Quando, invece, non hai né una ragione e né una spiegazione, è amore.
Tag archivi: Ragione
Tre brani brevi
Tre brani brevi
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“Il medico calvo”
In un ospedale c’era un medico, la cui testa calva era spesso oggetto di battute scherzose.
Un giorno, dopo il solito commento da parte di un’infermiera,
il medico controbatté dicendo:
“Signorina, Dio ha fatto teste perfette:
le altre le ha dovute ricoprire di capelli!”
Brano senza Autore
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“Il colonnello ed il soldato”
Durante un’ispezione, un colonnello si fermò, squadrò un soldato da capo a piedi, e gli disse con durezza:
“Abbottona la tasca, soldato!”
Il soldato, assai confuso, balbettò:
“La devo abbottonare subito, signor colonnello?”
“Sì, immediatamente!” esclamò il colonnello.
Allora il soldato si avvicinò cautamente ed abbottonò il risvolto del taschino della camicia del colonnello!
Brano senza Autore
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“L’usignolo ed i passeri”
Un giorno l’usignolo si ammalò e non cantava più.
“Non è ammalato,” dissero i passeri, “è troppo pigro per cantare!”
Questi commenti offesero profondamente l’usignolo, che iniziò di nuovo a cantare.
“Non avevamo ragione?” dissero i passeri.
Così l’usignolo fece appello alle sue ultime forze e morì.
Allora i passeri dissero:
“Ma allora perché cantava, se era ammalato?”
Dare troppo peso a quello che dicono gli altri può essere molto pericoloso.
Brano senza Autore
Il salame perfetto (La sopressa con il filetto)
Il salame perfetto
(La sopressa con il filetto)
Un contadino, chiamato da tutti Lenin per le sue simpatie rivoluzionarie e per essere un convinto repubblicano, amava festeggiare la ricorrenza del due giugno attorniato da amici.
Nel corso degli anni aveva inaugurato una “nuova” tradizione.
A tutti i partecipanti offriva la sopressa con dentro il filetto, un grande salame tipico del Veneto.
Per la macellazione famigliare del maiale si rivolgeva ad un suo amico norcino, chiamato Messico per i suoi baffi.
Messico alternava il lavoro a diverse bizzarrie, avvenute grazie alla complicità di Bacco.
Gli insaccati dell’anno precedente erano risultati mollicci e un po’ rancidi e, per questa ragione, l’amico Lenin si era lamentato, poiché aveva fatto una brutta figura con i propri amici.
Messico lo tranquillizzò e lo rassicurò, promettendogli che avrebbe superato sé stesso, realizzando una sopressa con il filetto che sarebbe stata ricordata a lungo, per il sapore e per la consistenza al taglio.
Il due giugno ci fu il rituale taglio della sopressa con il filetto, alla presenza degli amici festanti.
Tutti erano in attesa di gustare la nota specialità.
La prima fettina venne annusata ed assaggiata da Lenin che la trovò perfetta, avendo il giusto dosaggio di spezie.
Dopo aver tagliato un’altra fettina, mentre stava tagliando la terza (fettina), Lenin con il coltello trovò un inaspettato ostacolo.
Messico, in un attimo di confusione, aveva inserito nella sopressa la pietra per affilare i coltelli.
Tutti rimasero senza parole, stupiti ed increduli.
La sopressa con il doppio filetto di Messico sopravvisse al taglio, ma fu la causa della fine della sua carriera di norcino.
Però, per il suo grossolano errore, entrò di diritto nella leggenda popolare.
Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno
La storia di un campanile
La storia di un campanile
Quando ero bambino mio padre mi raccontò una storia, che ricordo chiaramente anche oggi:
“Una parrocchia vicino a quella che frequentavo, costruì con le chiacchiere dei ricchi e le offerte dei poveri, una bellissima chiesa.
I parrocchiani ne sono, tutt’ora, fieri.
Costruendola, però, ebbero un serio problema.
Giunti alla costruzione del campanile, rimasero senza fondi.
Per questa ragione lo lasciarono, per un lungo periodo, incompleto, suscitando, in questo modo, il sarcasmo dei cittadini delle altre comunità.
Alcuni buontemponi di un borgo confinante, portarono, una notte, un carro di letame.
Lo disposero intorno alla chiesa, come provocazione.
Anche nel loro borgo avevano iniziato a costruire una chiesa, contemporaneamente a quella non conclusa, ma a differenza loro, la propria era già terminata.
L’umiliazione inferta fu così tanta che il parroco cercò una soluzione al problema.
Organizzò una grande pesca di beneficenza pro-campanile.
Chiese al più ricco del paese, non che nobile, di contribuire donando uno dei suoi tanti vitelli.
Questi rispose di sì, ma mise un vincolo.
Alla fine, il proprietario del bovino doveva essere nuovamente lui, facendo avere il biglietto vincente a un suo mezzadro di fiducia.
Il buon parroco, dopo aver recitato in latino il versetto del Vangelo (MC 10,25), in cui è scritto che è più facile che un cammello entri nella cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli, acconsentì controvoglia.”
Anche oggi, quando casualmente mi trovo a passare nelle vicinanze del campanile, mi ritorna in mente questo racconto.
Alcuni anni fa, la parrocchia in questione commissionò uno studio di ricerca sulla chiesa e sul campanile ai più titolati e bravi storici locali.
Questi pubblicarono un voluminoso tomo nel quale erano dedicate diverse pagine alla chiesa ed al campanile.
Ma del racconto di mio padre non vi era traccia, nonostante la storia fosse molto significativa.
Giunsi alla conclusione che, quando si racconta la storia di un paese in un libro, qualcosa manca sempre.
A tramandare gli episodi meno presentabili, fortunatamente, ci pensa però la tradizione orale.
Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno
Il contadino che vendette la mucca a Sant’Antonio
Il contadino che vendette la mucca a Sant’Antonio
C’era una volta un contadino proprio scemo, che aveva una moglie intelligente.
Era lei a portare avanti la casa, comprava e vendeva, organizzava il lavoro nella fattoria e si preoccupava che tutto procedesse sempre al meglio.
Un bel giorno, però, si fece male ad un piede, tanto da non riuscire a camminare, e dovette rimanere a casa.
Proprio in quei giorni doveva essere venduta una mucca e, per questa ragione, fu il contadino a dover portare la mucca al mercato.
La moglie lo aveva ammonito di non vendere la mucca al di sotto di 160 fiorini e di guardarsi dai compratori che parlavano troppo.
Infatti questi non avrebbero certamente comprato nulla.
Le occorreva il denaro per l’affitto, altrimenti avrebbe rimandato volentieri l’affare, poiché non credeva che il suo stupido marito fosse capace di portare a buon termine la vendita.
Al mercato molti compratori cercarono di convincere il contadino.
Egli si ricordò di sua moglie e non diede la mucca a nessuno.
Così dovette riportare la sua mucca di nuovo a casa.
Aveva già paura che la moglie gli dicesse che era scemo.
Cammin facendo arrivò in un villaggio, ad una chiesa che era aperta:
“Insomma,” pensò, “darò un’occhiata qui dentro; forse ci trovo un compratore!”
Proprio in quel giorno aveva avuto luogo un pellegrinaggio per sant’Antonio, la cui statua si trovava nella chiesa, e per questo la porta della chiesa era ancora aperta.
Era, però, già così tardi che non vi era più nessuno in chiesa.
Il contadinotto entrò con la sua mucca e legò la bestia ad un banco.
Lui andò più avanti, perché aveva notato uno che stava lì in piedi e non diceva una parola, cioè la statua di sant’Antonio.
Poiché Antonio era rappresentato insieme ad un maiale, il contadino lo prese per un porcaro.
Che se ne stesse così zitto, gli parve buona cosa.
Ad un certo punto iniziò lui a parlare con la statua.
Gli offrì la sua mucca.
Però, dato che Antonio non rispondeva proprio, si arrabbiò e lo colpì con il proprio bastone.
In quel preciso istante, di fronte ai piedi di Hannes, cadde un sacco di denaro:
“Beh,” disse, “sapevo che volevi comprare la mia mucca.
Se avessi aperto la bocca, non ti avrei picchiato!”
Contento raccolse il denaro, lasciò la chiesa e tornò a casa.
Rientrato a casa, lanciò il denaro alla moglie contento.
Da quel momento in poi, lei non avrebbe più potuto dire che fosse uno scemo.
La moglie si meravigliò poiché il denaro era molto.
Hannes le raccontò solamente di aver venduto la mucca ad un porcaro, il quale aveva gettato la borsa del denaro ai suoi piedi, senza nemmeno mercanteggiare.
Dopo che Hannes ebbe lasciato la chiesa, arrivò il sagrestano per chiudere le porte.
Vide la mucca legata e notò che tutti i suoi risparmi, nascosti dentro la statua di sant’Antonio, erano spariti.
Chiamò il parroco e gli raccontò della sua sciagura.
Aveva messo al sicuro da sua moglie il denaro dentro la statua di Antonio; la moglie, altrimenti, l’avrebbe speso a larghe mani.
Il parroco disse che doveva prendere la mucca e dire alla moglie che era un suo regalo.
Il sagrestano tornò a casa con la mucca e la moglie si meravigliò molto per un regalo così grande, dato che il parroco era parsimonioso e, inoltre, che non aveva grandi possibilità.
Il sagrestano, però, le tolse ogni dubbio dicendole di chiedere lei stessa al parroco.
La mucca, quindi, finì nella stalla, la donna se ne rallegrò e l’accudì bene.
Il lavoro le divenne poco a poco divertente e, invece della solita chiacchierata di fronte ad una tazza di caffè o al correre da una vicina all’altra, era continuamente indaffarata con la mucca.
La mucca dava molto latte, poiché era una bella bestia e la donna, che prima spendeva il denaro con leggerezza, divenne parsimoniosa, quando vide come fosse difficile guadagnare qualcosa.
In questo modo aveva presto messo da parte abbastanza denaro per comprare una seconda mucca.
Più tardi comprarono anche un pezzo di terra e oggi il sagrestano è un benestante con una stalla piena di bestiame e molta terra.
Anche la fattoria di Hannes andò in seguito bene, poiché sua moglie ebbe a disposizione più denaro.
Da quel momento non osò più rimproverarlo di essere scemo, anche se lui non era meno fannullone di prima.
Brano senza Autore
Quando ho cominciato ad amarmi davvero…
Quando ho cominciato ad amarmi davvero…
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho capito di trovarmi sempre ed in ogni occasione al posto giusto nel momento giusto e che tutto quello che succede va bene.
Da allora ho potuto stare tranquillo.
Oggi so che questa si chiama… Autostima.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono reso conto che la sofferenza e il dolore emozionali sono solo un avvertimento che mi dice di non vivere contro la mia verità.
Oggi so che questa si chiama… Autenticità.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso di desiderare un’altra vita e mi sono accorto che tutto ciò che mi circonda è un invito a crescere.
Oggi so che questa si chiama… Maturità.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho capito com’è imbarazzante aver voluto imporre a qualcuno i miei desideri, pur sapendo che i tempi non erano maturi e la persona non era pronta, anche se quella persona ero io.
Oggi so che questo si chiama… Rispetto.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono liberato di tutto ciò che non mi faceva del bene:
cibi, persone, cose, situazioni e da tutto ciò che mi tirava verso il basso allontanandomi da me stesso, all’inizio lo chiamavo “sano egoismo”, ma oggi so che questo è…
Amore di sé.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso di privarmi del mio tempo libero e di concepire progetti grandiosi per il futuro.
Oggi faccio solo ciò che mi procura gioia e divertimento, ciò che amo e che mi fa ridere, a modo mio e con i miei ritmi.
Oggi so che questa si chiama… Semplicità.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso di voler avere sempre ragione.
E così ho commesso meno errori.
Oggi mi sono reso conto che questa si chiama… Umiltà.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono rifiutato di vivere nel passato e di preoccuparmi del mio futuro.
Ora vivo di più nel momento presente, in cui tutto ha un luogo.
È la mia condizione di vita quotidiana e la chiamo… Pienezza.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare, mi sono reso conto che il mio pensiero può
rendermi miserabile e malato.
Ma quando ho imparato a farlo dialogare con il mio cuore, l’intelletto è diventato il mio migliore alleato.
Oggi so che questa si chiama… Saper vivere!
Brano di Sir Charles Spencer “Charlie” Chaplin
Aspetta un attimo, tesoro! (Samuele e la mamma)
Aspetta un attimo, tesoro! (Samuele e la mamma)
Ultimamente la fretta ha preso il sopravvento e la mia frase più frequente è:
“Aspetta un attimo, tesoro!”
Lo dico a mio figlio mentre accudisco la sua sorellina; lo dico a mia figlia mentre aiuta suo fratello e lo dico persino al mio paziente marito.
Mi ritrovo a pronunciare questa frase in una serie infinita di circostanze.
Alcune settimane fa, mio figlio mi ha chiesto di preparargli la merenda e io, naturalmente, gli ho risposto:
“Aspetta un attimo, tesoro!”
Mi sono affrettata a finire quello che stavo facendo e poi sono corsa a preparargli la merenda.
Lui si è seduto al tavolo e ha cominciato a mangiare di gusto mentre io già pensavo di tornare a occuparmi delle mie faccende, ma poi ho deciso di prendermi una pausa e di sedermi insieme a lui.
“Grazie per avere aspettato che finissi di riporre i piatti, prima di prepararti la merenda.
Sei stato davvero molto paziente!”
Lui annuì e continuò a riempirsi la bocca di Nutella.
“Sai una cosa, Samuele, ultimamente sono davvero molto indaffarata.
Ti devo chiedere sempre di aspettare un minuto prima di soddisfare le tue richieste.
Capisci, vero, perché qualche volta devi aspettare?”
Lui mi guardò con un’espressione buffa sul viso:
“Sì!” mi dici, “Un secondo, Samuele!” così mi puoi ascoltare con tutti e due le orecchie.
Se ti parlo mentre stai facendo qualcos’altro, mi puoi sentire soltanto con un orecchio.
Ma se aspetto con pazienza poi tu mi puoi sentire meglio!” mi disse annuendo solennemente.
Rimasi di stucco.
Il mio bambino, che non aveva ancora compiuto i cinque anni, aveva già trovato una spiegazione più che plausibile alla situazione.
Capii che quando gli dicevo:
“Aspetta un secondo!” lui interpretava quella frase come una dimostrazione d’affetto.
Era come se io gli dicessi:
“Aspetta un secondo, così ti potrò rivolgere tutta la mia attenzione!” o “Quello che stai dicendo è molto importante per me, voglio sentirlo con entrambe le orecchie!”
“Samuele, hai assolutamente ragione!” gli risposi, “Ti voglio tanto bene e mi piace tanto trascorrere il mio tempo con te.
Voglio sentire quello che mi dici con entrambe le orecchie perché tu sei molto importante nella mia vita!” aggiunsi abbracciandolo forte.
Quella sera, mentre rimboccavo le coperte a Samuele, lui mi prese la faccia fra le mani e cominciò a soffiarmi prima dentro un orecchio poi dentro l’altro.
Non capii che cosa stesse facendo e gli chiesi spiegazione del suo comportamento.
“Voglio essere sicuro che le tue orecchie siano pulite, mamma!”
Mi tirò a sé e mi sussurrò:
“Volevo essere certo che mi sentissi con tutti e due le orecchie mentre ti dicevo che ti voglio bene più del mondo intero!”
Sentii le lacrime salirmi agli occhi mentre gli rispondevo:
“Oh, tesoro, ti voglio tanto bene, anch’io più del mondo intero!”
“Ed io ancora un briciolo di più!” confermò lui con la sua adorabile vocina.
Brano senza Autore
Dire grazie (Madre e figlio)
Dire grazie (Madre e figlio)
Confessione di un figlio, al di sopra di ogni sospetto…
“Ieri sono stato a mangiare in un ristorante!
Un pranzo passabile, ma che prezzi!
Ci serviva una cameriera, né bella, né gentile…
In tutto il pranzo le avrò detto cento volte:
“Grazie!”
Lei neanche ci faceva caso e aveva ragione:
è pagata per fare quel lavoro!
Oggi, mia madre, come sempre, si è alzata per prendermi un bicchiere d’acqua…
Non so come, mi è sfuggito un:
“Grazie!”
Non l’avevo mai fatto!
Mia madre si è messa seduta e mi è sembrato che, quasi, piangesse…
Conclusione:
per far piangere mia madre basta poco;
basta dire un “Grazie!” ogni tredici anni!”
Confessione di una madre, piena di sospetti…
“Oggi, mio figlio mi ha detto: “Grazie!”
Ho pianto…
Che scema!
Spero non se ne sia accorto:
altrimenti non me lo dice più per non farmi piangere…
Se, invece, si fosse accorto che io, “la madre”, sono Lucia, che ho quarant’anni, che spesso sono stanca, che a volte mi sento sola, che spesso desidero parlare, uscire, che a volte sto male…”
Conclusione:
“Se volete imparare la crescita, il progresso personale e la dignità, per incominciare non c’è un posto migliore della vostra famiglia!”
Brano senza Autore
Software House: Bimbo 1.0, Moglie 1.0 e Fidanzata X.0
Software House:
Bimbo 1.0, Moglie 1.0 e Fidanzata X.0
C’è qualcuno esperto di software che è in grado di aiutarmi?
Il mio problema è il seguente:
Un anno fa ho cambiato l’applicazione Fidanzata 7.0 per l’applicazione Moglie 1.0 che ha generato subito l’applicazione Bimbo 1.0 che occupa tantissimo spazio sul disco.
Le istruzioni non dicono niente di questo fatto.
Ma ciò che più mi preoccupa è che l’applicazione Moglie 1.0 si auto-installa su tutte le altre mie applicazioni e, in più, si lancia automaticamente quando apro un’altra applicazione, fermandola.
Quindi applicazioni come Birra_con_gli_amici 10.3 e Calcio_domenica 5.0 non funzionano più.
Qualche volta compare un virus che si fa chiamare Suocera 1.0 che blocca il sistema oppure fa sì che l’applicazione Moglie 1.0 si comporti in modo molto preoccupante.
Ancora più grave è che non riesco più a lanciare l’applicazione Domenica_Notte_di_Sesso 3.0 e che, alcuni files come Sesso_Sabato_Mattina.exe, siano stati contagiati da diversi virus, visto che non funzionano più.
Vorrei disinstallare Moglie 1.0 e reinstallare Fidanzata 7.0 o magari un’altra versione più avanzata, ma mi sembra troppo complicato e non vorrei rischiare tanto, anche perché Bimbo 1.0 mi piace molto.
Sono disperato!
Aiutatemi!
Risposta software house:
Gentile Cliente,
il suo problema è frequente tra gli utenti.
Ma il manuale d’istruzioni avvisa (all’ultima pagina) che passare da Fidanzata X.0 a Moglie 1.0 comporta dei rischi:
Moglie 1.0 non è più un’applicazione di divertimento, come Fidanzata X.0, ma è un Sistema operativo completo fatto per controllare tutte le altre applicazioni.
Non è più possibile tornare a Fidanzata X.0, perché è stata cancellata definitivamente.
Lo stesso vale per il virus Suocera 1.0 che comporta problemi di compatibilità con tutti i sistemi (è stato verificato!).
Quindi disinstallarla significa disinstallare Moglie 1.0 (che tra l’altro è nata da Suocera 1.0).
È sempre meglio aspettare che Suocera 1.0 si disinstalli da sola tra qualche anno.
Diversi utenti hanno provato ad installare Amante 1.0 ma i rischi sono enormi:
se, per caso, in quel preciso istante si auto-lancia Moglie 1.0 il sistema andrà in tilt creando i virus:
Reddito_alimentare_Bimbo e Rovina_Sicura.
Se dovesse arrivare a questo punto e installare Amante 2.0, non provi più a passare a Moglie 2.0, siccome i problemi saranno maggiori.
Raccomandiamo Celibato 2.0 e tutte le versioni di Fidanzata X.0.
Se non l’avete fatto dovrete essere preparati a lanciare in ogni momento Scuse.exe combinato con Fiori.exe.
Le consigliamo di acquistare il pacchetto Gioielli con tutte le sue versioni più costose, il pacchetto Vestiti_Nuovi, ma soltanto le ultime versioni, e Vacanze_Lussuose perché aiutano a far funzionare meglio Moglie 1.0.
Ad ogni intervento di Moglie 1.0 lanciare Si_Amore.exe e Hai_Ragione_Amore.exe.
Fare attenzione ad un eventuale lancio di Segretaria_Bionda_in_Minigonna e Non_Rispondere_al_Telefono perché sono incompatibili con Moglie 1.0 e possono causare danni irreparabili.
L’applicazione Sesso_Sabato_Mattina.exe X.0 si lancia soltanto insieme a Diamanti X.0, ogni volta con un’altra versione.
Grazie per aver scelto il nostro prodotto e Le auguriamo buon divertimento.