Il re ed il saggio sufi

Il re ed il saggio sufi

Un grande re chiese ad un saggio sufi di indicargli il modo migliore per manifestare la propria regalità.
“Con le buone azioni.” rispose il saggio.
Tuttavia il re rispose che le buone azioni hanno un grande valore, ma un ben scarso riconoscimento.
“In effetti,” replicò il saggio, “ha più valore l’apparenza!”
Sentendo questa affermazione, i cortigiani protestarono, invitando il re a non seguire i consigli di quel l’uomo, che tuttavia replicò:
“Maestà: in questo basso mondo la persona più preziosa non vale niente, e la persona che non vale niente è la più preziosa!”
“Dimostramelo,” disse il re, “altrimenti ti farò tagliare la testa!”

Il saggio sufi lo invitò allora ad uscire in incognito dalla reggia.

Si recarono al mercato ed il sufi suggerì al re di chiedere al mercante di frutta un chilo di ciliege in regalo, con la scusa che servivano per alleviare le sofferenze di un ammalato, anzi per salvargli la vita.
Inutilmente il re insistette:
il mercante lo cacciò con male parole, e alla fine così si rivolse agli altri mercanti ridendo:
“Ne ho sentite di tutte, per portarmi via po’ di merce, ma uno che chieda un chilo di ciliege per salvare un ammalato, mai.
Questi straccioni non sanno più che cosa inventare.

Vattene via, vecchio, se non vuoi che ti bastoni!”

Il re stava per farsi riconoscere, quando il sufi lo trascinò via.
Poco dopo giunsero alla riva del fiume, che in quei giorni scorreva impetuoso, ricco delle acque del disgelo.
Ad un tratto il sufi diede uno spintone al re, che cadde in acqua e si dibatté fra le onde.
Tutti accorsero per guardare lo spettacolo, ma nessuno aveva voglia di buttarsi in acqua per salvare lo sventurato, che oramai si sentiva soccombere quando un mendicante, proprio il più straccione della città, si buttò in acqua e trasse in salvo il re.

Allora il sufi si avvicinò al monarca e disse:

“Hai visto?
Quando tu, la persona più preziosa del regno, hai chiesto un chilo di ciliege per salvare la vita di un ammalato, non hai ottenuto niente; e quando questo mendicante, la persona che vale meno di tutti, ti ha salvato, è stato per te più importante della tua stessa persona.
Non sono le apparenze che contano, ma la sostanza.
E la sostanza della qualità è solo la buona azione che rimane ignota.”

Brano senza Autore.

La leggenda dell’Arcobaleno (La leggenda dei colori)

La leggenda dell’Arcobaleno
(La leggenda dei colori)

Un giorno i colori decisero di riunirsi per stabilire chi tra loro fosse il più importante.
Il verde si propose subito come meritevole di ricevere il primato, dicendo:
“Guardatevi intorno, contemplate la natura, osservate le colline, le foreste e le montagne e vi renderete conto come, senza di me, non esista vita.
Io sono il colore dell’erba, degli alberi, delle praterie sconfinate.
Io rappresento la primavera e la speranza.”

Il blu si fece avanti commentando:

“Tu sei troppo occupato a guardare la terra, sei troppo preso dalla realtà che ti circonda.
Alza un po’ gli occhi verso il cielo, contempla la vastità e la profondità dei mari e lì scoprirai la mia presenza.
Io sono il colore della profondità, che abbraccia l’universo.
Io rappresento la pace e la serenità.”
Non appena il blu ebbe finito il suo commento, intervenne il giallo:
“Ma voi siete colori troppo seri!
Il mondo ha bisogno di luce e di gioia.
Io sono il colore che porta il sorriso nel mondo.
Del mio colore si vestono il frumento e i girasoli, le stelle della notte e il sole che illumina ogni cosa.

Io rappresento l’energia e la gioia.”

Timidamente si fece avanti l’arancione dicendo:
“Io sono il colore che annuncia il giorno e poi lascio tracce della mia presenza all’orizzonte, all’ora del tramonto.
Del mio colore si vestono le carote, i mango ed i papaya perché, dove sono presente, assicuro vitamine e una vita sana.
Io rappresento il calore e la salute.”
Il rosso, a voce alta, non diede il tempo di terminare all’arancione, e sicuro di se disse:
“Ma voi, state ancora discutendo su chi sia il più importante?

Ma non vi accorgete che io rappresento la vita?

Sono il colore del sangue, della passione, dei martiri e degli eroi.
Di me si vestono i papaveri ed i gelsomini; dove sono presente sono il centro dell’attenzione perché rappresento l’intensità e l’amore!”
Mentre il rosso stava ancora difendendo il suo caso, solenne e regale avanzò il viola:
“Io non ho bisogno di parlare, di propormi o di difendermi.
Il mondo mi conosce e quando passo si inchina.
Io rappresento la regalità:
del mio colore si vestono i re, i principi e gli uomini di chiesa.
Io rappresento l’autorità, ciò che è sacro e misterioso!”
Si presentarono altri colori, ognuno con le proprie ragioni, e si accese un animato dibattito riguardo a chi spettasse il primato.
All’improvviso si udì un tuono seguito da diversi fulmini e da una pioggia scrosciante.
I colori intimoriti fuggirono, si aggrapparono l’uno all’altro e, improvvisamente, sentirono la voce della pioggia:

“Quanto siete sciocchi!

Perché vi preoccupate di chi tra voi è il più importante?
Non vi accorgete che Dio vi ha creati diversi perché ciascuno possa onorarlo attraverso la propria specificità e bellezza?
Orsù, venite con me!”
Detto questo, prese i colori e si diresse verso l’orizzonte e con un ampio gesto tracciò un arcobaleno nel cielo, dicendo:
“Il vostro scopo non è di primeggiare, ma di armonizzare i vostri colori formando arcobaleni!”

Brano tratto dal libro “Sii un girasole accanto ai salici piangenti.” di Arnaldo Pangrazzi. Edizione Camilliane.