Racconti per la Festa dei Nonni

Racconti per la Festa dei Nonni Sito Racconti con Morale ——————————- Un nonno ti vede nascere sapendo che, forse, ti lascerà prima degli altri. ——————————-…

I bambini zebra

I bambini zebra

Agostino era un bambino che frequentava la scuola elementare e, secondo la sua maestra, era particolarmente fortunato.
Difatti la sua insegnante lo aveva classificato come bambino zebra, termine coniato, dalla psicologa Jeanne Siaud-Facchin, per indicare i bambini che hanno in comune con le zebre la capacità di fondersi con l’ambiente circostante, avendo in dote un quoziente intellettivo sopra la media.

Questi bambini, inoltre, erano dotati di una profonda sensibilità e straordinarie capacità d’ascolto e di interazione.

Agostino amava ascoltare, a fine giornata, sua nonna Ester che, tra racconti fantastici, leggende e vite di santi, stimolava l’intelligenza del nipote.
Il bimbo traeva grande beneficio da questi racconti, riuscendo ad integrarli anche nel suo percorso scolastico.
Dopo qualche anno, una sera, la nonna gli disse che stava per esaurire il suo repertorio, anche per le lacune di memoria date dall’età.

Consigliò ad Agostino di suggerirle, nelle pause, dei passaggi narrativi, anche se inventati.

I suoi racconti potevano non essere più precisi ma, per allietare le ore serali, ne avrebbero potute coniare loro.
Decisero che questi nuovi racconti li avrebbero chiamati “Storie Belorie”, dato che erano simil vere.
Esortò il nipote a ricordare tutte le storie che lei gli raccontava poiché, queste, gli sarebbero potute servire nella vita.
Gli suggerì anche di trascriverle, in modo grammaticalmente corretto, in un quaderno, in modo che queste potessero essere raccontate, a loro volta, in futuro, avendo tutte una morale.

La nonna auspicò che il nipote diventasse un attore e che avesse il “sacro fuoco” della recitazione.

Trascorsero diversi anni, nei quali Agostino continuò brillantemente i propri studi e giunto alla laurea, dedicò la tesi, conseguita con il massimo dei voti, a sua nonna.
Rientrato a casa, le portò, pieno di gratitudine, il bacio accademico ricevuto dopo aver discusso la propria tesi sui bambini zebra, evidenziando che questi, spesso, hanno in comune dei nonni fantastici che raccontano loro delle bellissime storie con morale.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

Racconti di amori e di esperienze giovanili

Racconti di amori e di esperienze giovanili

Durante gli anni settanta, quando in Italia il servizio militare per i ragazzi era ancora obbligatorio, all’alba dei miei vent’anni, anche io fui convocato per svolgerlo.
In caserma c’era un clima di sano cameratismo.

Tutti i ragazzi in divisa venivano rapati quasi a zero.

Nel mondo esterno invece, in seguito al movimento del sessantotto, si affermava la moda di essere capelloni e suonare la chitarra.
I giovani soffrivano in silenzio per la lontananza da casa e dagli affetti più cari, ricordando, ancora e chiaramente, la rivoluzione sessantottina.
Nei momenti liberi, noi giovani reclute, affrontavamo ogni genere di discussione.
Trattavamo argomenti vari e articolati ma, alla fine, i nostri discorsi riguardavano sempre le ragazze.

Anche le ragazze, in quel periodo, portavano avanti le loro rivoluzioni:

volevano poter indossare la minigonna e volevano potersi emancipare maggiormente.
Qualcuno di noi raccontava del primo bacio, qualcun altro narrava di essere andato oltre, pochi altri affermavano di essere fidanzati.
In questi racconti, riguardanti le avventure personali, però, si celava un misto di verità e fantasia.
Molti non avevano foto delle proprie amate e non ricevevano neanche posta da loro.
Del nostro gruppo faceva parte anche il commilitone Alfio, il quale, essendo timido, non apriva mai bocca.
Nonostante ciò, gli venne chiesto se avesse avuto anche lui esperienze con delle ragazze e, con gli occhi lucidi, esclamò:

“Con una trentina!”

Grande fu il nostro stupore, ma anche l’invidia, per l’alto numero di ragazze.
Quindi gli domandammo quale fosse la sua strategia di seduzione con il gentil sesso, ma anche i propri segreti.
Alfio, divenuto rosso, si corresse e specificò che l’esperienza avuta era unica.
Si sentiva con una ragazza di Trento per corrispondenza.
Tutti tirammo un sospiro di sollievo.
Le nostre avventure amorose erano salve e ancora degne di nota, anche perché nessuno riuscì mai a scoprire se le esperienze narrate fossero state vere o presunte.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

La leggenda del folletto Mazariol

La leggenda del folletto Mazariol

Quasi tutti i bambini hanno paura di qualcosa.
Io, vivendo in un clima famigliare rassicurante, di paure non ne ebbi molte.
Nella stalla della nostra famiglia, molto frequentata in quegli anni per i filò, arrivò un amico di mio padre, reduce della prima guerra mondiale.
Intratteneva tutti noi bambini con giochi e scherzi, ma soprattutto con racconti fantastici.
Una sera ci narrò del folletto Mazariol, personaggio appartenente alle favole del Veneto, famoso per gli eclatanti dispetti.
La sera successiva, in attesa dell’arrivo degli altri partecipanti al filò, mi mandò a comprare un sigaro nella vicina osteria.
Andai volentieri, sia perché dovevo percorrere poco meno di cento metri, sia perché l’oste spesso mi regalava una caramella.
Dopo pochi passi percepì uno strano fischio-fruscio, non ben definito, il quale aumentava quando acceleravo il passo, mentre smetteva quando mi fermavo.

Il buio non mi aiutava a capire.

Ricordando la storia raccontata la sera prima dall’amico di mio padre, pensai fosse il folletto Mazariol, che mi seguiva per punirmi delle mie marachelle.
Allorché mi spaventai tantissimo e tornai al filò ansimante e cadaverico, nonché con il cuore che batteva fortissimo.
Cercai di spiegare agli adulti quello che mi era successo, i quali capirono al volo la motivazione del mio spavento.
La causa del fischio-fruscio era dovuta, semplicemente, allo strofinamento dei pantaloni nuovi di velluto.
L’episodio lo descrissi più avanti in un tema a scuola.
La maestra, allora, ci spiegò che il folletto Mazariol, secondo la leggenda (che oggi si può trovare in Google), avesse perfino sconfitto Attila, il re barbaro degli Unni, ingannando la sua ferocia con i suoi scherzi da folletto, nella splendida cornice delle montagne della Val Belluna, tra fitti boschi e ampi prati.
Era vestito tutto di rosso, compreso il caratteristico copricapo e le scarpe a punta.
Si riparava nei “covoli”, così chiamati i “covi” (ricoveri) per ripararsi nella notte, e nelle grotte, cavità naturali formatesi da erosioni e fenomeni carsici.

Sono tante le narrazioni che lo riguardano.

Tra le più note, quelle che rivelano come si dedicasse alla pastorizia e di come fosse diventato un ottimo “casaro”, tanto da aver inventato la ricotta e il formaggio “Casatella Trevigiana”, omaggiando la terra pianeggiante che lo ospitava durante la transumanza, nei periodi più freddi dell’inverno.
Negli anni aveva trovato un posto bellissimo, di cui era l’unico privilegiato ospite, posto allo sbocco delle montagne.
Era un ampio “covolo”, formatosi come una grotta, lungo il fiume Piave.
Sulla roccia della sponda destra, aveva creato il suo laboratorio ed il suo magazzino, dove riponeva le sue casatelle di formaggio, realizzate con latte crudo.
In quel periodo la fame era tanta e dilagava la pellagra, malattia, questa, che portava allucinazioni e sonno.

Il folletto Mazariol, nonostante tutto era di buon cuore con gli sfortunati, ma terribile e dispettoso con i cattivi.

Infatti, appendeva sui rami degli alberi la casatella per sfamare i più sfortunati.
Però, quasi nessuno la conosceva e i più, credendo fosse un miraggio, vagavano oltre.
Oggi, grazie a lui, la “Casatella trevigiana” è un prodotto DOP (Denominazione di Origine Protetta) e approda nelle migliori tavole.
Il “covolo” abitato dal mitico folletto si presume dia il nome al bellissimo ed ospitale paese Covolo di Piave.
Solo alcune persone, però, conoscono la storia secondo la quale il folletto Mazariol amasse fare il bagno annuale e asciugare i panni sulla Grave di Ciano, dove le acque erano più tranquille.
Una volta fattosi bello raccoglieva i “Mammai” (la “Stipe Pennata” o “Lino delle Fate”) e faceva il romantico con le Fate del Montello, che proprio sulle Grave di Ciano amavano riunirsi per ballare e cantare, incantate dalla bellezza unica del posto.

Brano di Dino De Lucchi

Racconti per la Festa della Mamma

Racconti per la Festa della Mamma ——————————- Aspetta un attimo, tesoro! (Samuele e la mamma) ——————————- Cicatrici ——————————- Dedicato alle mamme… Ed anche alle nonne!…

Tre racconti brevi sui bambini e sugli abbracci

Tre racconti brevi sui bambini e sugli abbracci
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Il furto della borsa

Il bambino e l’abbraccio

La bambina e l’abbraccio

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“Il furto della borsa”

Mi avevano rubato la borsa.
Mio marito, arrabbiato e contrariato, mi disse:
“Lasci sempre le tue cose in giro.
Se non fossi tanto disattenta, non sarebbe successo!”

Le sue parole mi ferirono e mi fecero sentire stupida.

Ma quella stessa sera, mio figlio di dieci anni, venuto a conoscenza dell’accaduto, mi mise le braccia attorno al collo e mi disse:
“Oh, mamma, deve essere stato terribile, per te!”

Brano senza Autore
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“Il bambino e l’abbraccio”

Il bambino chiese alla mamma:
“Mamma, secondo te, Dio esiste?”
“Si!” rispose la mamma.
“Com’è?” domandò il bambino.

La donna attirò il figlio a sé…

Lo abbracciò forte e gli disse:
“Dio è così!”
“Ho capito!” esclamò il bambino.

Brano senza Autore
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“La bambina e l’abbraccio”

Una volta una bambina domandò alla mamma:
Mamma, chi è Dio?”
La mamma rimase sbalordita da quella domanda così ardita.
D’altra parte, era contenta che proprio la sua bambina le avesse fatto quella domanda tanto importante.

Allora, come per ringraziarla,

se la prese tra le braccia e se la strinse forte al petto e la baciò.
In quel momento, le venne la risposta:
“Cara bambina mia, Dio è quello che provi ora con me!”

Brano senza Autore

Due racconti brevi sui bambini di Bruno Ferrero

Due racconti brevi sui bambini di Bruno Ferrero
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Nessuno è venuto a cercarmi!

Il bambino che portava sempre due fazzoletti

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“Nessuno è venuto a cercarmi!”

 

Un bambino arrivò a casa in lacrime.
Il nonno gli corse incontro e lo strinse tra le braccia.
Il bambino continuò a singhiozzare.
Allora il nonno lo accarezzò, cercando di calmarlo.

“Ti hanno picchiato?” gli chiese.

Il bambino negò scuotendo la testa.
“Ti hanno rubato qualcosa?” domandò allora.
“No!” singhiozzò il bambino.
“Ma che ti è successo, allora?” proseguì il nonno, preoccupato.
Il bambino tirò su con il naso, poi raccontò:
“Giocavamo a nascondino, ed io mi ero nascosto proprio bene.
Ero là che aspettavo, ma il tempo passava…

Ad un certo punto sono uscito fuori e…

mi sono accorto che avevano finito di giocare ed erano andati tutti a casa e nessuno era venuto a cercarmi!”
I singulti gli scuotevano il piccolo petto, “Capisci?
Nessuno è venuto a cercarmi!”

Brano tratto dal libro “C’è qualcuno lassù.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.
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“Il bambino che portava sempre due fazzoletti”

 

Alla scuola materna, un bambino portava sempre due fazzoletti.
La maestra gli chiese il perché.

Lui rispose:

“Uno è per soffiarmi il naso, l’altro per asciugare gli occhi di quelli che piangono!”
Tu li porti due fazzoletti?

Brano tratto dal libro “Quaranta Storie nel Deserto.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Tre racconti brevi sui bambini

Tre racconti brevi sui bambini
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Un bambino e la propria ombra

Il bambino e la montagna

La bambina alla scuola materna

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“Un bambino e la propria ombra”

 

In un paesino di campagna, un bambino camminava verso la scuola, di buon mattino, accompagnato dalla mamma.
Il bambino era completamente assorbito dai lunghi passi della sua enorme ombra proiettata dal sole del mattino, che lo faceva sembrare e sentire un gigante alto trenta metri.

Improvvisamente la madre si fermò.

Guardò il figlio dritto negli occhi e disse:
“Figlio mio, non guardare la tua ombra di mattina, guardala a mezzogiorno!”

Brano senza Autore
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“Il bambino e la montagna”

 

Il piccolo Lorenzo, tre anni, davanti ad un magnifico panorama di montagna, chiese all’improvviso:
“Chi ha fatto la montagna?”
La mamma, sorpresa:
“Non so, Dio?

Oppure si è fatta da sola?”

Il bambino rifletté un momento, poi con la serietà dei piccoli concluse:
“Io lo so: il diavolo ha fatto la montagna e Dio ha fatto i sentieri per arrampicarsi in cima alla montagna!”
Ogni giorno avrai montagne di roccia scoscesa da scalare, dirupi e abissi da superare.
E ogni giorno Dio traccerà il sentiero per superarli.

Brano senza Autore
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“La bambina alla scuola materna”

 

Nikki, mia figlia di quattro anni, non si adattava alla scuola materna e piangeva spesso:
“Non sapeva dirmi che cosa la rendeva infelice!”
Un bel giorno la trovai che sorrideva.

Mi disse che non aveva più pianto, e le chiesi il motivo.

Iniziò a rovistare nello zaino e tirò fuori una grande foto del mio matrimonio, cornice inclusa, che aveva preso da sopra la cassettiera.
Mi disse che tutte le volte che sentiva la mia mancanza, prendeva la foto e la guardava.
E non si sentiva più triste.

Brano senza Autore