Dare o prendere

Dare o prendere

Una volta, un ministro era seduto sul bordo di una fontana cittadina.
Per disattenzione, vi scivolò dentro.
Alcuni passanti si fecero avanti e gli tesero la mano dicendo:

“Dammi la mano!”

Ma l’uomo politico non ne voleva sapere e non tendeva la mano a nessuno.
In quel momento passò un uomo che si aprì la strada nella folla ed esclamò:
“Amici miei, il nostro ministro fin dalla nascita ha imparato solo il verbo prendere; non conosce il verbo dare!”

Così dicendo gli tese la mano:

“Buongiorno, Vostra Eccellenza; prendete, dunque, la mia mano!”
Immediatamente il ministro afferrò la mano dell’uomo e uscì dalla vasca.

Brano senza Autore

Il santino elettorale dimenticato

Il santino elettorale dimenticato

Per diversi anni fui consigliere di una importante cooperativa, operante nel territorio Montebellunese, la cui attività si basava sull’acquisto e sulla vendita di beni e sul supporto ai servizi inerenti l’agricoltura.
Ero, e sono tutt’ora, convinto dell’importanza di questo istituto, infatti rimasi consigliere di questa organizzazione finché non venne assorbita da una società più grande.
Nel corso degli anni, imparai tante cose e diedi il mio modesto contributo, comunque sempre apprezzato.

Facendo parte del consiglio di amministrazione,

capitava di dover partecipare a delle riunioni in vesti ufficiali e, in una di queste occasioni, mi mandarono a rappresentare la cooperativa ad un importante convegno sul terzo settore, dove il relatore più atteso era un onorevole, nonché sottosegretario del governo di allora.
Fui inviato, soprattutto, per cercare di mediare con il politico affinché espletasse una importante pratica riguardante la nostra cooperativa, giacente al Ministero da anni.
Anche altri soci avevano provato a mettersi in contatto con il suddetto onorevole, ma tutte le iniziative precedenti non avevano avuti riscontri positivi.
Indossai per l’occasione una giacca di velluto leggera, usata raramente ma considerata, da me, un portafortuna.
Seduto su una poltroncina, durante la pausa del convegno, toccandomi le tasche della giacca, mi ritrovai nel taschino un vecchio santino elettorale di propaganda di qualche anno prima, proprio dell’onorevole in questione, con la sua bella effige patinata.

Sembrava proprio un segnale della Dea bendata.

Finita la sua relazione andai a congratularmi e gli ricordai il nostro problema, che naturalmente ben conosceva.
Parlandogli, estrassi il suo santino elettorale.
Notai con piacere che, con immensa rapidità, me lo levò dalla mano per guardarlo.
Dopo averlo girato dalla parte opposta alla propria immagine, vide un numero di telefono scritto con un pennarello rosso, e mi chiese a chi appartenesse.
Non sapendo cosa rispondergli, improvvisai, mentendo.
Gli spiegai che il numero di telefono era servito per la catena telefonica, organizzata dalla cooperativa, per la sua elezione.

Finita la spiegazione, notai il suo volto appagato.

A prova di quanto detto, appena rientrato a Roma, evase la nostra pratica senza alcun problema.
In seguito a questa autorizzazione, al primo consiglio della cooperativa, ricevetti una busta con un biglietto aereo per un soggiorno organizzato, ovviamente tutto pagato, per otto giorni a Istanbul.
Fu il mio primo e unico viaggio in aereo all’estero, ottenuto grazie ad un santino elettorale dimenticato nel taschino da anni.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

La porta verde

La porta verde

La prima volta successe quando aveva sei anni.
Mentre saltellava nel viale, al centro di un lungo muro bianco, vide una porticina verde.
La porta aveva un’aria invitante.
Sembrava dicesse:
“Aprimi, entra.”
Spalancò la porta ed entrò.
Si trovò di colpo nel giardino più incantevole che avesse mai immaginato.
Tutto era immerso in un profumo esaltante, che dava una sensazione di leggerezza, di felicità e di benessere.
E nei colori c’era qualcosa di magico che li rendeva incredibilmente vividi, perfetti, luminosi.

Sentiva di respirare felicità:

non si era mai sentito così bene.
Quando, la sera uscì, si voltò indietro, ma nel muro, malinconico e screpolato, non c’era più nessuna porta.
A casa raccontò quello che gli era successo, ma nessuno gli credette.
Ogni sera, dopo le preghiere ufficiali, però aggiungeva sempre un’accorata preghiera personale.
Ma per quanto vagabondasse non riusciva più a trovare la porta verde.
Dieci anni dopo, era diventato uno studente modello, diligente e impegnato.
Una mattina, mentre si affrettava verso la scuola, si trovò davanti all’improvviso la sua porta.
L’aveva tanto cercata…
Ma non pensò neppure un istante ad entrare.
Era preoccupato solo di non arrivare a scuola in ritardo.
Tornò il giorno dopo ma non trovò più neanche il muro bianco.
Non rivide più la porta verde fino a ventidue anni.
Proprio il giorno in cui doveva sostenere l’esame più importante dell’Università.

Era combattuto tra due opposte volontà:

entrare nel giardino o affrettarsi per dare il suo esame.
Tentennò un attimo, poi scrollò le spalle e ripartì verso l’università.
Si laureò e cominciò una brillante carriera di avvocato.
La sua porta, ora, era la carriera.
Rivide altre volte la porta verde e il muro bianco.
La prima volta stava correndo all’appuntamento con la ragazza che sarebbe diventata sua moglie.
La seconda volta, dopo altri anni ancora, la porta gli si presentò livida sotto la luce dei fari dell’automobile.
Sentì come un dolore acuto al petto.
Ma proprio quella sera aveva un incontro importantissimo con un noto personaggio politico.
La terza volta (era ormai diventato un famoso deputato), vide la porta con la coda dell’occhio.
Stava passeggiando con il ministro di un paese estero.

La sfiorò quasi…

Era a meno di mezzo metro di distanza, ma non poteva certo sparire in quel momento.
L’avrebbero preso per matto.
E poi figurarsi i giornali!
Passarono altri anni.
La nostalgia del giardino incantato si faceva sempre più forte.
Rimpiangeva le volte che non aveva avuto il coraggio di fermarsi ed entrare nella porta verde.
“La prossima volta entrerò di sicuro…
La prossima volta, qualunque cosa accada, mi fermerò…” continuava a ripetere.
Girava e rigirava per la città.
Ogni volta che intravedeva un muro bianco, il suo cuore raddoppiava i battiti.
Ormai viveva soltanto quella porta verde.
Ma non la ritrovò più.

Brano tratto dal libro “L’allodola e le tartarughe.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Desiderio per domani…


Desiderio per domani…

C’erano una volta tre anziani compagni di scuola che si ritrovarono dopo molto tempo.
Ognuno cominciò a raccontare la propria vita.
Uno era diventato un importante uomo d’affari ed un politico, un altro era un eminente studioso e il terzo un giardiniere.
Conversando intorno ad un bicchiere di buon vino, i tre uomini si scambiavano le impressioni sulla vita, che scorreva sempre più rapida.
Arrivarono alla conclusione che ogni giorno era un dono prezioso che ricevevano.

Giunsero così ad una bizzarra decisione:

“Impegniamoci a realizzare domani il desiderio più intenso che ci portiamo dentro.”
Ognuno confidò il proprio desiderio per l’indomani:
Il politico disse:
“lo voglio usare il mio prezioso servizio da tè di porcellana cinese e il mio magnifico cavallo per galoppare nella mia tenuta.”
Lo studioso disse:
“Io mi procurerò una tazza di cioccolata profumata e un libro antico pregiato da leggere seduto nella mia biblioteca.”

Il giardiniere disse:

“Io domani vorrei godermi una bella giornata di sole, ascoltando un ruscello di acqua gorgogliante, degli uccelli che cantino in cielo e sugli alberi.
Questi ultimi colmi di frutti maturi.”
Proprio quella notte un forte terremoto scosse la regione.
Quando il politico cercò la sua porcellana la trovò in frantumi; il suo prezioso cavallo era morto sotto il muro della scuderia, che a causa del terremoto era crollato.

Lo studioso non riuscì a bere la cioccolata né a leggere,

perché nella sua casa non c’era più una tazza rimasta intatta; la sua biblioteca aveva preso fuoco e tutti i suoi libri erano ormai perduti.
Il giardiniere invece poté godersi il sole che scaldava il suo giardino, bere l’acqua fresca del ruscello e, anche se il deposito degli attrezzi era stato distrutto dal terremoto, gli alberi erano rimasti in piedi, colmi di frutti; anche gli uccelli cantavano come tutti gli altri giorni.

Brano senza Autore, tratto dal Web

L’uomo nel pozzo


L’uomo nel pozzo

Un uomo cadde in un pozzo da cui non riusciva a uscire.
Una persona di buon cuore che passava di là disse:
“Mi dispiace davvero tanto per te. Partecipo al tuo dolore!”
Un politico impegnato nel sociale che passava di là disse:
“Era logico che, prima o poi, qualcuno ci sarebbe finito dentro!”

Un pio disse: “Solo i cattivi cadono nei pozzi!”

Uno scienziato calcolò come aveva fatto l’uomo a cadere nel pozzo.
Un politico dell’opposizione si impegnò a fare un esposto contro il governo.
Un giornalista promise un articolo polemico sul giornale della domenica dopo.
Un uomo pratico gli chiese se erano alte le tasse per il pozzo.

Una persona triste disse:

“Il mio pozzo è peggio!”
Un umorista sghignazzò:
“Prendi un caffè che ti tira su!”

Un ottimista disse:

“Potresti star peggio!”
Un pessimista disse:
“Scivolerai ancora più giù!”
Gesù, vedendo l’uomo, lo prese per mano e lo tirò fuori dal pozzo.

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero