Le tre scure del taglialegna


Le tre scure del taglialegna

C’era una volta un contadino di nome Ivan, talmente povero che non possedeva nient’altro che un’accetta con cui si procurava da vivere spaccando legna.
Un giorno mentre lavorava sulla riva del fiume, la lama dell’accetta si staccò dal manico e volò in acqua.

Il povero Ivan si disperò:

con che cosa si sarebbe procurato ora quel poco da mangiare, come aveva sempre fatto?
Si sedette sulla riva del fiume sospirando, ma i suoi lamenti richiamarono uno strano vecchietto che si avvicinò e gli chiese che cosa fosse accaduto.
Quando Ivan gli ebbe raccontato la sua sventura, l’ometto si tuffò nel fiume e poco dopo riemerse, mostrando un’accetta tutta d’oro:

“È questa?” chiese.

“No, non è la mia!” rispose sicuro il taglialegna.
Il vecchietto si immerse ancora e tornò con un’accetta d’argento.
“Non è neppure questa!” affermò il boscaiolo.
La terza volta, il vecchietto gli riportò la sua scure.

“Sì è proprio questa!” gioì felice il taglialegna.

“Riprendila, non mi devi nulla per l’aiuto che ti ho dato.
Anzi, poiché hai dimostrato di non essere avido e bugiardo, meriti un premio:
puoi tenere anche l’accetta d’oro e l’accetta d’argento!”

Brano tratto dal libro “366 e più fiabe.” di Gianni Padoan

Il fumo e l’arrosto


Il fumo e l’arrosto

Nelle città orientali vi sono strade in cui i cuochi preparano le pietanze più squisite sul posto, e la gente si affolla intorno alle loro bancarelle per mangiare e far acquisti.
Ad una di queste bottegucce ambulanti, si avvicinò un giorno un povero saraceno.
Non avendo denari per comprarsi qualcosa, allungò il suo pane sopra una teglia di arrosto, lo impregnò del fumo appetitoso che ne usciva, e se lo mangiò avidamente.
Ma proprio quella mattina, il cuciniere non aveva fatto buoni affari ed era di malumore.
Perciò si rivolse con ira al povero saraceno e gli disse:

“Pagami quello che hai preso!”

“Ma io dalla tua cucina non ho preso altro che fumo!” rispose il poveretto.
“E tu pagami il fumo!” tuonò il cuoco inviperito.
La cosa finì in tribunale.
Il Sultano chiamò a raduno tutti i saggi del regno e propose loro di risolvere la questione.

Cominciarono dunque a discutere e sottilizzare:

chi dava ragione all’uno col pretesto che il fumo appartiene al padrone dell’arrosto, e chi all’altro, sostenendo che il fumo è di tutti, come l’aria che si respira.
Finalmente, dopo lunghe perplessità, la sentenza fu questa:
“Dacché il povero ha goduto il fumo, ma non ha toccato l’arrosto, prenda una moneta e la batta sul banco.

Il suono della moneta pagherà il cuciniere.”

Così fu fatto.
In cambio del fumo dell’arrosto, il cuoco ebbe il suono della moneta.

Novella Araba.
Brano senza Autore, tratto dal Web

La storia del vicino buono e del vicino cattivo


La storia del vicino buono e del vicino cattivo

C’erano una volta in un villaggio del Tibet due vicini che avevano un carattere completamente diverso.
Uno era molto ricco, ma estremamente avaro, l’altro molto povero, ma sempre pronto a dare e ad aiutare chiunque fosse in difficoltà.
Un giorno, due passeri costruirono il nido sopra la finestra della casa del povero e vi deposero alcune uova.
Dopo alcuni giorni le uova si schiusero e i genitori furono costretti a restare per molto tempo fuori dal nido in cerca di cibo.
Un mattino, un uccellino cadde dal nido e si ruppe una zampa.
Fortunatamente, il povero lo raccolse, gli steccò la zampina e lo rimise nel nido.
Quando si fu rimesso, l’uccellino tornò dal povero con dei chicchi di frumento nel becco per dimostrargli la sua gratitudine, dicendogli di piantare i chicchi nel suo giardino ed aspettare il raccolto.

Quel passero era, in realtà, uno spirito buono con le sembianze di un uccello.

Il povero non poteva saperlo, ma piantò ugualmente i chicchi come gli era stato detto e non ci pensò più.
Immaginatevi la sua sorpresa quando, parecchie settimane dopo, apparvero sugli steli, al posto del frumento, delle pietre preziose!
Così il pover’uomo diventò improvvisamente ricco.
Il suo vicino ne fu estremamente geloso e fu colto dalla curiosità di sapere a cosa fosse dovuto quel colpo di fortuna.
Invitò il brav’uomo a pranzo e gli chiese come mai fosse diventato ricco.
L’ingenuo, senza farsi pregare, gli raccontò l’accaduto.
L’avido vicino decise di diventare ricco anche lui, dal momento che sembrava una cosa tanto facile.

Per caso, una famiglia di passeri aveva costruito un nido anche sulla sua finestra.

Si sporse dalla finestra all’ultimo piano della sua casa, prese un pulcino dal nido e lo fece cadere per terra.
Il piccolo uccellino si ruppe così una zampa.
Poi corse giù, legò con una cinghia la zampa dell’uccellino e lo rimise nel nido, con la speranza di ottenere anche lui una ricompensa.
Come aveva sperato, gli furono dati dei chicchi da piantare nel giardino.
Ma quando crebbero, l’uomo ebbe la spiacevole sorpresa di trovarsi davanti, al posto delle pietre preziose, un brutto ceffo con un fascio di carte sotto il braccio.
Lo strano tipo lo minacciò dicendogli di pagare tutti i debiti che aveva accumulato durante la sua vita, presentandogli i documenti come prova.

Così, l’avido spilorcio perse tutto ciò che possedeva.

Questo fatto aumentò in lui l’odio e l’invidia per il vicino onesto, mentre quest’ultimo aveva ormai dimenticato le loro divergenze.
Un giorno l’uomo onesto chiese al vicino di custodirgli una borsa piena d’oro, mentre lui si assentava per un viaggio.
Il vicino disonesto non seppe resistere e si lasciò sopraffare dall’avidità.
Quando l’uomo onesto ritornò, trovò che l’oro nella borsa era stato sostituito con della sabbia.
L’avaro disse che l’oro che gli era stato lasciato si era sorprendentemente tramutato in sabbia.

Senza discutere, il vicino onesto ritornò a casa.

Trascorsero molti giorni e il brav’uomo manteneva sempre dei buoni rapporti con il vicino.
Un giorno, l’avaro dovette andare per qualche tempo in un altro villaggio e decise di lasciare il suo figlio più piccolo dal vicino, certo che ormai questi avesse dimenticato la faccenda.
In realtà, l’uomo buono voleva dargli una lezione.
Addomesticò una scimmia e le insegnò a dire:
“Padre, padre, sono tuo figlio!”
Quando l’avaro ritornò e chiese del figlio, il buon vicino rispose:

“È in casa.”

Egli guardò dentro e rimase sconvolto nell’udire una scimmia che, da un angolo, gridava:
“Padre, padre, sono tuo figlio!”
L’avaro incollerito chiese che suo figlio gli fosse subito restituito.
Il buon vicino gli disse con calma:
“Ma questo è tuo figlio… si è trasformato in una scimmia.”.
Allora il cattivo vicino di casa si rese conto di essere stato un imbroglione.
Pregò il brav’uomo di restituirgli il figlio, promettendogli di ridargli la borsa d’oro che gli aveva ingiustamente sottratto e giurò che in futuro non avrebbe più ingannato nessuno.

Favola Tibetana.
Brano senza Autore, tratto dal Web

Chiesi a Dio…


Chiesi a Dio…

Chiesi a Dio di essere forte per eseguire progetti grandiosi, ed Egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà.
Domandai a Dio che mi desse salute per realizzare grandi imprese, ed Egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.

Gli domandai la ricchezza per possedere tutto, ed Egli mi ha lasciato povero per non essere egoista.

Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me, ed Egli mi ha dato l’umiliazione perché io avessi bisogno di loro.
Domandai a Dio tutto per godere la vita, ed Egli mi ha lasciato la vita perché io potessi essere contento di tutto.

Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiedevo, ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno e quasi contro la mia volontà.

Le preghiere che non feci furono esaudite.
Sii lodato, o mio Signore, fra tutti gli uomini nessuno possiede quello che io ho.

Preghiera di Kirk Kilgour, famoso giocatore di pallavolo rimasto paralizzato nel 1976 a seguito di un incidente durante un allenamento.