Gli insegnanti innamorati

Gli insegnanti innamorati

In una scuola primaria vicina al mio paese, tanti anni fa, arrivarono ad insegnare un maestro ed una maestra, freschi di nomina.
Il maestro era molto basso di statura e vistosamente tarchiato, mentre la maestra era esageratamente alta e magra, e ciò evidenziava un grande contrasto fisico tra di loro.

La bidella, appassionata di storia risorgimentale e con una vena satirica che gli era propria,

diede ad entrambi un soprannome, rispettivamente Curtatone e Montanara, evocando i luoghi della battaglia del 1848 vinta dalle truppe sabaude su quelle austriache in terra lombarda.
I soprannomi circolarono in maniera rapida, divertendo tutti, sia dentro che fuori dalla scuola e, in modo altrettanto rapido, i due insegnanti si innamorarono.
Il maestro era diventato per tutti Curtatone perché corto di statura e la maestra Montanara perché sembrava una guglia alpina.

Vederli passeggiare per le vie del paese a braccetto era uno spettacolo che nessuno voleva perdersi.

Con il tempo divennero coscienti di essere soggetti di commenti, molto, sarcastici e chiesero, ottenendo, di essere trasferiti per l’anno successivo.
Ci fu l’esame di quinta e, ad uno sprovveduto alunno, fu chiesto di parlare di Curtatone e Montanara.

La domanda era chiaramente riferita all’epica battaglia risorgimentale ma questi travisò e,

imbarazzato, rispose che il maestro Curtatone e la maestra Montanara lui sapeva fossero solo innamorati, come Romeo e Giulietta, e che l’amore livella le differenze fisiche, anche se a scuola non gli avevano ancora spiegato come mai questo accade.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Il monaco e l’abate

Il monaco e l’abate

C’era una volta un monaco che conduceva una vita serena e tranquilla.
Una sola inquietudine lo tormentava.
Aveva paura dell’eternità.
Gli eletti in Paradiso cantano le lodi di Dio come fanno i monaci.
Un conto è farlo per un po’ di tempo.

Ma per l’eternità!

Per felici che si possa essere alla presenza di Dio, dopo qualche milione d’anni chissà che noia!
Un giorno di autunno, se ne andò secondo la sua abitudine a passeggiare nel bosco che circondava il monastero.
L’aria era viva e leggera, profumata di erba e di fiori.
Il monaco sospirò pensando al suo problema.
Sopra la sua testa un usignolo cominciò a cantare.
Un canto così puro, modulato, melodioso che il monaco dimenticò i suoi pensieri per ascoltarlo.
Non aveva mai sentito niente di più bello.

Per un istante ascoltò estasiato.

Poi pensò che era ora di raggiungere il coro per la preghiera e si affrettò.
Stranamente avevano sostituito il frate portinaio con uno che non conosceva.
Passò un altro monaco e poi un altro che non aveva mai visto.
“Che cosa desidera?” gli chiese il portinaio.
Vagamente irritato, il nostro monaco rispose che voleva soltanto entrare per non essere in ritardo.
L’altro non capiva.
Il monaco protestò e chiese con veemenza di vedere l’abate.
Ma anche l’abate era uno sconosciuto e il povero monaco fu preso dalla paura.
Balbettando un po’, spiegò che era uscito dal monastero per una breve passeggiata e che si era attardato un attimo ad ascoltare il canto di un usignolo, ma che si era affrettato a rientrare per l’ufficio pomeridiano.

L’abate lo ascoltava in silenzio.

“Cento anni fa,” disse alla fine, “un monaco di questa abbazia, proprio in questa stagione e in quest’ora, è uscito dal monastero.
Non è più ritornato e nessuno l’ha più rivisto.”
Allora il monaco capì che Dio l’aveva esaudito.
Se cento anni gli erano parsi un istante nello stato d’estasi in cui l’aveva rapito il canto dell’usignolo, l’eternità non era che un istante nell’estasi in Dio.

Brano tratto dal libro “Il segreto dei pesci rossi.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

La farfalla e la fata

La farfalla e la fata

Ad Elena piaceva moltissimo passeggiare nel bosco.
Era una ragazzina dolce e un po’ svagata ed il bosco, dietro il paese, era diventato il suo rifugio preferito.
Un giorno mentre camminava, vide una farfalla impigliata in un rovo.
Con molta cura,

facendo attenzione a non rovinarle le splendide ali, la liberò.

La farfalla volò via per un tratto, poi improvvisamente tornò indietro e si trasformò in una splendida fata.
Elena rimase a bocca aperta, perché fino a quel momento le fate le aveva viste solo nei libri per bambini.
“Per ringraziarti della tua gentilezza d’animo,” disse la fata, “esaudirò il tuo più grande desiderio.” Proprio come dicono le fate nei libri.
La ragazzina rifletté un istante e poi rispose:

“Voglio essere felice!”

Allora la fata si piegò su di lei, le mormorò qualcosa all’orecchio e scomparve.
Elena divenne donna e nessuno in tutto il paese era più felice di lei.
Quando le chiedevano il segreto della sua gioia, si limitava a sorridere e riceveva:
“Ho seguito il consiglio di una buona fata.”

Gli anni passarono, Elena divenne vecchia,

ma era sempre la più dolce e felice vecchina del paese.
I vicini e anche i sui nipoti temevano che il favoloso segreto della felicità potesse morire con lei.
“Rivelaci che cosa ti ha detto la fatina.” la scongiurarono.
Finalmente la deliziosa vecchina, sorridendo, disse:
“Mi ha rivelato che, anche se appaiono sicuri, tutti hanno bisogno di me!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il segreto della felicità

Il segreto della felicità

Un giovane domandò al più saggio di tutti gli uomini il segreto della felicità.
Il saggio suggerì al giovane di fare un giro per il palazzo e di tornare dopo due ore.
“Solo ti chiedo un favore!” concluse il saggio, consegnandogli un cucchiaino su cui versò due gocce d’olio, “Mentre cammini, porta questo cucchiaino senza versare l’olio!”

Dopo due ore il giovane tornò e il saggio gli chiese:

“Hai visto gli arazzi della mia sala da pranzo?
Hai visto i magnifici giardini?
Hai notato le belle pergamene?”
Il giovane, vergognandosi, confessò di non avere visto niente.
La sua unica preoccupazione era stata quella di non versare le gocce d’olio.

“Torna indietro e guarda le meraviglie del mio mondo!” disse il saggio.

Il giovane prese il cucchiaino e di nuovo si mise a passeggiare, ma questa volta osservò tutte le opere d’arte.
Notò i giardini, le montagne, i fiori.
Tornò dal saggio e riferì tutto quello che aveva visto, anche il minimo particolare.
“Ma dove sono le due gocce d’olio che ti ho affidato?” domandò il saggio.

Guardando il cucchiaino, il ragazzo si accorse di averle versate.

“Ebbene, questo è l’unico consiglio che ho da darti!” concluse il saggio, “Il segreto della felicità consiste nel guardare tutte le meraviglie del mondo senza mai dimenticare le due gocce d’olio nel cucchiaino!”

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero