I chicchi di frumento

I chicchi di frumento

Erano nati a primavera con i primi raggi del sole in un campo di un luminoso verde tenero!
Tutti nella loro culla, che mamma spiga aveva preparato con cura…
Tanti lettini allineati, che il vento cullava, mentre grilli e cicale cantavano la “ninna nanna”!
Dal verde tenero diventarono di un bel giallo brillante, sempre più grassottelli e chiacchieroni…
Dondolare in cima al lungo stelo della spiga insieme a migliaia di altri chicchi di frumento,
sempre più allegri e rubicondi, era molto divertente!
“Piano, ragazzi!” li ammoniva mamma spiga, “È ora che dimostriate un po’ di maturità:
presto comincerà la mietitura!”
“Che cos’è la mietitura?” chiese allora un chicco.
“È quando cominciate a fare quello per cui siete nati!” rispose la mamma.
In un’assolata giornata di fine Giugno, una grossa macchina rossa passò veloce fra le spighe mature e raccolse i chicchi di grano con la sua grossa bocca spalancata…

“Addio!”

“Arrivederci!”
“Buona fortuna!” si sentiva dire da tutte le parti.
I chicchi di grano furono raccolti in grossi sacchi e poi in enormi depositi!
Addio al sole, al vento, al canto dei grilli…
Nel deposito, era tutto buio!
“Che succederà, adesso?” chiese uno di loro.
Un vecchio topo con gli occhiali che da tempo immemore viveva tra due travi del granaio lo spiegò pazientemente ai più vicini, i quali lo raccontarono a quelli che avevano accanto, e così via…
“La missione dei chicchi di grano è una grande missione!” esordì il vecchio topo, “Seconda, appena, a quella dei topi che, come ognuno sa, sono la razza eletta della Creazione…
Alcuni di voi saranno seminati:
cioè, messi dentro la terra!”
Un brivido passò tra i chicchi.

Poi il vecchio topo continuò:

“Altri saranno macinati!”
Un altro brivido percorse i granelli di frumento.
“Ma diventeranno farina e poi pane profumato o deliziosi biscotti!”
I baffi del topino vibravano di soddisfazione…
Tirò su con il naso e continuò:
“Gli uomini portano il pane a tavola, lo benedicono, lo dividono…
È molto importante per loro: porta gioia, porta la vita!
Sono grandi e grossi grazie al pane… Grazie, a voi!”
I chicchi di grano trattenevano il fiato, coinvolti dalle parole del vecchio topo.
Ora sapevano…
Ed erano orgogliosi della loro missione!
Solo un granello di frumento si lasciò scivolare in fondo al mucchio di chicchi e si nascose in una fessura presente nel pavimento del granaio…
Non voleva essere seminato!
Non voleva morire!
Non voleva essere sacrificato!

Voleva salvarsi…

Non gliene importava niente di diventare pane!
Né di essere portato a tavola!
Né tantomeno di essere benedetto e condiviso…
Non avrebbe mai donato vita!
Non avrebbe mai donato gioia!
Un giorno arrivò il contadino ed iniziò a fare pulizia e, con la polvere del granaio, spazzò via anche l’inutile granello di frumento…

Brano senza Autore

Il riflesso della luce

Il riflesso della luce

Uno specchio finì in tanti minuscoli frammenti.
Tutti si ritrovarono sparpagliati in un mucchio di rifiuti e naturalmente cominciarono a lagnarsi del loro crudele destino.
“Ahinoi!
Che fine infame!” si lamentava uno, “Eravamo il riflesso di volti graziosi e sorrisi attraenti.

Ora solo questo orribile ciarpame!

Chi ci spolvererà, adesso?
Chi ci laverà con il detersivo profumato?”
I pezzetti di specchio caddero in una profonda depressione.
Ma un giorno, la mano paffuta di un bambino afferrò uno dei frammenti di specchio e cominciò a giocare.

Catturò un po’ di sole e lo diresse in una fessura del muro.

Così scoprì che là viveva un minuscolo fiorellino azzurro.
Gli sembrò che tremasse di felicità.
Raccolse un altro raggio di sole e lo inviò nello scantinato buio dove lavorava Giovanni il calzolaio.
Giovanni sorrise.
Il bambino continuò fino a sera, incantato dalla possibilità di dirigere la luce riflessa negli angoli bui dove il sole non brillava mai:
buche profonde, crepacci, ripostigli.

A cena, quando il papà chiese al bambino:

“Che cosa hai fatto oggi?”
Il bambino rispose:
“Ho inventato un gioco bellissimo!”

Brano di Bruno Ferrero

La rete da pesca

La rete da pesca

Il fiordo era immerso nella profonda tranquillità della notte artica.
L’acqua sciabordava leggera sulla spiaggia.
Avvolto dal profumato tepore della sua casa di legno, Hans il pescatore tesseva la rete della sua prossima stagione di pesca.
Era solo nell’angolo del camino.
La sua dolce sposa Ingrid riposava nel piccolo cimitero di fianco alla chiesa.

Improvvisamente però risuonarono fresche risate gioiose.

La porta si aprì per lasciar passare la bionda Guendalina, la sua carissima figlia, che teneva per mano il fratellino Eric.
“Guendalina, ora sei in vacanza.
Vuoi prendere il mio posto a intrecciare la rete da pesca nuova mentre io vado a riparare la barca?” chiese il padre.
“Oh sì, papà!” rispose allegramente la bambina.
Le ore passavano.
Guendalina lavorava di buona lena, maglia dopo maglia, nodo dopo nodo.
Ma i giorni si aggiungevano ai giorni.
La corda era scabra.
L’appretto per impermeabilizzarla era ruvido e le mani facevano male.

Le sue piccole amiche si sporgevano dalla porta:

“Guendalina, vieni a giocare con noi!”
E le maglie si allentavano sempre di più, i nodi erano sempre meno stretti, la corda sempre meno impermeabilizzata.
Arrivò la primavera.
Il fiordo s’illuminò ai primi raggi del sole.
La pesca riprese.
Tutto fiero del lavoro della sua figlia carissima, Hans il pescatore imbarcò la sua rete da pesca nuova sul suo fidato vecchio battello.
“Vieni con me, piccolo Eric, per la nostra prima uscita!”
Pieno di gioia il ragazzino saltò a bordo.
La barca scivolò nell’acqua.
La rete affondò nelle onde verdazzurre.
Eric batteva le mani vedendo i pesci argentati saltare e guizzare nella rete ben piena.
“Una pesca fantastica!
Aiutami a tirare su la rete, figliolo!”

Ed Eric tirava, tirava con tutte le sue forze.

Ma vinto dal peso, pluf! piombò in acqua, proprio in mezzo alla rete.
“Non è niente!” pensò papà Hans, issando velocemente la rete a bordo.
“La mia rete è solida!
E la mia Guendalina che l’ha tessuta con le sue mani:
Eric verrà su con i pesci!”
La rete uscì dall’acqua leggera.
Ahimé, al fondo aveva solo un grande squarcio…
I nodi stretti male si erano allentati.
Le maglie mal fissate si erano aperte.
E il piccolo Eric riposava ormai in fondo al fiordo.
“Ah, se avessi intrecciato ogni maglia con amore!” piangeva Guendalina.

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

L’asino ed il bue

L’asino ed il bue

Mentre Giuseppe e Maria erano in viaggio verso Betlemme, un angelo radunò tutti gli animali per scegliere i più adatti ad aiutare la Santa Famiglia nella stalla.
Per primo, naturalmente, si presentò il leone:
“Solo un re è degno di servire il Re del mondo!” ruggì, “Io mi piazzerò all’entrata e sbranerò tutti quelli che tenteranno di avvicinarsi al Bambino!”

“Sei troppo violento!” disse l’angelo.

Subito dopo si avvicinò la volpe.
Con aria furba e innocente, insinuò:
“Io sono l’animale più adatto.
Per il figlio di Dio ruberò tutte le mattine il miele migliore e il latte più profumato.
Porterò a Maria e Giuseppe tutti i giorni un bel pollo!”
“Sei troppo disonesta!” esclamò l’angelo.
A testa alta e con il petto in fuori, splendente, arrivò il pavone.

Sciorinò la sua magnifica ruota color dell’iride:

“Io trasformerò quella povera stalla in una reggia più bella dei palazzo di Salomone!”
“Sei troppo vanitoso!” disse l’angelo.
Passarono, uno dopo l’altro, tanti animali ciascuno magnificando il suo dono.
Invano.
L’angelo non riusciva a trovarne uno che andasse bene.
Vide però che l’asino e il bue continuavano a lavorare, con la testa bassa, nel campo di un contadino, nei pressi della grotta.

L’angelo li chiamò:

“E voi non avete niente da offrire?”
“Niente!” rispose l’asino e afflosciò mestamente le lunghe orecchie, “Noi non abbiamo imparato niente oltre all’umiltà e alla pazienza.
Tutto il resto significa solo un supplemento di bastonate!”
Ma il bue, timidamente, senza alzare gli occhi, disse:
“Però potremmo di tanto in tanto cacciare le mosche con le nostre code!”
L’angelo finalmente sorrise:
“Voi siete quelli giusti!”

Brano senza Autore.

L’importanza delle stagioni


L’importanza delle stagioni

Un uomo aveva quattro (4) figli.
Voleva imparassero a non giudicare le cose troppo velocemente.
Così li mandò uno alla volta ad osservare un albero molto distante da casa.
Il piu’ grande andò in inverno, il secondo in primavera, il terzo in in estate, il più giovane in autunno.

Quando tutti furono tornati chiese loro cosa avessero visto.

Il grande disse che l’albero era brutto, spoglio e ricurvo.
Il secondo disse che era pieno di gemme e promesse di vita.
Il terzo non era d’accordo; l’albero era pieno di fiori, profumato e bellissimo…

ed era la cosa più bella che avesse mai visto.

Il più piccolo aveva un’opinione ancora diversa, l’albero era carico di frutti e pieno di vita e realizzazione.
L’uomo spiegò ai suoi figli che tutti avevano ragione, infatti avevano osservato solo una stagione della vita dell’albero.
Disse loro di non giudicare un albero o una persona solo in una stagione, ma dall’essenza di ciò che una persona è!
La gioia, l’amore, la realizzazione che viene dalla vita possono essere misurate solo alla fine,

quando tutte le stagioni sono complete.

Se ti arrendi quando è inverno, perderai la speranza che regala la primavera, la bellezza della tua estate, la realizzazione del tuo autunno!!!
Non lasciare che il dolore di una stagione distrugga la gioia di ciò che verrà dopo.
Non giudicare la tua vita in una stagione difficile.
Persevera nelle difficoltà…
Il meglio deve ancora venire!

Brano senza Autore, tratto dal Web