Il cagnolino senza biglietto

Il cagnolino senza biglietto

C’era una volta una signora che voleva far viaggiare senza biglietto il suo cagnolino, ma arrivò il controllore e le disse:
“Cara signora, deve pagare anche l’altro biglietto!”
E lei di rimando:

“Ma è così piccolo, io non pago!”

Dopo una animata discussione nella quale la signora e il controllore portavano le loro ragioni, per forza contrastanti, il controllore approfittò del fatto che il treno stava rallentando per afferrare il cagnolino per la collottola e sporgerlo fuori dal finestrino, lasciandolo lentamente cadere nel vuoto.
La signora era disperata e chiedeva conforto agli altri passeggeri.

C’era chi le dava ragione e chi le suggeriva di rivolgersi alla “Protezione degli animali.”

Il controllore era ormai pentito di quello che aveva fatto e si stava allontanando dallo scompartimento quando la signora, molto infuriata, gli strappò dalle mani la pipa e la scaraventò fuori del treno.
Alla stazione successiva scesero tutti i due inferociti:
lui per l’affronto fatto alla pipa, lei per l’offesa al cane.
Non ebbero il tempo di scambiarsi altre parole perché cominciò un battimani dei compagni di viaggio:

stava arrivando il cagnolino con la pipa del controllore in bocca.

Poco mancò che i due contendenti si abbracciassero.
E tutto finì per il meglio.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Le tre pipe


Le tre pipe

Un vecchio saggio indiano dava questo consiglio agli irruenti giovani della sua tribù:
“Quando sei veramente adirato con qualcuno che ti ha mortalmente offeso e decidi di ucciderlo per lavare l’onta, prima di partire siediti, carica ben bene di tabacco una pipa e fumala.
Finita la prima pipa, ti accorgerai che la morte, tutto sommato, è una punizione troppo grave per la colpa commessa.

Ti verrà in mente, allora, di andare a infliggergli una solenne bastonatura.

Prima di impugnare un grosso randello, siediti, carica una seconda pipa e fumala fino in fondo.
Alla fine penserai che degli insulti forti e coloriti potrebbero benissimo sostituire le bastonate.
Bene!
Quando stai per andare a insultare chi ti ha offeso, siediti, carica la terza pipa, fumala, e quando avrai finito, avrai solo voglia di riconciliarti con quella persona.”

I monaci di un convento trovavano molta difficoltà ad andare d’accordo.
Spesso scoppiavano dispute, anche per motivi futili.
Invitarono allora un maestro di spirito che affermava di conoscere una tecnica ga­rantita per portare l’armonia e l’amore in ogni gruppo.

A loro il maestro rivelò il suo segreto:

“Ogni volta che sei con qualcuno o ce l’hai con qualcuno, devi dire a te stesso:
io sto morendo e anche questa persona sta morendo.
Se pensi veramente a queste parole, ogni amarezza scomparirà.”

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero

La P di Pasqua


La P di Pasqua

C’era una volta un bambino che aveva perso la ‘P’ di Pasqua:
gli era caduta dal quaderno e soffiata via dal vento!
Era molto triste per l’accaduto, perché, come si può vivere senza la Pasqua?
Si mise a cercare la ‘P’ in tutte le parti: sotto il tavolo, sotto il letto, tra i libri, in cucina… e non trovandola in casa decise di andarla a cercare fuori per le strade del mondo.
Non lontano incontrò una persona, un anziano alto e robusto, arrogante che fumava una pipa che aveva la forma di ‘P’.
Il ragazzo subito dopo l’esitazione iniziale gli parlò:
“Signore, lei che è tanto potente e ricco, mi potrebbe dare la ‘P’ della sua pipa?”

L’uomo gli rispose seccamente:

“Vattene via, cosa farei senza questa ‘P’ che è il ‘potere’ di acquistare, di comandare?
La mia ‘P’ la voglio per me!”
Il bambino continuò a cercare, e lungo il suo cammino giunse presso un grande albero al cui tronco era appoggiata una scure a forma di ‘P’.
Con tanta fiducia il bambino si rivolse all’albero, che sembrava buono, e chiese:
“Albero maestoso, ho perso la mia ‘P’ di Pasqua, mi potresti dare la tua?”
“Non posso!
La mia ‘P’ è per ‘potare’: potare i rami secchi perché possa continuare a crescere, rinnovarmi, irrobustirmi!”
Più avanti il bambino incontrò due donne che stavano tornando dal mercato, che trascinavano la ‘P’ del peso delle loro borse.

“Gentili signore, mi potreste dare la ‘P’ del vostro peso?” disse il bimbo.

Le donne trafelate risposero:
“No, la nostra ‘P’ è troppo pesante per te:
è la ‘P’ del pulire, del passare lo straccio, dell’impastare il pane… non possiamo cedertela.”
Stanco di camminare il bambino quando giunse ad un grande prato, si sedette e subito si accorse della grande ‘P’ di prato appunto.
E anche il prato, di fronte alla richiesta del piccolo rispose con un rifiuto:
“Mi rincresce, ma non posso darti la ‘P’, sto aspettando che germoglino le piante.”
Deluso e triste il bambino alla fine decise di tornarsene a casa senza aver trovato chi gli offrisse la ‘P’ che cercava per la sua Pasqua.
Ma improvvisamente si vide venire incontro un vecchio ricurvo sotto il peso di un grande pacco.
“Nonno, mi daresti la ‘P’ del tuo pacco?
Ti aiuterò a portarlo!”

Il vecchio si fermò stupito e disse:

“Sei un bravo ragazzo!
Ma voglio dirti una cosa:
vedi questo pacco?
Pesa moltissimo perché è tutto pieno di ‘P’ e io sto andando in un posto dove c’è di bisogno di una sola ‘P’: la ‘P’ di pace.
Tutte le altre ‘P’ te le regalo!”
Allora il bimbo infilò le mani nel pacco e le tirò subito fuori piene di ‘P’ di tutte le forme e di tutti i colori e le lanciò felice in aria.
C’era la ‘P’ del pensare agli altri, quella di pazienza, quella di perdono, quella di preghiera, quella di pace…
Le ‘P’ ricadevano come pioggia attesa dal prato, dal bosco, dalla gente incontrata… e tutto cambiava:
l’egoista distribuiva i beni in carità, le donne lavoravano cantando, l’albero appariva trasformato.
Nel fondo del sacco il bambino trovò la ‘P’ più luminosa di tutte, corse a casa e la mise nel suo quaderno: ora era finalmente Pasqua nel mondo!

Brano senza Autore, tratto dal Web