Vedere Dio


Vedere Dio

Una volta un re, convocò tutti i maghi, i sapienti e i sacerdoti del suo regno.
Li minacciò dei castighi più terribili se non gli mostravano Dio.

Quei poveretti si disperavano e si strappavano i capelli senza saper cosa fare,

quando arrivò un pastore che annunciò a tutti di essere in grado di risolvere il problema.
Si affrettarono a presentarlo al re.

Il pastore allora condusse il sovrano su un terrazzo e gli indicò il sole.

“Guardalo!” disse.
Dopo un istante, il re abbassò gli occhi, gridando:

“Vuoi accecarmi?”

“Mio Signore,” disse il pastore, “il sole è solo una piccola cosa del Creatore, neanche una scintilla del suo splendore…
Come puoi pensare di posare gli occhi su Lui in persona?”

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero

Il ponte


Il ponte

Due fratelli vissero insieme d’amore e d’accordo per molti anni.
Vivevano in cascine separate, ma un giorno scoppiò una lite e questo fu il primo problema serio che sorse dopo quaranta anni in cui avevano coltivato insieme la terra condividendo le macchine e gli attrezzi, scambiandosi i raccolti e i beni continuamente.
Cominciò con un piccolo malinteso e crebbe fino a che scoppiò un diverbio con uno scambio di parole amare a cui seguirono settimane di silenzio.
Una mattina qualcuno bussò alla porta di Luigi.
Quando aprì si trovò davanti un uomo con gli utensili del falegname:
“Sto cercando un lavoro per qualche giorno,” disse il forestiero “forse qui ci può essere bisogno di qualche piccola riparazione nella fattoria e io potrei esserle utile per questo!”

“Sì,” disse il maggiore dei due fratelli “ho un lavoro per lei.

Guardi là, dall’altra parte del fiume, in quella fattoria vive il mio vicino, beh!
È il mio fratello minore.
La settimana scorsa c’era una splendida prateria tra noi, ma lui ha deviato il letto del fiume perché ci separasse.
Deve aver fatto questo per farmi andare su tutte le furie, ma io gliene farò una.
Vede quella catasta di pezzi di legno vicino al granaio?
Ebbene voglio che costruisca uno steccato di due metri circa di altezza, non voglio vederlo mai più!”
Il falegname rispose:

“Mi sembra di capire la situazione!”

Il fratello maggiore aiutò il falegname a riunire tutto il materiale necessario e se ne andò fuori per tutta la giornata per fare le spese in paese.
Verso sera, quando il fattore ritornò, il falegname aveva appena finito il suo lavoro.
Il fattore rimase con gli occhi spalancati e con la bocca aperta.
Non c’era nessuno steccato di due metri.
Invece c’era un ponte che univa le due fattorie sopra il fiume.
Era una autentica opera d’arte, molto fine, con corrimano e tutto.
In quel momento, il vicino, suo fratello minore, venne dalla sua fattoria e abbracciando il fratello maggiore gli disse:
“Sei un tipo veramente in gamba.

Ma guarda!

Hai costruito questo ponte meraviglioso dopo quello che io ti ho fatto e detto!”
E così stavano facendo la pace i due fratelli, quando videro che il falegname prendeva i suoi arnesi.
“No, no, aspetta; rimani per alcuni giorni ancora, ho parecchi lavori per te!” disse il fratello maggiore al falegname.
“Mi fermerei volentieri,” rispose lui “ma ho parecchi ponti da costruire!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Carote, uova o caffè?


Carote, uova o caffè?

Una figlia si lamentava con suo padre circa la sua vita e di come le cose le risultavano tanto difficili.
Non sapeva come fare per proseguire e credeva di darsi per vinta.
Era stanca di lottare.
Sembrava che quando risolveva un problema, ne apparisse un altro.
Suo padre, uno chef di cucina, la portò al suo posto di lavoro.
Lì riempì tre pentole con acqua e le pose sul fuoco.
Quando l’acqua delle tre pentole stava bollendo, in una collocò carote, in un’altra collocò uova e nell’ultima collocò grani di caffè.

Lasciò bollire l’acqua senza dire parola.

La figlia aspettò impazientemente, domandandosi cosa stesse facendo il padre.
Dopo venti minuti egli spense il fuoco.
Tirò fuori le carote e le collocò in una scodella.
Tirò fuori le uova e le collocò in un altro piatto.
Finalmente, colò il caffè e lo mise in un terzo recipiente.
Guardando sua figlia, le chiese:

“Cara figlia mia, carote, uova o caffè?”

La fece avvicinare e le chiese che toccasse le carote: ella lo fece e notò che erano soffici.
Le chiese quindi di prendere un uovo e di romperlo:
mentre lo tirava fuori dal guscio, osservò l’uovo sodo.
Poi le chiese che provasse il caffè, ed ella sorrise mentre godeva del suo ricco aroma.
Umilmente la figlia domandò:

“Cosa significa questo, padre?”

Egli le spiegò che i tre elementi avevano affrontato la stessa avversità, l’acqua bollente, ma avevano reagito in maniera differente.
La carota arrivò all’acqua forte, dura, superba; ma dopo avere passato per l’acqua, bollendo era diventata debole, facile da disfare.
L’uovo era arrivato all’acqua fragile, il suo guscio fine proteggeva il suo interno molle, ma dopo essere stato in acqua, bollendo, il suo interno si era indurito.
Invece, i grani di caffè, erano unici: dopo essere stati in acqua, bollendo, avevano cambiato l’acqua.

“Quale sei tu, figlia?” le chiese.

“Quando l’avversità suona alla tua porta, come rispondi?
Sei una carota che sembra forte, ma quando l’avversità ed il dolore ti toccano, diventi debole e perdi la tua forza?
Sei un uovo che comincia con un cuore malleabile e buono di spirito, ma che dopo una morte, una separazione, un licenziamento, una pietra durante il tragitto diventa duro e rigido?
Esternamente ti vedi uguale, ma sei amareggiata ed aspra, con uno spirito ed un cuore indurito?

O sei come un grano di caffè?

Il caffè cambia l’acqua, l’elemento che gli causa dolore.
Quando l’acqua arriva al punto di ebollizione, il caffè raggiunge il suo miglior sapore.
Se sei come il grano di caffè, quando le cose si mettono peggio, tu reagisci in forma positiva, senza lasciarti vincere, e fai si che le cose che ti succedono migliorino, che esista sempre una luce che illumina la tua strada davanti all’avversità e quella della gente che ti circonda.
Per questo motivo non mancare mai di diffondere con la tua forza e positività il dolce aroma del caffè!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il valore dell’anello (Il valore di noi stessi)


Il valore dell’anello (Il valore di noi stessi)

“Sono venuto qui, maestro, perché mi sento così inutile che non ho voglia di fare nulla.
Mi dicono che sono un inetto, che non faccio bene niente, che sono maldestro e un po’ tonto.
Come posso migliorare?
Che cosa posso fare perché mi apprezzino di più?” chiese un giovane.
Il maestro gli rispose senza guardarlo:
“Mi dispiace, ragazzo.
Non ti posso aiutare perché prima ho un problema da risolvere.
Dopo, magari!”

E dopo una pausa aggiunse:

“Ma se tu mi aiutassi, magari potrei risolvere il mio problema più in fretta e dopo aiutare te.”
“Con piacere, maestro!” disse il giovane esitante, sentendosi di nuovo sminuito visto che la soluzione del suo problema era stata rimandata per l’ennesima volta.
“Bene!” continuò il maestro.
Si tolse un anello che portava al mignolo della mano sinistra e, porgendolo al ragazzo, aggiunse:
“Prendi il cavallo che c’è là fuori e va’ al mercato.
Ho bisogno di vendere questo anello perché devo pagare un debito.
Vorrei ricavarne una bella sommetta, per cui non accetta re meno di una moneta d’oro.
Va’ e ritorna con la moneta d’oro il più presto possibile.

Il giovane prese l’anello e partì.

Appena fu giunto al mercato iniziò a offrire l’anello ai mercanti, che lo guardavano con un certo interesse finché il giovane diceva il prezzo.
Quando il giovane menzionava la moneta d’oro, alcuni si mettevano a ridere, altri giravano la faccia dall’altra parte e soltanto un vecchio gentile si prese la briga di spiegargli che una moneta d’oro era troppo preziosa in cambio di un anello.
Pur di aiutarlo, qualcuno gli offrì una moneta d’argento e un recipiente di rame, ma il giovane aveva istruzioni di non accettare meno di una moneta d’oro e rifiutò l’offerta.
Dopo avere offerto il gioiello a tutte le persone che incrociava al mercato, che furono più di cento, rimontò a cavallo demoralizzato per il fallimento e intraprese la via del ritorno.
Quanto avrebbe desiderato avere una moneta d’oro per regalarla al maestro e liberarlo dalle sue preoccupazioni!
Così finalmente avrebbe ottenuto il suo consiglio e l’aiuto.
Entrò nella sua stanza.

“Maestro,” disse “mi dispiace.

Non è possibile ricavare quello che chiedi.
Magari sarei riuscito a ottenere due o tre monete d’argento, ma credo di non poter ingannare nessuno riguardo il vero valore dell’anello.”
“Quello che hai detto è molto importante, giovane amico!” rispose il maestro sorridendo.
“Prima dobbiamo conoscere il vero valore dell’anello.
Rimonta a cavallo e vai dal gioielliere.
Chi lo può sapere meglio di lui?
Digli che vorresti vendere l’anello e chiedigli quanto ti darebbe.
Ma non importa quello che ti offre: non glielo vendere.
E ritorna qui con il mio anello.”

Il giovane riprese di nuovo a cavalcare.

Il gioielliere esaminò l’anello alla luce della lanterna, lo guardò con la lente, lo soppesò e disse al ragazzo:
“Dì al maestro, ragazzo, che se vuole vendere oggi stesso il suo anello, non posso dargli più di cinquantotto monete d’oro.”
“Cinquantotto monete?” esclamò il giovane.
“Si!” rispose il gioielliere.
“Lo so che avendo più tempo a disposizione potremmo ricavare circa settanta monete d’oro, ma se ha urgenza di vendere…”
Il giovane si precipitò dal maestro tutto emozionato a raccontargli l’accaduto.
“Siediti!” disse il maestro dopo averlo ascoltato.
“Tu sei come questo anello: un gioiello unico e prezioso.
E come tale puoi essere valutato soltanto da un vero esperto.
Perché pretendi che chiunque sia in grado di scoprire il tuo vero valore?”
E così dicendo si infilò di nuovo l’anello al mignolo della mano sinistra.

Brano di Jorge Bucay

La storia dei tre leoni e della montagna difficile


La storia dei tre leoni e della montagna difficile

C’era un volta, una foresta…
Un giorno il macaco, rappresentante eletto dagli animali, fece una riunione con tutta la combriccola della foresta, e disse:
“Noi sappiamo che il leone è il re degli animali.
Ma c’è un problema: ci sono tre leoni forti.
Ora, quale di loro dobbiamo ossequiare?
Quale, fra loro, sarà il nostro re?”
I tre leoni commentarono fra loro:

“È vero, una foresta non può avere tre re.

Occorre decidere quale di noi sarà il re.”
Ma come fare?
Questa era la grande domanda:
lottare fra loro non volevano, poiché erano molto amici.
Bene, signori leoni, la soluzione sta nella Montagna Difficile.
Abbiamo deciso che dovete scalare la montagna e colui che arriverà per primo in cima, sarà consacrato re.
La Montagna Difficile era la più alta fra tutte, in quella immensa foresta.
La sfida fu accettata.
Deciso il giorno, migliaia di animali circondarono la montagna per assistere alla grande scalata.

Il primo tentò e non ci riuscì.

Il secondo tentò e non ci riuscì.
Il terzo tentò e non ci riuscì.
Gli animali erano curiosi e impazienti.
Infine, quale dei leoni sarà il re, una volta che tutti e tre erano stati sconfitti?
Fu in quel momento che un’aquila, anziana e di grande sapienza, chiese la parola:
“So io chi deve essere il re!
Volavo sopra di loro e ho ascoltato quello che hanno detto sulla montagna, vedendosi sconfitti.”
Il primo leone aveva detto: “Montagna, mi hai vinto!”

Il secondo leone aveva detto: “Montagna, mi hai vinto!”

Anche il terzo leone aveva detto: “Montagna, mi hai vinto…” ma aggiunse:
“Ma tu, montagna, già hai raggiunto la tua altezza finale, mentre io sto ancora crescendo.”
E l’aquila completò:
“La differenza è che il terzo leone ha avuto un atteggiamento da vincitore davanti alla sconfitta.
E chi pensa così è più grande dei suoi problemi.
È re di se stesso, è pronto per essere il re.”
Gli animali applaudirono entusiasticamente il terzo leone, che fu incoronato re della foresta.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il problema degli altri

Il problema degli altri

C’era una volta un saggio molto conosciuto, che viveva su una montagna dell’Himalaya.
Stanco della convivenza con gli uomini, aveva scelto una vita semplice, e passava la maggior parte del tempo meditando.
La sua fama, però, era così grande che la gente era pronta ad affrontare strade anguste, ad arrampicarsi su colline ripide, a oltrepassare fiumi copiosi solo per conoscere quel sant’uomo, che tutti credevano fosse capace di risolvere qualsiasi angoscia del cuore umano.
Il saggio, essendo un uomo molto compassionevole, elargiva un consiglio qui, un altro lì, ma cercava di liberarsi subito dei visitatori indesiderati.
Essi, comunque, si presentavano a gruppi sempre più numerosi, e un giorno una folla bussò alla sua porta, dicendo che sul giornale locale erano state pubblicate delle storie bellissime su di lui, e tutti erano sicuri che lui sapesse come superare le difficoltà della vita.
Il saggio non fece commenti e chiese loro di sedersi e aspettare.
Trascorsero tre giorni, e arrivò altra gente.

Quando non ci fu più posto per nessun altro, egli si rivolse alla popolazione che si trovava davanti alla sua porta:
“Oggi vi darò la risposta che tutti desiderate.”
Ma voi dovete promettere che, non appena i vostri problemi saranno risolti, direte ai nuovi pellegrini che mi sono trasferito altrove, così che io possa continuare a vivere nella solitudine cui tanto anelo.
Gli uomini e le donne fecero un giuramento solenne:
se il saggio avesse compiuto quanto promesso, essi non avrebbero permesso a nessun altro pellegrino di salire sulla montagna.
“Raccontatemi i vostri problemi!” disse il saggio.
Qualcuno cominciò a parlare, ma fu subito interrotto da altre persone, poiché tutti sapevano che quella era l’ultima udienza pubblica che il sant’uomo avrebbe concesso, temevano che non avrebbe avuto il tempo di ascoltarli.

Qualche minuto dopo, si era creata una grande confusione, con tante voci che urlavano nello stesso tempo, gente che piangeva, uomini e donne che si strappavano i capelli per la disperazione, perché era impossibile farsi sentire.
Il saggio lasciò che la situazione si prolungasse per un po’, finché urlò:
“Silenzio!”
La folla si azzittì immediatamente.
“Scrivete i vostri problemi e posate i fogli di carta davanti a me!” esclamò.
Quando tutti ebbero terminato, il saggio mescolò tutti i fogli in una cesta, chiedendo poi:
“Fate passare tra voi questa cesta, e che ciascuno prenda il foglio che si trova sopra e legga ciò che vi è scritto.

Potrete scegliere se cominciare ad avere il problema che vi troverete scritto oppure potrete richiedere indietro il vostro problema a chi gli è capitato nel sorteggio!”
Ciascuno dei presenti prese uno dei fogli, lesse e rimase terrificato.
Ne conclusero che ciò che avevano scritto, per peggiore che fosse, non era tanto serio come il problema che affliggeva il vicino.
Due ore dopo, si scambiarono i fogli e ciascuno si rimise in tasca il proprio problema personale, sollevato nel sapere che il proprio problema non era poi tanto grave quanto immaginava.
Tutti furono grati per la lezione, scesero giù dalla montagna con la certezza di essere più felici degli altri e, rispettando il giuramento fatto, non permisero più a nessuno di turbare la pace del sant’uomo.

Brano di Paulo Coelho