Il maestro di tiro con l’arco e gli allievi

Il maestro di tiro con l’arco e gli allievi

Un grande maestro di tiro con l’arco organizzò una gara tra i suoi allievi per valutare il loro grado di preparazione.
Nel giorno fissato, un bersaglio di legno con al centro un cerchio rosso fu legato su un albero ad una estremità della radura.
All’estremità opposta, fu tracciata sul suolo una linea, dietro la quale si piazzarono i concorrenti.
Un giovane avanzò baldanzosamente, impaziente di dimostrare la sua abilità.
Afferrò saldamente l’arco e una delle frecce, poi si sistemò in posizione di tiro.
“Posso tirare, maestro?” chiese.

Il maestro che lo fissava attentamente gli domandò:

“Vedi i grandi alberi che ci circondano?”
“Sì, maestro, li vedo benissimo tutt’intorno alla radura!” rispose il giovane.
“Bene,” rispose il maestro, “torna con gli altri perché non sei ancora pronto.”
L’allievo, sorpreso, posò l’arco e obbedì.
Un secondo concorrente si fece avanti.
Prese l’arco e la freccia e mirò con cura.
Il maestro si portò di fianco all’arciere e gli chiese:
“Puoi vedermi?”
“Sì, maestro, posso vedervi.
Siete qui vicino a me!” replicò il secondo concorrente.
“Torna a sederti con gli altri.” rispose il maestro, “Tu non potrai mai colpire il bersaglio.”
Tutti i partecipanti, gli uni dopo gli altri, afferrarono l’arco e si prepararono a scoccare la freccia, ma ogni volta il maestro poneva loro una domanda, ascoltava la risposta e li rimandava al loro posto.

La folla sorpresa cominciò a rumoreggiare.

Nessuno degli allievi aveva tirato una sola freccia.
Allora si fece avanti il più giovane degli allievi.
Se n’era stato in disparte, silenzioso.
Tese l’arco poi restò perfettamente immobile, gli occhi fissi davanti a lui.
“Vedi gli uccelli che sorvolano il bosco?” gli chiese il maestro.
“No, maestro, non li vedo!” rispose l’allievo.
“Vedi l’albero sul quale è inchiodato il bersaglio di legno?” domandò allora il maestro.
“No, maestro, non lo vedo!” replicò il giovane.
“Vedi almeno il bersaglio?” lo interrogò.
“No, maestro, non lo vedo!” replicò l’allievo.

Dalla folla degli spettatori si levò una risata.

Come poteva quel ragazzo colpire il bersaglio se non riusciva nemmeno a distinguerlo dall’altra parte della radura?
Ma il maestro impose il silenzio e domandò pacatamente all’allievo:
“Allora, dimmi, che cosa vedi?”
“lo vedo un cerchio rosso!” spiegò il giovane.
“Perfetto!” replicò il maestro, “Tu puoi tirare!”
La freccia solcò l’aria sibilando leggera e si piantò vibrando nel centro del cerchio rosso disegnato sul bersaglio di legno.

Brano senza Autore

Il piccolo mago e la civetta

Il piccolo mago e la civetta

Il piccolo mago era sempre stato allegro e di buon umore.
Ma negli ultimi tempi, veniva assalito da un’improvvisa tristezza e pensieri pieni di nuvoloni neri.
Le mele sono mature, pensava, e io non ho nessuno con cui condividere una bella mela rossa.
I funghi sono cresciuti nel bosco, ma non c’è nessuno che viene a raccoglierli con me per fare insieme una squisita pizza ai funghi.
E sospirava pensando a come sarebbe stato bello avere un amico.
Un giorno passò di là un ragazzo.
Lesto il piccolo mago uscì dalla sua casetta nel bosco e gli domandò:

“Vuoi essere mio amico?”

“Ho già un amico, si chiama Mariolone.” rispose il ragazzo e continuò la sua strada.
Allora il piccolo mago andò a trovare il leprotto e gli chiese:
“Vuoi essere mio amico?”
Ma il leprotto si accontentò di scuotere la testa e fare “no” con le lunghe orecchie.
La stessa cosa risposero il capriolo, il cinghiale ed il boscaiolo.
“Tanto peggio per voi!” pensò il piccolo mago. “Io posso farmi un amico perfetto con un colpo di bacchetta magica.”
Salì su una grossa pietra, si avvolse nel mantello blu picchiettato di stelle dorare, alzò la bacchetta e pronunciò una formula magica.
Poi chiuse gli occhi, perché voleva farsi una sorpresa e, quando li aprì, accanto a lui era ferma una minuscola civetta.
“Abracada… braccidenti!” esclamò sorpreso il piccolo mago, “Mi ero immaginato un amico un po’ più grosso.”
“Un amico non si può fabbricare con un colpo di bacchetta magica!” dichiarò la civetta, aprendo e chiudendo gli occhi grossi e tondi, “Un amico, bisogna meritarlo e guadagnarselo.

E poco importa se è piccolo o grosso!”

Allora il piccolo mago si sforzò di guadagnarsi l’amicizia della piccola civetta.
Cantavano insieme, giocavano agli indovinelli ed il piccolo mago portava la civetta a passeggio tenendola sulla sua mano.
Così un giorno si accorsero che erano diventati veramente amici ed era una cosa stupenda.
Ma un giorno, vagabondando nel bosco, giunsero in una dorata radura di faggi.
“Guarda!” esclamò subito la civetta che indicò una cavità nera nel tronco di un albero, “È là che voglio abitare!”
“Ma,” obiettò il piccolo mago, “tu non puoi abbandonarmi.
Tu sei mio amico.”
“Si!” rispose la civetta, che era già scivolata nella cavità dell’albero, “Ma io sono una civetta e una civetta deve abitare in un albero.
È sempre stato così!
Per favore, dammi il permesso!

Io sarò felice.

E chi ama veramente un amico, deve aiutarlo ad essere felice!”
“Chi ama veramente un amico, deve aiutarlo ad essere felice!” ripeté lentamente il piccolo mago.
Così rimasero amici per sempre.

Brano di Bruno Ferrero

L’uomo con la falce

L’uomo con la falce

Diversi anni fa, in una calda giornata di primavera, due comari stavano camminando lungo un alberato viottolo di campagna, raccontandosi, tra sonore risate, gli avventurosi tradimenti fatti ai rispettivi mariti, vantandosi a vicenda.
Arrivate vicino ad una radura, scorsero da lontano un uomo mai visto prima,

molto magro, tanto alto quanto pallido.

Portava un grande cappello di una foggia strana e falciava a grandi bracciate l’erba, nella zona in cui predominavano i papaveri.
La lama della falce, colpita dai raggi del sole, diventava sempre più luccicante.
Lo sconosciuto falciava con così tanta lena che la falce, quando sfiorava la terra, nel tagliare l’erba impregnata di rugiada emetteva un incerto sibilio, che sembrava dicesse:

“Duecento! Trecento!”

Vedendo questa scena ed udendo questo sibilio, le due signore scapparono via spaventate, tornando di corsa al villaggio.
Non appena ebbero ripreso fiato dissero ai propri compaesani:
“Abbiamo appena visto l’uomo della morte con la falce.

Ci ha avvisato che se non cambiamo vita farà duecento, trecento morti!”

Il villaggio, memore di una antica pestilenza che aveva decimato il borgo, credette alle due donne e tutti si misero in riga, dato che erano in tanti, ed in vario modo, a violare le leggi del Signore e della comunità.
Il falciatore altro non era che un povero bracciante venuto da fuori regione, testimone della vita che mai si arrende.
Il suo lavoro era un inno alla vita.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

L’importanza di fare una gentilezza



L’importanza di fare una gentilezza

C’era una volta un taglialegna proprietario di un cane e di un asino.
Un giorno l’uomo viaggiò attraverso un bosco con il suo cane e il suo asino lungo un cammino che era assai faticoso.
A un certo punto della giornata il taglialegna si fermò in una radura all’ombra di un faggio, dove si sdraiò e si addormentò beatamente.
Intanto l’asino si mise a brucare l’erba.

Il cane chiese all’asino:

“Abbassati un poco: nel paniere che hai sul dorso c’è del pane.
Lascia che ne prenda un pezzo, perché ho fame.”
L’asino non voltò nemmeno il capo e continuò nella sua attività:
non voleva perdere neanche un minuto, neanche un filo di quella soffice e gustosa erba.
Il suo stomaco doveva riempirsi dopo quel lungo cammino che gli aveva procurato tanta stanchezza.

Poi però rispose al cane, con la bocca piena:

“Aspetta che si svegli il padrone, ti darà lui da mangiare.”
In quel momento sbucò dal margine del bosco un lupo che si avventò sull’asino a fauci spalancate.
L’asino chiese aiuto al cane:
“Caro cane, aiutami!
Amico mio!”

Il cane rispose:

“Sono così stanco a affamato!
Aspetta che il padrone si svegli: ti aiuterà lui!”
Il povero asino, con la zampa sanguinante, capì la lezione.

Brano senza Autore, tratto dal Web