accordo molto difficile.
“Noi ci conosciamo tutti da molto tempo.
Siamo parenti tra di noi.
Non possiamo sacrificare uno di noi per placare questo dio!”

I loro sguardi si concentrarono tutti sulla guida…

Dopo avere immolato il pover’uomo, secondo il rito, ai piedi della statua, la carovana riprese il cammino.
Ma nessuno conosceva la via e ben presto si persero nel deserto.
Morirono uno dopo l’altro di sete e di sfinimento.

Brano senza Autore